sabato 18 luglio 2009

A colloquio con Susanna Camusso: Il giro di vite

Dall'Avvenire dei lavoratori
A colloquio con Susanna Camusso (Cgil)

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IL GIRO DI VITE

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La stagione contrattuale e le fratture imposte dall’alto. Dopo l’accordo del 22 gennaio senza la Cgil, la divisione sindacale è un destino ormai segnato e inevitabile? Abbiamo fatto il punto della situazione relativa ai contratti con Susanna Camusso, segretaria confederale della Cgil. "È evidente il cambiamento di atteggiamento che c’è stato da parte degli altri sindacati, a cominciare dalla Cisl"– sottolinea Camusso - "Le piattaforme, pur con tante difficoltà, erano partite unitarie, poi ad un certo punto abbiamo notato comportamenti strani, come quello di non voler rivelare le cifre degli aumenti salariali richiesti. Abbiamo visto per esempio una Fim che prima si era mostrata disponibile a discutere sul valore punto, poi improvvisamente ha scelto di applicare il modello del 22 gennaio, chiudendo il discorso". Il prezzo della disunità sindacale è presto detto: quando l’inflazione tornerà a correre i salari saranno penalizzati. Ma tant'è. “Alcune trattative erano rimaste unitarie anche dopo l’accordo separato. Poi è arrivato il diktat di Confindustria e Cisl e Uil hanno fatto marcia indietro”.

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di Paolo Andruccioli

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Che cosa è successo con gli altri sindacati? Come mai ci sono stati questi ripensamenti?
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Camusso - Io penso che siano collegati a una vera stretta politica. È stata data l’indicazione chiara di applicare completamente e senza sbavature il modello contrattuale del 22 gennaio. E questo naturalmente produrrà anche delle tensioni con i lavoratori perché le loro richieste e i loro bisogni saranno ancora più lontani da quello che sarà il contenitore dei nuovi contratti. Questi atteggiamenti sono in perfetta sintonia invece con la circolare diffusa dalla Confindustria. Tutte le discussioni sulle piattaforme contrattuali sono state riassorbite: è necessario applicare il modello. Punto e basta. C’è stata quindi una scelta politica e il cuore di essa sta nella centralizzazione della contrattazione.
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Non sempre, però, si accetta la divisione e l’accordo separato come un fatto inevitabile…
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Camusso -È chiaro che si continua a discutere ovunque si possa fare e ovunque ci siano spazi e margini di manovra. La piattaforma del contratto degli elettrici era inizialmente partita unitaria. E come dobbiamo registrare il tentativo di creare rivendicazioni unitarie anche dopo l’accordo separato del 22 gennaio, così dobbiamo ricordare che le divisioni non sono nate tutte con quell’accordo. Anche prima del 22 gennaio c’erano state infatti piattaforme separate come quella per esempio delle telecomunicazioni. In questo momento l’unica categoria che tiene dal punto di vista unitario è quella degli alimentaristi. Vedremo gli sviluppi e oggi è prematuro fare pronostici. Quello che possiamo dire senza temere di essere smentiti è che la categoria degli alimentaristi sta facendo un ottimo lavoro e non ci sono ragioni per prevedere un esito negativo del negoziato.
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Altre categorie vivono invece momenti di grande tensione tra i sindacati. E ogni categoria ha naturalmente la sua specificità. Qual è per esempio la situazione dei metalmeccanici?
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Camusso - I metalmeccanici sono stati usati come una sorta di banco di prova. Il punto della divisione era assunto dalla Confindustria. Si può dire che è stata una divisione costruita politicamente, anzi precostruita politicamente. Eppure anche la vertenza per il rinnovo dei contratti metalmeccanici era partita con una discussione unitaria. E c’è anche da sottolineare che i metalmeccanici sono tra i lavoratori che pagheranno più duramente i prezzi della crisi in particolare in termini di redistribuzione dei redditi. E anche da questo punto di vista vedremo gli effetti dell’accordo separato dato che il modello che si vuole imporre è totalmente estraneo alle dinamiche effettive della crisi in corso.

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Leader sindacali - Susanna Camusso con Guglielmo Epifani

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Mi pare che ci sia poi anche un altro problema all’orizzonte, quello di una possibile ripresa dell’inflazione. Che cosa determinerà?

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Camusso -Prima di tutto voglio ribadire che il meccanismo che hanno inventato con il nuovo modello contrattuale è un meccanismo opposto rispetto a quello di cui si sente la necessità in termini di tutela delle retribuzioni. In questo senso siamo di fronte a un vero paradosso. Il modello contrattuale che noi non abbiamo accettato prevede meccanismi premiali in momenti di bassa inflazione, nei momenti in cui sono ridotti anche i prezzi dei prodotti energetici. Ma è un meccanismo che non tiene in presenza di una ripresa della dinamica inflattiva. Ed è abbastanza prevedibile che appena ci sarà la ripresa riprenderanno a correre anche i prezzi e quindi l’inflazione. In quel preciso istante i salari saranno penalizzati. Così è questo il paradosso. I lavoratori pagano due volte: la prima volta pagano con una parziale difesa dei redditi ma con una disoccupazione in aumento. La seconda volta pagheranno con le loro buste paga ridotte. Quasi tutti gli economisti concordano nel dire che ci sarà una ripresa dell’inflazione. È comunque sicuro che ci sarà una ripresa della corsa del prezzo del petrolio. Quindi non possiamo illudere i lavoratori dicendo loro che la bassa inflazione li proteggerà. E quando si uscirà dalla crisi ci troveremo con un mercato del lavoro ancora più provato dalla cassa integrazione e dai licenziamenti.
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Lasciando da parte per un momento gli scenari economici che ci aspettano, come rispondi alle critiche di chi dice che la Cgil – non avendo accettato le nuove regole – è ancora a quelle vecchie del luglio 1993?
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Camusso -Tutta questa discussione continua ad essere basata su un equivoco. Intanto è singolare che molti dei difensori e degli assertori di quel modello, oggi lo critichino così duramente parlando di regole antiquate. Ma l’equivoco sta nell’attribuirci una passione particolare per il luglio ’93, mentre noi non abbiamo tentato altro che applicare l’accordo unitario del maggio del 2008. Noi abbiamo cercato semplicemente di svelare l’inganno della inflazione programmata e abbiamo cercato di avvicinare l’inflazione programmata a quella reale. Ma nonostante tutti questi fraintendimenti, io ribadisco che l’accordo del luglio 1993 è comunque superiore rispetto all’accordo separato del 22 gennaio, basato sulla centralizzazione della contrattazione e sulle deroghe. L’accordo del ’93 attribuiva invece un valore universale al contratto e lasciava aperta la strada per la contrattazione di secondo livello. Oggi – al contrario – si mette in discussione la contrattazione stessa.

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