giovedì 31 maggio 2018

Fratoianni (Si): «Il Fronte repubblicano? Non ci arruoleremo in difesa dell’establishment» - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

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Symbolic Growth And Stagnant Wages • Social Europe

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Il piano di Bernie Sanders per la salute pubblica | Left

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Bankitalia, Europa e mainstream - SOLDI E POTERE - Blog - Repubblica.it

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Il Pd vuole uscire dalla crisi creando il 'fronte repubblicano'. Ma è un rischio - Il Fatto Quotidiano

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Melenchon: “Berlino fatica a formare il governo italiano”. Varoufakis: “Mattarella ha fatto un regalo all’estrema destra” - micromega-online - micromega

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Come la Lega ci porterebbe fuori dall’euro e con quali conseguenze - micromega-online - micromega

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Perché con la sfiducia a Rajoy la Spagna può crollare come l'Italia - Lettera43.it

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“I mercati non possono stare al di sopra della Costituzione” - Eddyburg.it

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What Italy’s Crisis Means for Europe by Lucrezia Reichlin - Project Syndicate

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Brancaccio: “Ecco come fermare la dittatura dello spread e l'attacco dei mercati” - micromega-online - micromega

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Jeremy Corbyn’s Labour vs. the Single Market

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“Atatürk addio. Come Erdoğan ha cambiato la Turchia” di Marco Guidi - Pandora Pandora

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Harakiri, Italian Style • Social Europe

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Il capo dello stato non ha il diritto all’ossequio - Eddyburg.it

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Populismo in Europa. La socialdemocrazia deve rinnovarsi – L'Argine

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E invece si deve stare con il Colle « gianfrancopasquino

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martedì 29 maggio 2018

Tra Mattarella, Salvini e i tedeschi: si può uscirne a sinistra? - micromega-online - micromega

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Spagna, il governo Rajoy al capolinea per lo scandalo corruzione nel Pp - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

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Un’inammissibile offensiva oltre la carta « gianfrancopasquino

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Dalla crisi politica alla crisi costituzionale - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

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How Brexit Will Affect Germany’s Role In The EU

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Produttività, cambiamento strutturale e riforme sbagliate | Economia e Politica

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Anna Falcone: No all'Europa della finanza e contro questa destra cialtrona - nuovAtlantide.org

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Né con Mattarella né con Salvini. Serve un terzo spazio - micromega-online - micromega

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Is Corbyn the Future of the Left?

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Carlo Clericetti: Eurodisastro

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Marc Lazar: «En Italie, une véritable attaque contre les institutions» - Libération

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Luciano Belli Paci: Non è la mia crociata

NON E’ LA MIA CROCIATA Come tutti ricevo in queste ore molte cartoline precetto. Dovrei stringermi a Mattarella, arruolandomi nella nuova union sacrée che si appresta a schierarsi contro le orde barbariche. Rispetto il Presidente, sono solidale con lui di fronte a demenziali richieste di impeachment e ad attacchi incivili. Ma non mi arruolo. Un conto è riconoscere che il potere che il Presidente ha esercitato rientra nei limiti della Costituzione, altro conto è sostenere che lo abbia esercitato bene. Se Salvini cercava solo un pretesto per andare al voto, era un buon motivo per non darglielo. E Savona era proprio il pretesto più sbagliato che gli si potesse offrire. Uno dei pochi ministri di alta qualità e con robuste credenziali democratiche. Le sue tesi sull’Europa saranno eterodosse nell’establishment, ma al 90 % dell’opinione pubblica appaiono di semplice buon senso. Ed è uno strano modo di difendere il risparmio delle famiglie quello di aprire una crisi istituzionale mai vista, mandando allo sbaraglio un governo di minoranza, dando luogo a mesi di instabilità e portando ad elezioni ravvicinate che con ogni probabilità vedranno un enorme rafforzamento dei partiti considerati antisistema. Davvero tutto ciò rassicurerà le borse e raffredderà lo spread ? Ma veniamo al punto dolente: l’europeismo. Basta chiacchiere e distintivo. Chi veramente vuole salvare l’Unione Europea non può difendere l’indifendibile, ma deve agire per ottenere in tempi rapidi un suo profondo cambiamento. Non si tratta solo di forzare la gabbia dei vincoli che, vietando politiche keynesiane, prolungano all’infinito la recessione ed accrescono il divario tra le economie forti e quelle deboli. C’è ben altro. L’avventura europeista, che era (e sarebbe ancora) bella e nobile, si è arenata in una palude mortifera. Da un lato il culto idolatrico del Mercato, la moneta unica e i famosi parametri privano gli Stati nazionali di ogni reale possibilità di fare politiche industriali (“aiuti di stato” !) e di fronteggiare l’impoverimento di larghi strati della popolazione ed il collasso della coesione sociale; dall’altro lato la mancanza di unione fiscale e nella regolamentazione del lavoro fa sì che su entrambi questi terreni si produca una concorrenza al ribasso tra gli Stati membri. Una gara a smantellare il welfare state per abbassare le tasse ed attirare capitali, e a ridurre salari e diritti per attirare le imprese che delocalizzano. Questo micidiale cocktail non soltanto esaspera, anziché governarli, tutti gli squilibri prodotti dalla globalizzazione, ma a ben vedere produce un vero e proprio ecosistema incompatibile con la vita della sinistra. Di qualunque sinistra, dalla più moderata e responsabile alla più radicale. Dunque c’è un solo modo - per chi è di sinistra e vuole ancora battersi per la giustizia sociale - di salvare al tempo stesso l’Europa dal suicidio e la sinistra dall’estinzione (difficile prevedere quale arriverà prima): battersi per bonificare urgentemente quell’ecosistema avvelenato, per costruire un’altra Europa. Invece, la crociata dell’establishment per la difesa a oltranza dell’ordine europeo costituito a me pare palesemente perdente e, comunque, non è la mia crociata.

lunedì 28 maggio 2018

Euro e Welfare, le nuove faglie della battaglia politica - Senso Comune

Euro e Welfare, le nuove faglie della battaglia politica - Senso Comune

Una pesante crisi istituzionale figlia anche dell’incompiutezza dell’Ue - Eunews

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The Five Star Movement And The Rise Of ‘Techno-Populist’ Parties

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Eurointelligence sulla decisione di Mattarella: bentornati nella Germania di Weimar | Vocidallestero

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La rivista il Mulino: Il presidente garante

La rivista il Mulino: Il presidente garante

Mattarella in stato d’accusa? Non diciamo fesserie.

Mattarella in stato d’accusa? Non diciamo fesserie.

La rivista il Mulino: Dublino, 28/5/2018

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Carlo Galli: L’Italia instabile e bloccata

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Governo M5s-Lega: perché la loro ricetta economica è un'utopia - Lettera43.it

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Un errore sbarrare Palazzo Chigi a Paolo Savona | il manifesto

Un errore sbarrare Palazzo Chigi a Paolo Savona | il manifesto

Franco Astengo: La concezione della politica

LA CONCEZIONE DELLA POLITICA di Franco Astengo Dedicato alle vicende politiche dell’oggi, allo scenario che si presenta, sempre con un pensiero rivolto alla memoria: “ Fare della politica significa agire per trasformare il mondo. Nella politica è quindi contenuta tutta la filosofia reale di ognuno, nella politica sta la sostanza della storia e, per il singolo che è giunto alla coscienza critica della realtà e del compito che gli spetta nella lotta per il trasformarla, sta anche la sostanza della sua vita morale”. “ Palmiro Togliatti appunti“Studi gramsciani.Atti del convegno di Roma, 11-13 gennaio 1958” Roma, Editori Riuniti 1958”. Questa frase racchiude l’essenza delle motivazioni che appartenevano alla volontà generale dell’agire politico nel tempo delle ideologie e delle grandi formazioni di masse e vale ancora la pena, almeno per chi scrive, rappresentarla non come semplice (pur indispensabile) esercizio della memoria. Si tratta di temi da meditare. Certo non tutto era rose e fiori, le contraddizioni non mancavano e non sono mai venute meno: contraddizioni dure tra il quotidiano e la prospettiva; tra l’essere e il divenire nello spazio tra la ragione e la volontà. Contraddizioni che sono state affrontate e, in certi casi, non superate. Abbiamo vissuto davvero momenti ben più drammatici di quelli odierni: tra il 1950 e il 1960 la polizia sparava spesso sugli operai in sciopero e i contadini che occupavano le terre: Melissa, Montescaglioso,Modena fino a Reggio Emilia restano indelebili nella nostra memoria di allora, giovani militanti, e di oggi. La svolta si verificò con la classe operaia in campo e la cacciata, dalla piazza, di un governo democristiano appoggiato dai fascisti. Oggi la situazione si presenta completamente ribaltata. E’ bene ricordare che affrontiamo questa difficile situazione dell’oggi al di fuori dalla possibilità di essere presenti sul serio nella dinamica politica, sovrastati e schiacciati da motivazioni strumentalmente opposte che non ci appartengono, non stanno nella nostra storia internazionalista e di solidarietà di classe. In questi anni ci si è ostinatamente rifiutati di ascoltare chi chiedeva di ripensare alla possibilità di costruzione di una soggettività politica fondata sull’evidente allargamento dell’ antica e mai tramontata” contraddizione principale”, sul tema del rapporto tra lavoro e sfruttamento dentro ad un’egemonia capitalistica sempre più vorace. Ha prevalso, in gruppi dirigenti improvvisati il corporativismo di una politica per se medesimi, utilizzata come strumento per soddisfare la bramosia di un presenzialismo rivelatosi inutile e dannoso, cedendo sui principi fondamentali, concedendo spazio allo sgretolarsi di una società sempre più individualistica alla quale non si è contrapposto seriamente alcun modello di nuova integrazione di massa, rinunciando alla necessaria organicità nel rapporto tra politica e cultura. Si è fatto a meno dell’autonomia di pensiero, di organizzazione, di azione per seguire il flusso dell’eterno presente imposto dalla vanità del rispecchiarsi dei mezzi di comunicazione il cui utilizzo è diventato un fine. E’ stato questo l’elemento con il quale non si sono fatti i conti e, forse, è ormai tardi per cominciare.

Renewal | Martin O’Neill, Joe Guinan | The Institutional Turn: Labour’s new political economy

Renewal | Martin O’Neill, Joe Guinan | The Institutional Turn: Labour’s new political economy

domenica 27 maggio 2018

Liberi e Uguali diventa partito. Grasso: "Alternativa è scissione dell'atomo". No di Possibile: "Le abbiamo sbagliate tutte" - Il Fatto Quotidiano

Liberi e Uguali diventa partito. Grasso: "Alternativa è scissione dell'atomo". No di Possibile: "Le abbiamo sbagliate tutte" - Il Fatto Quotidiano

Corbyn and the Manchester speech | Red Pepper

Corbyn and the Manchester speech | Red Pepper

Spagna, i giudici mettono in crisi il governo Rajoy, sfiducia del Psoe - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

Spagna, i giudici mettono in crisi il governo Rajoy, sfiducia del Psoe - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

Perché i lavoratori votano a destra? Classe, identità, cultura di Àngel Ferrero – Dalla parte del torto

Perché i lavoratori votano a destra? Classe, identità, cultura di Àngel Ferrero – Dalla parte del torto

Franco Astengo: Considerazioni sulla formazione del governo

CONSIDERAZIONI SULLA FORMAZIONE DEL GOVERNO (26 maggio 2018) di Franco Astengo Per il tramite del compagno socialista Bellavita di Torino è stato diffusa tra alcuni suoi abituali interlocutori un’approfondita analisi svolta dall’Istituto Cattaneo attorno ai contenuti sui quali si sta sviluppando la fase di formazione del governo dopo le elezioni del 4 marzo 2018. Di seguito se ne trasmette una sintesi, curata dallo scrivente. Dalla lettura di questo testo mi sono permesso di trarre alcune considerazioni rivolte, prima di tutto, a svelare il “retroscena” di questa fase politicamente convulsa ed esposta (come accade quasi sempre) dai media soltanto dal punto di vista della scena. La prima convinzione che ho maturato è quella che il presunto conflitto con il presidente Mattarella sulla titolarità del ministero dell’economia non risulti così centrale come – a prima vista – potrebbe apparire:anzi. Lo scontro, infatti, vede di fronte direttamente le due forze politiche contraenti il cosiddetto “patto di governo” attorno al nodo della collocazione europea. La Lega, infatti, sta lavorando per riequilibrare il vantaggio che, in questo senso, il M5S ha accumulato spostando l’asse di riferimento in una posizione apparentemente di minor carico euroscettico. Non è escluso che, valutato il peso elettorale delle posizioni insofferenti verso l’Unione Europea, la Lega non pensi a trarne un beneficio immediato o quasi dal punto di vista elettorale. In ogni caso questo del tasso di più o meno apparente euroscetticismo appare essere il vero oggetto del contendere che potrebbe mettere in discussione la formazione del governo: esito che in questo momento non può essere comunque pronosticato con certezza. Più certo appare lo scontro tra i grandi centri del potere finanziario anche europeo ed i temi del fisco e del welfare così come questi sono stati impostati nel contratto di governo. In questo senso appare molto più significativo il confronto su temi del welfare (impostati beninteso con tratti quasi “classici” da destra sociale indi populisti, si pensi al reddito di cittadinanza. Provvedimento promesso che poi sarà sicuramente smentito nella pratica, così come è già apparso in alcune messe a punto elaborate nel corso della fase post - elettorale) al confronto / scontro sul “sì euro / no euro. E’ l’idea di allargamento dei cordoni della borsa per flat – tax, Fornero, reddito di cittadinanza (beninteso tutti titoli nominalistici dietro ai quali non si cela ancora alcun progetto organico) che sta provocando l’apparente sconquasso in corso. Senza contare che , attorno a questa esagerata verbosità e a questo sciupio d’inchiostro da stampa,sicuramente c’è chi gioca alla tosatura delle pecore dentro il recinto di borsa, come sta avvenendo da diversi giorni, ed anche questo è un elemento da sottovalutare. Chiudo ricordando come il ruolo del professor Conte, come quello (diverso, ovviamente, probabilmente anche come esito immediato) del professor Savona sia di pura e semplice esternazione di vanità. Tralascio possibili considerazioni sul PD e Forza Italia per non appesantire il discorso e non apparire, come del resto non era mia intenzione, dedito semplicemente al “retroscena”. Per una possibile opposizione di sinistra la questione centrale è quella di una ricostruzione d’identità e di radicamento sociale( e non certo di disordinata rincorsa sui temi) raccolta attorno a tre questioni: la Costituzione, il lavoro, la capacità di rappresentazione immediata dei bisogni sociali emergenti. Ecco di seguito la sintesi dell’analisi dell’Istituto Cattaneo. Chi ha vinto la partita del governo? La prova del governo rende più concreti i programmi dei partiti La Lega cede sull’Europa, il M5s cede sui diritti Il welfare è stato il terreno di incontro tra i due partiti Il governo M5s - Lega è “eccezionale”, ma non è quello più “di destra” Dopo 74 giorni dalla data delle elezioni, i due partiti semi-vincitori delle elezioni politiche del 4 marzo–Movimento 5 stelle (M5s) e Lega– hanno sottoscritto un “contratto di governo” per la XVIII legislatura. Molti analisti e commentatori si sono concentrati sulla natura e sul contenuto del “contratto” stipulato dai leader dei due partiti, Di Maio e Salvini, anche per cercare di capire chi abbia ottenuto il maggiore successo in termini di proposte politiche effettivamente incluse nel programma. Tra le stesse forze politiche c’è stato chi ha definito l’eventuale governo composto dal M5s e Lega come “il governo più a destra della storia repubblicana”. Tutte queste definizioni si sono basate più su impressioni personali che non su analisi puntuali dei documenti programmatici elaborati dai partiti. Per cercare di colmare questa lacuna, l’Istituto Cattaneo ha analizzato sia i singoli programmi preparati da M5s e Lega in vista del voto del 4 marzo, sia il testo del loro “contratto per il governo del cambiamento”. In questo modo, è possibile stabilire quanto il contratto stipulato tra le due forze politiche si sia discostato dai loro programmi elettorali e quale sia la collocazione politica – o il “colore”– del governo cosiddetto “giallo - verde”. Il primo dato che viene esaminato riguarda la concretezza dei diversi programmi – elettorali o di governo. In particolare, ci siamo chiesti se i testi programmatici contengono (e in che misura) proposte di policy sufficientemente circostanziate, e dunque “verificabili” oppure se al loro interno prevalgono dichiarazioni generali di principio su obiettivi da perseguire durante il mandato. Nei programmi elettorali che nel contratto di governo tra M5s e Lega prevalgono le dichiarazioni generali su finalità da perseguire piuttosto che precise proposte. Lo studio si basa su un’analisi del contenuto dei programmi elettorali dei principali partiti italiani, esaminando le proposizioni politiche presenti al suo interno. Nello specifico, seguendo le linee guida di un programma di ricerca internazionale (Comparative Manifesto Project : https://manifesto project.wzb.eu/), abbiamo analizzato e codificato tutte le quasi – sentences , ovvero le unità lessicali che esprimono un singolo concetto politico, contenute nei testi programmatici dei partiti. Una precedente analisi dell’Istituto Cattaneo sui programmi dei partiti nelle elezioni del 4 marzo si trova a questo indirizzo: http://www.cattaneo.org/wp -content/uploads/2018/02/Analisi – Istituto –Cattaneo Analisi – dei – programmi – elezioni – 2018. In questo modo si osserva chiaramente che nel passaggio dalle promesse elettorali alle soluzioni di governo diminuiscono – di circa 20 punti percentuali – le affermazioni generali e aumentano le proposte politiche più concrete e “verificabili”. La prospettiva del governo rende, dunque, meno vaghi e astratti gli impegni dei partiti. Se ci concentriamo esclusivamente sul testo del “contratto” di governo, possiamo vedere comunque che esistono differenze sul livello di “concretezza” delle proposte politiche in base ai settori nei quali s’intende intervenire. Ad esempio, le proposte politiche più concrete contenute nel “contratto” tra M5s e Lega si trovano nel settore definito “legge e ordine”, vale a dire sulle questioni della sicurezza , del controllo dell’immigrazione e dell’inasprimento delle pene per determinati reati. In questo contesto, le proposte politiche (44,1%) prevalgono sulle affermazioni di principio (55,9%). Qui è maggiormente evidente il contributo programmatico derivante dalle posizioni “securitarie” promosse dalla Lega, che sono confluite direttamente nel contratto per il governo e sulle quali sarà più facile, per gli elettori, valutare l’effettivo mantenimento delle promesse. Anche per quel che riguarda l’approccio nei confronti dell’Unione Europea e del processo d’integrazione sovranazionale si assiste a un modesto ma significativo, spostamento nelle posizioni dei partiti che stanno cercando in questi giorni di formare il governo. Infatti, rispetto ai loro programmi elettorali caratterizzati da una forte impostazione euroscettica , il “contratto” di governo diluisce e modera i toni di più accesso euroscetticismo . È probabile che, su quest’aspetto, abbia pesato sia la moral suasion esercitata dal Presidente della Repubblica sia il nuovo tentativo di riposizionamento del M5s nei confronti dell’UE, in chiave meno critica rispetto al passato. Ad ogni modo, questa collocazione –più eurocritica che euroscettica – dell’eventuale governo sembra segnare una vittoria del M5s sulla Lega , che aveva condotto una campagna elettorale molto più, “sovranista” rispetto ai cinquestelle. In sintesi, nella trattativa tra Lega e M5s per la formazione del governo i due partiti contraenti hanno dovuto fare concessioni al partner -alleato. Come messo in evidenza, Salvini ha dovuto in parte cedere sulle questioni europee, “annacquando” le posizioni più fortemente euroscettiche, mentre Di Maio ha completamente abbandonato ogni interesse per le questioni legate ai diritti civili . Entrambi hanno però trovato un terreno di accordo nel settore dove maggiormente si concentra la spesa pubblica, cioè nello Stato sociale e nelle misure di welfare.

sabato 26 maggio 2018

Contratto di governo M5S-Lega

Contratto di governo M5S-Lega

Muri e muretti: la “legittimazione a governare” fra Prima e Seconda Repubblica

Muri e muretti: la “legittimazione a governare” fra Prima e Seconda Repubblica

The world according to Corbyn | Prospect Magazine

The world according to Corbyn | Prospect Magazine

Paolo Bagnoli: San Gennaro e padre Pio

"SAN GENNARO E PADRE PIO"di Paolo Bagnoli 25-05-2018 - EDITORIALE X CLOSE I santi hanno fatto, alla fine, la grazia. La devozione di Luigi Di Maio a San Gennaro e quella di Giuseppe Conte a Padre Pio ha vigilato sull´intesa tra grillini e leghisti. Possiamo dire di non essere stati smentiti: siamo ancora, sicuramente, un popolo di santi; in quanto agli eroi e navigatori non sapremmo dire. L´incontro tra i 5 Stelle e la Lega consegna l´Italia alla destra. Si tratta, però, di un qualcosa di diverso rispetto alle passate esperienze di governo del centrodestra. Infatti, questa volta, agiscono e interagiscono due fattori nuovi particolarmente rilevanti rappresentati dal non tanto recondito disegno leghista e dalla dimostrata inaffidabilità dei grillini il cui vuoto di consapevolezza istituzionale ha trovato nella bramosia di Salvini per il governo una sponda non solo di tenuta, ma di probabile espansione. Da un lungo e irrituale post-voto è emersa un´avventura che non può non destare preoccupazione. Infatti, se l´improbabilità politica dei 5 Stelle rende difficile comprendere nel concreto l´esito del loro operare e del loro futuro, non così è per la Lega la quale, divenuta oramai partito nazionale, punta chiaramente a divenire una forza di destra strutturata. Vedere che il suo leader indossa la felpa di Casapound e che nelle liste verdi si accettano candidati di tale formazione, è un messaggio che parla da solo. Salvini, al quale non manca né furbizia né capacità tattica, dopo la riabilitazione di Silvio Berlusconi, ha accelerato i tempi a costo di rompere quel centro-destra messo in piedi con Forza Italia e Fratelli d´Italia poiché, tornare a breve alle elezioni con un Berlusconi sulla scena politico-elettorale in prima persona, qualche problema, nonostante la crisi di Forza Italia, avrebbe sicuramente potuto crearglielo. Così, se l´assorbimento dei forzisti fino a qualche tempo fa sembrava nelle cose, ora appare un´operazione un po´ più complessa. Salvini se potrà, in via ipotetica naturalmente, lucrare non più di tanto sui berlusconiani, sicuramente lo potrà di più sui 5Stelle ove, essendoci tutto e il contrario di tutto, le contraddizioni che l´azione governativa sicuramente porterà allo scoperto, nella sua parte più a destra, farà convergere verso di lui non pochi consensi. Il risultato della Valle d´Aosta è rivelatore. Oltretutto, come questi lunghi e tristi giorni hanno dimostrato, i grillini non sembrano essere pronti alla prova del governo essendo palesemente emerso il vuoto di cultura politica e pure il senso concreto di cosa significhi governare uno Stato difficile quale quello italiano in un momento particolarmente delicato in cui si trova l´Italia da qualunque lato la si consideri, in primo luogo quello economico. E´ prevedibile che Salvini prenderà presto il sopravvento e, passo dopo passo, nascerà una destra muscolare, antieuropea, populista e demagogica al contempo, pronta a eludere ogni correttezza istituzionale pur di affermare la propria funzione sovranista. Il disegno, tra l´altro, è favorito dal solipsismo dei grillini che sono costituzionalmente sovranisti di se stessi essendo del tutto alieni al confronto e all´intesa politica e anche allo scontro che intendono e praticano nei termini plebei di un´arroganza che sfiora i limiti della volgarità: Grillo docet. Si potrebbe dire, con amara ironia che, essendo quasi una questione privata tra i due leader della maggioranza, aver indicato per la Presidenza del consiglio un docente di diritto privato, se pur con il curriculum un po´ pasticciato, suona come una scelta azzeccata. I germi di tutto ciò stanno nei fatti di questi giorni. Siamo a un nuovo capitolo della lunga crisi post Tangentopoli: quello della politica come mero fatto tecnico. Intanto, invece, di stendere un programma di governo si redige un "contratto" – termine prettamente notarile – per andare al governo: uno strumento di servizio per arrivare a Palazzo Chigi. Qui, se poi si dovesse registrare un disaccordo, si rimedia con un "comitato di conciliazione". In una situazione normale, se ne dovrebbe discutere nella sede del consiglio dei ministri, ma anche questo appare alla stregua di un organo di servizio per i fini privatistici dei contraenti il contratto. Al professor Conte spetta un mero compito di esecutore. Nell´ andazzo - lo diciamo con tutto il rispetto convinto e dovuto - anche il Presidente della Repubblica rischia di apparire come un esecutore. A nostro avviso siamo in pieno vulnus costituzionale; il percorso della costruzione del programma di governo, infatti, spetta al presidente incaricato, ma anche qui tutto è stato ridotto a mero fatto tecnico. Sicuramente la Costituzione è chiara in proposito; ma di ciò non se ne cale nessuno. Il presidente Mattarella oltre al tanto tempo elargito poteva darne altro a Salvini e a Di Maio: quello per leggere e meditare la Costituzione! Tanti si interrogano su quanto possa durare il governo giallo-verde. E´da prevedere, fatti salvi imprevisti che in politica ci sono sempre, che essendoci una grossa fetta di nomine da spartirsi, non si vorrà perdere l´occasione. Se poi il governo dovesse arrivare al 2022, non dimentichiamoci che in quell´anno dovrà essere eletto il successore di Mattarella. Insomma: piatto ricco, mi ci ficco. In politica i passaggi ad alta criticità sono contraddistinti sempre da tanta confusione e vistose anomalie. Quella più vistosa è rappresentata dal Pd, perdente e anestetizzato da Matteo Renzi. Rinunciando a giocare qualsiasi ruolo – lasciamo stare i proclami di queste ore che sanno di opaca pateticità – per irrisolvibili beghe di convivenza interna, hanno oggettivamente favorito la presa di campo della destra. E´una regola elementare della democrazia parlamentare che una forza di opposizione cerchi di operare per impedire agli avversari di realizzare il proprio disegno; di più dovrebbe esserlo per un soggetto che si dichiara di sinistra a fronte di una destra veramente tale e in crescita. L´occasione per giocare un ruolo si era presentata quando la rottura tra Salvini e Di Maio sembrava cosa fatta, forse un serrato confronto con i 5Stelle non avrebbe portato alla nascita di un governo, ma sicuramente sarebbe servito a far scoppiare tante contraddizioni e, probabilmente, avrebbe pure impedito che si giungesse a questo punto. Di Maio ha detto che loro stavano scrivendo la storia; è vero, si è solo dimenticato di dire "una brutta storia" da cui certo il Pd non è fuori.

venerdì 25 maggio 2018

Uscire dall'austerità? Si può. Intervista a Sergio Cesaratto - Senso Comune

Uscire dall'austerità? Si può. Intervista a Sergio Cesaratto - Senso Comune

Sentenza della Consulta: incostituzionali i tagli lineari alla sanità - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

Sentenza della Consulta: incostituzionali i tagli lineari alla sanità - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

Nuova strategia USA verso l'Iran: quali rischi per l'Italia? | ISPI

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La rivista il Mulino: Crisi Pd: la geometria della sconfitta

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Paolo Bagnoli: Governo Lega-M5s, una brutta storia di cui fa parte anche il Pd - Il Fatto Quotidiano

Governo Lega-M5s, una brutta storia di cui fa parte anche il Pd - Il Fatto Quotidiano

The Italian Election And US Underpinning Of Populism

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Lo impone il mercato - nuovAtlantide.org

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Perché il Pd è un partito tecnicamente morto.

Perché il Pd è un partito tecnicamente morto.

Franco Astengo: Lo sfruttamento

LO SFRUTTAMENTO NEL CUORE DELL’OPPOSIZIONE di Franco Astengo Il tema del lavoro non è contemplato nell’orizzonte del costituendo nuovo governo e di conseguenza viene totalmente ignorata la questione dello sfruttamento che ne rappresenta, da sempre, il risvolto più evidente e significativo. La realtà concreta dello sfruttamento si è estesa, nel corso di questi anni definiti abbastanza impropriamente di “globalizzazione” ben oltre i confini di quella che marxianamente era stata definita “contraddizione principale”. Si sono acuiti i termini del conflitto di genere, di quello generazionale, del rapporto centro /periferia in particolare sul tema ambientale, e l’utilizzo capitalistico dell’innovazione tecnologica ha intrecciato diversamente, da come l’avevamo storicamente concepita, la relazione tra struttura e sovrastruttura. A Sinistra, sul piano internazionale, è stata accettata l’idea dell’irreversibilità della vittoria del capitalismo e accettata, subita, introiettata la logica della gestione del ciclo attuata in forma particolarmente violenta dagli apparenti vincitori del “post – Muro”: gestione del ciclo dimostratasi violenta e sopraffattrice su tutto l’insieme della società causando ingiustizie e disuguaglianze ben oltre il solo elemento del reddito e delle condizioni materiali di vita. Sono state abbandonate anche le più pallide e timide obiezioni di derivazione “socialdemocratica”: soltanto negli ultimi tempi questo tipo di opzioni che definiremmo di revisione del keynesismo hanno ritrovato spazio, prima in alcuni autori come Atkinson, Stiglitz, Piketty, Krugman e poi all’interno del Partito Democratico USA e del Labour Party: non certo modelli di ritorno al bolscevismo (da riflettere nuovamente l’idea marxiana della rivoluzione nei “punti alti”? Oppure del Gramsci che, all’annuncio della rivoluzione russa, scrive “La Rivoluzione contro il capitale)”. Torniamo a noi e al costituendo governo italiano. Se s’intende cercare di costruire un ‘opposizione ciò che si sta preparando si tratta di riflettere sul fatto che, prima di tutto, serve un’opposizione posta sul piano internazionalista organizzativamente dimensionata su di un impianto sovranazionale almeno a dimensione europea. In questo contesto la questione del lavoro e di conseguenza la questione dello sfruttamento deve essere considerata centrale, ritenuta come l’architrave di tutta l’elaborazione che deve essere posta in campo. Come si è scritto nel titolo di questo intervento“Lo sfruttamento nel cuore dell’opposizione”. Di seguito alcuni punti di riflessione sul tema che si è cercato (naturalmente in una dimensione del tutto schematica e insufficiente) di approfondire: 1) E’ evidente che il tema non è quello dei salari ma quello dello sfruttamento. La forza – lavoro è, infatti, adoperata secondo l’antica logica dell’“esercito di riserva”, oggi agita soprattutto attraverso la leva della precarietà che si accompagna oggettivamente ai bassi salari; 2) In questo senso si comprende benissimo, per quel che riguarda l’Italia essenzialmente nel quadro europeo, il presentarsi di un vero e proprio deficit d’innovazione. Deficit d’innovazione assolutamente voluto per tenere al minimo il profilo produttivo accentrato in settori marginali sia rispetto alla necessità di produzione interna sia al riguardo delle esportazioni; 3) Questo quadro è riconducibile alla quasi completa sparizione, in Italia, della produzione nei settori industriali strategici derivante dal fallimento dei processi di privatizzazione seguiti alla liquidazione dell’IRI. Processi di privatizzazione che hanno generato due fattori fondamentali della crisi: l’emergere di un vero e proprio “ritardo tecnologico” e una gigantesca “questione morale”. “Questione morale” che ha rappresentato, assieme al mutamento degli equilibri internazionali, uno dei fattori determinanti della perdita di senso dell’intero sistema politico, fino al punto di determinare la situazione attuale; 4) La mancata innovazione tecnologica è stata dovuta essenzialmente da un’assoluta carenza d’investimenti attuati da una gestione pubblica. Contemporaneamente alla crisi dell’industria registriamo un’obsolescenza delle infrastrutture (strade, ferrovie, porti) e l’esplosione della vicenda bancaria che sta tenendo banco sul terreno dello scacchiere politico, ma al riguardo della quale quasi nessuno fa notare come stia all’origine del complesso delle difficoltà economiche del Paese. La questione bancaria non può essere certo risolta propagandisticamente con la promessa del rimborso ai risparmiatori colpiti (e truffati si potrebbe aggiungere); 5) Si è rivelata sbagliata anche la logica dei “distretti” e della “fabbrichetta del Nord – Est” (fenomeno, come stiamo notando, strettamente collegato con la situazione delle banche).Si è risposto, nel corso degli anni, in maniera completamente sbagliata alle esigenze di decentramento sul territorio delle possibilità d’investimento che pure erano state giustamente avanzate fin dagli anni’80 del secolo scorso. Si raccolgono così, non certo da oggi, i frutti amari della “deregulation” attuata in materia di rapporti di lavoro, di relazione con l’ambiente da parte dell’impresa, di sparizione degli elementi d’intervento e gestione pubblica anche attraverso il ruolo delle istituzioni. In questo modo l’Italia si è marginalizzata rispetto al contesto europeo, la fragilità del suo tessuto economico è stato facile preda delle delocalizzazioni e delle acquisizioni esterne: senza alcuna idea autarchica o sovranista è evidente che l’assenza di una struttura industriale “forte” nei settori strategici si sia rivelata esiziale 6) Non si è mai realizzata un’ipotesi di capacità programmatoria delle Regioni (ridotte ormai a Ente di nomina e di spesa) e si sono stroncate, proprio sul piano economico, le possibilità degli Enti Locali, abbattendone i bilanci a colpe di scure (anche su questo punto il programma del costituendo governo non enuncia nulla di concreto), di intervenire sul territorio in tema di infrastrutture. Si è dimostrato sbagliato anche il modello delle “aree industriali di crisi complessa” da affrontare attraverso Invitalia,proprio perché modello interno all’opzione “deregulation” e attuato, quando è capitato, al di fuori da una logica programmatoria da esercitarsi sia sul piano generale, sia in sede locale; 7) Risultato: estrema debolezza della struttura industriale ormai sede di assalto da parte di compagnie di ventura oltre alla mai abbastanza ricordata intensificazione dello sfruttamento e quindi della crescita nella precarietà e nell’incertezza anche delle stesse espressioni di capacità tecnico – scientifica (senza aprire questo capitolo che pure dovrebbe essere ricordato e analizzato con grande determinazione). La storia più recente della siderurgia in Italia ma anche della chimica e dell’elettronica può essere considerata del tutto paradigmatica; 8) Completamente dismessa la possibilità d’investimenti pubblici in un quadro di programmazione economica (impedita tra l’altro, è bene ricordare, dai Trattati Europei, con la tagliola degli “aiuti di stato”) e di gestione pubblica diretta di alcuni comparti assolutamente strategici (ferrovie,aerei,utilities energetiche, ecc) oltre alla confusione legislativa al livello degli Enti Locali la situazione italiana presenta sostanzialmente tre punti da evidenziare che qui elenchiamo raccogliendo le fila del ragionamento: a) deficit strutturale nei settori strategici della produzione industriale e delle infrastrutture; b) Intensificazione dello sfruttamento nel segmento occupato del mercato del lavoro: sfruttamento realizzato attraverso essenzialmente la leva del precariato che il Job Act ha assolutamente ingigantito; c) Assenza d’investimenti pubblici rivolti soprattutto all’innovazione tecnologica, mentre la gestione delle principali aziende italiane appare in forte ritardo (permangono anche, com’è ben noto, forti frizioni nel rapporto tra industria e ambiente, anche esse derivanti dal deficit d’investimento,come è ben dimostrato dal caso della siderurgia). In sostanza il tema dello sfruttamento può essere affrontato elevando la qualità del lavoro. Qualità del lavoro da elevarsi soprattutto sotto l’aspetto tecnologico dell’innovazione, dell’estensione nella certezza delle condizioni materiali di lavoro e di vita, di promozione delle professionalità in un’entità collettiva e non meramente di competizione individualistica, in una dimensione complessiva d’iniziativa e gestione pubblica dei settori strategici dell’industria: solo così può essere possibile mettere in discussione radicalmente i parametri europei, si può ricostruire i termini di un’idea d’iniziativa capace, attraverso le lotte e senza demandare al puro gioco istituzionale e legislativo, di contrastare il precariato materiale e morale che avviluppa questa fase di declino della società, si può cominciare a lavorare alla costruzione di un’alternativa insieme sociale e politica.

mercoledì 23 maggio 2018

Più deficit, nell'euro, ma speso bene | Gustavo Piga

Più deficit, nell'euro, ma speso bene | Gustavo Piga

Renewal | Martin O’Neill, Joe Guinan | The Institutional Turn: Labour’s new political economy

Renewal | Martin O’Neill, Joe Guinan | The Institutional Turn: Labour’s new political economy

Felice Besostri: Quale Europa?

Quale Europa 2019? Vorwärts! Sofort nach links- La preminenza dei valori costituzionali dei singoli stati fa parte dell’ordinamento giuridico europeo, come si desume dagli articoli 4.2) e 6.3 TUE o dall’ art.223.1 TFUE sulla tuttora mancante legge elettorale uniforme per il Parlamento europeo, che entra in vigore previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali. Quindi per affermare la preminenza della nostra Costituzione, che consente le limitazioni, non cessioni, di sovranità “necessarie ad un ordinamento, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” non per imporre politiche economiche, finanziarie e monetarie in nome dell’austerità, non abbiamo bisogno di lasciare l’UE o di modificare le disposizioni fondamentali dei trattati, ma la loro interpretazione conforme agli obiettivi dell’unità dell’Europa, per farne un soggetto adeguato come dimensione e volontà politica alle sfide planetari imposte dalla globalizzazione, cui nessun singolo Stato, nemmeno la Germania, può far fronte. Nei Trattati europei, ci sono, come nella nostra Costituzione, norme fondamentali, da individuare nel Titolo I DISPOSIZIONI COMUNI (artt. 1-8) e nel Titolo II DISPOSIZIONI RELATIVE AI PRINCIPI DEMOCRATICI (artt. 9-12 che non sono in contraddizione né con i Principi Fondamentali (artt- 1-12), né con la Parte Prima Diritti e doveri dei cittadini (artt.13-54) della nostra Costituzione. No si può ignorare che l’art 6 TUE nel riconoscere i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, le attribuisce” lo stesso valore giuridico dei trattati.” Nel Titolo II si segnalano l’art. 9 (L'Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell'uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.) e il 12, che prevede l’associazione dei Parlamenti nazionali alla fase ascendente della normativa comunitaria e quindi alla partecipazione dei cittadini, se si desse attuazione agli articoli 50 ( diritto di petizione) e 71 ( iniziativa legislativa popolare) della nostra Costituzione. Il problema non è nelle norme, ma nei rapporti di forza politici e la sinistra è messa sempre peggio sia a livello europeo, che nazionale. Alle prime elezioni dirette del PE, con 9 paesi e 410 seggi, i socialisti erano la prima forza politica con il 27,5% e 113 seggi e con le altre formazioni di sinistra raggiungevano il 38,2%. Nel 1989, con 12 paesi e 518 seggi il PSE( 180), la Sinistra europea (42) e i Verdi (30) totalizzavano 265 seggi oltre la maggioranza assoluta pari a 259 seggi. Nel 2014, con 28 paesi e 751 seggi la sinistra rosso-verde ne ha 291, ben lontana dalla maggioranza di 376 seggi e il primo partito è il PPE con il 29,4% e 221 seggi davanti al PSE al 25,4 % e 191 seggi, benché sia ancora il raggruppamento politico più votato con 40.202.068 voti rispetto ai 38.610.376 del PPE. Nel Parlamento europeo si rispecchia la debolezza della sinistra nei singoli stati. Alle ingenti perdite dei Partiti del PSE non corrisponde un proporzionale aumento delle formazioni alla loro sinistra( casi emblematici Germania 2009, Francia e Olanda 2017 e Italia 2018) e sempre la loro sommatoria è inferiore a quella del miglior risultato dei socialisti nel singolo paese e alla somma di socialisti e comunisti nel primo dopoguerra, in Italia, Francia e persino Germania . I confronti tra le cifre in nota sono sconvolgenti perché a prescindere dalla possibilità politica della loro sommatoria indicano che la sinistra, da sola, in quanto tale non pare oggi in condizione di conquistare la maggioranza in nessuno dei grandi paesi europei, ma anche che, nel lungo periodo dal secondo dopoguerra mondiale, fine anni 40 del XX° secolo, ad oggi, fine del primo ventennio del XXI°, sia tramontata la possibilità di trasformare per via democratica in senso socialista la società e di mantenere le grandi conquiste sociali del welfare state in un’Europa unita, democratica, sociale e federale. Prima di staccarci psicologicamente e politicamente dall’orizzonte europeo pensiamo a quanto costò la battaglia per avere parlamenti nazionali a suffragio universale e diretto. In Europa abbiamo un Parlamento eletto a suffragio universale e diretto, si devono rafforzare i suoi poteri e la sua centralità non indebolirlo a favore non dei Parlamenti nazionali, ma dello Stato nazionale e degli esecutivi nazionali, che hanno sempre maggiori potere, perché giocano in maniera coordinata su due tavoli, quello nazionale a danno del loro Parlamento e su quello europeo limitando il Parlamento europeo. Il potere esecutivo è presente nel Consiglio europeo, l’organo che definisce l’orientamento politico generale e le priorità dell’Unione europea, composta dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri, dal presidente della Commissione europea, dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dal suo Presidente permanente. I rappresentanti degli Stati, di norma ministri, fanno parte del Consiglio previsto dall’art. 16 TUE, che si riunisce in composizione variabile secondo l’argomento con il ministro competente per materia e il corrispondente commissario europeo. Il Consiglio, congiuntamente al Parlamento europeo, esercita la funzione legislativa e la funzione di bilancio; coordina le politiche economiche generali degli Stati membri; definisce e implementa la politica estera e di sicurezza comune; conclude, a nome dell'Unione, accordi internazionali tra l'Unione e uno o più Stati o organizzazioni internazionali; coordina le azioni degli Stati membri e adotta misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Quando i trattati per la loro procedura di revisione non si prestano, i governi d’intesa con la Commissione non si peritano a fare accordi intergovernativi, come il fiscal compact, e ad inventare organi non previsti da alcun trattato, come la Trojka FMI-BCE-CE, per piegare gli stati alle politiche di austerità. Lo squilibrio è evidente e può essere ridotto sia applicando con rigore l’art. 12 del TUE a livello nazionale e negli organismi di cooperazione interparlamentare tra parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo previsti dalla lettera f) dell’art. 12 TUE, che aumentando i poteri normativi e di controllo del Parlamento europeo. Questo richiede un’iniziativa politica coordinata nei Parlamenti nazionali ed europeo e non di aderire a questo o quel manifesto, costruito interno a personalità emergenti, quasi che dopo il berlusconismo e il renzismo la salvezza e la vittoria derivano dal carisma di un capo, piuttosto che dalle lotte politiche sociali, sindacali nelle istituzioni, nei settori d’impresa e nei territori e da una direzione collegiale e coordinata di partiti e movimenti politici. Milano 14 maggio 2018 Felice Besostri

I problemi dell'Europa e il disastro dell'euro - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

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RICOSTRUIRE UNA SINISTRA SOCIALISTA IN SPAGNA | Risorgimento Socialista

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Il socialismo italiano, a quale tradizione rifarsi? | Risorgimento Socialista

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Popoli e governi. Finiamola con le geremiadi, il paese è altrove - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

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Intervista concessa da Bernie Sanders a Dan Denvir | Risorgimento Socialista

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Le molte ombre del programma M5s-Lega - micromega-online - micromega

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Il fallimento di Alexis Tsipras - nuovAtlantide.org

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Franco Astengo: Costituzione formale e costituzione materiale

COSTITUZIONE FORMALE E COSTITUZIONE MATERIALE di Franco Astengo Durante la convulsa rincorsa in atto verso la formazione di un governo è ricomparso, nella vicenda italiana, un antico punto di confronto tra “Costituzione formale” e “Costituzione materiale”. Un dilemma che appariva aver racchiuso il proprio cerchio tra l’esito di due referendum: quello del 18 aprile 1993 riguardante la formula elettorale del Senato dal cui esito partì la stagione del maggioritario (parziale) e del bipolarismo e quello del 4 dicembre 2016 svoltosi con la posta in palio delle deformazioni costituzionali imposte al Parlamento dal PD. Un lungo periodo di “transizione”, volgarmente (e in forma sbagliata) definito dai media “Seconda Repubblica” dove i punti di tensione sono stati soprattutto due: la “governabilità” e il “presidenzialismo”. Due elementi di dibattito sorti soprattutto dalla trasformazione subita dal sistema dei partiti a causa della caduta del muro di Berlino, di Tangentopoli e della stipula del trattato di Maastricht oltre che dall’avanzarsi del processo di personalizzazione della politica alimentato (fino al punto di far nascere la definizione di “partito personale”) dalle forti innovazione che il progresso tecnologico ha via via apportato all’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa. Da notare come il presidenzialismo (nella sua forma “semi”) avesse fatto parte del pacchetto di riforme proposto dalla Commissione Bicamerale del 1997, le cui determinazioni non si realizzarono per l’opposizione del centro destra. Centro destra che, nel 2006, propose ancora un insieme di riforme al centro delle quali si trovava un duplice spostamento di poteri: dal Parlamento verso il Governo e dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio. Ipotesi seccamente respinte dal corpo elettorale, come poi è avvenuto del resto il 4 dicembre 2016 in occasione di analogo referendum confermativo al riguardo delle proposte di modifica costituzionale elaborate del PD e incentrate sulla sottrazione al voto popolare dell’elezione di uno dei due rami del Parlamento (il senato) e su di un ulteriore spostamento complessivo nell’esercizio dell’attività legislativa dal Parlamento al Governo. Il tema del presidenzialismo prese poi forma concreta durante il “ novennato” di permanenza al Quirinale da parte di Giorgio Napolitano, la cui interpretazione del ruolo ha fatto in più occasioni pensare a una pericolosa convivenza tra un approccio formalmente ancora interno all’articolo 95 e un altro modo di intendere le proprie mansioni collocato al di fuori da quel dettato, in un’ottica presenzialista e interventista sul piano puramente politico, espressasi in particolare nel frangente dell’incarico a Monti (un atteggiamento questo di Napolitano molto più accentuato sul terreno interventista rispetto a quello tenuto da Pertini al momento dell’incarico a Spadolini, da Cossiga nella sua ultima fase quella delle “picconate”, e da Scalfaro in ispecie quando quest’ultimo nel 1995 negò le elezioni anticipate al momento delle dimissioni del Berlusconi I correndo il rischio della formazione di una nuova maggioranza del tutto “spuria” sul piano politico, formata da PD e Lega Nord come architravi di sostegno). Nel corso di questi anni il leit – motiv del dibattito in materia fu appunto quello del contrasto tra “Costituzione formale”, ormai giudicata inadeguata e “Costituzione materiale”, basata su di una prassi che appariva consolidata e quindi semplicemente da tradurre in modifiche del dettato costituzionale. L’esito del voto popolare, in ben due occasioni, respinse – com’è già stato ricordato – questa ipotesi e il punto sembrava essere ritornato alla conferma della “Costituzione formale”. I termini nei quali oggi questo tema si sta ripresentando, sono diversi dal passato ma hanno comunque al centro l’ossessione per il “governo”, inteso quale luogo di mero esercizio del “potere”. Si potrebbe riassumere che la questione è – appunto – tra “governo” e “potere”. Entrambe le forze che si apprestano a formare il nuovo esecutivo, Lega e M5S, hanno operato in campagna elettorale come se la formula fosse maggioritaria e non per i 3/ 4 proporzionale. L’idea di fondo del soggetto di maggioranza relativa, in ossequio alla propria sia pur breve storia, era quella dell’applicazione della “democrazia diretta”, giudicata il solo rimedio alla decadenza della “democrazia rappresentativa” il cui riferimento costituisce, invece, il fondamento della forma parlamentare della Repubblica (senza anteposizione di numero ordinale) nel testo della Costituzione. In questo modo, nel corso di questi due mesi, sono state messe in discussione la figura del Presidente della Repubblica, quella del Presidente del Consiglio e il ruolo del Parlamento. Proposizioni quanto mai incisive di modifica sostanziale di titoli I, II, III della seconda parte della Costituzione. In nome della “democrazia diretta” attraverso i cui non meglio precisati meccanismi (gli unici che conosciamo sono quelli della piattaforma “Rousseau”) un non meglio precisato “popolo” avrebbe designato i suoi governanti, si è tentato di modificare il ruolo del Presidente della Repubblica a una funzione di tipo notarile di mero assolvimento delle indicazioni della costituenda maggioranza; il ruolo del Presidente del Consiglio trasformato in mero esecutore del “programma” e quindi – al massimo – visto nelle vesti di una sorta di amministratore delegato; le funzioni del Parlamento inteso quale mera sede di ratifica (dopo averne invocato, per altro, il ritorno alla “centralità”) a compimento di un iter di svilimento del ruolo parlamentare che sicuramente arriva da lontano, anche attraverso la strategia dei decreti leggi strumento di cui hanno abusato certamente tutti i governi nell’ultimo ventennio. Ed è stato in questo modo che si è riproposta la questione della “Costituzione materiale”, in forma diversa, ma sempre attorno al nodo del rapporto tra “rappresentanza” e “governabilità”, di conseguenza tra “governo” e “potere” come si era accennato all’inizio di questo intervento. Indipendentemente dall’esito della vicenda contingente legata alla formazione dell’esecutivo Lega – M5S s’impongono almeno due punti di riflessione: 1) E’ evidente come esista una necessità di rappresentazione politica più immediata dei bisogni sociali, formulata al di fuori di schemi che evidentemente non reggono più la modernità. Deve essere però questo il compito del rinnovamento delle forze politiche e del recupero della loro capacità nello svolgere due compiti ormai negletti: quello riguardante il radicamento sociale e quello relativo alla funzione pedagogica; 2) Appare però il caso di riaffermare ancora, come si è fatto esprimendo il “NO” nel referendum del 4 dicembre 2016 (il cui esito sembra ormai dimenticato), l’impianto parlamentare della Repubblica. Lo scopo, nel far questo, deve essere prima di tutto quello di ricordare le radici nelle quali affondano le scelte che furono compiute dai Padri Costituenti: l’antifascismo e la Resistenza. Antifascismo e Resistenza che rappresentano ancora un’espressione di valori fondanti di cui mantenere ben preziosa l’identità nella vita politica e sociale della Repubblica.

La crisi europea e le riforme strutturali - Sbilanciamoci.info

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GOVERNARE MILANO | Luca Beltrami Gadola - ArcipelagoMilano

GOVERNARE MILANO | Luca Beltrami Gadola - ArcipelagoMilano

martedì 22 maggio 2018

Appello per una sinistra che superi LeU e il Pd - Lettera43.it

Appello per una sinistra che superi LeU e il Pd - Lettera43.it

Paolo Bagnoli: Una brutta storia

nonmollare quindicinale post azionista | 020 | 21 maggio 2018 _______________________________________________________________________________________ la biscondola una brutta storia paolo bagnoli L’intesa tra i 5 Stelle e la Lega consegna l’Italia alla destra. Ed è un qualcosa di diverso rispetto alle passate esperienze di governo del centrodestra. Questa volta, infatti, agiscono e interagiscono due fattori nuovi particolarmente rilevanti rappresentati dal non tanto recondito disegno leghista e dalla dimostrata inaffidabilità dei grillini il cui vuoto di consapevolezza istituzionale trova nella bramosia di Salvini per il governo una sponda non solo di tenuta, ma di probabile espansione. Già da questo lungo e surreale post-voto è emerso come stia prendendo il via un’avventura che non può che destare preoccupazione. Ora, se l’improbabilità politica dei 5 Stelle rende difficile comprendere nel concreto l’esito del loro operare e del loro futuro, non così è per la Lega la quale, divenuta oramai partito nazionale, punta chiaramente a divenire una forza di destra strutturata; il solo pensare che il suo leader ami indossare la felpa di Casapound è un messaggio che parla da solo. Salvini, al quale non manca né furbizia né capacità tattica, dopo la riabilitazione di Silvio Berlusconi ha accelerato i tempi a costo di rompere, perché di questo si tratta, quel centrodestra messo in piedi con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Infatti, tornare a breve alle elezioni con un Berlusconi sulla scena politico-elettorale in prima persona qualche problema, nonostante la crisi di Forza Italia, avrebbe sicuramente potuto crearglielo. Così, se l’assorbimento dei forzisti fino a qualche tempo fa sembrava nelle cose, ora appare un’operazione un po’ più complessa. Lo stesso Presidente della Regione Liguria, fino ad oggi l’azzurro più vicino a Salvini, sembra volerne prendere le distanze avendo chiesto, proprio nella fase finale della chiusura dell’accordo, che vi fosse inserito che si tratta di un governo a tempo e che si torni alle elezioni presto. Saranno segnali tattici, ma qualcosa pure significano. Ne consegue che Salvini se potrà, in via ipotetica naturalmente, lucrare non più di tanto sui berlusconiani, sicuramente lo potrà di più sui 5Stelle ove, essendoci tutto e il contrario di tutto, le contraddizioni che l’azione governativa sicuramente porterà allo scoperto nella sua componente più a destra, potrà trovare non pochi consensi. Oltretutto, come questi lunghi e tristi giorni hanno dimostrato, i grillini non sembrano essere pronti alla prova del governo essendo palesemente emerso il loro vuoto di cultura politica e pure il senso concreto di cosa significhi governare uno Stato difficile quale quello italiano in un momento particolarmente delicato in cui si trova l’Italia da qualunque lato la si consideri, in primo luogo quello economico. E’ prevedibile che Salvini prenderà presto il sopravvento e, passo dopo passo, nascerà una destra muscolare, antieuropea, populista e demagogica al contempo, pronta a eludere ogni correttezza istituzionale pur di affermare la propria funzione sovranista. Il disegno, tra l’altro, è favorito dal solipsismo dei grillini che sono costituzionalmente sovranisti di se stessi essendo del tutto alieni al confronto e all’intesa politica e anche allo scontro che intendono e praticano nei termini plebei di un’arroganza che sfiora i limiti della volgarità: Grillo docet. I germi di tutto ciò stanno nei fatti di questi giorni. Siamo a un nuovo capitolo della lunga crisi post Tangentopoli: quello della politica come mero fatto tecnico. Intanto, invece, di stendere un programma di governo si redige un “contratto” – termine prettamente notarile – per andare al governo e poiché tale documento non è sorretto da alcuna seria intenzione politica, ma è solo uno strumento di servizio per arrivare a Palazzo Chigi. Qui, poi, le cose dovranno essere fatte con indirizzo politico, ma si prevede già che ci sia disaccordo e si rimedia con un “comitato di conciliazione”. Nella normalità, se ne dovrebbe discutere nella sede del consiglio dei ministri, ma anche questo è un organo di servizio per i fini privatistici dei contraenti il contratto. Al presidente del consiglio, per Di Maio, spetta un mero compito di esecutore. Siamo in pieno vulnus costituzionale. Il percorso della costruzione del programma di governo, infatti, spetta al presidente incaricato, ma anche qui tutto è stato ridotto a mero fatto tecnico. Sicuramente la Costituzione è chiara in proposito; ma di ciò non se ne cale nessuno. In tale clima chi sarà il presidente del consiglio, non potrà che essere un cosciente inconsapevole. Non c’è da meravigliarsi: in Italia potersi mettere una fascia è un qualche cosa cui è difficile resistere. Il presidente Mattarella 4 nonmollare quindicinale post azionista | 020 | 21 maggio 2018 _______________________________________________________________________________________ oltre al tanto tempo elargito dovrebbe darne altro a Salvini e a Di Maio: quello per leggere e meditare la Costituzione! In politica i passaggi ad alta criticità sono contraddistinti sempre da tanta confusione e vistose anomalie. L’anomalia più vistosa è rappresentata dal Pd, perdente e anestetizzato da Matteo Renzi. Rinunciando a giocare qualsiasi ruolo – lasciamo stare i proclami di queste ore che sanno di opaca pateticità – per irrisolvibili beghe di convivenza interna, hanno oggettivamente favorito la presa di campo della destra. E’ una regola elementare della democrazia parlamentare che una forza di opposizione cerchi di operare per impedire agli avversari di realizzare il proprio disegno; di più dovrebbe esserlo per una forza che si dichiara di sinistra a fronte di una destra veramente tale e in crescita. L’occasione per giocare un ruolo si era presentata quando la rottura tra Salvini e Di Maio sembrava cosa fatta, forse, un serrato confronto con i 5Stelle non avrebbe portato alla nascita di un governo, ma sicuramente sarebbe servito a far scoppiare tante contraddizioni e, probabilmente, avrebbe pure impedito che si giungesse a questo punto. Di Maio ha detto che loro stavano scrivendo la storia; è vero, si è solo dimenticato di dire “una brutta storia” da cui il Pd non è fuori.

“Così dev’essere una democrazia”. Le vittorie dei socialisti americani – L'Argine

“Così dev’essere una democrazia”. Le vittorie dei socialisti americani – L'Argine

La risposta di ‘Socialisti in movimento’ agli appelli del Psi | Avanti!

La risposta di ‘Socialisti in movimento’ agli appelli del Psi | Avanti!

Franco Astengo: Numeri dalla Val d'Aosta

NUMERI DALLA VAL D’AOSTA di Franco Astengo I numeri definitivi provenienti dall’esito delle elezioni regionali in Val D’Aosta vanno analizzati con grande attenzione, prima di cedere alla tentazione di titoloni roboanti. Premesso che si tratta di una situazione politico – sociale molto specifica, al riguardo della quale è molto difficile trarre indicazioni di carattere generale è comunque possibile presentare qualche utile spunto di riflessione per tutti. Prima di tutto c’è il dato della partecipazione al voto. Si conferma qui una tendenza già rilevata da tempo e confermata dalle recente elezioni in Molise e Friuli Venezia Giulia: le elezioni regionali fanno segnare costantemente un calo nella partecipazione al voto. Un fenomeno legato a varie cause, ma sicuramente accelerato dalla genericità delle malversazioni che si sono verificate in tutta Italia e che in Val D’Aosta hanno trovato un’accentuazione del fenomeno, secondo i dati delle ultime inchieste. In ogni caso i dati in cifra assoluta sono questi: alle elezioni regionali 2013 su 102.633 aventi diritto i voti validi furono 72.060 (70,21%), alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 gli iscritti nelle liste erano 99.547 (per la nota questione delle liste all’estero),i voti validi furono 66.374 (66,67%), alle regionali del 20 maggio 2018 iscritti aventi diritto 103.117 ,voti validi 63.735 (61,80%). In due mesi da Marzo a Maggio sono così mancati 2.635 voti validi pari al 4,87%. Dalle regionali 2013 a quelle 2018 mancano all’appello 8.325 suffragi. E’ evidente che questo dato si rifletta sul computo dei voti in cifra assoluta per ciascuna lista. Sotto quest’aspetto si parlerà sicuramente di grande avanzata della Lega che, in realtà, rispetto alle elezioni politiche 2018 perde voti: il 4 marzo, infatti, la Lega aveva ottenuto 11.588 voti, nell’occasione il Carroccio si ferma a 10.872 voti perdendone quindi 716. Nelle elezioni regionali 2013 la Lega si era presentata in coalizione con il Movimento Stella Alpina ottenendo 8.824 voti. Esaminiamo allora il percorso del Movimento 5 stelle che nel 2013 ottenne 4.773 voti, cifra impennatasi fino 15.999,conquistando il collegio ed eleggendo la deputata Elena Tripodi alle politiche 2018, e bruscamente ridiscesa a 6.652 voti nelle regionali del maggio 2018: 9.347 voti in meno nel giro di due mesi: si può ben accennare a un arretramento significativo. Esaminiamo adesso il cammino dell’Union Valdotaine, storica formazione autonomista della Valle che nel 2012 ha subito la scissione di Unione Valdotaine progressiste. Alla regionali del 2013 l’UV si era presentata in una coalizione con la Lega, Stella Alpina e l’Unione di Centro: coalizione che aveva conseguito la maggioranza dei seggi: l’UV aveva ottenuto 24.121 voti; alle politiche 2018 , invece,l’UV si era presentata in coalizione (si ricorda che il sistema elettorale della Val d’Aosta in occasione delle politiche differisce da quello del resto della Penisola, essendo in vigore un sistema a collegio uninominale) con il centro sinistra con PD e UVP: coalizione che aveva conseguito 14.429 voti; alle regionali 2018 l’UV ha mantenuto a fatica la maggioranza relativa (con lo stesso numero di seggi conseguito dalla Lega Nord) con 12.265 voti. In sostanza l’UV in 5 anni ha ceduto metà del proprio elettorato: 11.856 voti. Da ricordare, tanto per offrire un ulteriore parametro di valutazione che alle Regionali 2008 l’UV (non ancora scissa dall’UVP) aveva ottenuto 32.614 voti. Il Movimento Stella Alpina che si richiama ai valori del cattolicesimo democratico ha avuto 6.792 voti e 4 seggi (nel 2013 la coalizione Lega Nord – Stella Alpina aveva avuto 8.824 voti) mentre alle Politiche Stella Alpina aveva appoggiato il candidato Giampaolo Marcoz sotto l’insegna “Per tutti” con 12.118 voti. Netta flessione, tra un’elezione regionale e l’altra anche per l’UVP: nel 2013 13,843 voti (poi nelle politiche 2018 coalizione con PD e UV per 14.429 voti) e nelle regionali 2018 6.750 voti : tra il 2013 e il 2018 una flessione di 7.093 voti. Tra il 2013 e il 2018 il PD è sceso da 6.401 voti a 3.436 (- 2.965) perdendo tutti i 3 seggi. Flessione anche per il centro – destra, presentatosi nel 2013 come Popolo della Libertà con 2.961 voti e nel 2018 come Centro destra per la Val d’Aosta con 1.862 voti, quindi 1.099 voti in meno e zero seggi (come nel 2013, del resto) . Nelle politiche del Marzo2018 la coalizione Forza Italia – Fratelli d’Italia e Movimento nuova valle d’Aosta aveva ottenuto 5.533 voti. Sarà presente in consiglio con 3 seggi anche il Movimento Impegno Civico. La bandiera della "società civile" e della "buona politica" sventolava sulla lista 'Impegno civico, lavoro, ambiente, uguaglianza . Tra i candidati hanno figurato i consiglieri Alberto Bertin e Andrea Padovani, Fabio Protasoni e Chiara Minelli, candidati alle scorse politiche in Risposta civica e Alex Glarey candidato di Potere al popolo. Impegno Civico ha ottenuto 4.806 voti,alle politiche Risposta Civica ne aveva avuti 2.623 e Potere al Popolo 1.700. L’incremento rispetto alla somma delle due liste è stato di 483 voti. 3 seggi anche per ALPE (Autonomie, Libertè, Partecipation, Ecologie) che ha perso 2 seggi rispetto al 2013 dove aveva realizzato 8.943 voti scesi nel 2018 a 5.733, quindi una flessione di 3.210 unità. MOUV passato da Movimento a Lista Elettorale con l’obiettivo di sostenere : “la convivenza tra le diverse culture «come elemento di arricchimento», la francofonia, lo sviluppo sostenibile, la trasparenza, la democrazia partecipata «perché l’assemblea degli appartenenti vota e decide”. Ottiene anch’esso 3 seggi con 4.545 voti. In conclusione si possono trarre queste prime provvisorie conclusioni: 1) L’egemonia storica dell’UV appare definitivamente frantumata : frantumazione non arginata dalla presente di UVP; 2) Nel quadro di una flessione della partecipazione al voto la tenuta della Lega Nord in termini di cifra assoluta diventa elemento di successo elettorale fin quasi a contendere la maggioranza relativa; 3) Il M5S conferma la tendenza già segnalata in Molise e Friuli Venezia Giulia a un’accentuata flessione rispetto al risultato delle elezioni politiche confermando la volatilità del proprio elettorale; 4) Il PD sparisce dal quadro politico – istituzionale mentre il centro – destra conferma la sua marginalità almeno nel sistema politico aostano.

venerdì 18 maggio 2018

Uscire dall’euro e cancellare il debito? Analisi delle proposte del contratto Lega-M5S | Keynes blog

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Rapporto Istat, 5 milioni di poveri assoluti, cresciuti di 261 mila in un anno - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

Rapporto Istat, 5 milioni di poveri assoluti, cresciuti di 261 mila in un anno - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

Felice Besostri: Comitato di conciliazione

Comitato di conciliazione di Felice BESOSTRI Partiamo da concetti elementari di democrazia come potrebbe essere la sua definizione nell'Enciclopedia Treccani : Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce ad ogni cittadino la partecipazione in piena eguaglianza all’esercizio del potere pubblico (Enciclopedia Treccani). Già questa definizione va, però, adattata alla nostra Costituzione, che dice, anche se Riotta non lo sa, che la sovranità appartiene al popolo, ma questo non significa che ogni cittadino partecipa "in piena eguaglianza all'esercizio del potere pubblico", che presupporrebbe una democrazia diretta di tipo assembleare, che sopravvive in alcuni cantoni della Svizzera interna. La nostra Costituzione, infatti, aggiunge che il popolo esercita la sovranità che gli appartiene " nelle forme e nei limiti della Costituzione": quindi essenzialmente, in una democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare, con l'esercizio del voto. Questo diritto è stato sottratto con due leggi elettorali dichiarate incostituzionali in parti essenziali, la 270/2005, per il premio di maggioranza e le liste bloccate e la 52/2015 per il premio di maggioranza attribuito con ballottaggio. La sorte della legge n. 165/2017 sarà di fatto decisa il prossimo 4 luglio, se fosse dichiarato ammissibile un conflitto di attribuzione tra il corpo elettorale e il potere legislativo e quello esecutivo. Oltre che per il contenuto, il primo motivo è la stessa procedura di approvazione grazie a 8 voti di fiducia, chiesti dal Governo. e, purtroppo, accordati dalle presidenze delle Camere in violazione dell’art. 72.4 Cost.. Questo governo può non piacere per diffidenza nei confronti dei suoi componenti o per parti del suo programma, ma è il primo che dispone per voto popolare della maggioranza dei seggi in parlamento e della maggioranza assoluta dei voti validi per liste sopra la soglia: non succedeva dal 1992, quando le liste del pentapartito, pur subendo perdite ebbero il 53,24% del consenso popolare. Dal Mattarellum in poi non ha mai governato la maggioranza del voto popolare. Se la democrazia è il governo dei poteri visibili (Ruffini), poiché, a differenza della democrazia, il potere autocratico non solo si occulta aspirando a divenire invisibile e onniveggente (Panopticon - Foucault), ma anche occulta, il Comitato di conciliazione non è incostituzionale, per il solo fatto, che non sia previsto dall’ordinamento. Nelle società libere a differenza di quelle autoritarie è lecito tutto ciò, che non sia vietato. Una condizione deve, però, essere osservata la composizione del Comitato di Conciliazione deve ubbidire a criteri prestabiliti e il funzionamento essere trasparente per consentire il controllo da parte dell’opinione pubblica. Non mi convince la tesi che fosse più costituzionale la decisione affidata a vertici di maggioranza, che in assenza di accordo conducevano a crisi extraparlamentari. Men che meno erano costituzionali le crisi, quando erano provocate da dissensi interni ai partiti di maggioranza. Senza l’attuazione dell’art. 49 Cost. i partiti sono associazioni di diritto privato dominati da un leader o addirittura da un padrone ovvero, nei migliore dei casi da un’oligarchia. Là dove il potere è invisibile, lo è anche il contropotere. Il confronto con la democrazia reale deve tener conto della tendenza di ogni dominio alla segretezza (occultare) e al mascheramento (occultarsi), secondo gli insegnamenti del Cardinal Mazarino. Bisogna non far capire i propri obiettivi, per impedire agli avversari di ostacolarli ovvero mascherarli dietro promesse, che, come diceva Clemenceau, in politica impegnano soltanto chi le ascolta. Se chi governa ha il consenso della maggioranza degli elettori, questo è un bene in sé, ma non basta bisogna anche essere capaci di mantenere le promesse e particolarmente quelle, che hanno prodotto consenso dal reddito di cittadinanza alla flat tax, che allo stato non hanno coperture, anche con la vecchia formulazione dell’art. 81 Cost. e ne avranno sempre meno, se dovessero aumentare gli interessi sul debito pubblico, che continua a crescere, malgrado l’avanzo primario. Dobbiamo imparare a misurare le parole e per esempio, per quanto i confini siano labili, non confondere la xenofobia con il razzismo, come la critica dura alla politica israeliana all’antisemitismo. I piccoli e medi imprenditori dl Nord est e gli artigiani di tutta Italia non sono il blocco sociale del nuovo fascismo. Gli attentati alla nostra Costituzione sono stati fatti non da plebi aizzate da demagoghi populisti, ma da personaggi presenti nelle istituzioni e ricevuti nei salotti buoni della finanza italiana ed internazionale, con la complicità di tecnici e esperti accreditati in Europa e da professori universitari al servizio del potere. Sconfitti dal popolo nel referendum costituzionale del 4 dicembre e nelle elezioni del 4 marzo cercano la rivincita con una sistematica disinformazione mediatica, per la quale la legge elettorale va cambiata con premi di maggioranza, per consentire alle minoranze di governare, invece di togliere le incostituzionalità più evidenti come il voto vincolato e congiunto per candidati uninominali e liste bloccate o le follie di votare in Campania per il M5S ed eleggere una grillina in Piemonte( un caso vero). Felice Besostri Milano 17 maggio 2018

Il socialismo? Buono per mezzo mondo. Scuola, sanità, reddito di cittadinanza e tasse mettono tutti d'accordo. | Blog di dilloconinumeri

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lunedì 14 maggio 2018

The Crisis Of Globalisation: Inevitable War?

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Why Macron Is Not The New Left

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Münchau sul Financial Times – L’Italia cerca la sua via d’uscita dall’eurozona | Vocidallestero

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COSTRUIRE SUBITO UN SOGGETTO POLITICO SOCIALISTA di Roberto Biscardini per Jobsnews Quotidiano di informazione del 12 maggio 2018 - Il Socialista

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Piketty: i Bramini che si sono presi la sinistra | Libertà e Giustizia

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venerdì 11 maggio 2018

Portugal: From Sick Man To Poster Boy

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Per chi suona la clausola di salvaguardia | P.Balduzzi

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Migrazioni, sicurezza e difesa: priorità del bilancio Ue - Sbilanciamoci.info

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Nodi che l’Italia deve affrontare - Sbilanciamoci.info

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La ricchezza dei pochi non fa girare il mondo - Sbilanciamoci.info

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Lavoro federale e sanità, le idee di Bernie per il 2020 - Sbilanciamoci.info

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Lavoro e politica. Un’inchiesta sulle classi popolari - Sbilanciamoci.info

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China and the Future of Democracy by Barry Eichengreen - Project Syndicate

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Paolo Bagnoli: Governo, partiti e fallimenti: una lettura pessimistica dello stallo - Il Fatto Quotidiano

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Franco Astengo: Antipolitica

DALL’ANTIPOLITICA ALL’AUTONOMIA DELLA TECNICA POLITICA di Franco Astengo Il ritorno sulla scena dell’ipotesi di governo Lega – M5S, ancora tutta da verificare, ha suscitato in autorevoli commentatori l’idea che in Italia si stia avviando un “laboratorio populista”, osservato speciale dall’UE, giudicando i protagonisti impreparati a gestire la complessità di un Paese come l’Italia. Una visione corrente ma, almeno a mio giudizio, semplificatoria dello stato di cose in atto. Per avviare un tentativo di analisi sulla base della quale tentare una definizione di fase partirei infatti da più lontana, dalla scaturigine cioè della resistibile ascesa del M5S che poi è all’origine di ciò che è accaduto con le elezioni del 4 marzo e di conseguenza di ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi. In principio infatti c’è stata “l’antipolitica”. Un’antipolitica che, nello specifico, si è presentata in condizioni anomale rispetto alla “classica” definizione teorica del termine. Si è sempre previsto, infatti, che l’antipolitica si sviluppasse e si scontrasse in una situazione di “pensiero forte”, elevando a principi – guida norme teologiche, morali, estetiche e sopravanzando di conseguenza la tecnica politica. Ciò non è accaduto in Italia nel corso dell’ultimo decennio: non si era in presenza di alcun “pensiero forte” anzi ci si è trovati – da questo punto di vista – in una fase di vera e propria decadenza e di affermazione proprio del “pensiero debole” e la stessa antipolitica non ha espresso alcun valore morale, estetico, teologico che affrontasse questa vera e propria deriva. Ci si è limitati, da parte dei propugnatori di quella che appunto è stata definita “antipolitica” a lanciare una semplice risposta polemica all’apparente razionalismo dimostrato dall’establishment dominante. L’establishment dominante (sicuro interprete dell’antico motto marxiano”il governo qualunque esso sia è sempre il comitato d’affari della borghesia”) si è curato soprattutto di svellere le distinzioni ideologiche e presentarsi, in fin di tutti i fini, in una visione comune del potere tra schieramenti “temperati” , accomunati dall’idea centrale della cessione di sovranità dello “Stato Nazione”, in funzione di una sovranazionalità, quella europea, dimostratasi però da subito assolutamente matrigna nei confronti delle condizione materiali di vita dei cittadini. Una sorta di super – consociativismo (altro che bipolarismo e alternanza!) quello che ha attraversato il sistema politico italiano negli anni della grande e mai conclusa transizione, seguita a Tangentopoli, alla caduta del Muro di Berlino, alla stipula del trattato di Maastricht. In questo quadro abbiamo avuto una gestione di governo, resa ancor più aspra dalle condizioni contingenti e punitiva verso i ceti deboli della società, che ha finito con l’aprire le porte all’assunzione da parte degli epigoni dell’antipolitica di una veste, questa sì decisamente populista, che ha portato a squilibrare progressivamente il quadro definito dell’alternanza e del bipolarismo “temperato” ridotto dentro il “cercle inn” dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. Tutto questo è avvenuto mentre si spegnevano gli ultimi fuochi di quella che era stata definita come globalizzazione e si apriva uno scenario affatto diverso sul piano planetario. Inoltre, nello specifico, andava a mancare sul piano istituzionale la rappresentanza delle più acute contraddizioni sociali con la pratica chiusura dei soggetti tradizionalmente legati ai ceti in maggiore difficoltà economica e culturale. L’antipolitica così, affrontata questa parabola adesso cala la maschera e si sta facendo Stato , tentando la via del governo quale compimento dell’atto formale di identificazione con il potere. Questo fatto conferma la teoria che l’antipolitica non segna nella storia delle idee un momento inaugurale, la comparsa di una categoria nuova, indipendente e realmente alternativa rispetto a quella che era considerata “politica” (da combattere). Sta accadendo proprio in queste ore che l’antipolitica nel suo tentativo di farsi Stato utilizzi quegli strumenti della tecnica politica che maggiormente contraddicono le sue origini e le stesse ragioni dell’aggregazione del consenso che vi si è riversato attraverso il voto popolare. L’antipolitica infatti sta usando “a tutto tondo” proprio lo “scambio politico” (al riguardo del quale si stanno adombrate soluzioni che nemmeno al tempo del famigerato CAF) e l’autonomia del politico intesa nel suo senso più deteriore, di totale distacco e contrapposizione rispetto al concetto di delega insito nel meccanismo della rappresentatività. Sarà un cozzo molto duro quello tra antipolitica e tecnica della politica che potrebbe essere risolto attraverso una visione autoritaria dell’agire politico come soluzione da “nodo gordiano”. Una soluzione funzionale al sistema di dominio capitalistico che sarà ricercata sulla base di un rilancio di proposte già ampiamente sconfitte sul campo nel nome dell’usurata governabilità nella crisi del modello delle cosiddette democrazia occidentali “mature”: presidenzialismo, centralità del governo, accentramento del potere e svuotamento finale della democrazia rappresentativa, in un quadro complessivo di stretta autoritaria e di riduzione secca nel rapporto politica/società in funzione del taglio del cosiddetto “eccesso di domanda”. Così come era già stato tentato dalla Bicamerale del 1997, dalla proposta del centro destra nel 2006, dalle modifiche costituzionali proposte dal PD e poi bocciate dal referendum del 4 dicembre 2016: tutte proposte segnata dalla medesima tensione e dalla stessa ansia: quella della ricerca del potere. L’antipolitica oggi sta così raggiungendo la sua sublimazione esaltandosi nella più pura delle tecniche della politica e raggiungendo i propri –un tempo deprecati – predecessori nell’affannosa ricerca della governabilità fino a se stessa.

mercoledì 9 maggio 2018

Squilibri macroeconomici in eurozona: cosa non ha funzionato? | Economia e Politica

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Solidarity and the Future of Europe » EuVisions

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Benedict Anderso e le molteplici “facce” del nazionalismo | Avanti!

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D'Alema: in Marx ritroviamo la forza di una passione che deve spingerci a non arrenderci allo “stato di cose presenti” - nuovAtlantide.org

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“The Momentum Is With Us”

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Macron’s Anniversary

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‘Amlo’, il Jeremy Corbyn messicano? – L'Argine

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VISIONI E VISIONARI. CHIARIAMOCI LE IDEE | Stefano Rolando - ArcipelagoMilano

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MILANO NON SA CRESCERE O NON VUOLE CRESCERE? | Luca Beltrami Gadola - ArcipelagoMilano

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martedì 8 maggio 2018

Paolo Bagnoli: Il canone della politica

la biscondola nonmollare il canone della politica paolo bagnoli Il Paese è immerso in una lacerante quotidianità L’Italia è incistata nell’incertezza; un qualcosa che prescinde dalla stessa soluzione di governo, qualunque essa possa essere. Lo stesso governo emanazione di Sergio Mattarella, invece di rappresentare un punto saldo di tenuta istituzionale, in questo clima, rischia di assomigliare all’ancoraggio di una nave che soffre la violenza del mare per quanto ancorata al molo. Ma il mare nel quale naviga la Repubblica da un quarto di secolo è quello delle macerie lasciate da un sistema politico disintegratosi, non solo nella sua dimensione partitica, ma per la mancata risposta della politica alla devastante ondata giustizialista che lo investì: Nel momento in cui si è accettato – e qui la classe politica che era rimasta intatta da Tangentopoli ha grosse responsabilità essendosi nascosta e cercato di lisciare il pelo del gatto invece di tenerlo a freno - che lo stato di diritto si trasformasse in un’entità dominata dalla virtuosità esterna espressa dalla giurisdizione , allora, l’etica della Repubblica quale sistema fondato sulle leggi scritte e non scritte della politica democratica si è incrinata. Smarrito il significato del “mandato politico” il canone democratico si è basato solo sul principio della delegittimazione di cui il tragico nostrano sistema bipolare ha rappresentato la sublimazione: chi perdeva era delegittimato da ogni punto di vista; andare al governo significava la legittimazione della verità e della conquista dello Stato. E’ stato drammatico, dopo Tangentopoli, non aver compreso che la democrazia avrebbe ripreso campo nel senso più pieno solo rilegittimando il canone della politica; l’occasione fu persa, ma dopo il referendum costituzionale del 2016,la vittoria dei No, riponeva con forza sul tavolo il problema; un esagerato e immotivato riguardo verso il renzismo ha impedito che si potesse recuperare un senso pieno alla politica democratica. Se ciò fosse avvenuto il penoso spettacolo di questi due mesi ce lo saremmo risparmiato. Lo scenario cui assistiamo è, a dir poco, deprimente. Scomparsi ogni ideale e ogni ideologia ha preso il sopravvento la paura di riorganizzare seriamente la lotta politica e prodotto leggi elettorali sbagliate, l’emergere di ceti politici senza nerbo vero, un battere continuo sul mito negativo della casta, il dilagare del populismo e della demagogia. E’ trascorso mezzo secolo nel quale tutto ciò che si è verificato lascia le orme di una serie concatenata di fallimenti: il partito democratico, il bipolarismo, l’ulivismo, l’Unione, il polo delle libertà, il governo grigio e doloroso dei professori, l’illusione di un una nuova specie di pentapartito con Enrico Letta, un modo più che sbagliato di porsi di fronte al problema dei migranti e, infine, l’affermazione dei 5Stelle che sublima il tutto nel nulla pericoloso come ci dicono le cose che abbiamo sotto gli occhi.. La ripresa, però, non ci sarà se il Paese non verrà sollecitato a una ampia, diffusa e seria discussione pubblica. Giornali, televisioni, social si rosolano negli echi della quotidianità aumentando alle macerie politiche quelle dell’informazione e della riflessione; tutto pare affogato nelle acque limacciose e grigie della mera comunicazione, la quale, alla fine produce l’effetto contrario a quello desiderato poiché, sempre che uno ci ragioni, batti oggi e batti domani la costruzione artificiosa di fatti e persone finisce per franare. Ci rendiamo conto che la nostra lettura delle cose possa apparire troppo pessimista. Non ci stupiamo considerato a cosa ha portato tanto ottimismo e attendismo e come la classica via d’uscita della nostra mentalità - il dire tipicamente italico ”mah! Staremo a vedere” - di cose belle da vedere non ha dato niente. Se l’indignazione morale non coglie i lati critici e, quindi, esprime solo approssimazioni, allora essa si trasforma in rabbia populistico-demagogica; se, invece, il pessimismo serve a mettere in risalto quanto un esercizio critico della situazione dovrebbe imporre a chi ha cuore l’avvenire della Repubblica, allora non è un fatto da deprecare, non è mancanza di fiducia né dismissione morale; certo che ha il sapore amaro di una verità di fronte alla quale troppo colpevolmente si è finito per chiudere gli occhi.

venerdì 4 maggio 2018

Syriza And The 21st Century Left

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What Prospects For The Polish Left?

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Perché i socialisti di tutto il mondo devono assumersi la causa del Rojava | Global Project

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"Un'altra Europa è possibile" di Maurizio Cotta - Pandora Pandora

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Le statistiche Istat dicono occupati, mentre nella realtà sono nuovi precari - Diritti GlobaliDiritti Globali | il sito di SocietàINformazione Onlus e del Rapporto sui diritti globali

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Pierre Moscovici e il disavanzo del tre per cento | Insight

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Più o meno Europa? | Insight

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Le idi di Marzo della politica italiana | Insight

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Reddito di cittadinanza. È la risposta giusta alla prossima rivoluzione industriale? - Menabò di Etica ed Economia

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mercoledì 2 maggio 2018

Paolo Bagnoli: DEMAGOGIA, NON SENSO DELLO STATO | Fondazione Critica Liberale, dal 1969 la voce del liberalismo

DEMAGOGIA, NON SENSO DELLO STATO | Fondazione Critica Liberale, dal 1969 la voce del liberalismo

EUROPP – What are the prospects for the Polish left?

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EUROPP – Caught between two stools: The Five Star Movement and government policy

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EUROPP – Why the left loses: Explaining the decline of centre-left parties

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The General Theory at 80. Reflexions on the enduring relevance Keynes' Economics | Insight

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Pierre Moscovici e il disavanzo del tre per cento | Insight

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La Cina e la corsa all'Africa: la penetrazione cinese tra economia e geopolitica - Pagina 2 di 4 - Pandora Pandora

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Is Marx Still Relevant? by Peter Singer - Project Syndicate

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Renewal | Korea Moves Left - on South Korean social democracy

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Forum Disuguaglianze Diversità | La guerra tra poveri ha sostituito la guerra alla povertà

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Franco Astengo: Art. 49 della costituzione

ARTICOLO 49 DELLA COSTITUZIONE E LEGISLAZIONE SUI PARTITI Un’intellettuale e sincero democratico del valore di Giovanni Scirocco accenna, nel dibattito aperto dall’intervento di Gim Cassano, al ruolo dei partiti e all’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione. Spiace ferire il nobile cuore di costituzionalisti illustri e di persone come i frequentatori del “Rosselli”che hanno dato un grande contributo alla difesa della democrazia nel nostro Paese, ma mi permetto di essere contrario a questa ipotesi. Una contrarietà che nasce da due ragioni molto precise: la prima concerne la pericolosità intrinseca che risiede nella regolamentazione legislativa di una materia così delicata. In realtà non siamo in grado di prevedere lo sviluppo della pericletante democrazia italiana tanto da far pensare che può risultare più saggio non appendersi a norme predefinite che possono sempre essere interpretate e utilizzate in maniera distorta rispetto alle intenzioni di partenza. In secondo luogo (e quest’aspetto è già occasione di polemica) la legislazione dovrebbe riguardare essenzialmente la possibilità di partecipare alle elezioni: ecco, questo non dovrebbe essere il solo scopo di esistenza dei partiti politici, la finalità “unica”. Se leggiamo con attenzione l’articolo 49 della Costituzione ci accorgeremo che così non deve essere obbligatoriamente. La finalità della lotta politica rimane sicuramente il potere, ma non solo questo: anzi quella del potere quale finalità esaustiva dell’agire politico è la causa più importante della grave crisi che percorre l’intero sistema politico italiano. La scelta dell’Assemblea Costituente fu quella di considerare il partito un’associazione non riconosciuta al fine di evitarne i condizionamenti come avveniva durante il regime fascista. La scelta fu quella di non vincolare il soggetto politico ad alcuna specifica normativa che potesse limitarne l’attività se non a quelle poche e blande norme del codice civile che si applicano anche alle associazioni culturali. A testimonianza dell’importanza che rivestono queste che possono essere ben definite come “formazioni sociali” il nostro sistema dedica ai partiti politici due previsioni costituzionali: per l’articolo 18, che ha portata più generale, i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale : questo diritto si estende anche ai partiti politici. L’articolo 49, poi, dispone che tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Sulla ricerca del significato di “metodo democratico” s’impegnò soprattutto il grande costituzionalista Costantino Mortati che lo riassunse in 2 punti: a) Il metodo democratico significa l’implicazione del divieto assoluto a qualsiasi forma di violenza fisica o morale diretta a imporre determinate idee o scelte politiche di partito: ciò al fine di impedire il risorgere del triste fenomeno squadristico che determinò la nascita del partito fascista; b) La libertà di associazione è totale, ma subisce un solo controllo ideologico riguardo al programma del partito: tale controllo è previsto dalla stessa Costituzione (disposizione transitoria XII) esclusivamente al fine di impedire la ricostituzione del partito fascista. Entrando nel merito del significato profondo dell’articolo 49 della Costituzione nelle sue successive disposizioni si comprenderà meglio la contrarietà alla fissazione di termini legislativi nel merito. Andando quindi a riassumere. I partiti politici sono diffusi nei paesi democratici e lo studio delle funzioni da essi svolte è diventato centrale per la scienza politica. Evidente e immediato è il loro ruolo di mediatori tra lo Stato e la società civile (una parte di quei corpi intermedi che oggi si tende a cancellare). In questo senso le loro funzioni specifiche sono: - Strutturazione della domanda politica. I partiti trasmettono la domanda politica della società, semplificando la complessità degli interessi individuali. Un partito dovrebbe riunire persone che condividono valori simili e rappresentare, a differenza di un gruppo di pressione, un interesse generale; - Strutturazione del voto. I partiti fanno sentire la voce degli elettori e danno stabilità al comportamento dei votanti; - Socializzazione politica. I partiti fanno dell’uomo un animale politico: lo integrano in un gruppo e, focalizzando l’attenzione su tematiche rilevanti per la società, permettono ai cittadini di esprimere la loro opinione in merito. E’ questo il punto che fa sì che la lotta per il potere e la presentazione elettorale non debbano rappresentare il solo fine esaustiva dell’esistenza dei partiti. Esiste un nodo di rapporto tra politica e cultura, di crescita collettiva che è imprescindibile; - Reclutamento e selezione dei governanti. In luogo delle elezioni primarie, sede di un negativo “individualismo competitivo” i partiti dovrebbero svolgere (e hanno anche svolto nella fase di egemonia dei grandi partiti di massa) una funzione pedagogica nella selezione die quadri; - Controllo dei governanti sui governati. In una democrazia rappresentativa i partiti sono strumenti di controllo sul governo a prescindere dalla formazione delle maggioranze; - Formazione delle politiche pubbliche. Un partito porta con sé un programma, cercando attraverso l’espressione concreta di proposte di influire proprio sulla formazione delle politiche pubbliche, ispirandosi anche a teorie politiche di trasformazione della società, di espressione di valori, di identità culturali e riferimenti sociali. Sono questi, dunque, gli aspetti più importanti nella realtà dei partiti che si presentano compresi nel dettato dell’articolo 49 della Costituzione. Non è il caso di metterli a rischio attraverso imposizioni legislative che potrebbe inficiare il dato di fondo: quello della piena libertà di associazione nel concorso di tutti alla formazione delle scelte politiche collettive. Mi scuso se, in parte, ho ripetuto principi che tutti voi conoscete benissimo : non intendevo far lezione a nessuno ma soltanto ribadire questioni che a tutti noi, indipendentemente dalle opinioni specifiche, stanno particolarmente a cuore e alle quali abbiamo profuso impegno di studio e di iniziativa politica.