lunedì 29 aprile 2024

Franco Astengo: Analisi elettorale

ANALISI ELETTORALI di Franco Astengo Ai nastri di partenza del Gran Premio d'Europa il sistema politico italiano appare percorso da una venatura di follia trasversale che si potrebbe definire come di "personalismo populistico": addirittura si pretenderebbe che il "clou" della contesa fosse rappresentato da una sorta di plebiscito imperniato sul nome di battesimo della signora presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri. Sarà bene allora attrezzarci con qualche accorgimento alla lettura dei dati che ci verranno rovesciati addosso nella notte tra il 9 e il 10 giugno prossimo. Una lettura corretta dovrà partire da due elementi: 1) non tenere in conto le percentuali elaborate sui soli voti validi (il 40% di Renzi, il 34% di Salvini: tutte percentuali fasulle e non soltanto per l'eccessiva volatilità elettorale); 2) il tema centrale della prossima tornata europea ( i cui punti di fondo saranno assolutamente dimenticati nei giorni della campagna elettorale per via dell'impegno spasmodico di affermazione personale da parte dei contendenti) sarà quello della partecipazione al voto. Da quando, nel 1979, si svolte le elezioni per il Parlamento Europeo queste, nel nostro Paese, si sono sempre dimostrate scarsamente attrattive e il numero di elettrici/ elettori presenti alle urne costantemente al di sotto del numero delle elettrici/elettori partecipanti alle elezioni politiche. Deve essere chiaro che le sole percentuali che potranno essere prese in considerazione saranno quelle riferite al totale degli aventi diritto: in quel modo si avrà preciso il dato dello scostamento in positivo o in negativo per ogni singola lista. Inoltre tutti i raffronti dovranno rigorosamente essere eseguiti tra cifre assolute: in questo senso va ricordato come il tetto della maggioranza relativa si sia sempre più abbassato tra elezioni politiche ed elezioni europee partendo dal 2008 (dati riferiti al solo territorio nazionale): Elezioni politiche 2008, maggioranza relativa PDL 13.629.464 seguito dal PD 12.095.036. Elezioni europee 2009 maggioranza relativa PDL 10.767.965 seguito da PD 7.980.455 Elezioni politiche 2013 maggioranza relativa M5S 8.691.406 seguito da PD 8.646.034 Elezioni europee 2014 maggioranza relativa PD 11.172.861 seguito da M5S 5.792.865 Elezioni politiche 2018 maggioranza relativa M5S 10.732.066 seguito da PD 6.161.896 Elezioni europee 2019 maggioranza relativa Lega 9.153.168 seguito da PD 6.050.361 Elezioni politiche 2022 maggioranza relativa FdI 7.301.303 seguito da PD 5.348.6876 Queste le relative percentuali calcolate sul totale degli aventi diritto: Elezioni politiche 2008 PDL 28,97% PD 25,71% Elezioni europee 2009 PDL 21,91% PD 16,24% Elezioni politiche 2013 M5S 18,52% PD 18,43% Elezioni europee 2014 PD 22,68% M5S 11,76% Elezioni politiche 2018 M5S 23,07% PD 13,24% Elezioni europee 2019 Lega 18,56% PD 12,27% Elezioni politiche 2022 FdI 15,86% PD 11,62% Qualche oscillazione può essere notata anche a causa della differente composizione delle liste degli aventi diritto (inclusive o meno di elettrici/elettori residenti all'estero) ma non è comunque difficile notare come il livello di rappresentatività reale del partito pro-tempore di maggioranza relativa si trovi ormai da qualche tempo in caduta libera, dal 28,97% del PDL alle politiche 2008 fino al 15,86% conseguito da FdI nel 2022: una caduta di saggio che ci fa pensare ad una crescente fragilità del sistema cui si intende dare risposta attraverso il superamento della forma di governo indicata dalla Costituzione per avviarsi verso la strada indicata con il neologismo delle "democrature". La considerazione conclusiva riguarda lo spazio che lascia una percentuale di rappresentativa così ridotta della forza di maggioranza relativa: ma questo è un problema dei contendenti che dovrebbero porsi l'obiettivo di recuperare almeno una parte proiettata fuori dalla partecipazione politica a seguito del crollo dell'immaginario disegnato nella seconda metà degli anni '10 dall'antipolitica eretta a sistema.

venerdì 26 aprile 2024

Paolo Bagnoli: Senza alcun pudore

ENZA ALCUN PUDORE 24-04-2024 - CRONACHE SOCIALISTE Gli anni che hanno seguito il crollo del sistema politico fondato sui partiti sono quelli che registrano i termini liberali e liberalismo più di quanto ciò sia successo da quando l’Italia è divenuta repubblicana e democratica. In un Paese in cui il liberalismo, parliamo di quello vero e lo diciamo un po’ alla grossa poiché la questione meriterebbe una riflessione assai ampia, è sempre stato merce rara, dopo la caduta della prima repubblica non c’era chi non si dichiarava liberale, lo erano tutti; l’Italia, prima della pandemia del corona virus ha avuto quella del morbo liberale che ritroviamo albergante sia a destra sia a sinistra. Trattandosi di un Paese che, da quando esiste, ha sempre cercato di saltare la propria ombra, non c’è certo da stupirsi. Ma poiché l’Italia è un Paese singolare in quasi tutto va osservato che questa ventata di liberalismo e di liberali non era, leopardianamente, “vaga e indefinita”; nessuno faceva riferimento al parterre de roi del liberalismo ufficiale: Camillo Cavour, Benedetto Croce, Giovanni Giolitti, Luigi Einaudi, Marcello Soleri e potremmo continuare, ma a colui che, per alcuni non illustri studiosi del nostro pensiero politico, non considerano nemmeno un liberale: ossia, a Piero Gobetti. La rivoluzione liberale – formula nella quale si condensa la visione storica, politico e dottrinaria di Gobetti – viene usata come il fine dell’azione politica di Massimo D’Alema e pure di Silvio Berlusconi; ciò la dice già tutta che non c’è bisogno di spendere altre parole. Pensavamo che, raggiunto il colmo, non si sarebbe andati avanti e, invece, ci eravamo sbagliati. Del nostro errore ci siamo accorti quando Mario Sechi, direttore del quotidiano “Libero” (14 marzo 2024) accosta Giorgia Meloni a Piero Gobetti poiché le parole della presidente del consiglio sulle tasse avrebbero evocato il fondatore de “La Rivoluzione Liberale”. Quanto detto dalla Meloni sulle tasse è, per Sechi, «una dichiarazione di liberalismo», aggiungendo che, di fatto, solo lui ha colto questo grande fatto che i più non avranno certamente afferrato. Insomma la Meloni, sempre secondo Sechi, non è «l’anima dello statalismo» – a vedere le vicende del PNRR sembrerebbe che invece è proprio così – ma tutt’altro, liberale fino al midollo in quanto, «Cambiare il Fisco per Meloni significa prima di tutto rispettare la Costituzione». E anche di questo non c’eravamo proprio accorti; meno male che Sechi ci ha messo sulla giusta strada. Ora è vero che Gobetti nel 1922 critica il sistema fiscale italiano, ma il discorso di Gobetti con le parole e l’azione della Meloni e del governo che presiede non c’entrano per contesto, visione storica e ideologia politica. Proprio niente. Non sappiamo quanto Sechi e la Meloni conoscano Gobetti, forse quest’ultima lo ha sentito almeno rammentare visto che morì nella lotta contro la dittatura a causa delle bastonate dei fascisti: parola, quest’ultima, che Giorgia Meloni nemmeno cita. Comunque, se proprio Fratelli d’Italia l’avesse voluta citare Gobetti avrebbe dovuto tentare di proporlo orizzontalmente e non verticalmente, se non altro per non lasciare il passato ridicolo tentativo alla memoria di D’Alema e di Berlusconi. Ma, come sappiamo, non c’è due senza tre: basta aspettare. Non è questa la sede per andare almeno un po’ a fondo di cosa parli Gobetti quando tratta di liberalismo limitandoci a ricordare che, per lui, non è dal sostantivo che viene l’aggettivo bensì da libertà; la medesima cosa è per Carlo Rosselli e il suo Socialismo liberale, ma speriamo che dopo Gobetti Sechi non vada avanti: al già molto si aggiungerebbe il troppo. Nel marzo 1922 Gobetti scrive: «Il liberalismo non è mai stato conservatore. Il liberalismo soddisfa l’esigenza conservatrice creando un governo, ma per arricchire la spiritualità della vita sociale non può agire che come forza rivoluzionaria, come opposizione ai falsi realismi, alle idolatrie dei fatti compiuti. La funzione del liberalismo è mancata il giorno in cui ha dovuto assumere una responsabilità di governo, senza e contro il popolo. […] Il liberalismo può estrinsecare la sua capacità creativa di uno Stato soltanto attraverso un autonomo processo di disciplina libertaria». Le conclusioni vengono da sole e un po’ di pudore intellettuale non guasterebbe.

Italy: the 2024 European Parliament elections – all change? | EUROPP

Italy: the 2024 European Parliament elections – all change? | EUROPP

25 aprile a Milano: un corteo grande, ma i vari spezzoni sono stati incapaci di parlarsi - Articolo21

25 aprile a Milano: un corteo grande, ma i vari spezzoni sono stati incapaci di parlarsi - Articolo21

lunedì 22 aprile 2024

ALLE PORTE NON C'è IL FASCISMO MA BUROCRATI SERVILI E UN'EUROPA MENO DEMOCRATICA - GLI STATI GENERALI

ALLE PORTE NON C'è IL FASCISMO MA BUROCRATI SERVILI E UN'EUROPA MENO DEMOCRATICA - GLI STATI GENERALI

Franco Astengo: Forma-politica e forma-partito

FORMA POLITICA E FORMA PARTITO di Franco Astengo Nel rivolgermi a un numero limitato di interlocutori cercherò di affrontare, pur disponendo di limitate capacità intellettuali, il tema della "forma - partito". "Forma partito" come "Forma politica" visto almeno sul versante delle forze costituzionali di opposizione: una questione che pare tornata di grande attualità con le scelte compiute in occasione della formazione delle liste delle candidate/i per le elezioni europee condotte con metodi più riconducibile ad un casting per una serie televisive piuttosto che per definire presenze di rappresentanza politico - istituzionale della complessità sociale. Liste che non sono più formate attraverso la crescita di una classe dirigente. In questo quadro si è anche aggiunta la proposta per ora accantonata di definitiva personalizzazione del PD (quasi un tentativo di allineamento al modello di partito - personale). Andando per ordine:nel corso dell'infinita "transizione italiana" e nel modificarsi proprio della natura delle organizzazioni politiche (analizzate nel corso del tempo: dal partito ad integrazione di massa a "catch all party" fino a partito azienda, partito personale, partito a "democrazia del pubblico", partito della "democrazia recitativa") dalla classe dirigente della parte costituzionale di opposizione alla destra non sono stati affrontati almeno due punti: 1) Il tema del progetto. A questo proposito non compare un’ipotesi di superamento dell’impostazione di semplice gestione dell’esistente ( cui sono affidate anche le grandi transizioni da quella ecologica a quella digitale) e di andare oltre all’avvenuto sacrificio di identità sull’altare del governo come è avvenuto in diverse fasi contrassegnate da governi "tecnici" o di "solidarietà". In particolare Il PD, principale soggetto presente nell'opposizione che si vorrebbe democratico - costituzionale, soffre di un’ assenza di riferimenti complessivi sul piano culturale che proviene da lontano, almeno dall'espressione di quella "vocazione maggioritaria" basata su di una mera visione elettoralistica dello scopo stesso di esistenza della formazione politica:. L'assenza di progetto del resto accomuna il PD ad altri soggetti sia a sinistra, sia a vocazione "centrista". Manca complessivamente una visione di collegamento culturale, non viene esercitata alcuna funzione pedagogica, non è stata aperta una seria riflessione sulla completa assunzione dell’ideologia neoliberista verificatasi a suo tempo nella fase dell’Ulivo; 2) Il tema della forma politica. “Forma politica” e non tanto“Forma partito”: la seconda definizione quella appunto di “Forma partito”,infatti, risulterebbe quanto meno semplicistica proprio rispetto alla realtà dei tempi che stiamo vivendo. La “politica” ha subito, anche sulla spinta dell’innovazione tecnologica in campo mediatico e della comunicazione, una modificazione profonda passando (come ci è già capitato più volte di sottolineare) da fatto prevalentemente fondato sul pensiero come espressione di una identità culturale a questione di immagine e di richiesta di scelta elettorale basata sulla competizione individualistica dell’apparire. In questo senso è risultato micidiale il meccanismo dell’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti delle Giunte Regionali (questi ultimi ormai impropriamente definiti come “Governatori” dai mezzi di comunicazione di massa). Elezione diretta che sicuramente ha garantito la stabilità degli esecutivi al prezzo di una vera e propria mortificazione dei consessi elettivi e di conseguenza della rappresentanza e della partecipazione. Da questa analisi si deduce oggettivamente la necessità di formare un vero e proprio sbarramento all'ipotesi di premierato che la destra sta ponendo all'ordine del giorno. Su questi due punti, dell’identità progettuale e della forma dell’agire politico, non appare nel sistema politico italiano una qualche tendenza a rinnovarsi e anzi, sul piano dell’ indeterminatezza identitaria, sembra esercitare una sorta di coazione a ripetere rispetto al passato . In realtà si tratta di una carenza di visione culturale che ha attraversato il sistema fin dal processo di liquidazione del PCI. A sinistra non si sono realizzate scelte: né quella della socialdemocratizzazione,né quella riferita al modello americano (cui pare tendere Schlein di cui non deve essere dimenticata la forma di elezione al di fuori dalle istanze di partito). A complicare il quadro va inoltre ricordato come a PD e AVS soggetti già provenienti tra loro da differenti culture tocca misurarsi con l'antipolitica che permane come marchio identitario del M5S. Non si può dimenticare come ,oggettivamente, il sistema lasci ampi spazi vuoti che non saranno sicuramente colmati da un tentativo di definitivo allineamento proprio al modello del partito elettorale fondato sulla "democrazia recitativa"; partito nel quale la sintesi della feudalizzazione avverrebbe attraverso il dialogo diretto tra Capo e potenziale elettorato, in sostanza tra il Capo e le masse.

venerdì 19 aprile 2024

Parce qu'il ne suffit pas de se dire démocrates. Écosocialisme et justice sociale - Fondation Jean-Jaurès

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Come si cambia: il Pnrr dopo la revisione* - Lavoce.info

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DOVE FINISCE MILANO - CARISSIMA CASA: LE LUNGHE RAGIONI DI UN FENOMENO - GLI STATI GENERALI

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Lezioni americane: la posta in palio delle prossime elezioni

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The Paradox of the American Labor Movement - The Atlantic

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Ukraine is losing and the west faces a stark choice

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mercoledì 10 aprile 2024

Segnali preoccupanti dal Def 2024 - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

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Meditazioni sulle riforme – laCostituzione.info

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Why Is Europe Losing the Productivity Race? by Barry Eichengreen - Project Syndicate

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LOMBARDIA: SANITÀ MALATA DI UNA DEMOCRAZIA MALATA |

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CITTÀ DEI BALOCCHI (PER ALCUNI) E CITTÀ DEI POVERI (DI TANTI, DI TROPPI!) |

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MILANO PREDONA |

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venerdì 5 aprile 2024

The French Left’s Delicate Unity - Dissent Magazine

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Franco Astengo: Trasformismo

TRASFORMISMO, PERSONALIZZAZIONE, DEMOCRAZIA RECITATIVA di Franco Astengo I fatti di Bari, legati alla "questione morale", colpiscono al cuore l'ipotesi di una nuova alleanza democratica capace di opporsi alla pericolosa ventata di destra in atto nel nostro Paese e sul piano europeo che nella nostra fattispecie punta a demolire la Costituzione e la forma di governo repubblicana. Ancora una volta è necessaria una riflessione di fondo che investa l'analisi delle cause profonde di questi fenomeni purtroppo emergenti. Proviamo ad elencare alcune possibili elementi di dibattito: 1) la trasformazione della “forma – partito” da quella “ad integrazione di massa” via via verso il “catch all party”, il “partito azienda” fino al “partito personale” in un quadro di mutamento del concetto stesso di democrazia passata da “rappresentativa” a “del pubblico” contrabbandando una formula deviata di “democrazia diretta” che avrebbe dovuto essere esercitata quasi esclusivamente attraverso il web (su questo punto però stiamo registrando rilevanti passi all’indietro). In questa situazione il PD appare incapace di porre un filtro e sicuramente non appare sufficiente il radical-movimentismo della segreteria Schlein eccessivamente votata - è il caso di dirlo - all'esercizio della "democrazia recitativa"; 2)è stata del tutto sottovalutata la costante diminuzione nella partecipazione elettorale frutto diretto di una profonda crisi nel rapporto tra vita civile e vita politica. Questo elemento è quello che consente facili infiltrazioni di gruppi organizzati che fanno della proiezione istituzionale dell'agire politico il luogo del tornaconto di clan dediti ad affari e all'esclusiva detenzione del potere. Una crisi causata da fattori molto complessi primo fra tutti quello di aver introiettato a suo tempo il concetto di “fine della storia” con relativa adozione del “pensiero Unico” proclamando la "fine delle ideologie" a vantaggio della ventata qualunquista; 3) i costanti tentativi di spostare l’asse di riferimento iscritto nella Costituzione della “centralità del Parlamento” e delle altre assemblee elettive verso una “governabilità” ottenuta attraverso vere e proprie forzature di restringimento dell’agibilità della rappresentanza politica. La riflessione in questo senso deve comprendere, oltre ai diversi meccanismi della formula elettorale, anche quelli dell'elezione diretta (in particolare dei presidenti di Regione) posta in rapporto al fattore di personalizzazione della politica e del già citato esercizio della "democrazia recitativa" (elementi che allentano di molto i filtri invitando oggettivamente i candidati a imbarcare nelle loro fila quanti si pongano " a disposizione" senza provvedere a valutazioni di merito ma soltanto perché disponibili a offrire pacchetti di voti). 4) Sicuramente non hanno aiutato a considerare come valore la moralità della vita pubblica operazioni trasformistiche di rilevanti dimensioni quali il mutamento di finalità e di denominazione della Lega passata dalla posizione separatista a quella nazionalista con vocazione sovranista e la mutazione (che in altri tempi sarebbe stata definita “genetica”) del M5S passato tranquillamente dall’antipolitica al ministerialismo al pretendere l'egemonia di un ipotetico polo progressista. Ancora una volta debbono essere considerati, almeno dal nostro punto di vista, anche gli effetti concreti di una "vocazione maggioritaria" esercitata, in particolare nelle situazioni locali, esclusivamente dal punto di vista della detenzione del potere magari fortemente venata di dimensioni populiste. 5)Naturalmente non si può dimenticare che il trasformismo è stata componente vitale del sistema politico italiano ancora in precedenza all'Unità d'Italia se prendiamo come riferimento il connubio Cavour - Rattazzi nel parlamento subalpino. Le ragioni che si sono tentate di esporre in questo testo risalgono ai fattori emersi nel post "Repubblica dei Partiti" ( da Pietro Scoppola) che hanno reso del tutto inedita la situazione attuale. Uno stato di cose in atto ben meritevole di grande attenzione proprio nel momento in cui in fondo al tunnel della scarsa partecipazione e della proposta di sottolineatura istituzionale del personalismo potrebbe esserci l'ipotesi di una "democratura" autoritaria (una sorta di salazarismo di ritorno con il mantenimento di una sorta pluralismo di facciata, appunto esercitato nel solco di quella "democrazia recitativa" di cui appaiono maestri nell'esercizio diversi presidenti di Regione camuffati da "governatori").

The world’s moral failure in Gaza

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