Dal sito di SD
Il non stato delle cose
di Michele Dalai
Gio, 23/07/2009 - 07:34
Ci sono tutti gli ingredienti perché si vada avanti all’infinito. I piccoli numeri, i grandi orizzonti, gli implacabili personalismi. Ci sono gli attori giusti nei ruoli adatti, la base nervosa che chiede spiegazioni, che si sente ulteriormente tradita e gli infiniti tavoli politici da cui si guarda alla base con preoccupazione, con grande sconcerto per la totale mancanza di strategia. Così non era nata Sinistra e Libertà, così Sinistra e Libertà cerca di sopravvivere a se stessa. Ci sono quelli come me, che hanno peccato di ingenuità (certo, siamo sprovveduti e impolitici, è una colpa grave), e che hanno creduto che progetto politico non significasse federazione, non significasse movimento ma fosse un modo largo per parlare di aggregazione in forma di partito. Ma ora, a nemmeno due mesi dal voto europeo e amministrativo, al solo citare la parola (partito), si rischia di essere travolti dallo sdegno e accusati di essere novecenteschi. Addirittura, novecenteschi…? Ebbene sì, capita anche questo. Così, mentre i comuni, le province e le regioni si organizzano e cercano la sintesi adatta a creare la nuova Sinistra, gli infiniti gangli dei piccoli poteri decisionali (scelti da chi? Non certo dal milione di consensi raccolti alle europee, unico vero test per SeL…), si affannano a costruire emendamenti immaginari per rallentare il processo. Quali?
Ne cito alcuni tra i moltissimi che mi è toccato ascoltare.
• Bisogna prima capire che Sinistra vogliamo essere e poi essere quella Sinistra.
• La Politica vive di lunghi periodi, non è utile accelerare il processo
• Bisogna attendere gli esiti del congresso PD e capire quali alleanze costruire
E via così, con altre inintellegibili scuse, infarcite di quel burocratese e di quella sindrome di Stendhal che affligge tutto il ceto politico un po’ troppo innamorato di se stesso.
Prendiamo le tre motivazioni espresse, non sarebbe difficile trasformarle in formulazioni più aderenti alla verità. Un esempio?
• Il simbolo è depositato da 5 persone, 5 firme che rappresentano i soggetti fondatori di Sinistra e Libertà. Alcuni di questi soggetti stanno paralizzando il processo di costituzione del partito/progetto per motivi ben diversi dal liet motiv contenuto/contenitore. Quindi, prima di poter cominciare a fare la Sinistra, bisogna capire se e quando smetteranno di tenere in ostaggio il simbolo e il progetto.
• La Politica vive di scelte rapide e puntuali sulle sfide quotidiane, vive di temi e contenuti che a quelle sfide possono e devono rispondere e di un’elaborazione continua che non può non essere comunicata. Senza comunicazione, la politica è un esercizio sterile quando non dannoso e continuare a non dialogare con la base, con le istituzioni e con il Paese reale è un lusso che Sinistra e Libertà non può permettersi, soprattutto nel momento della sua infanzia politica.
• Ci sono persone che hanno partecipato alla tornata elettorale delle europee e della amministrative sperando che SeL raggiungesse il quorum, sperando di riuscire a ricollocarsi nelle amministrazioni locali e a diventare veri e propri classici di se stessi. Il mancato raggiungimento del quorum e la sconfitta in molte province e città li ha lasciati senza ruolo e ora cercano spazio altrove, magari proprio nel PD, per questioni molto lontane dalla teoria politica che cercano di mettere al centro dello schermo. Il problema, senza inutili ipocrisie, è economico e professionale, quando non di ego.
Ecco una possibile traduzione dei motivi che stanno rallentando quello che doveva e poteva essere un cammino deciso e necessario. La nascita di quella Sinistra nuova, laica e progressista che il programma elettorale raccontava bene, con precisione, senza esitazioni. Certo, perché ho letto e sentito anche questo, si trattava solo di un programma elettorale, mica di una cosa seria e concreta. Come se in caso di raggiungimento del quorum i nostri europarlamentari non sarebbero stati vincolati a rispettare quel programma. Che è anche una risposta al noioso e pericoloso ritornello che riguarda i contenuti. C’è chi gira stracciandosi le vesti e ripetendo ossessivo: parliamo di qualcosa, smettiamo di preoccuparci della forma che avrà la nostra unione. Ma noi abbiamo parlato di qualcosa. Abbiamo raccontato un’Europa diversa, fatta di lavoro equo, di innovazione, di energia pulita, fatta di progetti concreti. Abbiamo sottoscritto un programma di Governo che era ed è la sintesi dei nostri desideri e delle nostre azioni. Contenuti, temi forti che non sono scaduti solo perché eravamo un milione e non un milione e ottocentomila. Non ci si può coprire di ridicolo a questo modo, esiste una dignità del voto e del consenso che va rispettata, almeno rispettata se non assecondata. Io rifiuto di accettare che si sia trattato solo di una momentanea tregua tra piccoli partiti e movimenti rissosi, in cerca di una boccata di ossigeno. Sono sconcertato dalle giustificazioni di facciata e dall’eccesso di politica che moltiplicano per mille la sfiducia di questo paese nei confronti di una Sinistra che più che liberale si è trasformata in individualista (ma nel senso deteriore, siamo quasi alla moltiplicazione dei partiti personali), e sorda allo strazio che vive un’area enorme, privata di qualsiasi punto di riferimento e costretta a credere al finto welfare leghista come unica alternativa popolare alle politiche ultraliberiste del Governo.
Se poi si tratta di un problema di comunicazione e tutta questa analisi, la mia, è un goffo esercizio complottista, bene, dispostissimo a cospargermi il capo di cenere e a cullarmi felice nella mia prosa impolitica, ma temo che così non sia.
Se di comunicazione si tratta, bene. Comunichiamo meglio. Scegliamo qualcuno che possa raccontare (a noi per primi), cosa sta succedendo a quello che doveva essere un sogno utile ed è diventato un preoccupante dormiveglia, agitato da strane ombre.
Se chi dovrebbe parlare è in altre faccende affaccendato, faccende per cui servono energie e che comportano responsabilità di Governo, tutti noi siamo disposti a capire e pronti a dare una mano, a metterci braccia e cuore, ma non possiamo capirlo senza alcun segnale e non siamo ancora bravi a leggere i fondi del caffè.
C’è una riunione delle segreterie nazionali alle porte, una riunione in cui presumibilmente molti di questi temi verranno evitati e si rimanderà tutto a una festa, quella di Bagnoli, cui molti di noi parteciperanno.
Ci saremo anche se non abbiamo capito bene cosa dovremmo festeggiare, a cosa dovremmo brindare e quanto saremo legittimati a farlo.
Non sappiamo se ci saranno regole particolari per i brindisi (devono esserci cinque calici per ogni brindisi? Sono ammessi a brindare gli indipendenti?), se potremo indossare la spilla di SeL o servirà dotarsi di medagliere quasi militare, una spilla per partito e se finalmente potremo celebrare o discutere qualche decisione o dovremo restare in questa folle e angosciosa indefinitezza in cui anche l’apertura di un gruppo tematico a nome Sinistra e Libertà viene fatto passare come atto di indisciplina e come una forzatura della lunga, lunghissima, infinita marcia…
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