L’ultimo breviario di Leszek Kolakowski
di Ilde Mattioni, da il Manifesto, 19 luglio
Intellettuale e storico raffinato, marxista a suo modo «atipico», sottile indagatore dell'universo dell'utopia, delle credenze e del mito, Leszek Kolakowski è morto a Oxford, venerdì scorso, all'età di ottantadue anni.
Kolakowski era nato il 23 ottobre 1927 a Radom, in Polonia, a cento chilometri dalla capitale polacca e si era laureato all'università di Varsavia, nel 1953, con una tesi su Baruch Spinoza. Allievo di Adam Schaff, proprio nell'ateneo di Varsavia iniziò la carriera di professore, insegnandovi logica e filosofia fino al 1969. Studioso di economia e politica, militante nelle file del Partito Operaio Unificato Polacco (Poup), Kolakowski propose una reinterpretazione del pensiero marxista basata sulla nozione per lui centrale di «uomo». Fatto che lo condusse alla rottura e, in seguito a certe sue prese di posizione conseguenti a un viaggio in Unione Sovietica, all'espulsione dal partito. Non meno «problematico» e gravido di conseguenze fu, sempre negli anni Sessanta, il suo appoggio alle richieste di democratizzazione avanzate dagli studenti.
Fortemente critico nei confronti dello stalinismo, Kolakowski si trasferì nel Regno Unito e iniziò a lavorare all'All Saints College di Oxford, assentandosi per lunghi periodi di ricerca come «visiting professor» presso le più prestigiose università americane ed europee. Del suo primo periodo, legato al tentativo di revisione critica del pensiero di Marx, si ricorda in particolare il poderoso lavoro in tre volumi dedicato a Nascita, sviluppo, dissoluzione del marxismo (Sugar, 1980-1985). A poco a poco, gli interessi del filosofo si erano diretti verso le nozioni di «utopia» (Marxismo, utopia e antiutopia, Feltrinelli, 1981) e «mito» (Presenza del mito, Il Mulino, 1992). Da ultimo, la sua attenzione si è spostata sulla ricognizione di alcune categorie metafisiche fondamentali nella tradizione del pensiero occidentale.
Il sottotitolo di uno dei suoi libri più noti, «piccole lezioni per grandi problemi» sembra esprimere bene il metodo e la disposizione critica di Kolakowski in tal senso. Le grandi questioni, infatti, sono state al centro del suo lavoro degli anni '80: dal male al potere, dal ritorno del sacro ai temi etici e religiosi, fino all'idea di tolleranza. Questioni trattate sempre con delicata raffinatezza (di contenuto e stile), sorprattutto nel Breviario minimo (2000) e nel più recente Orrore metafisico (2007), entrambi editi dal Mulino. In quest'ultimo lavoro, Kolakowski parla di quel clima di generale «insoddisfazione» e «contraddizione» in cui versano le «i grandi problemi» filosofici. Ma, pur non disdegnando il confronto con quei «grandi problemi», il filosofo polacco si mostra scettico riguardo alla possibiltà di costruire altrettanto «grandi narrazioni». La sfida aperta dall'indeterminatezza di termini-concetto come «Essere» o «Verità» permette tutt'al più di accostarsi alla risoluzione dei problemi, avvicinandosi quanto più possibile a una (sempre probabile, ma mai certa) via di fuga. Anche per questo, lo stile di Kolakowski è diventato a poco a poco sempre più iscastico e aforistico, «modesto» e in un certo qual modo segno di forte consapevolezza «etica».
In un momento in cui «incalzati dagli eventi, si esprimono giudizi morali senza troppa riflessione e tutto pare coincidere con il suo contrario», Kolakowski ha tentato la sfida del «fare un passo indietro», riscoprendo il piacere dato da una pratica di rigore e «pensiero» anche nelle cose di tutti i giorni. Il suo Breviario, infatti, non teme di confrontarsi anche con i più persistenti miti d'oggi, da quello della «giovinezza eterna» al non meno «eterno viaggiare» del turista contemporaneo.
Diversamente calibrati, per tematiche e sviluppo, i libri La chiave del cielo (Queriniana, 1982), Le religioni (SugarCo, 1983), Se non esiste Dio (Il Mulino, 1997) incentrati sulla critica della questione religiosa. Una critica che, fin dagli anni della formazione, Kolakowski aveveva svolto in modo radicale («il frutto migliore del marxismo», affermava, «è la liberazione dalla superstizione») e rigorosissimo, guadagnandosi una non indifferente considerazione nel mondo sempre sospettoso dei tomisti devoti a San Tommaso.
(20 luglio 2009)
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