giovedì 23 luglio 2009

Arturo scotto: ricominciamo dal tre

dal sito di SD











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Ricominciamo dal tre
di Arturo Scotto
Gio, 23/07/2009 - 07:19
Siamo qui per avviare una riflessione vera, autentica su di noi, su questo
passaggio politico, sulle scelte che dobbiamo operare in questo anno che ci
separa da un appuntamento elettorale delicatissimo come le regionali nella maggior parte delle realtà dei questo paese.
Innanzitutto noi, il nostro risultato nel Mezzogiorno. Nazionalmente abbiamo deciso di intitolare il seminario del 3 luglio, parafrasando Massimo Troisi, ricomincio da tre. Qui, in questa terra possiamo dire più ottimisticamente: ricomincio da cinque. 5,2 per cento, il risultato di un partito ben piantato nella realtà del paese. Ricominciare, dunque, da un risultato che ci offre una speranza ed un dovere in più in uno dei momenti più delicati e complessi della storia meridionale, piattaforma di
grandi migrazioni e discarica di contraddizioni sociali ed economiche. Il
Mezzogiorno è stato, abolito, cancellato, resettato dal dibattito pubblico e
dalla coscienza profonda del paese. Un effetto della crisi dei grandi partiti
della Prima repubblica, che nel bene e nel male si erano misurati con il tema enorme della questione meridionale e non l'avevano ridotto ad un mero capitolo di un programma elettorale ma lo avevano considerato un punto di vista, uno strumento di lettura dei ritardi della società italiana, l'obiettivo principale
di un paese che si affacciava alla modernità, che superava la fame del
dopoguerra, che metteva in campo politiche attive per cancellare distanze
geografiche e diseconomie consolidate. Le classi dirigenti della prima
repubblica si sono cimentate su questo tema: dalla sinistra comunista e socialista ai democristiani, dai liberali ai repubblicani. La sconfitta storica di queste culture e di questi partiti ha prodotto la cancellazione della questione meridionale dalla agenda politica, la sua derubricazione a problema locale e a problema esclusivamente economico. Da quel Vaso di Pandora sono nate altre
questioni, altri problemi alcuni dei quali artificiali, indotti. La questione
settentrionale, ad esempio. Una grande operazione mediatica e politica.
Appunto, indotta. Ma come si fa a ritenere prioritaria e dirimente per la politica italiana ( anche per il partito democratico) la difesa degli interessi del nord del paese, quando quest'area ha un livello di reddito che è esattamente il doppio delle regioni del mezzogiorno ? Certo, quell'area del paese scappa a gambe levate dall'Italia, chiede velocità, modernizzazione, meno vincoli burocratici,
perchè ormai aderisce più agli interessi economici di alcune macroregioni del centro europa, dalla Baviera ai distretti industriali della regione Rhone Alpes della Francia, persino della Catalogna. Il tema è questo: l'Europa a due velocità esiste anche nel nostro paese e noi su questo terreno siamo afoni. La Lega non penetra solo nel senso comune, ma è il rappresentante principale di questo blocco di interessi, dell'idea di posizionare il Mezzogiorno non come la porta del Mediterraneo, ma come l’estrema periferia del sud del sud, il luogo dove poter scaricare anche esperimenti di riduzione di spazi democratici, di qualità sociale e del lavoro. Oggi, questa è la poltica del governo. Questo è l'orientamento prevalente, che ha come architrave il federalismo fiscale e come braccio armato l’abuso insopportabile dei salari differenziati, del lavoro nero e dell’ impoverimento dell’apparato industriale. L’idea che il sud sia esclusivamente ridotto ad un grande mercato, ad uno spazio vuoto e statico di consumo e di scambio merci. Piattaforma logistica, senza piattaforma sociale, economica, culturale. E’ chiaro che questa deriva, non va esclusivamente attribuita a fattori esterni, al destino cinico e baro, alla cattiveria di un pezzo di ceto politico. La sinistra atopica – come viene brillantemente difinita in una ricerca avviata dalla rivista di Mondoperaio ( senza luogo, senza territorio, senza memoria) – non riesce a rendere chiaro e semplice quello che appare un dato della realtà. Non esiste oggi una capacità autonoma, nostra, di giudizio rispetto a questi anni, una verifica attenta delle luci e delle ombre, una proposta in grado aggregare energie e di imboccare un cammino nuovo. E cosi’ rischiano di sbucare fuori vecchie logiche, vecchi partiti trasversali della spesa pubblica, rivendicazionismi fondati su obiettivi giusti, ma avallati e promossi da settori conservatori e spesso pesantemente implicati nella cattiva gestione della pubblica amministrazione ; si parla di lega sud, di partito del sud, di « sud con due d »: attenzione, il tema di una lotta autonoma per il sud esiste e va rilanciata, ma è credibile che venga posto da chi oggi occupa le postazioni fondamentali dei luoghi del potere e del governo su questo territorio ? Il leghismo, frutto avvelenato, della crisi grande della politica novecentesca, si fonda essenzialmente su un’istanza populista e antisistema. La Lega nord nacque da questa spinta, di fronte allo sgretolarsi di un sistema politico affondato dalla corruzione e dall’incapacità di sbloccare un sistema politico caratterizzato dalla conventio ad excludendum. Il binomio tasse e sicurezza cela l’avidità che ha invaso una parte consistente dell’Italia, fino a trasformarla antropologiocamente in una mistura di razzismo e di eversione. L’assessore leghista che dice : « qui non si affitta agli immigrati » ; la notte delle ronde padane, l’urina di maiale gettata fuori dalle moschee ; sono figlie di un’idea regressiva, pericolosa del contratto sociale . Ecco, la declinazione leghista del federalismo corrisponde oggi alla rottura del patto repubblicano, la messa in discussione dell’unità nazionale, la certificazione e la stabilizzazione delle diseguaglianze ; non ci pentiremo mai troppo di aver inseguito e assecondato quel terreno, a partire dal varo – a cuor leggero - della riforma del titolo V della Costituzione con tutto cio’ che essa ha prodotto. Ora, la proposta e le proposte che avanzano alcuni esponenti del centrodestra sulla Lega sud – e che trova orecchie sensibili in un pezzo non piccolo del centrosinistra – rischia di cristallizzare uno stato di minorità permanente del sud rispetto agli echi separatisti della Lega. E’ la fotografia di una terribile lotta di potere all’interno della destra italiana, che nasconde obiettivi politici di riequilibrio di funzioni e di risorse, prima ancora che una riflessione genuina sullo stato delle cose. Possiamo dire senza infingimenti che di questo si tratta ? E che un pezzo del ragionamento di Lombardo e company che investe anche settori del Pd meridionale vive anche perchè c’è un brutto congresso alle porte ed una sfida sulle candidature che non si risolverà se non con un regolamento di conti e di tessere ? Io credo che dobbiamo cercare di separare il grano dal loglio, la strumentalità dalle intuizioni giuste. Ha ragione Nichi Vendola quando dice che c’è bisogno di riavviare uno lotta contro chi vuole uccidere il mezzogiorno. Collocare il mezzogiorno all’opposizione. Ma - come dice Nichi lo - si puo’ fare se mettiamo al centro e tematizziamo la nuova questione morale che attraversa la società italiana e la politica e i partiti. La risposta va data con atti concreti : nella costruzione delle politiche di governo, nell’edificazione delle alleanze, nella selezione dei gruppi dirigenti, nella capacità di rendere trasparenti e visibili gli atti amministrativi. Troppe volte non abbiamo risposto a questi requisiti : le politiche di governo si sono trasformate in politiche di gestione. Le alleanze si sono ridotte a caravanserragli e oggi c’è chi in questa regione ripropone l’usato sicuro e chiede a De Mita – nonostante la disinvolta giravolta verso destra - di tornare a casa ; i partiti, anzichè essere luoghi di elaborazione e di cambiamento, si sono ammalati di elettoralismo. Le inchieste si sono moltiplicate e la contiguità tra istituzioni e affari appare più di un caso episodico. Vogliamo lasciare questi temi esclusivamente a Di Pietro ed al suo giustizialismo ? O vogliamo mettere i piedi nel piatto, assumere un profilo autonomo, giocare con un’ambizione di cambiamento e non solo con una visione adattiva alla realtà. Per questo c’è bisogno di sinistra e c’è bisogno di Mezzogiorno. Non occorre la conferma – l’ennesima – che il rapporto Svimez ci offre : non cresciamo, abbiamo lo stesso Pil del 1951, produciamo disoccupati ed emigrati, viviamo la contraddizione di una società che consuma di piu’ di quanto guadagna. L’ascensore sociale bloccato è figlio della sintesi straordinaria del parassitismo delle elites economiche e professionali e la subalternità di una classe politica che non promuove più nessuna lotta alle gerarchie, alle corporazioni, alle caste. Il merito – che è la carta nelle mani di quel 27 per cento di laureati che ogni anno sceglie di andare via – è percepito semplicemente come una categoria dello spirito, uno slogan vuoto e ridondante. Qui siamo oggi, da qui dobbiamo partire. Questa battaglia dobbiamo combattere ; D’altra parte, come fa a nascere una nuova forza politica, una nuova alleanza per il sud al netto delle lotte, del deserto produttivo, della frammentazione sociale che caratterizzano questo pezzo di terraferma adagiata sul mediterraneo? Dove sono le forze intellettuali, economiche, associative a supporto di questo progetto? Il pezzo più dinamico ed innovativo di questo mezzogiorno sembra poter fare a meno della politica e del territorio: va altrove e da lì determina la propria capacità innovativa e sperimentale. Il cuore di un nuovo pensiero meridionalista deve avere, infatti, questo assillo: riattrarre quel pezzo di società meridionale che non accetta più l’intermediazione clientelare o, peggio ancora criminale, e chiede nuovi strumenti di emancipazione sociale, valorizzazione del merito e delle competenze, liberazione e ristrutturazione in chiave ambientale di un territorio stuprato dalla speculazione e dai rifiuti. Può questa società dinamica meridionale delegare la propria rappresentanza al nuovo partito della spesa pubblica europea, preoccupato dal fatto che con il 2013 – anno dell’uscita dall’obiettivo 1 delle regioni meridionali – i rubinetti si chiudono e la propria capacità di transazione economica si esaurisce? Per questo sinistra e libertà deve dotarsi di un proprio punto di vista meridionalista. Ora, non tra quattro anni. Per questo proseguiremo questo lavoro, a partire dalla prossima Festa nazionale di Sinistra e Libertà, che si terrà a Napoli, a metà settembre. Oggi iniziamo.

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