sabato 18 luglio 2009

Attilio Mangano: Su Veltroni e Craxi

caro Giovanni, è di sicuro un argomento scabroso che si presta anche a equivoci e a polemiche di vario tipo, a me piacerebbe che tu decidessi di pubblicarlo nel forum del Rosselli e di aprire una discussione, possibilmente storica, specialistica ( viene citato il libro di Stefano Rolando, oggetto iniziale della discussione) e in questo senso io sono interessato e disposto a partecipare. In fondo la distanza storica dovrebbe pur consentire un giudizio d'insieme. Oggi ad esempio nessuno ha forti obiezioni a una rivalutazione storica di Giolitti e della sua età, della sua politica etc. Eppure Salvemini parlava delle bande giolittiane, c'era stato lo scandalo della Banca d'Italia. Che ne pensi? Se per ragioni varie e più che legittime non sei d'accordo con questa proposta basta rispondere, almeno tra noi se ne può parlare. Un caro saluto
Attilio




Veltroni su Craxi:
«Innovò più di Berlinguer»
Svolta dell’ex leader pd: solo lui capì davvero la società, insufficienti gli sforzi di Enrico




ROMA — Craxi? «Interpre­tò meglio di ogni altro uomo politico come la società italia­na stava cambiando».
La sua politica estera? «Fu grande. Ci fu l’episodio di Sigonella ma anche la scelta di tenere l’Ita­lia nella sfera occidentale, sen­za intaccare autonomia e di­gnità del Paese».
Parole di Walter Veltroni (dirigente per trent’anni di Pci, Pds, Ds, ex segretario pd) davanti a Stefa­nia Craxi, la figlia del leader socialista che fu capo del go­verno dall’83 all’87. Occasio­ne, il libro di Stefano Rolan­do, Una voce poco fa. Politica, comunicazione e media nella vicenda del Psi dal 1976 al 1994.


Veltroni, asciutto e disteso, in attesa dell’uscita a fine ago­sto del suo nuovo romanzo, effettua, nella Sala della Mer­cede della Camera, un altro strappo con il suo passato. Ri­corda che Craxi aveva di fron­te due grandi partiti, uno sem­pre al governo — la Dc — e uno sempre all’opposizione — il Pci — in un sistema che stava bene a entrambi: massi­mo di stabilità e massimo del debito pubblico:
«Craxi deci­se che bisognava cambiare gioco, porre la sinistra di fron­te al problema di una nuova leadership ».
Il Pci, intanto, si trascinava quella grande mac­chia, il 1956, l’invasione del­l’Ungheria: «Ho riletto i verba­li delle riunioni del partito, fanno accapponare la pelle».
Craxi nel ritratto tutte luci e niente ombre che ne fa Veltro­ni, disegna un partito diver­so, rispetto ai modelli del No­vecento, Pci e Forza Italia, «un partito fluido, moderno, capace di raccogliere anche ciò che non è omogeneo a sé, ma che si unisce attorno a de­terminate idee». E sembra che rievochi il suo Pd.


Craxi innovava ma, negli stessi anni, anche Berlinguer trasformava il Pci. Con uno sforzo, dice Veltroni, già gio­vane collaboratore di Berlin­guer, «non sufficiente al pro­cesso che bisognava mettere in campo. Il Pci soffriva l’inno­vazione come tale». Eppure Berlinguer non era certo un conservatore:
«Sono tra quelli — dice Veltroni — che pensa­no che l’Unione sovietica ab­bia fatto di tutto, ma proprio di tutto, per togliere di mezzo Berlinguer...».


La platea è piena di sociali­sti di un tempo. Antonio Ghi­relli, già portavoce di Pertini. Gennaro Acquaviva, che fu trait d’union fra socialisti e cattolici. Luigi Covatta, sotto­segretario di Craxi. Enrico Mentana, prima tessera Psi nel 1974, a 19 anni. Ma spun­tano anche l’ex ministro Fran­cesco De Lorenzo, come Craxi coinvolto in Tangentopoli e Gustavo Selva.
Nella ricostru­zione di Veltroni un’ombra, per la verità, c’è e riguarda l’ultima fase del craxismo: «Referendum 1991, sulla rifor­ma elettorale: Craxi anziché dire 'andate al mare', avreb­be dovuto usare quella leva per promuovere il bipolari­smo. E la riforma sarebbe po­tuta avvenire solo con una lea­dership riformista e non con una post-comunista». Era Cra­xi, insomma, il capo naturale a sinistra.


Nella memoria di Veltroni c’è anche spazio per un ricor­do che lo accomuna al leader socialista.
«Nel ’96 io dissi: 'Un giorno o l’altro si dovrà arrivare a un’Internazionale né comunista né socialista, ma democratica. Nel mio cam­po, un’affermazione difficile da fare. Ma era lo stesso con­cetto che esprimeva Craxi. Og­gi è naturale per tutti pensare che Obama e il partito india­no del Congresso stiano assie­me nel medesimo organismo mondiale».


Stefania Craxi dice che è «felice di sentire Walter parla­re così».
Ma non è indulgente come Walter. Afferma che il Psi di Craxi cadde anche per mano dei grandi giornali di proprietà dei «poteri forti», Fiat e De Benedetti, in disac­cordo con Confindustria sul decreto che tagliava la scala mobile:
«Quei grandi giornali si portarono dietro altri gior­nali, come l’Unità , diretta al­l’epoca da Veltroni, qui pre­sente...» .




Andrea Garibaldi (Corriere della Sera)
15 luglio 2009

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