venerdì 29 settembre 2023

La sinistra e il golpe in Cile - Jacobin Italia

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The UAW Strike Could Spark a Broader Revival of Working-Class Militancy

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UAW President Shawn Fain Is Showing How to Build Working-Class Struggle

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The EU Needs Fiscal Union by Lucrezia Reichlin - Project Syndicate

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Se la locomotiva tedesca rallenta* - Lavoce.info

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Nadef 2023: il problema è il debito - Lavoce.info

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Perché abbiamo bisogno di una riforma del Consiglio di Sicurezza

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Il governo Meloni e l’Europa tra ambizioni e realtà

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Podcast: La politica estera del governo Meloni

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giovedì 21 settembre 2023

Sudan, l’ultima settimana la più grave dei 5 mesi di guerra: 20 mila morti - Articolo21

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The Left and Ukraine: Anti-Imperialism or Alter-Imperialism? - New Politics

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Il gioco pericoloso con la questione europea

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L'autonomia differenziata lede i diritti di tutti - Collettiva

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Andrea Ermano: Due o tre cose sull'Europa

Dall'Avvenire dei lavoratori EDITORIALE DUE o tre COSE SULL’EUROPA E sul nulla di Andrea Ermano Molte sarebbero le notizie di primo piano apparse all’orizzonte degli eventi in questi giorni su Volodymyr Zelenskyj e Vladimir Putin, su Joe Biden e Donald Trump, su Xi Jinping e Narendra Modi – oltre che naturalmente sui “nostri” leader europei, il socialdemocratico tedesco Olaf Scholz, il centrista Emmanuel Macron, la “destrorsa” Giorgia Meloni, senza dimenticare Ursula von der Leyen, attuale presidente democristiana della Commissione europea. Ancora grande è il pluralismo in questo nostro vecchio continente, e invero stupisce che il “sol dell’avvenire” non sia ancora completamente tramontato. I socialisti però, senza tanti peli sulla lingua, rappresentano ormai apertamente il nemico da battere. Nemico dichiarato per Matteo Salvini, ex bullo di lotta e di governo, con tanto di bulla televisiva del gran sacerdote Bruno Vespa: «L’unico modo per cambiare l’Europa è mandare a casa i socialisti», ha detto: «Abbiamo la prima occasione, da quando esiste l’Europa, di fare un governo senza i socialisti». Fin qui il tubo catodico vespasiano. Il capo della Lega è il nuovo che non finisce mai. E avanza. Che non si butta mai. E avanza. Ed ecco allora il suo nuovo programma elettorale da leader ex lumbard, talmente antisocialista e neo-nazionalista, che persino Bossi e Borghezio (non invitati alla festa della Lega), ma anche Castelli, avvertono quel minimo di nausea. Ma la Lega se ne frega dei suoi capi storici, tira dritto nella guerra dichiarata al PSE e si allinea, con grandi sbandieramenti sul pratone di Pontida, all’estrema destra lepeniana in assetto di battaglia… Insomma, tra pennacchi e pernacchi, la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo è iniziata. A questo punto nessuno può tirarsi indietro, nemmeno Ursula von der Leyen, che punta alla riconferma, ed è volata a Lampedusa rubando di fatto la scena a Giorgia “Faccina” Meloni: «Chi entra in Europa lo decidiamo noi», ha scandito la presidente della Commissione Europea in faccia alla Presidente del Consiglio italiana. Un concetto che i nostri commentatori si sono subito affrettati a definire “molto meloniano”. Ma, cari buontemponi dei giornaloni, davvero voi non vedete che Giorgia “Faccina” Meloni non poteva mica dire quella stessa cosa lì. Solo l’Europa unita sarebbe in grado di darne garanzia, sempre che un Europa basti di fronte a questo esodo biblico. Quindi, “Faccina” arrabbiatissima con Bruxelles in campagna elettorale, ma ora “Faccina” trepidante in attesa delle coperture politico-finanziarie senza cui non si sa più come fare… Colpisce, di contro, per indipendenza di giudizio il severocommento di Rosy Bindi: «Gravissimo che si sia prestata a fare campagna elettorale su un tema così drammatico». Vergin di servo encomio / E di codardo oltraggio, diceva il Manzoni. Dopodiché, sia lecito dubitare che esista un “noi” dotato di poteri tali da fermare le grandi migrazioni a venire. Meglio sarebbe concentrarsi non sull’essere o non essere, ma sul come. Come riuscire a governarle? That’s the question. Ma che ci vuoi fare, è la campagna elettorale… E resta ancora da vedere che cosa vuol dire qui esattamente la parola “noi”. Perché per adesso “Unione Europea” significa ancora quell’alleanza di socialisti, popolari, ecologisti e liberaldemocratici che, l’Europa, l’hanno sognata, voluta, costruita e governata fin qui. Vedremo, a giugno prossimo, se le pulsioni anti-europeiste, nazionaliste e dichiaratamente anti-socialiste prevarranno o non subiranno una risacca. Certo, potrebbero vincere, perché i pochi e pochissimi si ricordano ancora del Nulla a cui i vari nazionalismi condussero il nostro continente durante il “secolo breve”. Ma giunti sin qui dobbiamo parlare oggi anche di un altro Nulla, che appartiene ai temi di un grande pensatore italiano, due volte europarlamentare, scomparso martedì sera nella sua Torino a 87 anni. A dare la notizia della morte è stato il compagno del filosofo, Simone Caminada. Vattimo, preso in mezzo tra un suo estremismo decisamente geniale e una sua sregolatezza sempre moderata dalla gentilezza, era stato allievo di un grande maestro, Luigi Pareyson. E lui stesso ha esercitato una vasta influenza sulle giovani generazioni, ben oltre i confini del nostro Paese, appartenendo al novero degli autori italiani più tradotti al mondo. Oltre che maître à penser di statura internazionale (conseguì la specializzazione a Heidelberg con Löwith e Gadamer), Vattimo è stato un esponente del movimento gay italiano, ma anche un attivista politico impegnato nella vita sociale e istituzionale, nel nostro Paese e nel Parlamento di Strasburgo. Dalla sua militanza giovanile nel movimento studentesco, passò al Partito Radicale per poi approdare un suo comunismo libertario e non violento. Nel 1999 venne eletto all’Europarlamento nelle file dei DS entrando a far parte del PSE. Dieci anni dopo si ricandidò e fu rieletto nelle file dell’IdV aderendo al Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa. E però la risonanza internazionale non gli è venuta dall’attività politica, ma in quanto filosofo del “Pensiero Debole”. In questa veste Gianni Vattimo ha sviluppato un percorso di ricerca radicalmente pluralistico e quindi molto diffidente verso ogni fondamentalismo. La stessa idea di “fondamento” è stata oggetto di una distruzione che potemmo definire “allegramente nichilista”. Anche il sentimento religioso, in lui profondo e sicuramente genuino, veniva trattenuto da una continua riserva, volta a frenare i “grandi gesti”, i gesti perentori della cosiddetta “Verità” per lasciare spazio ad altro: altre visioni, altre teorie o tradizioni di cultura e pensiero, altre persone. Gianni Vattimo è stato uno dei pochi pensatori italiani che hanno saputo parlare al mondo, socraticamente, sorridendo con ironia, e dicendo però tutta una serie di cose irritanti che il mondo non aveva nessuna voglia di sentirsi dire. Ma alla fine riusciva a strapparti ugualmente un sorriso. Straordinario spirito di finezza. Apparteneva alla vasta schiera degli allievi di Luigi Pareyson. Tra questi ricordo qui soltanto Umberto Eco, Sergio Givone, Giuseppe Riconda, Diego Marconi, Aldo Magris. Né potrei non citare un grande, paterno amico come Mario Perniola, terzo tra cotanto senno. Ma la lista sarebbe ben più lunga e si fatica a pensare l’Italia della cultura filosofica nel secondo dopoguerra senza l’apporto di questa scuola pareysoniana, davvero grande. Di essa l’ermeneutica tagliente ma anche sorridente di Gianni Vattimo rappresenta una fioritura indimenticabile.

Opinion | This Is My Shortest Column Ever: What Biden Should Ask Netanyahu - The New York Times

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martedì 19 settembre 2023

L'economia va male, il lavoro è precario: non basta la propaganda - Strisciarossa

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The Left Should Draw the Right Lessons From Salvador Allende’s Rise and Fall

The Left Should Draw the Right Lessons From Salvador Allende’s Rise and Fall: The great achievements of Salvador Allende’s socialist government in Chile have often been overshadowed by its brutal defeat. But the fall of his government wasn’t inevitable.

Autonomia, la secessione dei ricchi - Collettiva

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L’India corre verso il terzo Pil del mondo | Eguaglianza & Libertà

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Il mondo dopo il G20 | Eguaglianza & Libertà

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sabato 16 settembre 2023

Carlo Galli: «Non basta nominare i più deboli per ritrovare la credibilità perduta»

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Auto Usa, uno sciopero che può cambiare tutto - Collettiva

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A quando una legge elettorale uguale per tutti gli europei? - Lavoce.info

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Chi paga le conseguenze se Pechino rallenta - Lavoce.info

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Da Johannesburg a Nuova Delhi: come cambia l’economia mondiale - Lavoce.info

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Reddito minimo e condizionalità: lezioni dall’esperienza della Norvegia, Roberto Iacono | Menabò di Etica ed Economia

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Che relazione c’è tra decentramento fiscale e redistribuzione del reddito?, Alberto Pozzolo, Antonio Scialà, Filomena Pietrovito, Giuliano Resce | Menabò di Etica ed Economia

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La minimum tax sulle multinazionali e la regola di Colbert, Ruggero Paladini | Menabò di Etica ed Economia

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martedì 12 settembre 2023

Franco Astengo: PD, "partito di riferimento sociale"

PD PARTITO DI "RIFERIMENTO SOCIALE" di Franco Astengo Riassume "Il Manifesto" (12 settembre) riferendosi al PD e all'intervento della segretaria del Partito a Ravenna . "Da formazione piglia tutto a forza che parla "a chi sta in basso". Schlein annuncia un PD rovesciato. Ma per riuscirvi davvero deve andare oltre gli slogan. Portando i dem a fare il contrario di quello che hanno fatto fin qui". Come può essere interpretata sul piano politico questa efficace sintesi ? 1) Non certo come un approccio alla riduzione del partito a "entità di nicchia" radical/massimalista (anche se le affermazioni della segretaria al momento della mini-scissione ligure non sono apparse del tutto convincenti): 2) Dal "catch all party" si esce in due direzioni: o quella dell'involuzione del modello nel senso del "partito personale" oppure in una forma politica non puramente movimentista di "partito di riferimento sociale" posto nella ricerca di una identità collocata oltre a quella della "lotta di classe". Un partito che tenga conto dell'allargarsi e dello stratificarsi delle "fratture" nella post-modernità; 3) La seconda ipotesi, quella del "partito di riferimento sociale" sembra essere la strada che l'attuale vertice del PD intende perseguire proprio per "parlare a chi sta in basso"; 4) Questa scelta presupporrebbe la rinuncia a star dentro a quella competizione maggioritaria inaugurata nel 1993 con l'elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti della Province e poi estesa alle elezioni politiche con diverse (in alcuni casi incostituzionali) formule elettorali; 5) Assunto il punto 4 l'unica possibilità di proiezione istituzionale del partito di "riferimento sociale" è quello della formula elettorale proporzionale che dovrà essere affrontata approntando un adeguato e articolato sistema di alleanze (rimanendo intatta la domanda di Dahl "Who governs ?") 6) Al partito nell'eventualità di muoversi nella dimensione indicata occorrerebbe disporre di due fattori: a) una forte vocazione ad esercitare pedagogia di massa per non cadere in una sorta di movimentismo populista; b) una forma inedita di ricambio del gruppo dirigente che però non potrà basarsi sulla semplicistica ricostruzione di un "inn circle" fondato su di un concetto di fedeltà al leaderismo transeunte ma dovrà tenere ben in conto il particolare fenomeno che si è avuto con il "doppio esito" della primarie e con il successivo scarso successo dell'ipotesi di modifica sostanziale nella composizione del corpo militante. 7) Infine occorre consapevolezza che l'eventuale completamento da parte del PD dello spostamento d'asse fin qui analizzato e la sua -altrettanto eventuale - in linea politica compiuta rimarrebbe comunque in una situazione di potenziale dialettica con soggettività legate a una rivisitazione critica dell'identità della diverse articolazioni della "sinistra storica" in Italia.

Israel's democratic unravelling - New Statesman

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Carlo Galli: «Al PD non basta nominare i più deboli per ritrovare credibilità» • Diritti Globali

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Boom degli occupati, ma non è tutto oro quel che luccica - Lavoce.info

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giovedì 7 settembre 2023

Il Labour di Starmer sceglie l'austerity - Jacobin Italia

Il Labour di Starmer sceglie l'austerity - Jacobin Italia: Per frenare l’inflazione nel Regno Unito senza imporre costi insopportabili ai lavoratori occorrerebbe tassare i profitti e la ricchezza. Cioè esattamente quello che il nuovo Partito laburista si rifiuta di fare

We still don’t know what Keir Starmer believes in - New Statesman

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Starmer has trapped Labour in a broken liberal consensus - New Statesman

Starmer has trapped Labour in a broken liberal consensus - New Statesman: Like Rishi Sunak, the Labour leader only offers a narrow, technocratic pragmatism.

Cile, Nunca+. 50 anni dopo tamburi e donne in marcia nella notte per abbracciare la Moneda - Strisciarossa

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A rischio la salute pubblica - Collettiva

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