Da Europress
Austria-Belgio maggio - giugno 2009
di Furio Ferraresi
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L’ECLISSE DELLA SOCIALDEMOCRAZIA NELLA LUNGA TRANSIZIONE EUROPEA
1. La complessa agenda europea
Le elezioni europee, tenutesi nel mezzo della più grave crisi economica dagli anni Trenta, hanno segnato la generalizzata vittoria dei partiti conservatori di centro-destra, anche di quelli al governo (come in Germania, Francia e Italia), e messo in evidenza la crisi dei partiti di ispirazione socialdemocratica (1). Il clima è decisamente mutato rispetto a dieci anni fa, quando i socialdemocratici conquistavano l’Europarlamento guidati da personalità di tipo nuovo come Tony Blair e Gerhard Schröder, in grado di esercitare una leadership politica sul continente. Ma la vittoria dei conservatori appare in una luce parzialmente diversa se si considera l’alta percentuale di astensionismo che ha contraddistinto questa tornata elettorale e che rende il crescente deficit di legittimazione il vero problema del “sistema europeo” (2). È questo il contesto nel quale l’Ue dovrà affrontare le prossime scadenze – dalla nomina del presidente della Commissione all’adozione del Trattato di Lisbona dopo l’eventuale successo dei “sì” nel referendum irlandese d’autunno – completando la sua complessa transizione istituzionale in un semestre decisivo presieduto dalla Svezia (3) e sotto gli auspici di una nuova alleanza franco-tedesca in grado di condizionare le future scelte dell’Unione (4).
2. Le elezioni europee in Austria
I risultati delle elezioni europee confermano alcune tendenze di fondo della politica austriaca affermatesi negli ultimi anni, ma presentano anche elementi di novità sottovalutati nelle analisi della vigilia. Queste ultime avevano soprattutto sottolineato il clima da “guerra di religione” contro gli immigrati musulmani alimentato dalla destra populista del Partito della libertà (Fpö), che aveva creato un autentico “corto circuito tra religione e politica” all’insegna dello slogan “Abendland in Christenland” (5). Ma avevano anche messo in evidenza il “provincialismo” e l’indifferenza dei partiti nazionali nei confronti della vera in posta in gioco della competizione europea (6); quest’ultimo appare un dato comune a quasi tutti i paesi dell’Ue e rispecchia il grado ancora assai poco sviluppato di una “opinione pubblica europea” (7). Per quanto riguarda gli elementi di continuità, le elezioni evidenziano la crisi conclamata del Partito socialdemocratico (Spö) e la sostanziale tenuta del Partito popolare (Övp), nel quadro di una generale erosione di consensi alla Grosse Koalition al governo. I popolari, pur risultando il primo partito con il 29,7%, perdono il 3% rispetto alle Europee del 2004, ma guadagnano quasi cinque punti rispetto alle politiche del settembre 2008, quando ottennero il 24,9%, il peggiore risultato della loro storia; i socialdemocratici del cancelliere Werner Faymann, invece, si assestano al 23,8%, con ben 9,5 punti percentuali in meno rispetto alle Europee del 2004 e ben al di sotto anche del 29,2% delle politiche dell’anno scorso, quando ottennero la maggioranza relativa. Per i popolari si può quindi parlare di perdita contenuta, per i socialdemocratici di una vera e propria débâcle. Risulta altresì confermato il rafforzamento dell’estrema destra, sebbene non nei termini prefigurati dai sondaggi: la Fpö di Heinz-Christian Strache totalizza il 13,1%, con un incremento del 6,8% rispetto alle Europee del 2004, ma in flessione rispetto al 18,3% delle politiche; l’Alleanza per il futuro dell’Austria (Bzö) di Ewald Stadler raggiunge il 4,7%. Questo partito non era presente nelle precedenti Europee, mentre nelle politiche dell’anno scorso aveva ottenuto l’11,5% dei voti. Il vero elemento di novità è invece rappresentato dall’affermazione (17,9%) della lista di Hans-Peter Martin, che diventa il terzo partito, guadagnando il 3,9% rispetto alle Europee del 2004, mentre non aveva ottenuto seggi nelle precedenti politiche. I Verdi raggiungono il 9,5% perdendo il 3,4% rispetto al 2004. Il risultato negativo dei socialdemocratici, il sesto consecutivo per Faymann, pur essendo in parte spiegabile nell’ottica della flessione generale dei socialisti a livello europeo e della perdita di consensi dei partiti di governo nella crisi globale, è largamente riconducibile agli errori della campagna elettorale. Una campagna scialba condotta all’insegna dell’improvvida accondiscendenza alla marea montante della demagogia populista. Atteggiamento inaugurato con la lettera scritta l’anno scorso da Faymann a Hans Dichand, editore della Kronen Zeitung (giornale capofila dell’euroscetticismo), nella quale si annunciava la “svolta” euroscettica della Spö, e terminata con il maldestro tentativo di mettere la sordina ai temi specificamente europei sui quali, pur tra molti tentennamenti e alcune vistose retromarce, il capolista Hannes Swoboda aveva invano cercato di richiamare l’attenzione (8). Ora incombono le prossime elezioni regionali nell’Oberösterreich e a Vienna, che saranno test decisivi per la tenuta del partito e per la stessa sopravvivenza di Faymann alla sua guida. Il non deludente risultato del Partito popolare è invece spiegabile da un lato con il fatto di essere rimasto, insieme con i Verdi, l’unico partito non dichiaratamente euroscettico e di essere quindi riuscito a catalizzare il voto filoeuropeo trasversale rispetto alla tradizionale distinzione destra/sinistra e dall’altro all’ambiguità, o alla doppia strategia, della sua campagna elettorale, che si è tradotta in un gioco di sponda tra il capolista Ernst Strasser e Othmar Karas, convinto europeista collocato al secondo posto in lista. Mentre il primo ha strizzato l’occhio all’elettorato di destra con dichiarazioni euroscettiche, il secondo ha corretto il tiro tenendo dritta la barra dell’europeismo e riuscendo così ad accreditare il partito come alternativa moderata al voto di protesta antieuropeo (9). Il dato politicamente più significativo di queste elezioni è però il mancato sfondamento della Fpö, dominatrice assoluta della campagna elettorale e che alcuni sondaggi davano al 30%, di cui ha soprattutto beneficiato la Lista Martin. Giornalista e saggista, Martin si è accreditato come volto presentabile di un euroscetticismo non ideologico, riuscendo ad attrarre il voto di protesta non estremista di quegli elettori che, sia pure animati da profonda ostilità nei confronti dell’Ue, dei suoi sprechi e della sua scarsa trasparenza democratica, non erano disposti a sostenere le tesi xenofobe dell’estrema destra né a identificarsi in una campagna elettorale – quella della Fpö – dominata dalle crociate contro l’Islam e da un’ossessiva predicazione contro l’ingresso della Turchia e di Israele nell’Ue (10). Una parte non irrilevante nella battuta d’arresto dell’estrema destra ha giocato la presa di posizione di alcuni esponenti della gerarchia cattolica austriaca contro l’uso strumentale a fini propagandistici dei simboli religiosi, a cominciare dalla croce, da parte della Fpö. Ma la parte del leone l’ha fatta anche in questo caso la Kronen Zeitung, che si è schierata con Martin – così come nelle elezioni politiche del 2008 aveva sostenuto Faymann – contribuendo a trasformare la sua lista in una forza politica in grado di competere numericamente con il fronte della Fpö e della Bzö. Molti ritengono tuttavia che si tratti di un capitale politicamente non spendibile, destinato a esaurirsi molto presto, quando alla protesta e alla denuncia dovrà necessariamente seguire la proposta, al momento assai vaga e probabilmente non in grado di mobilitare l’elettorato con altrettanta efficacia persuasiva. Resta il fatto che in un Paese che per lunghi anni ha coltivato il sogno di un’isola ricca e felice al riparo dalle temperie della storia, e che ora si trova drammaticamente esposto alla crisi economica e all’insicurezza generata da una sconosciuta disoccupazione (11), più di un terzo degli elettori ha votato per partiti o candidati euroscettici (12). E tuttavia le recenti rilevazioni di Eurobarometro indicano che il sentimento filoeuropeo, alimentato dalla convinzione che l’Ue sia l’unica ancora di salvezza nella tempesta della crisi globale, è in crescita tra la popolazione; esso ha impedito che in queste elezioni il tradizionale euroscetticismo austriaco assumesse le sembianze prevalenti della xenofobia e del razzismo (13). Vedremo già nelle prossime elezioni regionali se si tratta di una duratura inversione di tendenza, o almeno di una complicazione del quadro politico, o se invece si tratta soltanto di un’occasionale conversione tattica a forme meno radicali di antieuropeismo, destinata a essere abbandonata con l’uscita dalla crisi. Destano tuttavia preoccupazione i risultati di una ricerca sui “valori” degli austriaci recentemente pubblicata nel volume Die Österreicher innen. Wertewandel 1990-2008 (Czernin-Verlag): l’Austria è sempre di più un paese conservatore, di destra, scettico nei confronti della democrazia e ostile nei riguardi degli stranieri (14).
3. I risultati delle elezioni europee e regionali in Belgio
In Belgio le elezioni europee si sono svolte in concomitanza con il rinnovo dei Parlamenti regionali, in un quadro politico segnato dalla precaria sopravvivenza del governo guidato dal cristiano democratico fiammingo Herman Van Rompuy a due anni dalle elezioni per il Parlamento nazionale. I dati di fondo emersi dalla tornata elettorale regionale sono, nelle Fiandre, la vittoria della destra rappresentata dai cristiano democratici (Cd&V), che ottengono il 23% dei voti, e dalla populista Nuova Alleanza Fiamminga (N-Va), che raggiunge il 13%, e in Vallonia l’inaspettata tenuta dei socialisti, che si confermano primo partito con il 32,7% dei voti, nettamente distanziati sia dai liberali riformatori (Mr, Mouvement Réformateur) del ministro delle Finanze Didier Reynders, che si fermano al 23,4%, sia dai cristiano sociali (Cdh), che raggiungono il 16,4%. Un secondo elemento da sottolineare è la netta vittoria in Vallonia degli ecologisti di Ecolo (18,5%), che li fa diventare l’ago della bilancia del nuovo governo. Quest’ultimo potrà adottare o la formula dell’ “Olivier” – qualcosa di simile al nostro Ulivo – mettendo insieme ecologisti, socialisti e cristiano sociali, o ricalcare – ipotesi meno plausibile – il modello “giamaicano”, ossia l’alleanza tra liberali, socialisti e cristiano sociali. È probabile che tra il leader socialista Elio di Rupo e Joëlle Milquet, leader del Cdh, esista l’accordo tacito di continuare la collaborazione di governo (sia nella Regione sia nella Comunità) aprendo però agli ecologisti. Resta tuttavia da capire se questa collaborazione potrà continuare anche a Bruxelles, dove i liberali sono ridiventati il primo partito, superando i socialisti. Nelle Fiandre, invece, si va verso l’alleanza tra cristiano democratici fiamminghi, la Nuova Alleanza Fiamminga e un terzo partito che potrebbero essere o gli ecologisti o i socialisti. Un ultimo dato riguarda la scomparsa dell’estrema destra in Vallonia (a livello di parlamento regionale) e il calo del 9% degli indipendentisti radicali del Vlaams Belang nelle Fiandre. Da sottolineare anche la netta sconfitta dei liberali fiamminghi (Open Vld) superati dai socialisti (15). Nello scrutinio europeo l’ordine d’arrivo delle formazioni francofone ricalca nel complesso quello delle regionali. I socialisti sono il primo partito con il 29,1%, sebbene risultino in calo del 7% rispetto al 2004. I liberali si collocano al secondo posto con il 25,5%, in leggero calo rispetto alle precendeti Europee. Gli ecologisti di Ecolo raggiungono il 22,8%, raddoppiando i consensi e superando i cristiano sociali (Cdh), che si fermano al 13,3%, in flessione del 2% rispetto al 2004. Sul versante fiammingo i cristiano democratici (Cd&V) sono il primo partito con il 23,2%, davanti a liberali (Open Vld) che si fermano al 20,5% al Vlaams Belang (15,8%) e ai socialisti del Sp.A (13,2%). Al nord il duello tra Jean-Luc Dehaene e Guy Verhofstadt, i due ex primi ministri, rispettivamente cristiano democratico e liberale, va a vantaggio del primo, sebbene Verhofstadt possa vantare una performance molto migliore di quella del suo partito nelle elezioni regionali (16). In Vallonia la lista verde di Isabelle Durant (Ecolo) sfonda in modo spettacolare, mentre Louis Michel, commissario europeo ed ex presidente dei liberali non riesce a portare la sua formazione liberal-riformatrice davanti a quella socialista di Jean-Claude Marcourt (17).
(1) P. Delwit (intervista a cura di W. Bourton), “Les partis socio-démocrates peinent à mobiliser leur électorat aux européennes”, Le Soir, 9-6-2009.
(2) Ch. Prantner, Fragen zum “schwarzen Kontinent Europa”, Der Standard, 9-6-2009; M. Labaki, L’Europe: vous ennuie? Politisez-la!, Le Soir, 30-5-2009; Ph. Regnier, Abstention, piège à c… ?, Le Soir, 19-5-2009.
(3) S. Verhest, José Manuel Barroso fait de son mieux, La Libre Belgique, 18-6-2009 e H. Gamillscheg, EU Vorsitz: “Eine problematische Präsidentschaft“, Die Presse, 24-6-2009.
(4) J. Wyles, Franco-German alliance has Europe on a string, European Voice, 18-6-2009.
(5) A. Föderl-Schmid, Hirten sprechen, VP-Spitze schweigt, Der Standard, 23-5-2009; M. Prüller, Straches Kreuzzug hat auch sein Gutes, Die Presse, 23-5-2009 e B. Coudenhove-Kalergi, Ein Wahlkampf zum Fürchten, Der Standard, 19-5-2009.
(6) O. vom Hove, Wird Europa rechts liegen gelassen?, Die Presse, 13-5-2009.
(7) Ph. Blom, Von Elend der europäischen Öffentlichkeit, Der Standard, 11-06-2009.
(8) A. Föderl-Schmid, Protest ja, aber nicht radikal, Der Standard, 8-6-2009.
(9) P. Gerlich, Das EU-Wahlergebnis ist mehr als nur Denkzettel, Wiener Zeitung, 8-6-2009.
(10) W. Böhm, Der Sieger ist ein Querulant, Die Presse, 8-6-2009.
(11) G. Strobl, Mehr EU statt weniger, Der Standard, 18-6-2009; A. Kohl, Allein aus der Krise?, Die Presse, 25-5-2009.
(12) B. Coudenhove-Kalergi, Wie wir wurden, was wir sind, Der Standard, 6-5-2009.
(13) R. Teltscher, Wer ist warum europaskeptisch?, Wiener Zeitung, 6-5-2009.
(14) H. Rauscher, Die stimmungsmäßige Hegemonie der Rechten, Der Standard, 17-6-2009.
(15) F. Van de Woestyne, La Partie socialiste a la main, Ecolo a la clé, La Libre Belgique, 8-6-2009.
(16) M. Debuisson - Ph. Regnier (intervista a G. Verhofstadt), Verhofstadt à Strasbourg…sauf si le pays a besoin de lui, Le Soir, 9-5-2009.
(17) D. Coppi, En Belgique, Ecolo au Sud et Dehaene au Nord, Le Soir, 08-06-2009.
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