martedì 27 gennaio 2009

Macaluso: La questione sindacale va oltre la CGIL

da La Stampa

27/1/2009

La questione sindacale
va oltre la Cgil





EMANUELE MACALUSO

Epifani non firma il testo che sancisce l’accordo sulla contrattazione, elaborato e sottoscritto da Confindustria, Cisl, Uil e tante altre sigle, con l’avallo del governo, e si scatena una pioggia di accuse che investe non solo il segretario ma anche la Cgil e la sua storia. Sabato scorso Giovanni Sartori, eminente studioso dei sistemi politici, concludeva un suo editoriale sul Corriere della Sera con queste parole: «Abbiamo ancora un sindacalismo invecchiato che nella Cgil non dimentica le sue origini barricadiera e comuniste». Caro professore, la Cgil di Di Vittorio, nel dopoguerra e successivamente quella di Novella, Lama e Trentin, con i socialisti, da Fernando Santi sino a Del Turco, non è stata mai «barricadiera» ma riformista

Nel 1949 la Cgil propose il Piano di Lavoro con un netto impianto keynesiano. Nello stesso anno, Di Vittorio, in un suo discorso rivolto ai braccianti pugliesi (con salari da fame) impegnati nella lotta per il contratto disse che se si concordavano investimenti per apportare significative migliorie agrarie, i lavoratori potevano rinunciare a una parte della retribuzione. In quegli anni, Di Vittorio, sulla Cassa del Mezzogiorno assunse una posizione diversa da quella del Pci: basta leggere la sua polemica con Amendola. Potrei ricordare altri episodi che testimoniano la vocazione riformista della Cgil. Anche il contrasto con Craxi sul taglio della scala mobile, Lama lo resse con moderazione rispetto allo scontro tra Berlinguer e Craxi.

La Cgil non fu comunista nel 1956 quando sulla rivoluzione ungherese assunse una posizione che contraddiceva quella del Pci di Togliatti. E Lama, diversamente dal Pci di Berlinguer, diede un giudizio positivo su Craxi presidente del Consiglio. E nel 1972-73 Trentin firmò, con Giuliano Amato e Ciampi presidenti del Consiglio, l’accordo sulla contrattazione con la netta opposizione del Pds di Occhetto.

Quell’accordo fu firmato nel periodo in cui maturava la crisi politica che con Tangentopoli avrebbe travolto i vecchi partiti, ma con essi non travolse il sindacato. Infatti, è vero che la Cgil aveva come partito di riferimento il Pci, poi Pds, la Cisl la Dc e la Uil il Psi, ma non erano, come si usa dire, cinghie di trasmissione di quei partiti. Mantennero una loro autonomia, anche nella selezione del quadro dirigente. Tuttavia, il sindacato nel suo complesso in questi anni di transizione senza sbocco non è stato in grado di rinnovarsi, di unificarsi, di riproporsi come soggetto della contrattazione e anche come interprete di interessi generali, come vuole la tradizione confederale del sindacato italiano. Su questo Sartori ha ragione.

È prevalsa la sopravvivenza burocratica e una ripetitività di comportamenti che ricordano quelli degli anni in cui c’erano grandi partiti la cui iniziativa politica e di massa incideva anche sugli assetti sociali. Insomma, il sindacato avrebbe dovuto riproporre il suo ruolo nel nuovo sistema politico che non è certo quello degli Anni Cinquanta, caratterizzati anche dalla rottura e concorrenzialità sindacale. Ecco perché quel che emerge dalla seduta di Palazzo Chigi, dove si è firmato (solo firmato) il documento sulla contrattazione, non è il «caso» Epifani-Cgil che non firma. Emerge invece una questione dei sindacati nel loro complesso che appaiono, come negli Anni 50, schierati o col governo o con l’opposizione.

Non è, quindi, la Cgil isolata, ma il sindacato appare subalterno al governo o a forze politiche che non sono più nemmeno i grandi partiti di massa. E il Pd si è diviso tra chi sostiene i firmatari e chi no. In questo quadro, con una crisi economica che tende ad aggravarsi e a fare pagare il conto ai più deboli, il sindacato diviso non avrà ruolo autonomo e forte, in grado di difendere i lavoratori e interpretare l’interesse generale. E quel che invece capirono i dirigenti del sindacato negli anni in cui prevalse l’unità tra il ’60 e il ’70, e anche dopo la crisi di quella unità verificatasi sul decreto Craxi per la scala mobile. Lo capiranno i dirigenti sindacali di oggi? Purtroppo ne dubito.

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