Dall'Avvenire dei lavoratori
Editoriale del 21.6.2009 (rivisto)
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Alle radici della
crisi globale
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Tra integralismo religioso e secolarizzazione selvaggia
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di Andrea Ermano
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1. Ho visto ieri delle foto ritraenti la nipotina di Che Guevara: seminuda, con addosso solo due bandoliere caricate a carote. Era uno spot a favore della "rivoluzione vegetariana".
Paolo Rossi dice che gli uomini di spettacolo sono "gente sempre circondata di donne". Anche quando devono governare un grande paese.
Roma evoca nuovamente nel mondo quella perversa temperie che la rese tristemente celebre all'epoca di Papa Borgia e che diede impulso alla Grande Riforma, un miscuglio d'integralismo cattolico e di secolarizzazione selvaggia.
A proposito di secolarizzazione Papa Ratzinger ha tenuto un interessante discorso, su cui magari intessere una bella serie di dialoghi platonici di nuova generazione.
Intanto però sul pianeta Terra si predica e si spara. A Teheran (ma non solo a Teheran) sono state ammazzate un bel po' di persone, tra cui una povera ragazza di nome Neda.
Martirio laico in un mondo in crisi nera, nel quale la secolarizzazione selvaggia del mercato globale e la reazione manesca dell'integralismo religioso si sciolgono come neve al sole: cadono a pezzi, e con loro cade a pezzi anche la falsa dialettica anti-politica a esse legata.
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2. La protesta di Teheran rimbalza in tutto il mondo e suscita lo sdegno generale dell'opinione pubblica. In Iran il sistema teocratico di relazioni sociali, tra i sessi e tra i ceti, combinato con un esito poco cristallino delle elezioni, ha motivato una vasta protesta. La repressione che ne è seguita sta causando centinaia di feriti, centinaia di arresti e un assurdo tributo di morti. Morti ammazzati. Perché? Protestavano.
Protesto anch'io. Mi rifiuto anzitutto di commentare la situazione italiana. Sulla quale covo un sospetto: che essa illustri (per così dire) la catastrofe del liberismo selvaggio e della sua "egemonia culturale", ben riassunta dagli autoscatti delle ragazze "escortes", chiamate ad allietare le feste di Palazzo Grazioli.
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3. Viene in mente un durissimo film dei fratelli Cohen, No country for Old men. Mi sento vecchio in un mondo che "non è un paese per vecchi". Il film coheniano seguiva i meandri insanguinati di un megapacco di soldi provenienti da loschi traffici. Il denaro veniva trovato per caso nel cofano di un'automobile... Ma forse mi confondo. Forse precipitava dal soffitto di un ufficio... E non precipitava in testa a un imprenditore? No. Chiedo scusa. Sono vecchio. Mi confondo. Quello è un altro film... Il Caimano.
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4. Ma quando è iniziato tutto ciò?! La grande ondata del liberismo selvaggio ha preso le mosse più o meno trent'anni fa, quando Khomeini saliva al potere in Iran e Reagan negli USA. Una coincidenza? Non direi.
Il neo-liberismo e il neo-integralismo sono entrambi figli del mondo globalizzato, nati entrambi da una rivoluzione tecnologica che aveva partorito un potere finanziario planetario, onnipotente, privo di freni inibitori e di contrappesi.
Il turbo-capitalismo degli anni Ottanta ha assecondato un moto di collisione tra le placche continentali (chiamiamole così, alla grossa, per capirci) delle diverse civiltà.
Queste "grandi civiltà", intese come quei sistemi culturali continentali in cui il genere umano si articola da millenni, erano fino ad allora rimaste relativamente estranee le une rispetto alle altre. Poi, tutt'a un tratto, in forza delle nuove tecnologie di comunicazione, si sono viste irretite in una bruciante prossimità. Che, con inaudita ruvidezza, le gettava tutte quante sull'arena del villaggio globale, a combattere una battaglia per la quale le singole nazioni risultavano ormai troppo sottodimensionate rispetto alla scala multinazionale della competizione.
Che fare? Urgevano nuovi investimenti identitari su base multinazionale. Fu così che le radici cristiane, ma anche induiste, confuciane, islamiche ecc. apparvero naturalmente utili e preziose a definire orizzonti di identità più vaste, ben oltre quelle angustamente nazionali, ma non meno suscettibili di veicolare profondi coinvolgimenti emotivi di massa.
Le placche continentali smisero di essere i territori di un confronto tra nazioni culturalmente affini e scesero in campo esse stesse in qualità di veri e propri "giocatori".
I global players disponevano ora del sostegno di nuove identità continentali contrapposte ad altre identità continentali nel nuovo ambito di un competizione economica planetaria. Con buona pace della bella retorica sul dialogo tra le grandi religioni mondiali, che venivano massicciamente "funzionalizzate" dentro la turbo-secolarizzazione di un conflitto dai contorni ancora impensati.
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5. Sono consapevole dell'estrema approssimazione di questi pensieri, ma non saprei come altrimenti tratteggiare il nesso essenziale che lega la rivoluzione tecnico-scientifica alle due filiazioni cui accennavo: la secolarizzazione selvaggia del neo-liberismo e la reazione oscurantista portata avanti in modo speculare dal neo-integralismo religioso.
Ciò detto, chi negherà che -- da Wall Street alle piazze di Teheran passando per l'ineffabile "egemonia culturale" della destra italiana come pure per mille altri fenomeni similari – la falsa dialettica tra turbo-secolarizzazione e turbo-integralismo giace ormai realmente in una crisi nera.
La ragioni di ciò son presto dette. Ciascuno dei due poli dialettici si frantuma a causa della propria intima fragilità e poi nessuno dei due regge più nemmeno all'urto reciproco, ancorché in puro stile wrestling.
Ma proprio in questa crisi, così gravida di rischi, c'è una speranza. Perché, se la falsa dialettica riflette l'impossibilità di governare la globalizzazione in forza del potere assoluto, vuoi del potere finanziario sull'homo oeconomicus vuoi del potere religioso sull'homo sacer, allora questa nostra è, deve essere, l'età della Politica.
Infatti, se riflettiamo, volendo prescindere dalla guerra, solo la Politica può configurarsi come un modo per risolvere le terribili tensioni interne alle dimensioni economiche o religiose, non meno che quelle tra l'economia e la vita religiosa o culturale tout court.
Ergo, la Politica in rapporto alla globalizzazione non può che declinarsi in "cosmopolitica", termine filosofico molto antico che rinvia però al problema, per noi attuale, di articolare un governo del mondo globalizzato.
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6. Ma allora forse il socialismo democratico europeo e internazionale è tutt'altro che un vecchio arnese da buttare... L'osservazione può apparire persin ridicola in orecchi contemporanei, guastati dal cicaleccio mediatico, regolato dal rubinetto pubblicitario, azionato a sua volta dal potere del denaro.
Tento sommariamente di motivare questa mia tesi un po' bizzarra.
In primo luogo il socialismo democratico ci parla della giustizia e della libertà di e per tutti gli esseri umani, nessuno escluso.
In secondo luogo il socialismo democratico costituisce una grande, strutturata e diffusa posizione politica globale (e verosimilmente non cesserà di rappresentare una tale realtà, anche se abbia perso il tre per cento dei seggi all'europarlamento di Strasburgo).
In terzo luogo il socialismo democratico può fornire un suo contributo al necessario processo costituente cosmopolita, un contributo tanto più insostituibile in quanto radicato nella lunga tradizione politico-organizzativa del movimento operaio internazionale, una tradizione politico-organizzativa fatta di partiti, sindacati, cooperative e istituzioni culturali operanti in quasi tutti i paesi del mondo.
Sarebbe sciocco spregiare, per biechi interessi parte, il sostegno che i socialisti democratici possono dare a finalità generali, utili cioè al genere umano, quali che esse siano, e fossero pure le "rivoluzioni vegetariane" della nipotina del Che. Poi, chissà, magari, strada facendo -- e sia detto per inciso, con tutto il rispetto per la gens Guevara – potrebbero emergere, al limite, delle priorità, forse anche più urgenti...
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7. Per quanto detto, ritengo che si stia aprendo uno spazio del tutto inedito a sinistra, uno spazio che, intendiamoci, potrebbe anche chiudersi traumaticamente in un mese. Ma si tratta di uno spazio ampio, che mai, da cent'anni a questa parte, era stato così aperto.
Si pensi all'ultimo secolo di storia: prima l'imperialismo e poi la prima guerra mondiale, quindi lo stalinismo e il nazifascismo, poi la seconda guerra mondiale seguita a ruota dalla guerra fredda... Infine, come si diceva, la globalizzazione del turbo-capitalismo nemico di ogni socialità e del neo-integralismo nemico di ogni libertà individuale.
Tutto questo è sostanzialmente finito.
Quindi, lo spazio politico, di per sé, ci sarebbe. Bisogna ora vedere se ci sono anche delle donne e degli uomini in grado di cogliere il senso dell'epoca cosmopolitica nuova.
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