sabato 31 gennaio 2009

Fulvia Bandoli: Quel 4% che non salverà il PD

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Quel 4% che non salverà il Pd
Fulvia Bandoli*, 29 gennaio 2009, 12:30

L'intervento Lo sbarramento serve al Pd per ottenere consenso con il voto utile che, nelle elezioni politiche, è arrivato da sinistra. Un escamotage per ridurre le perdite che si preannunciano alle europee. L'obiettivo è quello di creare due poli: i democratici da un parte e i comunisti (Prc e PdCI) dall'altro. Cancellata una Sinistra nuova competitiva. Ma si tratta di un piano miope


Proviamo a ragionare pacatamente, anche se l'accordo sulla legge elettorale europea tra Berlusconi e Veltroni non si può mandar giù. Ma la rabbia obnubila il cervello e dunque la metto per un attimo da parte.
Il Pd è in crisi profonda (l'ipotesi sulla quale è nato è praticamente fallita) e pensa di correre ai ripari, come tante altre volte molti hanno fatto, cambiando le regole del gioco e la legge elettorale. Berlusconi lo permette, non per dare una mano al Pd ma perché poi chiederà il conto su altre questioni in campo (Rai tv, giustizia, federalismo).

Le piccole sinistre disperse fuori dal Pd sono anch'esse in gravi difficoltà (incapaci fino ad ora di mettere in campo un disegno credibile di Sinistra popolare, democratica, che rimetta al centro i problemi del paese e della qualità dello sviluppo, la giustizia sociale, i diritti) ma negli ultimi mesi alcuni piccoli fatti erano accaduti: è partito, pur con fatica, un percorso costituente, si sono chiarite le cose dentro Rifondazione (tra coloro che puntano ancora e solo sull'identità e coloro che sono disponibili a mettere in gioco la loro cultura con quella di altre e altri in una Sinistra più ampia e non solo di testimonianza), sta nascendo in decine di città l'associazione Per la Sinistra ( rimo passo verso la costituzione di un nuovo soggetto unitario della Sinistra).

Oltre a questo spopola la Lega nei suoi territori e non solo, e il partito di Di Pietro (un mix di populismo e di personalismo esasperato) lucra sulle difficoltà del Pd e sull'assenza di una opposizione concreta ed efficace.

Tutto ciò mentre la crisi economica morde sempre più forte mettendo in pericolo posti di lavoro (centinaia di migliaia) e la Confindustria con l'aiuto del Governo e la complicità silente dei democratici spacca i sindacati e isola la Cgil sui contratti.

La sintesi è estrema ma non lontana dalla realtà. In questo quadro matura il proposito pervicace del gruppo dirigente del Pd di sbarrare la strada in Europa a tutte le formazioni minori. Il Parlamento europeo è sede di rappresentanza di tutte le culture politiche, anche piccole, non ha problemi di governabilità da risolvere, e in questi decenni molte battaglie civili ,democratiche, ecologiche, hanno visto protagoniste proprio le piccole forze politiche rispetto alla paralisi che spesso attanagliava i due più grandi schieramenti (PPE e PSE). Ma il segretario del Pd non pensa all'Europa in questo momento, pensa alla sopravvivenza politica e l'errore è proprio questo.

Quando manca la politica, quando il profilo di un partito non è chiaro, quando le differenze interne sono in componibili, non è una nuova legge elettorale che può risolvere questi nodi. Lo si è pensato anche in passato (sia a destra che a sinistra): quante volte infatti si è cambiata la legge elettorale sperando desse una vittoria che la politica non dava?

Lo sbarramento, secondo coloro che lo propongono, dovrebbe servire a "mantenere" al Pd quel famoso voto utile che gli era arrivato da sinistra. A ridurre le perdite. E dovrebbe stroncare sul nascere qualsiasi tentativo (pur difficile e travagliato) di dar vita ad una Sinistra nuova. Il Pd non vuole essere un partito di sinistra ma non vuole che nasca nessun soggetto politico alla sua sinistra. Insomma lo schema sarebbe questo: il Pd da un lato, i Comunisti (Rifondazione e Comunisti Italiani) dall'altra. Che nasca una Sinistra che vuole competere con il Pd non può essere tollerato. I dirigenti del Pd non accettano che qualche milione di elettori adesso, forse di più domani, non si riconoscano il quel partito e preferiscano l'astensione, il voto alla Lega o all'IDV (in ordine di grandezza).

Ma il disegno è miope anche per un'altra sostanziale ragione: alle elezioni politiche si è presentato un Partito Democratico appena fatto, fresco della mobilitazione che aveva dato vita alle "primarie", pieno di belle speranze e unico grande partito che poteva essere presentato come una alternativa a Berlusconi. Oggi il Pd è un partito non nato (non solo un amalgama mal riuscito), che non riesce a prendere posizione su nessuna delle questioni in campo per via delle sue incomponibili divisioni, travagliato da una questione morale o per meglio dire da estesi "comportamenti" politici e amministrativi poco trasparenti e da una concezione del potere assai poco democratica. E' altamente improbabile, per tutte queste ragioni, che gli elettori che lo votarono pensando di dare un voto utile stavolta ripetano quel voto. E' più probabile che si indirizzino, per protesta, verso Di Pietro o verso la Lega.

E se così fosse, ancora una volta, assisteremmo a quella eterogenesi dei fini (che per dirla in parole povere significa che si persegue un obiettivo e se ne ottiene uno contrario) che tante vittime ha mietuto in questi decenni. Non si rafforzerebbe alcun bipolarismo (come si va pomposamente dicendo) ma si rafforzerebbero due partiti (Lega e Idv) che assai difficilmente potrebbero essere in futuro alleati del Pd in una eventuale alleanza contro il centro destra. La scelta del Pd è isolazionista, inutilmente autosufficiente e miope.

Io non so se questa sciagurata modifica della legge elettorale andrà in porto, noi ci batteremo con le nostre forze perché non sia così. Ma se dovesse accadere allora dovremo pensare a come mettere in campo una risposta politica, che non sia caratterizzata dalla improvvisazione e dalla ossessione di arrivare al quorum, ma che sia la partenza di un percorso lungo ma serio. Questo penso oggi, disponibile come sempre al confronto con ipotesi diverse dalla mia.

*Sinistra democratica

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