lunedì 26 gennaio 2009

Giancarlo Nobile: Per una nuova Università

UNA NUOVA UNIVERSITÀ PER LA SOCIETÀ SOSTENIBILE



di Giancarlo Nobile



Viviamo in un passaggio epocale. Un mondo in rapida trasformazione. La globalizzazione economica e culturale, la crisi dell’ecosistema terrestre, nuove tecnologie come la telematica che unisce tutti gli uomini mettendoli nello stesso spazio storico. Un processo migratorio che tende ad una nuova, totale, redistribuzione dei tipi umani.

Tutto ciò implica il configurarsi di un nuovo modello di vita: una nuova cultura. E questo deve avere come risposta una profonda modifica nel modo di pensare del singolo e nell’interrelazione con gli altri e di reinterpretare la convivenza civile.

Assistiamo anche ad un profondo cambiamenti nel modo di produrre, continue innovazioni determinate dal saturarsi del ciclo di consumo imposto dal mercato economico con il contraltare di sprechi e inquinamento.

Questi cambiamento determinano sconvolgimenti a livello sociale, che lungi da assicurare promesse di liberazione e cambiamento, preannunciano nuove povertà, alienazione ed emarginazione.

I problemi e le minacce che si profilano all’orizzonte richiedono una profonda revisione delle categorie concettuali, dei paradigmi culturali e con essi una modifica degli strumenti di analisi ed un diversi approccio nella definizione dei progetti attuativi, proprio perché diverse e più complesse le variabili in campo, di difficile decifrazione secondo vecchie categorie di analisi per gli avvenimenti che oggi ci coinvolgono.

Queste semplici e sommarie constatazioni sulla situazione impongono una profonda riflessione sul ruolo degli studenti e dei docenti dell’Università.

Università che, a parte le generose esperienze portate avanti da qualche docente o gruppi di studenti di tentativi di produrre cultura e ricerca in modo nuovo misurandosi con le domande provenienti dal contesto sociale, sembra tirare diritto per la sua strada.

L’adeguamento al nuovo modello produttivo e all’innovazione tecnologica, correlato all’irrompere sulla scena di nuove figure professionali e alla trasformazione del mercato del lavoro, richiede sempre più figure professionali e di lavoratore intellettuale flessibile e pronto ad adeguarsi ai veloci mutamenti di produzione.

La mancanza di un serio riesame e un profondo dibattito sull’impostazione delle Università italiane rischia di condurre l’istituzione accademica in un binario morto, incapace di rivedere le sue stesse acquisizioni, in rapporto a referenti esterni che opportunamente si tentano di celare.

La mancata esplicazione di una precisa politica culturale, dietro la scusante della neutralità della ricerca, diventa l’ennesima occasione mancata per la ridefinizione dell’istituzione universitaria che ad ogni passo rimuove i nodi di fondo della sua esistenza e del sua auto perpetuarsi.

Ed è invece proprio qui la possibilità che l’università ha di riqualificare il proprio ruolo rinnovandosi, individuando nuovi referenti rispondenti al diffuso spaesamento che colpisce le sue componenti.

La manifesta crisi ambientale che si traduce in una crescente invivibilità delle aree urbane e una crisi dei modelli di convivenza civile, provocati dall’imperante logica della mercificazione di ogni ambito vitale, sollecitano l’urgenza di una revisione dei criteri di fondo che hanno contrassegnato il nostro modello socioeconomico.

E’ necessaria una mobilitazione delle intelligenze per affrontare un cambiamento oramai ineluttabile, nel nostro modo di produrre, consumare, abitare il pianeta. E’ un nuovo modo di pensare che si impone. E’ la rielaborazione di una nuova cultura che si profila. E’ questa la costruzione della società sostenibile all’ambiente e all’uomo che ne fa intimamente parte.

Certo ci troviamo disabituati a pensare in termini diversi da quelli della cultura dominante basta osservare la difficoltà di trovare nuove parole per definire il nuovo che si approssima con estrema velocità, così abbiamo ancora la parola sviluppo, parola che è stata ed è la definizione appropriata per definire un modello antinaturalistico ora viene utilizzata aggettivata con le parole come eco o sostenibile per definire il nuovo.

Sempre più assistiamo all’emergere di domande che difficilmente trovano risposta in chi è preposto a darle. Sono bisogni, quelli che riguardano l’ambiente ma anche la salute, i tempi di vita, il lavoro, che non trovano udienza finché ci si ostina ad applicare gli stessi parametri culturali del passato come quello di sviluppo infinito delle risorse produttive, di logiche lineari e riduzionistiche.

Confrontarsi con questo tipo di domande, intrecciare relazioni con i soggetti sociali che le esprimono, questo potrebbe essere l’obiettivo che l’Università dovrebbe porsi per perseguire la qualificazione dello studio.

Come pensare, ad esempio, a progetti di riqualificazione urbana che contemplino nelle premesse una diversa concezione della vita socioeconomica e questo non vuol dire semplicemente cambiare l’oggetto dello studio o della ricerca universitaria.

Assumere come prioritario lo studio sul campo, essere disposti a mettere in discussione dati e certezze nel prosieguo della ricerca è cosa ben diversa dell’assumere la parola scritta, il libro di testo, il corso da anni uguale come centrale nella didattica universitaria.

Vuol dire assumere un’idea diametralmente opposta di intellettuale, di ricercatore: da una parte l’intellettuale aperto alle inquietudini, alle mutevolezze del reale, conscio del suo ruolo parziale, lo mette in campo per permettere attraverso il dialogo e il dibattito, non per acquisizione di verità, ma di approssimazioni capaci di intraprendere percorsi coscienti di ricerca e progetto dall’altra lo scrutatore di verità esterne disposto a farne partecipi altri discepoli attraverso il suo insindacabile insegnamento.

Privilegiare la ricerca e lo studio territoriale implica un diverso rapporto studente-docente, ma anche una riedificazione dell’identità dell’intellettuale. stretto nell’opposizione tra ‘utile’ funzionario della produzione e ‘inutile’ erudito, ritroverebbe nella contestualizzazione territoriale un nuovo ruolo critico.

Non si tratta di una metodologia localistica di piccolo cabotaggio, ma di un tentativo di grande valenza innovativa: esprimere un sapere legato alla concretezza delle contraddizioni, alla immediatezza del bisogni per rompere l’immobilità di un sapere più fine a se stesso astrattamente impermeabile alle modificazioni temporali e sociali.

I livelli di realizzazione di questa proposta possono essere svariati: da quello minimo e saltuario di un piccolo gruppo di studenti che concorda con un docente una ricerca riconosciuta come parte integrante dell’insegnamento, a livelli più impegnativi: attivare gruppi di studio formati da studenti seguiti da uno o più docenti; realizzare gruppi transdisciplinari, veri e propri osservatori universitari, con il concorso di diverse competenze disciplinari, laddove, quindi, singole attività potrebbero avere ricadute in varie discipline.

La transdisciplinarietà diviene la formazione cardine del nuovo intellettuale pronto ad assorbire, analizzare, progettare nell’ambito delle veloci mutazioni che stanno cambiando il mondo.

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