sabato 24 gennaio 2009

Vittorio Melandri: il 27 gennaio sia il giorno della memoria, non della rimozione

Si può essere razzisti senza essere antisemiti, ma non si dà il caso sia possibile essere antisemiti senza essere razzisti.



È l’essere razzisti, quindi, la tabe da cui l’umanità deve liberarsi, se si vuole sconfiggere anche l’antisemitismo che della pianta razzista è sì un frutto ancora drammaticamente rigoglioso, ma non il solo ahinoi.



Personalmente avverso il razzismo, in ogni sua forma, e quando l’ingrediente base del nazismo e del fascismo non dimentichiamolo mai, (come ho fatto anch’io ultimamente con colpevole leggerezza), il razzismo, lo scorgo, in un ebreo di qualsiasi nazionalità, o in un israeliano ateo, o peggio in una comunità di ebrei di qualsiasi nazionalità, o in una comunità di israeliani atei, avrei, innanzi tutto per me stesso, timore a non dirlo, e non il contrario.



Essendo fra l’altro il dire quello che penso, il solo modo che conosco per correggermi quando sbaglio, magari a vedere cose che non ci sono, là dove le vedo.



Purtroppo le bombe cadute sulla striscia di Gaza in questo inizio d’anno, che in modo più tragico non poteva aprirsi, sono “cadute anche sulle nostre teste”.



Per nostra fortuna non hanno aperto crateri nelle nostre carni, ma in molti casi, hanno aperto voragini anche fra chi sino a ieri si credeva “fratello”.



Non è la prima volta che accade, ma in questa circostanza le voragini che si sono scavate mi sono parse più fonde che mai, e il 27 gennaio, giorno della memoria, è appena domani.



A mio modo di vedere è drammatico che non si colga come il giorno della memoria (che ahinoi da non molti anni si celebra), corra il rischio di diventare il giorno della rimozione.



Perchè è imperativo ricordare tutte le atrocità che si raggrumano in una sola parola, Shoah, ma è altrettanto imperativo, per il bene della specie umana, ricordare che la Shoah non è germogliata nel deserto arabico, o nella insanguinata striscia di terra compresa fra il Giordano e il Mediterraneo, ma è germogliata nelle terre fecondate da secoli dal cosiddetto “cristianesimo”, coniugato in tutte le forme che ha assunto, la Shoah è germogliata in quell’Occidente che si dice con orgoglio legittimo e ben riposto, anche plasmato da quell’intelligenza ebraica dispersa dalla diaspora più antica ai quattro angoli dello stesso mondo, che in quanto sedicente civile, si dice sempre, appunto, occidentale, anche quando è posto ad oriente dell’occidente.



“Ebraismo e nazismo”, sono stati l’uno accanto all’altro in una promiscuità bestiale, nei lager di Hitler, ma, come tanti testimoni hanno trovato il coraggio di gridare, è atrocemente vero che fra i pro genitori del fascismo e del nazismo ci sono stati proprio quel cristianesimo e quell’ebraismo che non risultano esserne solo lontanissimi, per quanto scomodissimi, parenti.



Per quanto la miscela di giusto e sbagliato, la vicinanza e la mescolanza di vittime e carnefici, ci possa spaventare fino all’orrore, non abbiamo alternativa: o troviamo il coraggio di scorgerlo nel passato che possiamo riportare in mille modi alla nostra memoria, o troviamo il coraggio di scorgerlo nel presente che ci stringe d’assedio da ogni lato, oppure ancora una volta ci travolgerà.



E con la beffarda ragione di chi potrà dire, nulla è come è stato in passato, potremo solo asciugarci lacrime più amare ancora.



Un amico mi ha ricordato queste parole di Anna Frank: “ooit zullen wij weer mensen zijn, en niet slechts joden / un giorno torneremo a essere persone e non solo ebrei”.



Non conosco il tedesco, e posso solo chiosarle in italiano, e sono parole che sulle labbra di Anna potevano solo essere quelle (vorrei vedere ciascuno di noi nei suoi panni per sentire cosa saremmo capaci di dire), .... ma sulle nostre labbra tumide e fresche, ed anche ammaestrati dalle sue, le nostre come minimo devono diventare ......



…noi tutti, dobbiamo ancora diventare persone, e non limitarci ad essere solo ebrei, cattolici, evangelici, indù, protestanti, islamici ..... piuttosto.... che italiani, inglesi, indiani, islandesi (per rimanere solo alla lettera I) come invece ci ostiniamo, chi anche virtuosamente, a fare.



Vittorio Melandri

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