sabato 24 gennaio 2009

Vittorio Melnadri: Le tenebre e la verità

Il direttore del Tg1, già vice direttore del Corriere della Sera, e come lui stesso ricorda, antesignano in Italia della comunicazione via Internet con la rivista Golem, e poi titolare dell’antesignano dei forum, il fortunatissimo Titanic, ha tenuto una lezione di giornalismo incentrata “sull’informazione (e la verità) al tempo di Internet”, e proprio come fosse venuto fresco fresco dalla direzione di una azienda produttrice di ceramiche artistiche, spiega dove Lui vede la “manipolazione” della verità ad opera di quegli addetti ai lavori che la stringono “nella camicia di forza di o noi o loro...”.



Novero dei quali, da cui Lui ovviamente si chiama fuori, venendo appunto da …. “marte” e non avendo quindi, “con la discussione che è diventata uno sport agonistico, la politica triviale dello scontro, i leader gladiatori con la pancetta e l’opinione pubblica ridotta a tifosi sulle curve”…., nessun tipo di legame.



Nel mezzo del suo pezzo che propongo di seguito per intero (se vi fosse sfuggito), a suffragio del suo argomentare spicca a mio giudizio questo caso esemplare:



“Avete sentito la storia dell’aereo dei parenti di Osama Bin Laden che decolla di nascosto da Washington poco dopo l’11 settembre 2001, mentre lo spazio Usa è chiuso? Popolarissima, ma falsa. La Federal aviation administration ha riaperto i voli alle 11 del 13 settembre e il volo con i familiari di Bin Laden, tutti interrogati dall’Fbi, parte il 20. Le prove nel Rapporto della Commissione del Congresso, pagine 557 e 558. Perché la bugia diventa realtà? Perché nel suo film il regista Michael Moore fa dire: «Chi poteva volare? Nessuno tranne i parenti di Bin Laden» e inquadra un jet al ritmo di un rock. Moore non dice che è stata violata la legge, lo insinua e mille siti abboccano.”



Or bene, posto che la Federal aviation administration e l’FBI siano fonti che non valga la pena di verificare, ma da assumere a priori come “fonti di verità”, in quanto nello specifico addirittura confermate dalle pagine 557 e 558 della Commissione del Congresso, è davvero esemplare come Riotta scacci una insinuazione con una insinuazione (siamo davvero al proverbiale, anche se non biblico, chiodo scaccia chiodo).



Accade infatti sotto i nostri occhi di lettori, che Riotta, insinuando la verità confermata da Federal aviation administration, FBI e Congresso, che smaschera la supposta bugia di Michael Moore, insinui di fatto che tutto quello contenuto nel film del regista che si spaccia per eretico, ma che non è nemmeno erotico, sia …..falso …… e gli ingenui spettatori ed estimatori di Moore ….. abboccano!!!



Migliore dimostrazione di quanto le tenebre si stiano sostituendo alla luce, nel mondo dell’informazione italiana, il direttore del TG1 non poteva dare.



vittorio melandri







Dal Corriere della Sera di lunedì 19 gennaio 2009





*Pubblichiamo uno stralcio dalla «Lezione di Giornalismo» tenuta da Gianni Riotta, direttore del Tg1, all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 13 gennaio. Tema dell’incontro una riflessione sull’informazione (e la verità) al tempo di Internet, a partire da due versetti del Vangelo di Giovanni.



Informazione L’idea di una società illuminata che governa la politica attraverso il confronto razionale non funziona più. La speranza riparte dal dialogo



La Rete cancella l’opinione pubblica



La verità moltiplicata all’ infinito su Internet rischia la manipolazione. Falsi. I siti sono pieni di storie inventate come il volo che dopo l’11 settembre avrebbe messo in salvo la famiglia Bin Laden



di Gianni Riotta



Il bene e il male del mestiere di informare ai tempi di Internet sono indicati in due versetti del Vangelo di San Giovanni, l’autore dell’«Apocalisse». Il primo dice: «Voi conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi» (8, 32) ed è la stella polare di chi fa comunicazione, conoscere il mondo per condividerlo, conoscere la verità e da questa conoscenza, diffusa alla comunità, ricavare libertà. Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura, perseguitato in Africa, spiega bene: «L’oppressione si basa sulla deformazione del vero: senza una menzogna di base nessun sistema totalitario sopravvive». Nell’orribile campionario novecentesco delle dittature nessun regime assicura libertà di informazione. Ha ragione Giovanni: solo la verità ci rende liberi. Nell’epoca postmoderna di Google, YouTube e Facebook, dobbiamo però definire la «verità», via verso la libertà. E ci impantaniamo. Perché la definizione di Aristotele, modernizzata dal logico Alfred Tarski, «la frase “la neve è bianca” è vera se e solo se la neve è bianca» non funziona più su Internet. È il concetto di verità che il buon senso comune usa nella vita di ogni giorno, la neve è bianca se la neve è bianca. Ma nelle università alla moda, nel pensiero filosofico corrente, quest’idea è giudicata obsoleta. Secondo la scuola postmoderna, legata a Richard Rorty, la «verità» è frutto di convenzione, conformismo, pregiudizi. Non esiste una verità oggettiva, crederlo è paternalista. Rorty, persona seria e onesta, delinea il concetto di verità che impera nella blogosfera: «La realtà altro non è che la versione contemporanea del bisogno di inchinarsi a un potere non umano». La verità diventa un valore oppressivo e i postmoderni imprecano «verità, ragione e oggettività, nascondete tra virgolette queste parole che non posso vedere!». La storia è ridotta a romanzo, Cesare e Napoleone come Renzo Tramaglino e Don Chisciotte. La verità non ci rende liberi, ci rende schiavi. La verità è moltiplicata ad infinito nel caleidoscopio dei siti Internet, deformata dallo specchio astuto degli specialisti di propaganda. In fondo a questo percorso ci saranno sulla terra 6 miliardi di blog, ognuno scritto e letto solo dal proprio autore. Che resterà dell’opinione pubblica, tramontati i mass media? Che resterà della democrazia senza opinione pubblica critica? Ricordate Martin Eisenstadt, l’autorevole studioso dello Harding Institute for freedom and democracy, consigliere del candidato repubblicano McCain, che aveva rivelato imbarazzanti verità sulla candidata vicepresidente Sarah Palin? Giornali importanti come il Los Angeles Times e The New Republic, le reti tv Mcnbc e Fox News hanno diffuso le dichiarazioni di Eisenstadt e siti influenti ne hanno disquisito. Peccato che Eisenstadt non esista e il suo istituto sia l’invenzione di due burloni, Eitan Golrin e Dan Mirvish. Uno scherzo isolato? No. L’informazione del XXI secolo è costellata da falsi d’autore, formulati da governi e siti di opposizione, centri di propaganda e grandi intellettuali, giornali e tv, fondamentalisti e lobbisti, leggende urbane che diventano totem. Avete sentito la storia dell’aereo dei parenti di Osama Bin Laden che decolla di nascosto da Washington poco dopo l’11 settembre 2001, mentre lo spazio Usa è chiuso? Popolarissima, ma falsa. La Federal aviation administration ha riaperto i voli alle 11 del 13 settembre e il volo con i familiari di Bin Laden, tutti interrogati dall’Fbi, parte il 20. Le prove nel Rapporto della Commissione del Congresso, pagine 557 e 558. Perché la bugia diventa realtà? Perché nel suo film il regista Michael Moore fa dire: «Chi poteva volare? Nessuno tranne i parenti di Bin Laden» e inquadra un jet al ritmo di un rock. Moore non dice che è stata violata la legge, lo insinua e mille siti abboccano. I postmoderni alla Rorty, che sembravano un gioco accademico, fondano il piano editoriale del mondo mentre crollano i vecchi media e svanisce l’opinione pubblica. In futuro la neve sarà bianca se e solo se Noi e i Nostri amici decideremo così. Se lo decidono i nostri nemici la neve è di qualunque altro colore. Il paradosso di Arlecchino. E allora ecco il secondo versetto di Giovanni che ci annichilisce: «Gli uomini preferirono le tenebre alla luce» (3, 19). È dura la strada della verità verso la libertà? Meglio rifugiarsi nelle tenebre, rallegrate da YouTube, dai megapixel, da lobby prodighe. Perché cercare la verità, dopo la delusione delle ideologie, se la tenebra di una mezza bugia rassicura noi e i nostri amici in tinelli, cantine e siti? Ognuno vede quel che vuole già vedere. Nei blog dell’Internet che amo ancora, e che mi sono sforzato di importare con la prima rivista telematica, Golem, insieme con Eco, i siti riproducono spesso solo la comunità che li esprime. Chi propone un dissenso viene scacciato e irriso, dal governo cinese come dai tanti siti intolleranti. L’opinione pubblica non è in crisi per le nuove tecnologie. Cade perché l’idea di una società illuminata che governa la politica attraverso il dibattito razionale - cara a Bentham e Habermas - non funziona più. Finito il dibattito critico, finita l’opinione pubblica, quale democrazia avremo? Il presidente Obama, consapevole del pericolo, scrive: «Sono persuaso che ogni qualvolta esageriamo o demonizziamo, caricaturiamo o siamo arroganti, siamo condannati alla sconfitta. Se rendiamo sciocco il dibattito politico, perdiamo. È la caccia alla purezza ideologica, l’ortodossia rigida e la eterna prevedibilità del dibattito che ci impedisce di vedere le sfide che abbiamo davanti. Siamo stretti nella camicia di forza di o noi o loro... con la discussione che è diventata uno sport agonistico, la politica triviale dello scontro, i leader gladiatori con la pancetta e l’opinione pubblica ridotta a tifosi sulle curve. Ci dipingiamo le facce con i nostri colori e colpiamo l’altra squadra sotto la cintura, tanto conta solo vincere... Gli elettori non sono maschere caricaturali... aspettano una politica che abbia la maturità di sognare ma restare realista, che sappia proporre e accettare i compromessi e ammettere che anche i rivali possono avere ragione. Non si tratta più di destra o sinistra, progressisti e conservatori, ma della differenza tra dogma e senso comune, tra i principi che contano davvero e le posizioni del momento». Non so come sarà la comunicazione del futuro, lo sapessi sarei ricco. So che se da giornali, tv e Rete nascerà una guerra santa on line, dove l’approccio equanime è sopraffatto dal tutti contro tutti, allora impererà la seconda profezia di Giovanni - 3, 19 - tenebre sulla luce. Se invece dall’arcipelago delle nuove comunità, il nuovo mercato e le nuove opinioni facessero scaturire un confronto aperto allora finalmente avremo nuovi contenuti e verità condivise. Perché i postmoderni hanno torto, la verità esiste, come la realtà, a patto di non considerare la nostra verità e la nostra realtà le uniche degne. Se ce ne persuaderemo, conosceremo una verità, sia pur parziale, e la verità ci renderà liberi. Sapere guardare alla verità degli altri e comunicare la nostra con spirito equanime è la rivoluzione dei contenuti che squasserà il XXI secolo. L’alternativa sono le tenebre, sia pure on line.

Nessun commento: