Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
venerdì 25 aprile 2025
mercoledì 23 aprile 2025
martedì 22 aprile 2025
Giorgio Panizzi: 25 aprile
25 APRILE. FESTA DELLA LIBERAZIONE
Storia Memoria Futuro
Celebrazione dell’ottantesimo anniversario
25 aprile 1945÷25 aprile 2025
Libertà e Liberazione. Un binomio inscindibile per dare senso alle celebrazioni dell’ottantesimo Anniversario della Liberazione dell’Italia dall’invasione nazista e dalla dittatura fascista.
La Liberazione, il 25 aprile 1945, fu la conclusione di un processo lungo e doloroso che ebbe le sue fasi decisive nella guerra distruttiva che fece comprendere a tutti gli italiani il senso della dittatura fascista. La guerra aveva prodotto orrore e distruzione. Si era svolta in tutta la penisola, con gli ‘avvisi’ dei figli giovani morti in guerra, con i primi e poi numerosi bombardamenti aerei sulle città, poi con battaglie sanguinose e poi con graduali liberazioni. Gli Alleati, ancora in guerra con l’Italia, prima dell’8 settembre del 1943 – data dell’armistizio – erano stupiti dell’accoglienza che i cittadini tutti manifestavano al loro ingresso nelle città. Portavano, comunque, la fine della guerra, la libertà. I romani dovettero attendere con lotte e dolori e subire lutti e stragi – le Fosse Ardeatine per tutte – prima che gli Alleati ‘liberassero’ Roma, il 4 giugno del 1944, dopo sei mesi dallo sbarco di Anzio che prometteva, invece, una rapida avanzata e quindi la Liberazione di Roma. Dal 4 giugno 1944 al 25 aprile 1945 è passato quasi un anno, e nell’Italia centrale e settentrionale si è svolta la guerra di Liberazione. Unanimemente riconosciuto è il fatto che non si sarebbe avuta Liberazione se non ci fosse stata una Resistenza, un’azione attiva, di organizzazioni antifasciste e di brigate partigiane. Fu una guerra che in qualche caso è stata definita ‘guerra civile’. Una guerra in cui tutta la popolazione veniva coinvolta, nelle città e nelle campagne, con eventi ignobili e mostruosi che furono talvolta ricostruiti e certificati addirittura dopo più di sessant’anni, com’è il caso di Sant’Anna di Stazzema il cui processo si è chiuso nel 2007, dopo l’eccidio avvenuto il 12 agosto 1944.
In tutto questo periodo era il desiderio di libertà che motivava e sosteneva la lotta per la Liberazione. Una libertà cercata da tutti, per i più svariati motivi e – diremmo paradossalmente – anche da chi si opponeva ai combattenti della Resistenza e all’impegno degli Alleati.
Italo Calvino, in alcune pagine de “Il sentiero dei nidi di ragno”, dà una illustrazione magistrale dei vari motivi che portavano molti di allora a combattere per la libertà. E spiega anche che con il medesimo furore, con altrettanto impegno, anche chi stava dall’altra parte, cercava una sua libertà.
Scrive Calvino: “Perché c’è qualcos’altro, comune a tutti, un furore…..”. “Da noi, niente
va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, ….., tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio,” …..”Questo è il significato della lotta, …... Una spinta di riscatto umano,….. Io credo che il. nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro sé stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.”
Sono parole che danno sprone al nostro impegno politico di oggi. Che tramutano la storia in memoria. In un processo della nostra mente che ci fa raccogliere tutte le esperienze, ricordate, tramandate nei racconti o vissute, come basi per prospettare un futuro. Un futuro che richiede coraggio nel progettarlo e capacità di innovazione culturale e sociale, uscendo dagli schemi passati, senza dimenticarne i valori ma nella consapevolezza che, se ci si vuole liberare dagli schemi reconditi, il senso della libertà è quello che ci deve guidare e che ci fa rendere attuali le memorie del 25 aprile 1945.
Giorgio Panizzi/aprile 2025
Franco Astengo: Democrazia parlamentare
DEMOCRAZIA PARLAMENTARE di Franco Astengo
Mi permetto di intervenire sul tema del dibattito aperto dal cosiddetto "Decreto Sicurezza" esaminandone l'aspetto della qualità di procedura democratica seguita dal governo nell'occasione su di un tema di così estrema delicatezza.
Prendo anche a prestito alcune frasi che l'ex-ministro della Sanità Renato Balduzzi, oggi presidente dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti, ha scritto nella lettera mensile pubblicata dalla stessa Associazione.
Balduzzi ha esaminato il quadro complessivo dell'iter legislativo in questione rilevando la forza della polarizzazione del conflitto giuridico e istituzionale la cui versione oggi prevalente appare tornata a tratti quasi primitivi. Di conseguenza proprio la radicalità del conflitto e della relativa polarizzazione consiglierebbe ai giuristi e, in particolare, ai costituzionalisti di ritornare a interrogarsi sulle questioni fondamentali e sulle ragioni che fondano la forma e la sostanza di una comunità politica, della nostra comunità politica.
L’occasione per questo tipo di riflessione è appunto rappresentata da parte del governo dall'adozione ( e l’emanazione da parte del Presidente della Repubblica) del decreto-legge n. 48 del 2025, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario».
Nel caso emerge una constatazione evidente: siamo di fronte- anche a giudizio del presidente dell'AIC - a una torsione della forma di governo parlamentare in senso maggioritario e della forma di Stato democratica in senso decidente.
Questa evidenza dovrebbe da un lato, renderci avvertiti di quali e quante siano le conseguenze che possono derivare da mutamenti, impliciti e a maggior ragione espressi, della forma di governo, dall’altro, indurci a riproporre, con coraggio, la questione, da tempo avanzata in dottrina e della quale non si è sempre percepita l’importanza, se il decreto con “forza” di legge del Governo sia davvero atto “equi-valente” alla legge parlamentare, e ciò pur nella piena consapevolezza che, in un Parlamento inteso come comitato esecutivo del Governo, sia contestualmente mutato anche il senso della legge (sia detto per inciso, una tale questione è stata posta in questi corretti termini dalla sentenza n. 146 del 2024 della Corte costituzionale).
Ho lasciato intatta la formulazione usata da Balduzzi per porre un interrogativo fondamentale per l'indirizzo che sta assumendo la trasformazione della democrazia repubblicana.
Una formulazione ancorché di lettura abbastanza complessa perché sembra proprio arrivato il momento di avviare un confronto di merito sullo spostamento istituzionale in atto verso una forma di governo diversa da quella parlamentare.
Non ci troviamo di fronte soltanto ad un fatto di natura procedurale ma ad un "evento" di piena natura politica.
Può discutersi di tutto questo, ma ciò che appare fuori discussione, che è indiscutibile, è che la forza di legge nella Costituzione vigente è la negazione della legge della forza, anche ove questa sia la forza dei numeri.
Occorre far notare, inoltre, che l’attuale legge elettorale in vigore in Italia riduce fortemente la capacità rappresentativa delle Camere, per una molteplicità di ragioni: dal premio di maggioranza, alle liste bloccate.
Inoltre la riduzione nel numero dei parlamentari ha sottratto sia rappresentanza territoriale sia equilibrio nella rappresentanza politica.
A futura memoria si ricordano le cinque principali funzioni parlamentari seguendo la sostanza del dettato costituzionale:
1)La funzione d’indirizzo politico, inteso come determinazione dei grandi obiettivi della politica nazionale e alla scelta degli strumenti per conseguirli, in specificazione dell’attualizzazione e dell’opposizione – dai diversi punti di vista – del programma di governo;
2)La funzione legislativa, comprensiva dei procedimenti legislativi cosiddetti “duali” che richiedono cioè la compartecipazione necessaria del Governo o di altri soggetti dotati di potestà normativa;
3)La funzione di controllo, definita come una verifica dell’attività di un soggetto politico in grado di attivare una possibile attività sanzionatoria;
4La funzione di garanzia costituzionale, da interpretarsi come concorso delle Camere alla salvaguardia della legittimità costituzionale nella vita politica del Paese;
5) La funzione di coordinamento delle Autonomie, sempre più complessa da attuare in un sistema che, nelle sedi di raccordo esistenti sia a livello internazionale che infranazionale tende a privilegiare il dialogo tra esecutivi.
In conclusione si può affermare che nell'utilizzo specifico dello strumento della decretazione è stata chiamata in causa l’attività del Parlamento come organo dello Stato – ordinamento: cioè la Repubblica e di conseguenza la priorità dell’assolvimento del compito della più elevata capacità rappresentativa della molteplicità di articolazioni politiche, sociali, culturali, esistenti nella realtà nazionale.
Ne consegue,come ricorda la "Lettera" dell'AIC una minor forza del provvedimento legislativo: passaggio delicato verso una forma dell'esercizio di governo fondata sulla priorità del "comando" rispetto all'esercizio democratico della sovranità parlamentare.
martedì 15 aprile 2025
lunedì 14 aprile 2025
domenica 13 aprile 2025
venerdì 11 aprile 2025
mercoledì 9 aprile 2025
martedì 8 aprile 2025
lunedì 7 aprile 2025
sabato 5 aprile 2025
venerdì 4 aprile 2025
giovedì 3 aprile 2025
Franco Astengo: Riarmo, transizione ecologica, transizione digitale
RIARMO, TRANSIZIONE ECOLOGICA, TRANSIZIONE DIGITALE di Franco Astengo
Dove ci porterà il combinato disposto tra guerra dei dazi e riarmo in quella che nella situazione internazionale appare la frontiera bellicista più prossima?
Quanto la prospettiva di guerra commerciale e di guerra "guerreggiata" inciderà sullo sviluppo delle due grandi transizioni che risulterebbe necessario compiere per approdare ad una idea di equilibrio nella crescita e nello sviluppo: la transizione ecologica e quella digitale?
Questo interrogativo vale di più in particolare nel momento in cui enormi risorse e fattori fondamentali di know-how (penso all'utilizzo di IA, al ritorno al nucleare ecc,ecc) saranno destinati all'armamento.
Domande difficili e risposte ancor più problematiche mentre continuano a cadere le bombe su tanti scenari a livello mondiale: un cader delle bombe che non si arresta neppure di fronte a enormi tragedie naturali quale quella accaduta in Birmania (Myanmar).
All'interno di questo quadro complessivo la posizione dell'Italia appare difficile anche rispetto agli altri paesi UE (Francia, Germania, Spagna) soprattutto sotto l'aspetto del posizionamento tecnologico.
Ci riferiamo alla tecnologia necessaria per fronteggiare lo stato di cose in atto.
Secondo i dati dell'Epo (European Patent Office), cioè l'ufficio brevetti europeo, nei principali settori di brevettazione tecnologica ( informatica, macchinari elettrici, comunicazione digitale,prodotti farmaceutici, chimica fine organica, ecc) il posizionamento dell'Italia appare nettamente inferiore al livello medio europeo anche considerando i dati al netto di trasporti e macchinari dove comunque non eccelle.
I settori - chiave della transizione ecologica e di quella digitale appaiono completamente trascurati sotto l'aspetto dei tassi di crescita in termini di valore aggiunto (comprensivi di salari, profitti e livelli di conoscenza incorporati).
Nel settore della produzione di macchinari industriali l'Italia è presente con pochi grandi player che esprimono un impatto limitato sull'industria nazionale.
A conferma di questa tendenza l'EPO conferma come la Germania detenga il 60% dei brevetti europei, la Francia il 6,9%, l'Olanda il 5,6% e l'Italia il 5,3%: questi dati indicano con chiarezza dove si rivolge il ReArm inteso quale fattore di promozione della riconversione industriale anche rispetto alla conclamata "guerra dei dazi" .
Una promozione di riconversione industriale non soltanto semplicemente rivolta alle vicende belliche in corso o futuribili sul terreno del Vecchio Continente.
L'Italia sta vivendo da molti anni un fenomeno di de-specializzazione che influisce negativamente sulla dinamica economica e presenta conseguenze dirette sul posizionamento internazionale e sulle condizioni economiche interne (stagnazione salariale, povertà).
Così sarà difficile se non impossibile affrontare il futuro e contribuire, eventualmente, a una risposta adeguata alla situazione in corso da parte di un' Italia in declino e orientata quasi esclusivamente verso la tecnologia militare (che include l'idea del ritorno al nucleare).
Servirebbe una proposta di radicale trasformazione della struttura economica derivante dal lanciare una vera e propria sfida sistemica da elaborare portando al centro l'antica domanda sul cosa produrre e sul senso della crescita : soltanto così potrebbe scaturire una risposta europea unitaria.
Risposta europea per la quale però sembrano proprio mancare le condizioni politiche e anche istituzionali.
La sinistra avrebbe il dovere di muoversi sul terreno che si è cercato fin qui di indicare promuovendo un'elaborazione di dimensione sovranazionale: per adesso però sembrano prevalere incertezza e confusione.
martedì 1 aprile 2025
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