venerdì 30 settembre 2011

La crisi dell’economia del debito / capitali / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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L’Europa della troika. Intervista a Luciano Gallino / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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La crisi economica, tra prima e dopo Il blog dell'Indice dei Libri del Mese

Il blog dell'Indice dei Libri del Mese

Luciano Pellicani: La reazione neo-liberista

fondazione nenni il blog

Nel Pd riemergono due linee economiche - Europa

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ANPI | L'analfabetismo storico del Pdl e il 25 aprile

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giovedì 29 settembre 2011

The Euro Crisis and the European Trade Union Movement

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Labour can lead civic renewal | Progress | News and debate from the progressive community

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Uscire dalla crisi con la Tobin Tax? - micromega-online - micromega

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I nodi irrisolti della via socialista alle presidenziali del 2012

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Giuseppe Tamburrano: A proposito dell’art. 8 della manovra finanziaria | fondazione nenni il blog

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Il futuro dell’Europa da Strasburgo | EU Progress

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Luciano Barca: Il sindacato e la crisi | Etica ed Economia

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Susanna Camusso - UNA PATRIMONIALE PER RILANCIARE IL PAESE

Diritti Globali - UNA PATRIMONIALE PER RILANCIARE IL PAESE

IL PD ED IL SOCIALISMO

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Paneacqua.eu: UE, Parlamento approva riforma governance economica

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Paneacqua.eu: D'Alema e l'addio del socialismo europeo

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Paneacqua.eu: Il debutto europeo della Tobin Tax

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Socialist Presidium Socialist International - Progressive Politics For A Fairer World

Socialist International - Progressive Politics For A Fairer World

"Lasciamo subito il neoliberismo" - Associazione "Nuova Economia Nuova Società"

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mercoledì 28 settembre 2011

Israele: i nuovi israeliani sono “indignados” | Equilibri

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Aldo Penna: Pretoriani

Mentre il consenso degli italiani, al pari della loro pazienza, è evaporato sotto la spinta della crisi, degli scandali e dell'incapacità di occuparsi del bene comune, una schiera di pretoriani, servi e zerbini hanno eretto una muraglia a difesa del loro padrone.

In un Parlamento libero e non "nominato", come consente il Porcellum, il presidente del Consiglio pro tempore sarebbe stato invitato a un dignitoso ritiro prima dell'arrivo dell'accusa di alto tradimento della nazione.

Invece, nonostante l'assalto dei mercati finanziari e il concreto pericolo che il paese si ritrovi senza i mezzi per onorare il costo del gigantesco debito pubblico, il simulacro di maggioranza rafforzata dagli acquisti della scorsa primavera resiste e tende, rapace, la mano. Tutti i tiranni in fuga cercano di salvare i loro tesori. I tirannelli che occupano gli scranni parlamentari stanno riempiendo le loro tasche di contratti, appalti, prebende e mille promesse.

Quando nel 2005 i capi del centrosinistra invece di mobilitare la piazza per ostacolare una legge immorale, brindarono privatamente alla sua approvazione, gettarono le basi per l'attuale disastro e alcuni, tra i più entusiasti, per la loro stessa dissoluzione.

Adesso, nonostante la gerarchia cattolica, la Confindustria, e il mondo dell'impresa abbiano ritirato l'appoggio al guitto che li ha condotti sul ciglio del burrone, la maggioranza parlamentare è impermeabile alla richiesta di dimissioni che arriva a gran voce dal paese.

Si ricordi il centrosinistra che ha plaudito alla vittoria referendaria del 2011 come ha permesso che i referendum del 93, approvati da maggioranze larghissime, fossero prima traditi e poi uccisi. E come i grandi giornali e le televisioni che ieri osannavano l'iniezione di democrazia anglosassone in Italia, nel 2005 tacessero di fronte allo scempio che si andava consumando.

Aldo Penna

Paneacqua.eu: Ed Miliband propone il "new bargain", ma i sindacati sono con lui?

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Paneacqua.eu: Tobin Tax, La decisione europea è una svolta epocale

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Penser le populisme - La Vie des idées

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Crisi, gli errori dell’Europa. Intervista a Luciano Gallino - micromega-online - micromega

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Eurolandia pensa solo ad austerity e tagli ma così condanna la moneta unica - micromega-online - micromega

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Il Riformista: Bagnasco parla, ma il pd capisce?

Il Riformista

Sigmar Gabriel: Setting Europe back on its Feet

Setting Europe back on its Feet

PES hails French Socialists’ ‘historic’ Senate victory | PES

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Ed Miliband's speech to Labour Party Conference | The Labour Party

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Il Partito della Rendita | Italia2013

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S&D Group back radical reform of audits and better market transparency

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Martin Schulz warns Members States against focusing on national interests - Plenary press conference

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lunedì 26 settembre 2011

spazio lib-lab » Lettera aperta di Alleanza Lib-Lab a Riccardo Nencini, Segretario Nazionale del PSI.

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Francesco Velo: spazio lib-lab » Articolo 41 della Costituzione ed Europa.

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Refounding the Fabians | Progress | News and debate from the progressive community

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Claudio Bellavita: Ritorniamo all'eresia socialista

Dopo anni di crescita ininterrotta, il movimento socialista si sfasciò all'inizio della prima guerra mondiale, adeguandosi alla cultura dominante del nazionalismo che stava precipitando l'Europa nella catastrofe in nome dell' automatismo degli ultimatum e delle mobilitazioni.
Era la cultura dei monarchi, dei diplomatici e dei generali e dei loro corifei nella stampa, che erano il vertice dominante della società, così come lo sono oggi i banchieri centrali e i grandi finanzieri, banchieri e assicuratori che predicano i dogmi del liberismo assoluto.
Che sono tanto fasulli quanto lo erano quelli del nazionalismo: il liberismo basa le sue regole matematiche sulla concorrenza perfetta e sulla ricerca della massimizzazione dell'utile.
La concorrenza perfetta non esiste in nessun posto del mondo, ovunque il capitalismo senza regole sfrutta le posizioni dominanti e il controllo di una politica asservita.
La massimizzazione dell'utile ha subito un'accelerazione con la separazione della proprietà dalla gestione, e l'introduzione dei bonus che impongono la massimizzazione dell'utile a breve termine, per premiare i manager con i bonus, mentre la proprietà cercava il consolidamento a lungo termine.
Così ogni giorno si inventano prodotti finanziari sempre più elaborati e lontani dalle esigenze quotidiane dei mercati, che quando scoppiano come tante bolle consecutive si rivelano alla fine come varianti della proposta del gatto e della volpe di seminare le monete d'oro per fare un albero. I grandi economisti e i banchieri centrali fanno sempre più spesso la figura di Pinocchio, ma continuano a essere considerati degli oracoli infallibili dall'unanime martellamento mediatico, che accetta senza replicare le loro terapie: in sintesi bisogna che i lavoratori e i poveri saltino un pasto al giorno per rimborsare i banchieri che han giocato al casinò e hanno perso.
Eppure la finanziarizzazione liberista dell'economia ha già dato prove disastrose, portando alla bancarotta il Cile (dove i capiscuola di Chicago han fatto la loro prima esperienza) e l'Argentina, e consegnando alla mafia la Russia di Gorbaciov.
Di fronte a questa colossale presa in giro, che si è accelerata anche dopo il "crollo del muro" di Wall Street (Wall vuol dire muro, ma il sistema mediatico non ha rilevato che la crisi del 2008 era tanto esplosiva ed evidente quanto la caduta del muro di Berlino), purtroppo non c'è stata una risposta di sinistra, salvo la squallida disponibilità di alcuni a offrirsi come più efficienti gestori del liberismo imperante.
Anzi, ora sta passando nel carrozzone mediatico la cultura della globalizzazione, che in sintesi suona: "siccome i paesi in via di sviluppo stanno crescendo impetuosamente perché i loro lavoratori non hanno pensioni, sanità e salario garantito in caso di disoccupazione, bisogna che anche in occidente i lavoratori accettino di tagliare il loro welfare".
Nessuno a sinistra ha neanche pensato che si potrebbe anche replicare con il protezionismo sociale, applicando un dazio alle importazioni da quei paesi pari al differenziale di welfare, che è una conquista da estendere a tutti, e non da lasciar tagliare dai Sacconi di turno. Forse le anime belle della sinistra occidentale han paura di passare per eretici: ma il socialismo è nato come eresia possibile, e dobbiamo riprendere l'orgoglio di predicare le eresie e la tutela dei beni comuni, anziché, come fa la sinistra italiana, limitarsi a parlare di manette e di scandali personali.
Anche perchè la mancanza di una risposta ai problemi reali, e la mancanza di democrazia all'interno dei movimenti politici "di sinistra", sta pericolosamente azzerando la partecipazione politica, che ormai si canalizza attraverso i movimenti spontanei gestiti da volontari che rifiutano di farsi inglobare dai partiti. Ma che, come nel caso dei referendum italiani, riescono ancora a ottenere strepitose vittorie nonostante il sabotaggio dei partiti e dei media, sabotaggio che continua anche per cancellare gli effetti della vittoria.

Insomma, per la sinistra del mondo si ripropone l'alternativa. O tornare a parlare di socialismo, o perire.
Nessuna delle ricette che rimbalzano tra i soloni accreditati dal circuito mediatico internazionale prevede una strada per la ripresa economica. Non vorrei che, come nel 1914, la strada fosse quella di una guerra mondiale, che magari cominci tra Pakistan e India.

sabato 24 settembre 2011

Privatizzare? No grazie, giù le mani dall’argenteria | Linkiesta.it

Privatizzare? No grazie, giù le mani dall’argenteria | Linkiesta.it

I 10 punti chiave per un’Europa diversa | EU Progress

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Diritti Globali - Fiom apre una nuova stagione Sintonia tra Landini e Camusso

Diritti Globali - Fiom apre una nuova stagione Sintonia tra Landini e Camusso

Franco Astengo: Il programma della Confindustria non è il nostro programma

IL PROGRAMMA DELLA CONFINDUSTRIA NON E’ IL NOSTRO PROGRAMMA

L’organizzazione rappresentativa degli industriali italiani, la Confindustria, per bocca della signora che la presiede, ha lanciato oggi una vera e propria offensiva sul piano della crisi economica, annunciando un programma in cinque punti e prendendo ulteriormente le distanze dal governo di destra populista che sta governando l’Italia.

E’ evidente che l’obiettivo, sul piano politico, è quello di andare ad un governo “diverso” spostato ( una definizione semplicistica la nostra ma non ne abbiamo trovato di egualmente chiarificatrici) ulteriormente a destra, sul terreno della più rigida ortodossia liberista (come si possa conciliare un governo di questo tipo con il tipo di democrazia disegnata dalla Costituzione Repubblicana è questione che, ovviamente, la Confindustria non si pone).

Egualmente il Presidente della Repubblica non ha perso occasione, anche oggi, di ripetere l’invocazione ella coesione nazionale richiamando tutti “a fare la propria parte” ed evitando, ancora una volta, di assegnare le responsabilità di questo stato di cose a chi di dovere, impedendo di fare la necessaria chiarezza.

In questo quadro va affermato subito che il programma della Confindustria non è il nostro programma: la crisi è stata affrontata, a livello internazionale, da parte di chi l’ha provocata puntando direttamente (e ideologicamente) a ristabilire condizioni di supremazia delle “storiche” classi dominanti: il tema del debito è stato utilizzato, per ridurre i diritti dei lavoratori, emarginare i ceti giovanili, ricomporre l’egemonia culturale, politica, economica di quei settori speculativi della finanza internazionale che hanno utilizzato la globalizzazione per tentare di ristabilire condizioni di vero e proprio “dominio”.

Per questi motivi, al di là dei contenuti specifici di singoli provvedimenti riguardanti questo o quel settore, il programma della Confindustria non può e non deve essere il nostro programma: non possono esistere punti di contatto e momenti di concertazione (proprio per questo motivo, per restare al caso italiano, la conferma della firma della CGIL dell’accordo del 28 Giugno rappresenta, almeno, un tragico errore se non peggio).

Servirebbe, ma purtroppo non ne disponiamo, di una progettualità compiutamente alternativa, collocata fuori dal quadro liberista e dai vincoli degli organismi finanziari sovranazionali: una progettualità che riporti al centro la condizione materiale dei lavoratori, cerchi di affermare i diritti della nostra “classe”, affronti in quest’ottica la molteplicità di contraddizioni che s’intrecciano nella società moderna dividendola e sfrangiandola.

Servirebbe una progettualità alternativa capace di superare i corporativismi e gli orizzonti ristretti delle compatibilità obbligate; un progetto capace di impostare una difesa efficace nelle condizioni date, preparando una controffensiva adeguata nel medio periodo.

I soggetti sociali ci sono, la capacità di mobilitazione (restiamo sempre in Italia) ampiamente dimostrata: senza commettere l’errore di contrapporre base sana e vertici malati, è dai soggetti organizzati, politici e sindacali che deve venir fuori uno scatto d’orgoglio e di capacità propositiva ponendosi prima di tutto all’opposizione senza cedimenti a quello che sarà il programma della Confindustria, collocandosi al di fuori da qualsivoglia velleità concertativa, e preparando, attraverso una forte capacità di presenza in tutte le pieghe della nostra società, un’idea di alternativa a cominciare dal modo di concepire e di agire la politica.

Un’esortazione, la nostra, di cui avvertiamo ovviamente tutti i limiti, ma che ancora una volta ci pare necessario lanciare per contribuire modestamente a far sì che, prima di tutto, non si smarriscano ulteriormente le coordinate di fondo e si cominci, anche soltanto da parte di qualche avanguardia, a ragionare finalmente in termini di propositività alternativa con l’idea di produrre una nuova egemonia, prima di tutto culturale.

Savona, li 23 settembre 2011 Franco Astengo

venerdì 23 settembre 2011

Lavoce.info - ARTICOLI - LA PAPI'S TAX

Lavoce.info - ARTICOLI - LA PAPI'S TAX

Sergio Cesaratto-Lanfranco Turci: Cara Bonino, è populismo liberale

Cara Bonino, è populismo liberale.

Sergio Cesaratto, Lanfranco Turci

In un articolo su Europa (21-9-11) Emma Bonino difende l’idea di un contratto unico del lavoro che superi ciò che lei definisce la “pericolosa frattura sociale fra garantiti e non garantiti” anche causa dell’indebolimento dell’accumulazione di “capitale umano qualificato, con effetti negativi sulla produttività del lavoro”. Gli argomenti ci appaiono tuttavia poco convincenti e, talvolta, anche poco coerenti.

Se lo sviluppo di imprese a “basso capitale umano” è stato certamente favorito dalle forme di lavoro flessibile, non si capisce perché l’ulteriore estensione della “flessibilità in uscita” (licenziamenti più facili) possa favorire lo sviluppo di imprese più innovative. L’unico argomento presentato è quello che tale flessibilità consentirebbe alle imprese di espellere i lavoratori meno efficienti ,reclutandone di più preparati e solerti (la “scarsa flessibilità in uscita… riduce la possibilità di una riallocazione più efficiente dei lavoratori fra le imprese”). Ma se sono le imprese che già hanno tale opportunità quelle che investono meno in lavoro qualificato? Difficile credere che la scarsa innovatività delle imprese italiane e la loro mancata crescita dimensionale sia dovuta alle attuali norme sui licenziamenti (i dati Istat non appaiono mostrare alcuna anomalia in corrispondenza ai fatidici 15 addetti sopra i quali non si applica lo Statuto dei lavoratori), mentre la loro estensione, sulla base proprio del ragionamento della Bonino, potrebbe portare a un ulteriore degrado qualitativo delle imprese italiane.

Né si vede come la “flexsecurity” potrebbe assicurare se “non la sicurezza del posto del lavoro”, quella “del lavoro”, cioè che perso un posto di lavoro se ne trovi un’altro. Che la flessibilità non generi di per sé occupazione è proprio dimostrato dalla sua diffusione dagli anni ’90: essa ha sì contribuito affinché quel poco di crescita che il paese ha avuto si traducesse in qualche centinaio di migliaia di posti di lavoro a bassa produttività in più, ma non ha certo risolto il gravissimo problema della disoccupazione, sotto-occupazione e inoccupazione che grava da sempre sul paese. Che la “la riduzione dei costi complessivi di licenziamento aumenti la propensione del datore di lavoro ad assumere i lavoratori con contratti a tempo indeterminato” non lo neghiamo, ma questo non ha a che fare con un aumento complessivo dell’occupazione, ma solo con un mutamento delle figure contrattuali prevalenti.

Il fatto è, ed è questo che ci distingue da un punto di vista interpretativo dalla Bonino e dagli studiosi a cui ella si rifà, che l’accrescimento dell’occupazione complessiva dipende fondamentalmente, sulla media del ciclo, dalla crescita della domanda aggregata, che in economie aperte deve necessariamente verificarsi a livello internazionale, pena gravi crisi di bilancia dei pagamenti nei paesi che volessero sostenerla isolatamente. Paesi con contratti di lavoro più rigidi sperimenteranno in genere cadute minori dell’occupazione in fasi di crisi e aumenti minori nelle fasi di espansione, mentre i paesi più flessibili mostreranno oscillazioni più marcate, ma in media i livelli occupazionali non dipendono dalla flessibilità o meno del mercato del lavoro - a meno di voler competere con gli altri paesi con un dumping sociale neomercantilista. Se questo è vero, è allora alle politiche di sostegno della domanda aggregata, necessariamente a livello Europeo e globale a cui ci si deve rivolgere per assicurare la piena occupazione. Traino di tali politiche dovrebbero essere principalmente attuate, nell’attuale situazione europea, dai paesi forti attraverso il sostegno della loro domanda interna , superando il loro neo-mercantilismo. In un contesto in cui la piena occupazione sia l’obiettivo primario della politica economica, di forme di flessibilizzazione del mercato del lavoro si potrebbe pure parlare, se proprio necessario. Tale contesto assicurerebbe infatti sia posti di lavoro che risorse per generosi ammortizzatori sociali, oltre a rafforzare il potere contrattuale dei lavoratori ben oltre quello derivante dalle leggi.

A noi sembra che gli amici radicali dovrebbero mutare il loro paradigma economico di riferimento dagli slogan derivati dalla teoria liberal-neoclassica – meno ai padri e più ai figli, il rigore come presupposto della crescita, ecc. C’è a nostro avviso un “populismo liberale” dietro questi slogan. La teoria economica critica ha infatti da tempo svelato la debolezza analitica dei fondamenti dell’analisi neoclassica, una moderna religione in cui l’esoterismo matematico ha il ruolo del latinorum dei riti ecclesiastici. Perché, compagni radicali, non rifarsi all’analisi, in fondo di stampo liberale, di Maynard Keynes, o a quella conflittuale derivata dal grande economista borghese David Ricardo, essendo il conflitto, se ben gestito, l’humus della democrazia (e non ci si dica che son teorie vecchie;esse sono state modernamente riprese.Peraltro, tolta la crosta, l’analisi economica convenzionale è di fine 1800). Fra quegli slogan il più pericoloso è quello del conflitto generazionale erroneamente applicato come visto sopra al dualismo del mercato del lavoro; ma anche al problema del debito pubblico letto come un carico sulle future generazioni, una sciocchezza su cui non v’è qui spazio per entrare; e delle pensioni, su cui abbiamo già scritto criticando le posizioni radicali (Il Riformista, 17-9-11, vedi http://politicaeconomiablog.blogspot.com). Al fondo anche della questione pensionistica c’è un problema occupazionale: le pensioni incidono molto sul Pil perché in Italia c’è storicamente poca occupazione e dunque la spesa grava su pochi, e in questo contesto i dati suggeriscono come l’aumento progressivo dell’età pensionabile che si è verificato in anni recenti possa aver diminuito le opportunità occupazionali dei giovani. Insomma, amici radicali, l’invito è di mettere la piena occupazione come obiettivo primario delle forze progressiste sulla base di analisi economiche meno conformiste, poi potremo discutere se necessario di flessibilità e innalzamento dell’età pensionistica. E vi sarà anche spazio per stanziare risorse per quella generosa battaglia di civiltà che voi conducete per condizioni più umane di vita carceraria, battaglia che nel contesto di inutili (e non solo iniqui) tagli di bilancio non ha oggi spazio né nel bilancio né nel cuore di milioni di cittadini, giovani e anziani, preoccupati per il proprio futuro. E con la piena occupazione ci saranno anche meno carcerati.



Da Europa-23 settembre

Contro il tetto alla spesa in Costituzione / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Contro il tetto alla spesa in Costituzione / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Europa: l’eclisse della ragione e della democrazia / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Europa: l’eclisse della ragione e della democrazia / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Il welfare fai-da-te
frena gli indignados italiani - Italia - l'Unità

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Vittorio Emiliani: Passato, presente e futuro in Lombardia | fondazione nenni il blog

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Fulvio Papi: Saluto ai volpediani

Caro Felice Besostri,
ti prego di salutare con antico affetto i compagni socialisti che sono convenuti a Volpedo. Piccoli guasti dovuti all'età impediscono di essere presente anche laddove si desidererebbe non mancare.
Tutti i temi che avete scelto sono molto importanti, attuali e politicamente istruttivi. Aggiungerei una breve considerazione che è in piena sintonia con i vostri lavori.
Oggi non c'è spazio nel mondo che non sia dominato da capitale finanziario sino alla soglia della bancarotta come sostiene Stiglitz. Siamo al punto che un capitale finanziario di stato come quello cinese, assieme ad altri, progetta di intervenire nella crisi europea. E’ una notizia che mostra la trasformazione della mappa storica del mondo e dei suoi poteri esecutivi. E se pure ce ne era bisogno, mostra il fallimento dell'Europa come identità storica capace di una sua progettualità culturale, economica e politica con il rischio di cadere in particolarismi per lo più inefficaci e conflittuali, dove gli stati saranno gli esattori (con misure più o meno classiste) del debito finanziario. D’altro canto è complicato sostenere che all'origine della crisi Obama avrebbe potuto lasciar fallire le grandi banche. Il destino sociale di milioni di attori sociali, considerata la formazione del capitale, sarebbe stato fatale. Il fatto grave è che non sono stati presi in considerazione tutti i vincoli politici utili. E così il gioco perverso può continuare.
Non c'è una formula risolutiva per contrastare questa situazione.
Credo tuttavia che anche nel nostro piccolo si possa immaginare una linea di resistenza che, in senso storico, fa capo alla nostra tradizione delle città. Rispetto a un potere formale e globale come quello del capitale finanziario e della sua riproduzione, è forse possibile opporre un potere locale capace di una sua autonomia storica e culturale (che non ha niente a che vedere con le volgarità intellettuali e morali che hanno contraddistinto la Lega). Il che significa porsi il problema partendo dalla valorizzazione territoriale di ecologizzare le città (dal consumo e produzione dell'energia, traffico, insediamenti, urbanizzazione). E poi valorizzare la produzione, la commercializzazione, lo scambio, il credito, le forme culturali, i consumi. Forme sociali di mercato che tendenzialmente si possano sottrarre alla egemonia totalitaria del capitale finanziario. Tutte iniziative che nelle città e negli spazi extraurbani rendono necessarie nuove forme di aggregazione sociale, di partecipazione attiva ai vari progetti. Sarebbe importante reinventare il proprio spazio vitale. Credo che i sindaci abbiano questo compito di smontare “dal basso” quello che Stiglitz chiama la macchina infernale. So bene che è facile tutto questo nell'ordine delle idee. Ma con idee pazzesche del neoliberismo o senza idee o immagini di idee saremo solo inermi e storditi prigionieri di un progressivo peggioramento in senso materiale e morale della condizioni della vita.

Fulvio Papi

Christian CHAVAGNEUX: Primaires socialistes

Christian CHAVAGNEUX

Italie : exactement ce qu’il ne faut pas faire…

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Una donna guiderà l’opposizione israeliana | Gad Lerner

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Eddyburg.it - Parole e concetti. “Sviluppo”: origine, egemonia e decadenza di una credenza

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giovedì 22 settembre 2011

Felice Besostri: Lettonia 2011

LETTONIA 2011
Prima di parlare di inversione di tendenza delle fortune elettorali della socialdemocrazia europea, bisognerà aspettare il voto di qualche grande paese tipo Francia, Germania o Gran Bretagna. Non parlo dell’Italia perché in caso di elezioni anticipate il socialismo europeo sarà comunque sconfitto in quanto nessun grande partito affiliato al PSE si presenterà alla competizione. La Gran Bretagna ha appena votato, il Governo liberal-conservatore è in calo di popolarità ma proprio per questo non andrà ad elezioni anticipate. Più probabile in Germania visto che siamo quasi a metà mandato. La Francia invece voterà sia per le presidenziali, che per le legislative nel 2012. Prima, il 20 novembre voterà la Spagna, ma a meno di una clamorosa inversione di tendenza, il massimo risultato del PSOE sarebbe di impedire che il PP raggiunga la maggioranza assoluta. Nell’attesa dobbiamo accontentarci di boccate d’ossigeno che vengono da piccoli paesi come la Danimarca e la Lettoni. Alle elezioni del 17 settembre il Partito Socialdemocratico “Armonia”, in lettone Sociāldemokrātiskā Partija „Saskaņa”, SDPS, anche se sarebbe più corretto usare il nome russo Социал-демократическая партия «Согласие». La ragione è semplice è il partito di raccolta della minoranza russofona: il suo leader Nils Ušakovs è figlio di immigrati russi e ha iniziato la sua carriera politica come sindaco di Riga, dove vive la metà della minoranza russa. Tuttavia il suo successo non sarebbe stato posibile senza due fattori concomitanti, la bassa percentuale dei votanti, 59.49%, e il voto di un buon 15% di elettori lettoni. Il Partito è stato fondato nel febbraio 2010 dall’unione di 3 partiti Partito di Armonia Nazionale, Nuovo Centro e Partito Socialdemocratico (soltanto in Italia quando si unificano partiti del Centro e della Sinistra, sono questi ultimi a rinunciare all’identità). In un primo tempo non aderirono due partiti seppure facenti parte dell’Alleanza di Centro Armonia, il Partito Socialista e il Partito della Città di Daugavpils, altro punto di forza della minoranza russa, che però raggiunse il Partito Socialdemocratico nel 2011. Il Partito Socialdemocratico “Armonia” non appartiene all’Internazionale Socialista( il membro è il Partito Lettone Socialdemocratico dei Lavoratori, con appena 2,531 voti lo 0.28% e 0 seggi) e neppure al PSE, ma il suo unico europarlamentare fa parte del Gruppo della Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, il nuovo nome del Gruppo Socialista, che ha dovuto assumere per trattenere , non tutti, i parlamentari europei del PD.
Il Partito di Ušakovs con il 29% dei voti ha 33 seggi su della Saeima, il Parlamento monocamerale lettone, è il primo partito ed è seguito Partito della Riforma Zatler, dal nome del Presidente che ha sciolto anticipatamente il Parlamento indicendo un referendum popolare, con il 20,82% e 22 seggi e dal Partito “Unità” con il 18,83% e 20 seggi. Quest’ultimo partito, cui appartiene il primo ministro uscente, Valdis Dombrovskis, è il grande sconfitto con 172.567 voti perde 13,07 punti percentuali e 13 seggi. Due altri partiti sono rappresentati in Parlamento l’ Alleanza Nazionale con il 13.88%(+6.05%) e 14 seggi(+6) e l’Unione dei Verdi e dei Contadini con il 12,22%(-7,90%) e 13 seggi(- 9), malgrado il nome è il partito di un oligarca, Aivars Lembergs, sindaco di Ventspils, il più grande porto del paese.
I socialdemocratici di “Armonia” e il Partito della Riforma “Zatler” hanno una maggioranza con 55 seggi su 100 della Saeima, ma il riferimento etnico prevalente nel Partito e il sospetto di legami stretti con la Russia e il partito colà al potere possono funzionare da conventio ad excludendum , anche se Zatler dovrebbe rinunciare ai suoi propositi di rinnovamento. Da Presidente della Repubblica ha avuto il coraggio di sfidare l’oligarchia dominante indicendo il referendum sullo scioglimento anticipato della Saeima, che se fosse stato perso sarebbe stata la sua fine politica. Grandi segni di cambiamento da piccoli paesi, ma per quanto riguarda il socialismo democratico Danimarca e Lettonia non raggiungono la popolazione del perduto Portogallo.
Milano 21/09/2011 Felice Besostri, portavoce del Gruppo di Volpedo

Next Left: The Challenge for Labour

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Gli "Indignados" del Cile

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Bauman- I fondamentalisti dell´economia

Eddyburg.it - I fondamentalisti dell´economia

Silvano Miniati - Lavorare meno lavorare tutti - Avanti della domenica

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mercoledì 21 settembre 2011

Berlin success inspire quiet confidence Policy Network - Opinion & Essays

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Réflexions d’un républicain sur le 15M - La Vie des idées

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Appel à la Gauche à rouvrir le chantier européen

Appel à la Gauche à rouvrir le chantier européen

La social-démocratie, entre crises et mutations - Les essais - Publications - Fondation Jean-Jaurès

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IL PARTITO DEL SINDACO A MILANO | Arcipelago Milano

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LA COPERTA CORTA DI PISAPIA | Arcipelago Milano

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martedì 20 settembre 2011

Lavoce.info - ARTICOLI - TROPPA FLESSIBILITÀ NON AIUTA LA CRESCITA

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PES congratulates Harmony Centre for its victory in Latvian elections | PES

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A European Jobs Plan is needed for Recovery say European Socialists | PES

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Peppe Giudice: Ricostruire la democrazia fuoria dalla II Repubblica Melograno Rosso

Melograno Rosso

Eddyburg.it - Grande patrimonio crescita zero: come e perché in Italia ha vinto il partito della rendita

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Francesco Maria Mariotti: Mondi e Politiche: Libia, fra bugiardi, gattopardi e leader in conflitto

Sulla Libia ho scritto spesso, sempre molto critico nei confronti di un intervento che ancora oggi mi appare inutile e controproducente. Le scene di apparente vittoria degli ultimi giorni (ma quante volte è già stata proclamato "missione compiuta!"?) non devono trarci in inganno.


Se la guerra in Libia sembra vedere il suo termine, si apre comunque una fase alquanto delicata, di non facile gestione, e che ci costringerà a seguire le vicende di questo paese (non solo sulle questioni energetiche) per parecchio tempo. Possono non esserci i nostri eserciti occidentali; possono esserci eserciti di altri paesi o - come è più probabile - compagnie militari private; ma il succo non cambia.


"Una" guerra è - forse - in via di conclusione; probabilmente è già in corso un'altra battaglia, quella intestina fra gli stessi "vincitori" (libici e non), appena iniziata.


Francesco Maria Mariotti


In Libia non tornano i conti su morti e battaglie
Non è certo una novità che molte notizie diffuse dagli insorti libici in sette mesi di guerra si siano rivelate imprecise, propagandistiche, gonfiate o vere e proprie bugie. La disinformazioni più eclatante ha riguardato il numero dei morti che già il 23 febbraio, dopo una settimana di rivolta, veniva indicato in 10 mila dalla televisione al-Arabiya, che citava il membro libico della Corte Penale Internazionale Sayed al Shanuka. In quei giorni la Federazione internazionale dei diritti dell'uomo (Fidh) riferiva invece di appena 640 vittime. A metà aprile i ribelli resero noto un bilancio di 10 mila morti e 30 mila feriti, questi ultimi saliti poi a 50 mila in stime diffuse una settimana dopo.
A fine agosto erano invece almeno 50 mila i morti secondo il colonnello Hisham Buhagiar, comandante delle forze ribelli delle montagne di Nefusa.
"Circa 50 mila persone sono state uccise dall'inizio dell'insurrezione. Solo a Misurata e Zlitan sono morte fra 15mila e 17mila persone". Eppure le autorità sanitarie di Msurata aveva riferito di 1.083 morti in città tra civili, ribelli e lealisti oltre a 2 mila dispersi.(...)
Negli ultimi giorni la propaganda del Consiglio Nazionale di Transizione ha più volte annunciato la caduta di Bani Walid e Sirte ma sul campo di battaglia la resistenza dei lealisti e delle milizie delle tribù Warfalla e Gaddafa danno filo da torcere ai ribelli che continuano a far affluire mezzi e combattenti da Misurata e Tripoli.(...)

I GATTOPARDI DI TRIPOLI (...) Si dirà che quando collassa un regime totalitario è quasi inevitabile che scorra il sangue e vi sia molta anarchia. Il problema è che non si vede alcun tentativo di punire le atrocità commesse da insorti. Secondo Amnesty, il Consiglio nazionale di transizione non ha prodotto "alcuna indagine credibile né ha preso misure per chiamare i responsabili a rispondere". Probabilmente non ha voluto. Ma se lo decidesse, sarebbe in grado di punire i colpevoli? (...) Abbiamo sulla coscienza una guerra evitabile, controproducente, in ogni caso orribilmente stupida? Nessuno potrà mai dimostrare che il negoziato con Gheddafi avrebbe potuto concludersi con un compromesso accettabile. Però sappiamo che a differenza dell´Egitto, la Libia non ha una salda radice unitaria, una tradizione parlamentare, una consuetudine con la libera competizione tra le idee, e neppure movimenti resistenziali di ispirazione liberale. A maggior ragione la transizione aveva bisogno della stabilità che poteva offrire soltanto un percorso concordato. Sappiamo anche un´altra cosa: fin dal primo momento Parigi e Londra esclusero quella soluzione. Perché solo la guerra assicurava protagonismo e un lauto bottino petrolifero? No, perché Gheddafi è un criminale. Ma non lo era forse anche prima, quando la sua polizia ammazzava oppositori a dozzine? Sì, ma mai era arrivato a far bombardare le piazze, il popolo. Le prove? Le fornisce al-Jazeera, e i media occidentali le rilanciano: ma le più eclatanti sono falsificazioni. Il repertorio include immagini di cadaveri di soldati con le mani legate, "uccisi perché ammutinati". Poi rivedi il filmato e hai l´impressione che gli assassini siano i ribelli, infatti non soccorrono l´unico moribondo. Ora Amnesty indirettamente conferma: all´inizio della sollevazione gli insorti uccisero militari che avevano catturato. In futuro potremmo scoprire che messe-in-scena e rivolta furono agevolate da un sodalizio di servizi segreti. Dopotutto già negli anni Novanta i britannnici avevano provato a innescare moti in Cirenaica (Gheddafi sventò, probabilmente su soffiata dello spionaggio italiano). Una transizione concordata era la soluzione migliore non solo per la causa della libertà ma anche per gli interessi dell´Italia (...)


Cameron e Sarkozy ricevuti in Libia da una leadership in frantumi (...) Ora la spaccatura sul campo si ripete in politica, nel momento delicato della spartizione dei poteri. Il capo religioso della fazione islamista, l’imam Ali al Salabi, per sei mesi ha compattato i ranghi dei suoi, ubiquo sul fronte e anche nelle retrovie in Qatar. Due giorni fa ha lanciato un attacco mortale al primo ministro di fatto del Consiglio, Mustafa Abdul Jalil: “Lui e i suoi alleati sono secolaristi estremisti che cercano soltanto di arricchirsi con il più grande affare della loro vita – ha detto al Salabi in un’intervista ad al Jazeera, che in Libia è considerato il canale ufficiale del governo rivoluzionario – vogliono guidare il paese in una nuova era di tirannia e dittatura e potrebbero essere peggio di Gheddafi”. Il predicatore e leader politico è amico da 25 anni di Abdelhakim Belhaj, il controverso leader della Brigata Tripoli, quella degli islamisti, che si è quasi materializzata dal nulla a ovest della capitale nei giorni precedenti l’attacco finale. Si dice che il creatore della brigata, o almeno il grande finanziatore, sia il Qatar.
L’apparizione sulla scena di Belhaj ha scatenato nevrosi sui media. C’è chi ricorda il suo passato nei campi d’addestramento in Afghanistan e anche, ma non è confermato, vicino al diavolo in persona, Abu Musab al Zarqawi, durante la guerra in Iraq. (...).

Paneacqua.eu: Il governo spagnolo reintroduce la patrimoniale

Paneacqua.eu: Il governo spagnolo reintroduce la patrimoniale

Sergio Ferrari: Paneacqua.eu: Il partito del Lavoro

Paneacqua.eu: Il partito del Lavoro

lunedì 19 settembre 2011

Cesaratto-Turci: Le pensioni e l’Europa

Le pensioni e l’Europa

State Election in German Capital: Klaus Wowereit Wins Third Term as Berlin Mayor - SPIEGEL ONLINE - News - International

State Election in German Capital: Klaus Wowereit Wins Third Term as Berlin Mayor - SPIEGEL ONLINE - News - International

Norwegian Labour did the best local elections in 24 years

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Taxing the Rich, the Obama Way

Taxing the Rich, the Obama Way

Electoral success for Latvian centre-left

Electoral success for Latvian centre-left

La rivista il Mulino: Berlino, 19/9/11

La rivista il Mulino: Berlino, 19/9/11

Setting Labour priorities | Progress | News and debate from the progressive community

Setting Labour priorities | Progress | News and debate from the progressive community

Wowereit è l’anti-Merkel? | Presseurop (italiano)

Wowereit è l’anti-Merkel? | Presseurop (italiano)

Antoine Colombani: New found discipline in French socialist ranks Policy Network - Opinion & Essays

Policy Network - Opinion & Essays

Immanuel Wallerstein Eddyburg.it - La crisi globale e l'illusione della socialdemocrazia

Eddyburg.it - La crisi globale e l'illusione della socialdemocrazia

Patto di consultazione e di unità d'azione per il socialismo europeo

PATTO DI CONSULTAZIONE E DI UNITA' D'AZIONE PER IL SOCIALISMO EUROPEO

Ci troviamo attualmente nel mezzo di una crisi che assume ormai sempre più chiaramente i caratteri di una "crisi di sistema".

Di fronte alla portata degli eventi, risultano del tutto inadeguate quelle proposte politiche basate esclusivamente sull'austerity e sui tagli alla spesa pubblica e al Welfare. Pur avendo il settore pubblico la sua parte di responsabilità, le cause della crisi sono prima di tutto da ricercarsi nel settore privato: aumento delle disparità salariali, eccessivo indebitamento e bolle speculative generate da una finanza irresponsabile.

In Italia, il sistema politico esistente diventa sempre più fragile e precario per la sua incapacità ad adeguarsi tempestivamente alle richieste delle tecnostrutture del capitalismo finanziario internazionale.

La sinistra ufficiale purtroppo non sembra in grado di elaborare una propria autonoma proposta alternativa di modello di sviluppo, illudendosi di poter cavalcare questo attacco con una semplice promessa di maggiore affidabilità.

Bisogna rendersi definitivamente conto che l'unica possibilità di fronteggiare la crisi e di incidere nei nuovi rapporti economici e geo-politici che vanno delineandosi a livello mondiale è quella di dar luogo in modo reale, concreto e compiuto ad un'Unione politica europea.

Le politiche miopi e conservatrici, sostenute innanzitutto dagli attuali governi di Francia e Germania, risultano del tutto inadeguate per mancanza di solidarietà e di una visione comune. L'ostinata bocciatura delle obbligazioni europee (Eurobond) capaci di raccogliere una parte del debito pubblico degli Stati membri per ridurne il costo globale e di rilanciare su scala continentale gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali ne è un chiaro esempio.

Le continue e pervicaci manovre economiche, fatte esclusivamente di tagli allo stato sociale, di compressioni di salari e stipendi e di aumento delle disuguaglianze sociali, non sono più tollerabili.

Oggi è più che mai necessaria la costruzione di una forza e di una proposta politica neo-socialista adeguata alle sfide attuali e capace di capovolgere i paradigmi neoliberisti ed economicisti dominanti.

Riteniamo che una proposta di questo tipo debba necessariamente articolarsi attorno a 3 livelli indissolubilmente legati tra loro: quello locale e meridionale, quello nazionale e italiano, quello continentale ed europeo.

Un nuovo socialismo democratico europeo radicato in una realtà del Mezzogiorno italiano come Napoli deve essere in grado di dare risposte concrete alle esigenze della società meridionale dell'Italia del XXI secolo, cioè di uno dei principali Stati membri dell'Unione europea.

Consapevoli della portata di un tale processo politico, ci impegniamo a consultarci periodicamente per elaborare proposte e promuovere iniziative politiche unitarie su alcuni temi specifici: difesa di un moderno ed efficiente Welfare state a cominciare dalla centralità della scuola pubblica, difesa dell'ambiente e valorizzazione del territorio a cominciare dalla questione della costruzione di un moderno ciclo integrato dei rifiuti, laicità e diritti civili a cominciare dalle proposte sui Registri dei Testamenti biologici e delle Unioni civili.

A partire da questi temi andremo avanti nella nostra azione politica cercando di costruire un consenso maggioritario attorno a proposte laiche democratiche e socialiste.

Per la Lega dei Socialisti di Napoli, Andrea Buonajuto
Per l'Associazione Lib Lab di Napoli, Giancarlo Nobile
Per il Nuovo Partito d'Azione di Napoli, Francesco Postiglione

Felice Besostri: Elezioni a Berlino

BERLINO18092012
Al momento della redazione di questo articolo lo spoglio delle Seconde Schede, Zweitstimme, che determinano la percentuale dei seggi, era del 88,6%, quindi molto vicino al finale, almeno come tendenza e con l’integrazione delle proiezioni, di norma molto attendibili in Germania si può ragionare sul dato politico, che rappresentano: una nuova sconfitta della coalizione liberal-democristiana, ma non della CDU che migliora del 2% e diventa il primo partito nei distretti (Bezirke) di Berlino Ovest.
Klaus Wowereit, il Sindaco uscente, è sicuro della reinvestitura e con il terzo mandato di 5 anni si appresta a superate la durata in carica del mitico predecessore Willy Brandt, benché il suo partito e soprattutto la sua coalizione rosso rossa (SPD-LINKE) non è stata confortata dagli elettori. La SPD perde il 2,6% e la Linke l’1,7%: la coalizione scende dal 44,2%(SPD 30,8% + Linke 13,4%) del 2006 al 39,9% e quindi non avrebbe la maggioranza nella Abgeordnetenhaus ( Casa dei deputati, un lascito americano House of Representatives) l’assemblea legislativa del Land di Berlino. A causa della clausola di accesso del 5%, che annulla i voti delle formazioni sotto soglia, a vantaggio di quelle sopra, non è necessario avere la maggioranza assoluta dei voti per avere la maggioranza assoluta dei seggi: il vantaggio è tanto maggiore quanto più alta è la percentuale dei sotto soglia: questa volta, rispetto al 2006, i voti sono diminuiti del 5% ., Il sistema di attribuzione dei seggi è complicato perché ogni elettore dispone di 2 schede, con la prima si elegge il candidato di collegio a maggioranza relativa, in collegi pari al 60% dei 130 seggi dell’assemblea, ma è la Seconda Scheda, Zweitstimme, che determina il risultato finale, con la necessità di mandati aggiuntivi e compensativi: nell’Assemblea uscente i seggi erano 139. I sondaggi pre-elettorali sono stati confermati solo in parte, specialmente per SPD, che in tutti i sondaggi dalla fine di agosto alla vigilia delle elezioni(15/9/2011) era compresa in una forchetta tra il 29,5 e il 33 per cento. Più esatte le previsioni per la Linke attestata tra l’11 e il 12 per cento, per la CDU tra il 21 e il 24 per cento e per i Verdi tra il 18 e il 22 per cento. Esatte l previsioni tra chi sarebbe rimasto fuori i liberali della FDP, che pure era un partito che nel 2006 aveva un rispettabile 7,6%, aumentato all’8,7% alle Europee e all’11,5% delle federali 2009. Esatte anche le previsioni di chi sarebbe entrato per la prima volta, cioè i PIRATEN, accreditati tra l’8 e il 9 per cento, voti conquistati alla SPD, alla Linke ed anche alla FDP. Insieme con l’Assemblea del Land si rinnovavano quelle dei Distretti per complessivi 660 consiglieri, per 2,7 milioni di elettori, 200.000 in più degli elettori per l’assemblea legislativa: nei Bezirke votano i cittadini U.E. e i sedici-diciasettenni. Evidentemente in Germania non si pensa di ridurre i mandati elettivi, per punire la “casta” e fare cassa.
Come detto la SPD si conferma il primo partito e per una regola non scritta di etica politica le spetta comunque la guida dell’esecutivo, quale che sia la formula di governo. La SPD è poi l’unico partito omogeneamente presente nella città con il 28,2% complessivo, composto da un 28,8% a Berlino Est e dal 27,9% a Berlino Ovest. Soltanto i PIRATEN hanno risultati analoghi con un 9% cittadino, il 10,3% a Est e l’8,2% a Ovest. La CDU varia da un 14,1% a Est al 29,6% a Ovest, per non parlare della Linke che presenta la forbice più larga dal 22,6% (secondo partito) a Ost Berlin al 4,3% (ultimo partito rappresentato) in West Berlin. I Verdi sono in una situazione intermedia con il loro 17,6% cittadino, di cui il 13,5% a Est e il 20,3% a Ovest.
Le elezioni tedesche viste da vicino presentano sorprese per il numero di Partiti e di candidati indipendenti che si presentano: è possibile infatti presentarsi soltanto nei collegi uninominali o nei Bezirke o in alcuni di essi: complessivamente più di una quarantina di candidature e liste, di cui 34 riconosciute come partiti. Tra un’elezione e l’altra poi ci sono passaggi da un partito all’altro: la SPD ha conservato i suoi seggi compensando le uscite con le entrate, mentre i Verdi ne hanno guadagnato 1, mentre ne hanno perso 2 i Liberali e1 la Linke verso la CDU, che a sua volta ha guadagnato un Liberale ma ne ha persi 2 a favore dei non iscritti: Scilipoten. Paradossalmente da questi risultati esce rafforzata un’ipotesi di Grosse Koalition, perché l’alleanza CDU-FDP è in affanno. I Liberali sono usciti dalle assemblee di 5 Land e con proiezioni nazionali questo governo è in minoranza nel Bund. Se quest’ipotesi, la Grande Coalizione, dovesse verificarsi, a SPD e CDU si potrebbe Applicare quello che Ciu Enlai diceva di USA e URSS: dormono nello stesso letto, ma fanno sogni diversi. Per la SPD la prossima Grosse Koalition dovrebbe essere a guida socialdemocratica. Una riedizione della maggioranza uscente è da escludere in quanto la SPD sensibile al responso delle urne: così e stato nel Meklenburg Vorpommern dopo la sconfitta della coalizione rosso rossa nel 2007. I rapporti tra Verdi e Linke non sono idilliaci, tanto che nella Saar, c’è al potere una coalizione CDU FDP-Verdi e ci sono frizioni anche nei rapporti con la SPD, che minacciano la stabilità nel Baden Wuertemberg, l’unico Land guidato da un Verde. La Linke ha perso smalto, se si contano anche i voti della WAGS di Lafontaine la perdita rispetto al 2006 è del 4,6% e non dell’1,7% e la perdita di influenza se si confrontano i risultati delle elezioni del 18 settembre con le Europee e le Federali del 2009, in cui la Linke ottenne a Berlino rispettivamente il 14,7% e il 20,2%, ma con una SPD in piena crisi al 18,8% alle Europee e il 20,2 alle Federali. In questo contesto la soluzione più probabile è una coalizione rosso verde, che con il 45,8% dei voti può conquistare la maggioranza dei seggi, anche se risicata.
A Berlino ha influito sui risultati elettorali il 50° anniversario della costruzione del Muro di Berlino, nostalgicamente difeso da settori della Linke, quelli affetti da Ostalgie da Goodby Lenin: sulla strada di una ricomposizione a sinistra non ci sono soltanto le macerie ideologiche della Neue Mitte di Schröder ma anche quelle materiali del Berliner Mauer del 1989.
La situazione è in movimento in quanto la Merkel ha fatto proprie due richieste forti e tradizionali dei Verdi: l’uscita dal nucleare e l’abolizione del servizio militare obbligatorio. In una politique politicienne,la grande specialità italiana differenti combinazioni nel Land e nel Bund sono possibili, con il freno del rispetto dei rapporti di forza: né Craxi, né Spadolini avrebbero mai potuto fare i Cancellieri, in passato, in Germania, né Casini o Montezemolo in futuro.
Socialdemocratici e Verdi sono alleati concorrenti e la sinistra è ancora vittima del suo passato: solo in una visione europea di superamento della crisi, alternativa al pensiero unico dei pareggi di bilancio a danno del welfare, e per una prospettiva di crescita e di riduzione delle diseguaglianze. Si tratta di ridare un futuro alla maggioranza della popolazione, che nei paesi OCSE supera i 44 milioni e con una percentuale di disoccupazione giovanile mai raggiunta in passato e con un disagio politico e sociale di cui sono espressione sia i movimenti di “indignati” di una classe media impoverita, che le rivolte nelle banlieu parigine e nei quartieri etnici di Londra. Senza un governo che riporti al centro dell’iniziativa la libertà e l’uguaglianza le differenze di reddito e di potere minacciano le stesse istituzioni democratiche.
Felice Besostri, portavoce del Gruppo di Volpedo, Network del Socialismo Europeo
Roma 19 settembre 2011










Aufgeführt sind alle Parteien, die bei einer der letzten Wahlen seit 2006 mindestens 1,0 % auf Landesebene erreichten und zur Wahl 2011 landesweit antreten.


Abgeordnetenhauswahl
17.09.2006
Europawahl
07.06.2009
Bundestagswahl
27.09.2009

SPD
30,8 % 18,8 % 20,2 %
CDU
21,3 % 24,3 % 22,8 %
GRÜNE
13,1 % 23,6 % 17,4 %
Die Linke
PDS 13,4 %, WASG 2,9 % 14,7 % 20,2 %
FDP
7,6 % 8,7 % 11,5 %
PIRATEN
— 1,4 % 3,4 %
NPD
2,6 % — 1,6 %
Tierschutzpartei
0,8 % 1,4 % 1,4 %

in Prozent


2006
SPD 30,8% +1,1% (2001) 53 SEGGI

CDU 21,3% - 2,5% 36
PDS 13,4% -9,2% 22
GRUENE13,1% +4,0% 24
FDP 7,6% -2,3% 11
GRAUE 3,8% +2,4%
NPD 2,6% +1,7%
ALTRI 7,4% +4,8% 3 PER CAMBI CASACCA
SPD
CDU
PDS
GRÜNE
FDP
GRAUE
NPD
Sonst.
Gewinne und Verluste
Im Vergleich zu 2001

Region Aus-
zählungs-
stand Stimmanteile in Prozent Gewinne / Verluste in Prozent
SPD CDU GRÜNE DIE
LINKE FDP Piraten Sonstige SPD CDU GRÜNE DIE
LINKE FDP Piraten Sonstige

Berlin 88,6 28,2 23,3 17,6 11,7 1,8 9,0 8,4 -2,6 2,0 4,5 -1,7 -5,8 9,0 -5,3
Berlin-Ost 86,7 28,8 14,1 13,5 22,6 1,2 10,3 9,5 -1,0 2,7 3,0 -5,5 -3,7 10,3 -5,9
Berlin-West 89,8 27,9 29,6 20,3 4,3 2,3 8,2 7,4 -3,5 1,9 5,5 0,1 -7,0 8,2 -5,2
Mitte 89,6 28,5 17,8 22,4 11,2 1,7 10,7 7,7 -4,0 0,7 5,3 -1,5 -5,2 10,7 -6,1
Friedrichshain-Kreuzberg 94,7 24,0 8,3 30,5 13,0 1,0 14,4 8,8 -6,1 -0,4 3,9 -3,8 -3,1 14,4 -4,9
Pankow 69,4 28,8 13,5 19,0 18,0 1,2 11,3 8,2 -1,6 1,8 3,1 -4,3 -3,8 11,3 -6,6
Charlottenburg-Wilmersdorf 95,2 31,1 28,2 21,6 3,6 3,1 7,1 5,3 -3,0 1,9 5,2 -0,1 -7,3 7,1 -3,8
Spandau 92,9 31,6 34,3 12,4 3,8 2,1 7,3 8,5 -1,8 3,1 4,1 0,0 -6,4 7,3 -6,4
Steglitz-Zehlendorf 91,5 25,0 36,2 21,1 3,0 3,1 6,5 5,1 -2,8 4,5 5,4 0,0 -9,6 6,5 -3,8
Tempelhof-Schöneberg 93,0 27,1 28,9 23,0 4,0 2,1 7,8 7,1 -4,0 1,9 6,1 0,0 -7,1 7,8 -4,8
Neukölln 80,6 27,0 26,2 17,9 5,7 2,0 10,1 11,1 -4,4 -2,4 6,6 0,7 -5,7 10,1 -4,8
Treptow-Köpenick 93,3 28,8 15,9 10,7 23,0 1,1 9,4 11,1 -2,9 3,3 3,8 -4,5 -3,9 9,4 -5,2
Marzahn-Hellersdorf 92,8 28,3 17,5 5,7 27,2 1,3 8,7 11,3 0,8 4,4 1,4 -5,3 -3,5 8,7 -6,6
Lichtenberg 94,2 31,1 12,3 7,6 28,9 0,8 9,3 10,0 1,7 2,7 2,4 -6,7 -3,4 9,3 -5,9
Reinickendorf 81,0 28,0 38,5 13,7 3,4 2,3 6,6 7,5 -2,2 5,4 4,8 0,2 -7,3 6,6 -7,5

domenica 18 settembre 2011

Gianni Ferrara: La mistificazione della democrazia

La mistificazione della democrazia - Gianni Ferrara



C'è un falso nell'attività pubblica che il codice penale ignora. È il falso nella comunicazione politica. Ha da sempre influito sulla vita politica italiana ma col berlusconismo la ha pervasa. Ora però da fonte diversa se ne sta praticando uno gravissimo di falsi a danno della fede pubblica, degli elettori, della democrazia italiana. A commetterlo sono i promotori dei referendum elettorali che strombazzano la loro avversione al porcellum ma mirano a restaurare il fratello gemello: il mattarellum. Sostengono che così, da una parte, sarà eliminato lo sconcio del "premio di maggioranza" che, in realtà, è attribuito alla minoranza più consistente trasformandola in maggioranza e, d'altra parte, sarà restituito agli elettori il potere di scegliere i loro rappresentanti. Mentono. Innanzitutto perché quesiti referendari volti a determinare precisamente, chiaramente, nettamente l'eliminazione dei vizi del porcellum c'erano. Erano stati proposti nel giugno scorso. Ma furono combattuti con furioso accanimento e con sciagurato successo proprio dai promotori dei referendum "pro mattarellum" inventati appunto per ostacolare una campagna referendaria che con quei quesiti, una volta approvati, avrebbero capovolto il porcellum da maggioritario in proporzionale. La restaurazione che si tenta col mattarellum è invece diretta proprio a riaffermare il sistema maggioritario di elezione, a garantirlo, consolidarlo, perpetuarlo. Al di là dei moltissimi e fondatissimi dubbi sull'ammissibilità di tali referendum, alla stregua della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia, va detto, nel merito, che i promotori dei referendum "pro mattarellum" mentono quando dicono di voler eliminare il meccanismo che trasforma la minoranza in maggioranza. Mentono perché mirano a resuscitare un sistema che, pur attribuendo un quarto dei seggi col metodo proporzionale, per gli altri tre quarti, è maggioritario con collegi uninominali. Questo, tra quelli esistenti, è il sistema elettorale che determina il massimo di distorsione degli effetti collegabili alle pronunzie del corpo elettorale. Eleggendo un solo parlamentare per collegio, cioè il candidato che abbia ottenuto un voto in più di ciascuno degli altri, conferisce un premio implicito ma sicuro a tale candidato, un premio che, paradossalmente, è direttamente proporzionato al numero dei voti ottenuti ... dagli altri candidati. Nullifica così il diritto universale ad essere rappresentati in Parlamento perché esclude dalla rappresentanza quegli elettori che non sono stati capaci di ... indovinare, collegio per collegio, quale dei candidati avrebbe ottenuto quel voto in più che lo avrebbe fatto eleggere. Si consideri soprattutto che si tratta di elettori che non si riconosceranno nel rappresentante in Parlamento del proprio collegio, per tutta la legislatura, e magari legislatura per legislatura. Con conseguenze irreparabili sulla consistenza, l'effettività, la credibilità dell'eguaglianza politica, cioè sul principio fondante della democrazia. Ma, come ogni sistema elettorale della specie cui appartiene, il mattarellum può produrre addirittura un risultato complessivo rovesciato rispetto al voto della maggioranza degli elettori, il risultato cioè che la maggioranza dei seggi parlamentari risulti eletta dalla minoranza degli elettori, stante l'ineguale distribuzione delle scelte politiche tra le componenti geografiche del corpo elettorale. In Inghilterra è accaduto più volte. Non è vero, comunque, che il mattarellum, contrariamente al porcellum, esclude premi. È vero che li occulta. In tutte e tre le elezioni svoltesi con detto sistema (1994, 1996, 2001) il premio c'è stato ed è stato sempre superiore al 10 per cento dei seggi. Non è vero neanche che, come raccontano i promotori del referendum, col mattarellum è l'elettore che sceglie l'eletto. A sceglierlo invece sarà il leader del partito del candidato che, come è a tutti noto, provvederà a destinare nei collegi "sicuri" i candidati che vuol fare eleggere. Così come sceglierà quelli della quota proporzionale collocandoli nei primi posti della lista bloccata. Le somiglianze tra mattarellum e porcellum sono enormi, impressionanti. Non vederle o tacerle provoca domande sconvolgenti. Una maggioranza parlamentare così fatta quale autonomia potrà mai avere nei confronti di un tal leader diventato premier? Di quanto potere disporrà questo premier? L'esperienza dei governi Berlusconi non ha insegnato nulla? A quale sistema politico mirano i referendari-maggioritari? Militano, in gran parte, nel Partito democratico, e si lasciano incantare da chi sdottoreggia che le elezioni servono a scegliere non la rappresentanza parlamentare, non il tramite dei titolari della sovranità e i suoi mandatari in Parlamento, ma chi deve governare disponendo nelle due Camere dei propri addetti alla traduzione in leggi dei suoi comandi. Si associano Idv e Sel miranti solo ad estorcere la leadership al partito maggiore della coalizione cui vogliono partecipare mediante quella pura mistificazione della democrazia che è la elezione primaria.

La personalizzazione del potere è diventata quindi l'ideologia comune al centrodestra e al centrosinistra? Rinnegare la democrazia rappresentativa a favore dell'assolutismo elettivo è il nuovo credo di questo Paese? Insomma, una volta sconfitto Berlusconi, il berlusconismo trionferà condiviso? La prospettiva che si annuncia è questa. Rivelarla, denunziarla è doveroso.

Felice Besostri: Sulle elezioni danesi

OH MY SPLENDID COPENHAGEN
Uno sguardo alle precedenti elezioni è importante per capire le dinamiche odierne. La Danimarca è retta dal 2001 d una coalizione di centro-destra con l’appoggio di un partito xenofobo come il Partito Popolare. I socialdemocratici sono stati il partito più forte dal 1924 al 2001, quando passò da 63 a 52 seggi sorpassati dai liberali(Venstre) con 56 seggi(+14). Quel voto si tenne il 20 novembre del 2001 e l’attentato del 11 settembre alle Torri gemelle fece da detonatore ad un risentimento anti immigrati, di cui fu espressione il successo del PartitoPopolare Danese con 22 seggi (+9). La sconfitta colpì l’intera sinistra perché anche il Partito Popolare Socialista perse un seggio. E’ un fenomeno frequente in Europa, nei paesi dove a sinistra è egemone un forte partito socialista democratico, che quando il successo di un partito alla sua sinistra è a spese della socialdemocrazia, la percentuale totale dei voti a sinistra diminuisca. Nelle elezioni del febbraio 2005 la maggioranza di destra è stata riconfermata, ma rafforzando il PPD (+2)e i Conservatori(+2) a danno dei Liberali della Venstre(-4). Il recupero dei Socialdemocratici (+5), infatti è avvenuto parzialmente a spese dei Socialisti Popolari(-1). Quell’anno continuò la crescita dei Social Liberali della Radicale Venstre con 17 seggi (+8) e fece comparsa in Parlamento un nuovo soggetto, La Lista Unitaria-Alleanza Rosso-Verde con 6 seggi).
L’instabilità dell’Alleanza dovuta all’estremismo del PPD ha portato ad elezioni anticipate nel 2007, che hanno visto ancora una volta la Venstreprimo partito con 46 seggi(-6) ad un’incollatura dai Socialdemocratici con 45(-2) nell’ambito di un generale spostamento a sinistra con i Socialisti Popolari a 23 seggi (+12) e l’Alleanza rosso- Verde a 4(-2). La maggioranza di destra tiene comunque con i 25 seggi(+1) del PPD e gli invariati 18 seggi dei Conservatori per un totale di 89 seggi, esattamente una risicata maggioranza assoluta dei 179 membri del Folketing, il parlamento monocamerale danese.
I sondaggi della vigilia, che davano certa lavittoria dell’opposizione sono stati rispettati, ma non quello della riconquista del primato dei Socialdemocratici sotto la guida della loro presidenteHelleThorning-Schmidt: con 44 seggi e il 24,9% dei voti hanno persolo 0,6% rispetto al 2007 e pertanto il loro peggior risultato degli ultimi 100 anni. La futura primo Ministro, la prima donna a capo di un governo danese, è comunque soddisfatta perché è stata l’animatrice della coalizione vincente, comunemente designata Blocco Rosso, benché composta anche dai social liberali o RadikaleVenstre(17 seggi,9,5%), oltre che dai Socialisti Popolari (16 seggi,9,2%) e dalla Lista Unita rosso-verde, che con 12 seggi e il 6,7% ha praticamente triplicato i voti e i seggi rispetto al 2007( 4 seggi, 2,2%).
La sconfitta della destra è merito degli alleati dei socialdemocratici e del crollo dei Conservatori, più che dimezzati al 4,9% dal 10,4% e dalla perdita dei populisti di destra del PPD di Pia Kjaersgaard dal 13,9% del 2007 al 12,3%: i liberali Venstredel Primo Ministro L.L.Rasmussen con il 26,7% guadagnano, infatti, un modesto 0,4% e 1 seggio confermandosi il primo partito.
Una nuova entry di successo è stata l’Alleanza Liberale, originariamente frutto della scissione della destra dei RadikaleVenstre sotto la guida di un mussulmano moderato, NaderKhader e della sinistra dei Conservatori di GitteSeeberg con il nome di Nuova Alleanza. Ora guidata da AndersSamuelson si è spostata a destra sul piano economico e pro nucleare, ma saldamente ancorata ai diritti civili, come i matrimoni gay e per gli immigrati,
Sarà formato un governo di minoranza, che però godrà di un appoggio parlamentare di 91 voti, cioè sugli 89 del Blocco Rosso, cui si aggiungeranno sicuramente il deputato groenlandese del Siumut apparentato ai socialdemocratici e un deputato delle isole Faroer.
Già nel passato governi di minoranza socialdemocratici si sono retti sull’appoggio esterno dei socialisti popolari, che erano molto più a sinistra e con una forte componente comunista. Nel Nord Europa c’è un’etica politica sconosciuta in Italia che impedisce che destra e sinistra sommino i loro voti in un’alleanza puramente negativa o che partiti decisivi per formare alleanze alternative rivendichino la presidenza del Consiglio dei Ministri. Un altro insegnamento da queste elezioni è che un sistema proporzionale non impedisce di per sé che si formino maggioranze stabili senza essere dopate da artificiosi premi di maggioranza. Con il 50,3% dei voti si governa con buona pace delle teorizzazioni di Berlinguer sulla lezione cilena. Un’altra novità è la fine dell’autosufficienza socialdemocratica, che non tollerava formazioni alla sua sinistra, ora, invece dopo la Norvegia e la Svezia, i socialdemocratici si pongono come il perno di un’alleanza rossa-rossa o rosso verde. Questa strategia, però, avrà un banco di prova in Germaniaper le prossime elezioni federali e prima ancora nelle presidenziali francesi. Un’inversione di tendenza elettorale della sinistra e del socialismo-democratico per avere un significato continentale dovrà coinvolgere grandi paesi europei, tra cui si dovrebbe annoverare, insieme con Germania, Francia e Gran Bretagna, anche l’Italia se ci fosse una sinistra con una visione unitaria ed europea.
Felice Besostri, portavoce del Gruppo di Volpedo, Network del Socialismo Europeo
Poppi, 16/09/2011

Centre-left parties % votes % +/- (2007) seats +/- (2007)
Social Democrats 24.9% -0.6% 44 -1
Social Liberals 9.5% +4.4% 17 +8
Socialist People's Party 9.2% -3.8% 16 -7
Red-Green Alliance 6.7% +4.5% 12 +8
Centre-right parties
Liberals 26.7% +0.4% 47 +1
Danish People's Party 12.3% -1.6% 22 -3
Liberal Alliance 5% +2.2% 9 +4
Conservatives 4.9% -5.5% 8 -10
All votes counted / 87.7% voter turnout
Nota: Il totale dei partiti “continentali” è di 175 seggi, cui bisogna aggiungere 2 seggi per la Groenlandia e altrettanti per le isole Faroer

Roberto Biscardini: Lettera aperta sul referendum

LETTERA APERTA SUI REFERENDUM

Cari amici e compagni,
molti mi chiedono cosa fare sui referendum elettorali, firmare o non formare? Intanto i termini scadono il 30 settembre e la materia è molto complicata.
Con molta chiarezza considero il Mattarellum, l’inizio dei mali della seconda repubblica. Quel sistema al pari del Porcellum, ha consegnato nelle mani delle segreterie dei partiti la scelta e la nomina dei parlamentari. Vi ricordate come Di Pietro fu catapultato a Barberino del Mugello, per dargli un seggio sicuro? Così avvenne per tutti gli altri collegi, a meno di una piccolissima fascia di collegi minori, che potevano considerarsi incerti. Quindi non voto per il referendum che va per la maggiore, proposto da Di Pietro, Vendola, Segni e adesso sostenuto da una buona parte del PD con alla testa Bindi e Veltroni.
Purtroppo la raccolta delle firme sull’altro referendum, sostenuto dal PSI, proposto da alcune importanti personalità e da Stefano Passigli per primo, che propone due modifiche importanti alla legge vigente, (molto più realistico del primo) per introdurre le preferenze e per abolire il premio di maggioranza, è stata sostanzialmente interrotta.
Voglio ricordare che il premio di maggioranza (sia nel Mattarellum che nel Porcellum) ha bloccato il sistema politico, ha favorito un “bipolarismo coatto”, ha obbligato forze tra loro molto diverse a stare insieme per vincere e non per governare, non ha per nulla diminuito il numero dei partiti.
Passigli che aveva raccolto dapprima il consenso largo anche se non ufficiale del PD, sostegno poi venuto meno, ha invitato comunque ad andare presso le segreteria dei comuni, nei prossimi giorni, ha firmare. Un gesto di testimonianza che farò anch’io, per dire cosa voglio: una legge elettorale proporzionale con preferenze, pur con uno sbarramento d’ingresso per liste e partiti.
Un gesto di testimonianza che servirà ad ottobre a dar vita ad un Movimento per una nuova legge elettorale da affrontare seriamente.
Io il referendum per la reintroduzione del Mattarellum, con Di Pietro, non lo firmo.
A presto Biscardini

Emanuele Macaluso: Cosa fare Il Riformista

Il Riformista

spazio lib-lab » Da Riccardo Nencini: “Al mondo laico, liberale, liberalsocialista”

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Expected SPD success in Berlin paves way for route back to Chancellery | Left Foot Forward

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Danimarca, la manovra di Helle - LASTAMPA.it

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venerdì 16 settembre 2011

nelMerito.com - RIFLESSIONI INTORNO AL "CASO PENATI" (PARTE I): PERCHÉ LA CORRUZIONI FA COSÌ MALE ALLA SINISTRA?

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La finanza si può tassare. Ma l’Italia aumenta l’Iva / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Europa, costruire politiche al posto dei feticci / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Europa, la crisi dalle molte teste / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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All'Europa serve un "new deal" di classe / globi / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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Lavoce.info - ARTICOLI - COME FINIRÀ LA SAGA DEI DEBITI SOVRANI

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Felice Besostri: Paneacqua.eu: Indignarsi non basta

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Susanna Camusso: Le ragioni della CGIL Il Riformista

Il Riformista

spazio lib-lab » Il referendum Parisi-Morrone: un’iniziativa conservatrice.

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PES congratulate Martin Schulz on nomination for European Parliament Presidency | PES

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Danish Social Democrats Election Victory is a ‘beacon to all European Progressives’ | PES

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Luciano Gallino: La minaccia dell’articolo 8 - micromega-online - micromega

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“La manovra è un salasso, solo l’Expo ci salverà (forse)” | Linkiesta.it

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Il giorno dopo la finanziaria | Italia2013

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La gauche revient au pouvoir au Danemark - LeMonde.fr

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Oggi la scuola mi ricorda Arfè « Il Blog Di Giuseppe Aragno

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da Aido a Zapatero | il dizionario dalla A ... a Zapatero |: Donna, Socialdemocratica e... guida la Danimarca. Helle Thorning-Schmidt

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Eddyburg.it - Casa e città: qualcosa di sinistra

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Nicola Zoller - Crescita e rigore, ricetta socialista - Avanti della domenica

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Carlo Correr - Il silenzio sulla storia vera dell'Avanti! - Avanti della domenica

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giovedì 15 settembre 2011

Manifesto "A sinistra"

Vi invio il documento politico de il "Manifesto a sinistra" che verrà presentato con una relazione introduttiva dal prof. Ernesto Paolozzi.
saluti
Nino Cavaliere




A quanti convidono i contenuti di questo Manifesto, che assume particolare valore perché proviene dal Mezzogiorno e da una città del Sud particolarmente provata come Napoli, rivolgiamo l’invito a manifestare la propria adesione inviandola all’e.mail manifestoasinistra@gmail.com ed a partecipare all’iniziativa pubblica promossa per il 20 settembre alle 17,30 prossimo a Palazzo Serra di Cassano, presso l’Istituto italiano per gli Studi Filosofici.


Manifesto a sinistra


Il recente voto amministrativo e referendario, per il carattere imprevedibile, spontaneo, quasi autogeno, poco governato dai partiti di maggioranza come, per certi aspetti, da quelli di opposizione, apre nuovi orizzonti e acuisce, al contempo, il carattere della crisi in cui versa il nostro Paese. Se è vero che un vento nuovo si è levato, è altrettanto vero che se non si sono issate vele abbastanza robuste per raccoglierlo, quel vento potrebbe aver soffiato invano.

Sbaglierebbe chi pensasse ad una decadenza irreversibile delle destre e peccherebbe di ottimismo chi ritenesse di trovarsi all’alba di un nuovo luminoso inizio.

Il voto è stao il segnale del precipitare rovinoso di una stagione di atti mancati e di straordinaria povertà della politica, mentre si fanno più visibili e inquietanti i solchi lasciati da un declino economico e sociale che oramai genera la disperazione dei ceti in difficoltà, di chi ha perso il lavoro, dei precari, dei giovani senza futuro nonché un’ansia diffusa e un generale spaesamento nei ceti medi.L’ età berlusconiana presenta al paese un vuoto preoccupante: le strutture fondamentali della nostra nazione, le sue culture, i suoi riflessi condizionati e i suoi vizi, le sue caste e le sue corporazioni, sono in pratica quelle di sempre, con la triste variante che si sono di fatto esaurite le risorse pubbliche che le sostenevano. La verità è che oggi l’ Italia è un paese costellato di rendite di posizione (trasversali ad ogni gruppo sociale), non più finanziabili e quindi sotto shock, ma ancora abbastanza coriacee da impedire ogni trasformazione positiva ed ogni dinamica sociale.

Si apre, per la sinistra una grande possibilità di prefigurare, dopo un ventennio, una nuova stagione ideale e politica.

Segnali inequivocabili si erano già manifestati negli ultimi mesi. Dalla grande, inedita, manifestazione delle donne, spontanea, libera da condizionamenti di partito, al ritrovato e rinnovato spirito nazionale che ha accompagnato le celebrazioni per i centocinquant’anni dell’unità italiana. Un colpo al leghismo diffuso sottovalutato da tutti i commentatori politici. In questa prospettiva appare chiaro che la Lega ha danneggiato il governo più di quanto il berlusconismo abbia danneggiato la Lega.

L’ esito del voto all’ interno del centrosinistra è sotto gli occhi di tutti: l’ansia sociale diffusa, unita ad un forte risentimento di massa ha prodotto un voto di grande e positivo cambiamento che poggia innanzitutto su una forte e comprensibilissima reazione emotiva. Di contro però dobbiamo registrare anche il versante in ombra di ciò che è accaduto. Il dato nuovo e inequivocabile è che sono state le prime elezioni extra politiche dell’ era moderna.

I firmatari di questo Manifesto credono dunque che sia urgente e necessario non perdere l’occasione per costruire, tutti insieme, un nuovo orizzonte politico della sinistra, nel quale i partiti e i movimenti possano ritrovarsi, prospettare un nuovo modello di sviluppo e di relazioni sociali per costruire assieme un’alternativa nella coscienza collettiva e nella composizione dei governi.

Per troppi anni una parte della sinistra ha confuso il riformismo con il moderatismo e la radicalità con obsolete posizioni ideologiche consumatesi in un passato ormai lontano. Occorre trovare un nuovo linguaggio e nuovo stile politico al riformismo, che si faccia carico della radicalità della crisi sociale, delle nuove tendenze e dei nuovi bisogni. Un riformismo che sappia essere vivo, attraente, coinvolgente, persino emozionante.

I firmatari di questo Manifesto ritengono necessario costruire un’idea di soggetto politico che gli elettori, partendo dalle esperienze maturate nelle specifiche realtà locali, hanno prefigurato nelle recenti elezioni; un movimento, una confederazione, se non un partito unico della sinistra italiana.

I firmatari di questo Manifesto ritengono intanto necessario definire più compiutamente il meccanismo delle primarie per quel che concerne l’elezione delle cariche istituzionali. ed estenderle alla scelta dei parlamentari ove mai non si riuscisse a riformare la vergognosa legge elettorale in vigore; e chiedono ai partiti, e a quelli della sinistra in particolare, di impegnarsi con tutte le energie disponibili perché questa legge venga abrogata e sostituita con un sistema largamente rappresentativo della nuova società italiana.

E’ il momento, dunque, di immaginare una sinistra che interpreti la libertà come una forza liberatrice e liberante, che offra l’opportunità di ampliare con tutti i mezzi e gli strumenti possibili la partecipazione democratica, la mobilità sociale, l’ingresso dei giovani nella società. Una sinistra che difenda la legalità come garanzia dei cittadini e come controllo delle istituzioni, non come controllo sociale o restrizione della creatività individuale. Una sinistra che tuteli ed amplii i diritti di tutte le minoranze svantaggiate che sono poi la maggioranza degli italiani. Una sinistra che affermi una reale e sostanziale parità fra i generi, non solo sul terreno dei diritti ma anche su quello del lavoro e della socialità. Una sinistra che opponga all’egoismo di una società cinica, una visione generosa e solidale, aperta delle relazioni umane. Libertà e socialità si guadagnano e si perdono assieme.

Le elezioni napoletane in particolare costituiscono in questo nuovo orizzonte della politica italiana una novità rilevante, che può diventare un riferimento esemplare, nel bene come nel male, di ciò che potrebbe accadere nel futuro del nostro Paese.

L’elezione di Luigi De Magistris, senza e contro i partiti, esemplifica perfettamente ciò che la tornata referendaria ha messo in luce a livello generale: che ci troviamo di fronte alla prima elezione extrapolitica o postpolitica d’Italia.

Il voto per De Magistris è stato un voto di rabbiosa protesta contro il governo nazionale di Berlusconi ma anche contro i governi locali di centrosinistra. E’ stato un voto di protesta e di speranza per i tanti cittadini che hanno subito, in questi anni, l’umiliazione del leghismo nazionale, la frustrazione dovuta alla crisi dei rifiuti, vissuta quasi come una maledizione biblica.

La grande speranza che l’inedita amministrazione napoletana alimenta non può e non deve essere delusa. Si fonda, per ora, su un rapporto quasi personale fra una parte della città e gli amministratori, mentre un’altra, vastissima, parte della città sembra essersi ritirata, delusa della politica. Mancano, allo stato, tutte le mediazioni tipiche di una democrazia parlamentare; quelle articolate mediazioni fra amministratori e società, incarnate tradizionalmente dai partiti, i sindacati, le associazioni di vario tipo e natura.

Il ruolo dei partiti, dei sindacati e delle associazioni rimane tuttavia decisivo, probabilmente irrinunciabile. Ma a Napoli la crisi dei partiti nazionali è esplosa in tutta la sua drammaticità. Doppia crisi: quella dei partiti del centro sinistra e quella generata dal declino nazionale del partito di Berlusconi e, ancor più, quella legata alla condizione locale, penalizzata dalla subalternità del Pdl alla Lega:una grande metropoli praticamente senza partiti. Anzi, con le ombre dei partiti, di ciò che di loro rimane, che si aggirano arroccate in difesa del piccolo potere acquisito.

I firmatari di questo Manifesto ritengono dunque necessario e urgente che a Napoli la politica si rivitalizzi: è urgente ricostruire dalle fondamenta i partiti della sinistra, ciò nell’interesse della città e della stessa amministrazione che la governa.

La condizione di eccezionalità in cui ci si trova non consente rinvii e risposte burocratiche. E’ indispensabile che si rimetta in movimento il vero confronto politico, si accolgano le istanze di partecipazione, si accresca il potere decisionale dei cittadini, si ricostruisca una reale e forte legittimazione politica.

Jospeh Stiglitz on why Greek Austerity is not the Answer

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PSI Lombardia: No al “Porcellum”, sul referendum il Psi con Passigli

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La crisi del liberismo di sinistra - micromega-online - micromega

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Peppe Giudice: SEL e i socialisti per la sinistra Melograno Rosso

Melograno Rosso

L’invito di Schulz a un piano d’azione unitario per l’Euro | EU Progress

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Eddyburg.it - Milano, il Leoncavallo, la Metropoli Europea

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Diamo a Marx la possibilità di salvare il mondo

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GIUNTA PISAPIA, EPPURE IL VENTO SOFFIA ANCORA « Andrea Riscassi

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AldoGiannuli.it » Archivio Blog » I limiti alla crescita e la crescita dei limiti

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martedì 13 settembre 2011

European Socialists call for Palestinian recognition at UN | Press Release Services - EurActiv.com

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Olaf Cramme: The Power of European Integration. Social Democracy In search of a purpose Policy Network - Publications

Policy Network - Publications

Cesaratto-Turci: nelMerito.com - QUALI SOLUZIONI ALLA CRISI?

nelMerito.com - QUALI SOLUZIONI ALLA CRISI?

The road to Europe: the political battles ahead | openDemocracy

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The road to Europe: the eclipse of reason and democracy | openDemocracy

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Di nuovo il New Labour? - qdR magazine

Di nuovo il New Labour? - qdR magazine

L'emergenza che non vediamo - Corriere della Sera#.Tm8XCxRggyk.facebook#.Tm8XCxRggyk.facebook

L'emergenza che non vediamo - Corriere della Sera#.Tm8XCxRggyk.facebook#.Tm8XCxRggyk.facebook

Giuseppe Giudice-Alessandro Porcelluzzi: Cile, Praga e dintorni

Paneacqua.eu: Cile, Praga e dintorni

domenica 11 settembre 2011

Felice Besostri: Documento presentato al CN del PSI, Bologna 10 settembre 2011

PSI CONSIGLIO NAZIONALE 10092011 BOLOGNA
Il Consiglio Nazionale del PSI
Considerato
-che la crisi economica e finanziaria, scoppiata nel 2008, è tuttora in corso e destinata ad aggravarsi, in quanto le ragioni che l‘hanno determinata, dalla finanziarizzazione dell’economia agli scarsi ed inefficienti controlli sui mercati finanziari e sull’emissione di titoli atipici, dalla progressiva riduzione del potere d’acquisto dei redditi da lavoro e professione rispetto a profitti e rendite (per di più fiscalmente avvantaggiati), dallo strapotere dei gruppi finanziari e dalle multinazionali rispetto a governi e parlamenti democraticamente legittimati;
-che gli squilibri di sviluppo tra le diverse aree del pianeta, la disoccupazione crescente anche nei paesi una volta più industrializzati, l’estensione di aree di guerra, carestia e disastro ambientale minacciano la pace, la stabilità delle istituzioni democratiche e la coesione sociale in misura, che rischia di diventare incontrollabile senza interventi coordinati a livello mondiale e nelle diverse are continentali per affrontare i problemi alla radice e con la priorità di ridurre le diseguaglianze e di consentire l’accesso universale almeno ai beni primari dell’acqua potabile, dell’istruzione di base e della salute;
che i vari vertici intergovernativi dai G7 ai G20 non sono stati capaci di elaborare una tale strategia e che le Nazioni Unite non hanno la struttura e le competenze necessarie per l governo dell’economia mondiale e che le istituzioni finanziari internazionali sfuggono ad ogni controllo democratico e non devono rispondere all’opinione pubblica mondiale, ma in primo luogo ai gruppi finanziari e ad alcuni governi, a loro volta condizionati, quando non prigionieri, degli stessi gruppi di potere finanziario e del complesso militar-industriale;
che l’impotenza è stata dimostrata dagli interventi a sostegno dei gruppi bancari ed assicurativi, spesso senza alcuna contropartita in termini di controllo e di eliminazione delle pratiche che hanno creato una bolla finanziaria con la produzioni di titoli, ora liquidati come “tossici”. In un circolo vizioso gli interventi a carico dell’erario si sono trasformati in deficit pubblici crescenti, che ora le stesse agenzie di rating, cieche di fronte alle cattive pratiche della banca e della finanza, assumono come criterio di valutazione dei debiti sovrani, provocando la crescita esponenziale degli interessi sul debito e il rischio che gli stati non possano pagare i loro debiti;
che le cure suggerite a livello internazionale e dalla BCE, di cui la manovra finanziaria italiana è figlia, non colpiscono chi si è arricchito a dismisura grazie ai titoli “tossici”, risparmia le transazioni puramente finanziarie, che cioè non hanno una base sottostante di investimenti o di scambio di merci o servizi, per tagliare le prestazioni a cominciare da quelle sociali, aggravare la pressione tributaria sui redditi da lavoro e pensioni senza colpire le fortune costruite anche grazie all’evasione fiscale e soprattutto senza misure per la crescita e l’aumento del potere d’acquisto degli strati popolari, senza le quali non potranno esserci risanamenti di bilancio ma un susseguirsi di tagli, che non colpiscono solo la spesa pubblica, ma la stessa esistenza delle istituzioni democratiche e rappresentative sub statuali;
-che un tale orientamento richiede un’opposizione politica e sindacale nei singoli paesi e a livello internazionale e per quanto ci riguarda nel quadro del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea e quest’ultima, se non si dota di un governo dell’economia e di una BCE funzionale ad una politica di sviluppo e di difesa dei debiti sovrani dalla speculazione finanziaria in uno spirito autenticamente federalista, è destinata a crisi ineluttabile e probabilmente irreversibile a partire da una crisi dell’Euro;
-che in una situazione, in cui problemi nazionali si intrecciano con quelli continentali e internazionali, la sinistra italiana, come dimostra anche la debolezza dell’opposizione alla manovra economica del governo, si trova totalmente inadeguata sotto i profili della cultura politica, del programma, nonché della struttura, considerando che da quest’ultimo punto di vista soltanto il piccolo PSI ha un rapporto di associazione con il PSE, dove si raggruppano le maggioritarie forze di sinistra e progressiste d’Europa;
-che il socialismo europeo, malgrado le sconfitte elettorali degli anni passati, resta il punto di riferimento principale per un’azione a livello europeo e nei singoli paesi resta tuttora la forza, spesso unica, di credibile alternativa ai governi di destra e conservatori. A partire dal Congresso di Praga del PSE ci soni segni di ripresa socialista in Germania in tutte le elezioni regionali a partire dal 2010 , in Francia, nelle regionali e per le prossime presidenziali e in Gran Bretagna la coalizione liberal-conservatrice è in affanno;
RITENUTO
-che per la sua storia e per la sua appartenenza all’Internazionale Socialista e al PSE, il PSI debba essere uno dei protagonisti per il rinnovamento e la ricostituzione di una sinistra in Italia, anche per superare, caso unico in Europa, la sua assenza dal Parlamento nazionale e da quello europeo con lo scopo di costruire, insieme con chi condivida l’obiettivo, una sinistra democratica, socialista, autonoma, laica, ambientalista, libertaria e europeista
DELIBERA
di approvare la proposta di convocare un’Assemblea Congressuale del Partito entro il 2011 per approfondire e arricchire con puntuali mozioni la proposta di rinnovamento e ricostituzione della sinistra con concrete proposte politiche, programmatiche ed organizzative, anche con l’apporto di forze e personalità socialiste non iscritte;
di stabilire che un congresso straordinario debba comunque essere convocato prima di eventuali elezioni anticipate rispetto al 2013 per definire una collocazione elettorale coerente con la missione che si è assegnato.
Felice Besostri
Patrizia Virdis
Raffaele Vilonna

Paneacqua.eu: I due "Avanti!"

Paneacqua.eu: I due "Avanti!"

Paneacqua.eu: BCE, bufera Stark

Paneacqua.eu: BCE, bufera Stark

Bozza dichiarazione di princìpi PSE

06 September 2011
PES Declaration of principles
Draft working document
The socialist and social democratic movement has long fought to build a good life for all.
We are proud of what we have achieved for people. The welfare state, universal education and
health care lifted millions out of poverty and created more equal, just and secure societies. Our
movement continues to aspire to be, as it always has, a force for transformation. We work
together with the people and our progressive partners for a better, more secure future for all.
However powerful, the past cannot be changed, but the future can be shaped as it is always in
the making. We have done it before and we can do it again in the 21st century. This is a matter of
political choice.
Our movement stands for freedom, equality, solidarity and social and environmental
justice. Our fundamental values are universal. They are interlinked. And their true expression
requires democracy. We stand for freedom in society as opposed to freedom from society and at
the expense of others, for equality, not egalitarianism, for solidarity as opposed to charity and for
social and environmental justice, not pity.
Together, our values form our moral compass with which we fight to build progressive
societies. These are societies in which individuals do not struggle against each other but work
together for the benefit of all. These are thriving, trustworthy societies which take care of their
environment now and for the future. These are societies in which each and every person is able
to create the conditions for his or her emancipation.
Today, our values are being challenged. People, money, goods, information and ideas travel
around incessantly in an open world. But the reality of globalization has also led to a sense of
accelerated and fragmented living. In this world, underestimated economic forces such as
financial markets have gained huge amounts of power over democratic power. These forces do
not serve the common interests but only those of a privileged few. Short-termism, easy profits and
loose rules triggered the worst crisis in eighty years. Conservative forces, however, continue to
work to preserve the system as it is, cementing inequalities. We shall not give in to the message
of pessimism. We shall not let them target communities and people as scapegoats for the ills in
societies. Instead, we shall make the future in societies a better place for all.
Our principles for action
1. A democratic society means that democratic power prevails in all areas of life. It means that
citizens are able to decide, not only to choose. Democracy must be pluralistic, truly
representative of society’s diversity and enable everyone to participate, with an open public
sphere and an independent media. The freedom of speech that exists in the physical world
must also exist in the virtual world.
2. Democratic power requires a strong public authority at local, regional, national and
European level. It preserves the public good, guarantees the common interest and promotes
justice and solidarity in society. Public authority must be exercised according to principles of
good governance, the rule of law and accountability.
3. Internationalism means our action is outward looking. Our solidarity goes beyond national
borders. In today’s world, long lasting prosperity, stability and peace requires effective
coordination as equals.
4. Giving back a real meaning, a real value and a real continuity to work in life is central to
ensuring people’s emancipation. Work is our keystone to enable people to be the designers of
their future and develop a sense of pride in society.
5. A society based on our values means a new economy that embodies them. In a valuesdriven
economy, environmental sustainability, human dignity and well being are inbuilt into
wealth creation. This new economy fosters social progress.
6. Sustainability means lasting solidarity and justice for the future. It safeguards the planet and
people against short-termism. It means we preserve the planet, protect the elderly and invest
in youth to ensure intergenerational solidarity.
7. A strong and just society is one that instills confidence and inspires trust. To guarantee this
trust and confidence, we must ensure that the wealth generated by all is shared fairly. This
collective responsibility embodies our conviction that we are stronger when we work together.
8. Progressive societies can only be truly inclusive. An inclusive society does not single out
targets. Rather it embraces its diversity. This means the same dignity and freedom for all men
and women and equal access to rights, education, culture and public services.
9. We fight for a society that recognizes gender equality in full legacy of the feminist movement.
We want a society in which women and men share work, share time and share roles, in the
public and private realms.
10. Our shared pride in society guarantees our shared security. A free, peaceful and just society
is one in which people are safe as they go about their lives.
We want to shape the future so that people regain control over their lives. In order to achieve
progressive societies in the 21st century with our values at their heart, we need to adapt our action
to the realities of today’s world according to three axes for change. We must create a new idea of
richness that is much bigger than material wealth. We can only talk of society in so far as we
formulate it for everyone. And we must be open and develop policy across the frontiers in Europe
to regain lasting power at all levels.
In a world more multi-polar and interconnected than ever before, we need a new type of
political action bringing together local, regional, national, European and international levels. To
achieve effective democratic sovereignty today, the national level must be articulated with the
European level.
A unified voice that is truly political is needed in Europe. A unified action by socialist, social
democratic and labour parties across the European Union and progressive partners within civil
society and trade unions is required. The Party of European Socialists embodies these principles
for action. Together we will continue our political struggle in Europe for progressive societies in
the 21st century.