sabato 28 luglio 2012

Incentivi alle imprese, la versione Giavazzi / italie / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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PSI Lombardia: DIFENDERE LA DELIBERA IN NOME DELLA LAICITA’, ROTTURA CON I CATTOLICI DEL PD.

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Statement by Party of European Socialists (PES) President, Sergei Stanishev on the Romanian referendum on 29th July | PES

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La bollente estate spagnola : PANEACQUA

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Eurozona in crisi : PANEACQUA

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Populismo double face
Di Pietro e B., destini paralleli - Italia - l'Unità

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La ricetta di Stiglitz: combattere le disuguaglianze per far ripartire la crescita « Keynes blog

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La cattiva società delle disuguaglianze « Keynes blog

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Come uscire, con intelligenza, dall’Euro « Keynes blog

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Super Mario Draghi e i suoi poteri (poco super) « Keynes blog

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Giuseppe Tamburrano: Il tema è sempre lo stesso:riformare i partiti | fondazione nenni il blog

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S&D: "In Russia non sono rispettati i diritti fondamentali" | EU Progress

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Krugman tra Germania e Grecia | EU Progress

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Swoboda in Israele: l'Europa inizi un nuovo processo di pace | EU Progress

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Emiliano Brancaccio » La “svolta” di Draghi, se non è un bluff, resta insufficiente

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Eddyburg.it - Un'altra economia per una nuova Europa

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CGIL - Esodati: Camusso, se non ci sarà una soluzione per tutti la protesta continuerà

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Felice Besostri: Chavez Utǿya e dintorni

Chavez Utǿya e dintorni
Perché il 22 luglio a sinistra si sia poco o punto ricordato della strage di Utoya,dell'anno scorso, quando 77 giovani socialisti norvegesi sono stati massacrati da un fanatico cristiano e razzista, ne ho parlato in un mio post al link riprodotto. solo domande non ho risposte, perché pensare che si tratti di discriminazione ideologica mi fa orrore
http://www.facebook.com/groups/soylocoportiamerica/permalink/511215318895066/.
TESTO DEL POST
per capire l'importanza sarebbe bene porre a confronto la nuova immagine digitalizzata con quella tradizionale dei ritratti di Bolivar. Comunque da una prima impressione non mi sembra che assomigli di più a Chavez di prima, così sono smentiti tutti i critici a prescindere del Segundo o Tercero Libertador de America latina( a proposito quando si smetterà di usare questa espressione eurocentrica e coloniale? Non è meglio indio-latina?) Un segno che la sinistra non è pronta ad assumere il governo del paese è la sua capacità di ignorare i problemi. Vogliamo discutere di Chavez e Castro o delle Farc ? I cambiamenti in America del Sud( la geografia appare essere più neutrale, resta che conferma che l'America non esistesse prima della sua scoperta). Sarà duro e doloroso, ma a sinistra occorre discutere di America latina, di medio-oriente, di minoranze cristiane in paesi musulmani, di paesi africani liberati dal colonialismo, degli acquisti di terra dei cinesi in Africa o ci basta che esista la Comunità di Sant'Egidio? Il problema è che non ci sono i luoghi per iniziare la discussione. Internet? Una constatazione. Il 22 luglio domenica scorsa, era il primo anniversario della strage di Utoya? volevo commemorarlo su alcuni siti di sinistra. Poi ho deciso di aspettare per vedere chi ne avrebbe parlato. Non escludo che da qualche parte sia comparsa una ruga o due. La notizia c'era tutta. Un estremista( però cristiano e non mussulmano) razzista ha sterminato 77 giovani che facevano un campo estivo( pensiamo con terrore che possa succedere al prossimo Tilt camp di Marina di Grosseto) scelti non a caso ma perché membri di un'organizzazione giovanile affiliata al DNA Det Norske Arbeiderparti Partito dei lavoratori norvegesi , socialdemocratic, ritenuti complici del multiculturalismo, dell'invasione mussulmana che avrebbe distrutto le radici cristiane dell'Europa. Infatti qualche decina dalle foto e dei nomi chiaramente non erano di etnia norvegese e , scandalo erano anche dirigenti dell'organizzazione giovanile. Un'organizzazione giovanile di sinistra di 5.000 membri su circa 5 milioni di abitanti, come se in Italia ce ne fosse una con 60.000, chi l'ha vista? Qualcuno mi sa spiegare il silenzio e l'indifferenza? Sarebbe stato lo stesso se un fanatico mussulmano avesse massacrato 77 scout cattolici? ovvero un colono israeliano 77 studenti palestinesi?
Felice Besostri
Ratsching 28 luglio 2012

mercoledì 25 luglio 2012

La mondialisation réduit-elle les inégalités ? - La Vie des idées

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Europe: the Meaning of a Crisis - Books & ideas

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Peppe Giudice: Socialismo non è solo un nome

Socialismo non è solo un nome.


pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno martedì 24 luglio 2012 alle ore 23.18 ·
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Socialismo non è solo un nome





Nomina sunt conseguentia rerum: un antico detto filosofico. Insomma il nome non è separabile dal contenuto che esso esprime.

Non lo capiscono molti del PD – anche di quello “fassiniano” come Gualtieri – i quali come il baffetto di ferro, si arrampicano sugli specchi sul tema del socialismo rivendicando la sua confluenza in un generico ed indeterminato progressismo figlio di nessuno.

Sappiamo che il PD si è fondato su una traballante intesa tra i democristian-prodiani e i postcomunisti che vivono un complesso di colpa verso il socialismo. Non che tutti i compagni provenienti dal PCI vivessero questo complesso di colpa. Di certo non lo vivevano gli ex sindacalisti come il grande Bruno Trentin (“voglio morire socialista”) o compagni serissimi come Gavino Angius, un ex berlingueriano convinto assertore della identità socialista della sinistra ed oppositore del concetto vuoto di “sinistra senza aggettivi”. Faccio due esempi eminenti, ma vi sono molti compagni provenienti dal PCI che la pensano allo stesso modo.

E’ piuttosto quel corpo centrale dell’apparato (berlingueriano, poi occhettiamo e poi ancora o dalemiano o veltroniano) che ha visto nel rapporto con i post-dc piuttosto che con i socialisti l’asse centrale della loro politica. L’Ulivo è frutto di quell’atteggiamento ed anche il PD.

Fatto è che molti ex PCI , dopo il 1989, hanno guardato agli Stati Uniti piuttosto che all’Europa (erano profondamente ignoranti in tema di socialdemocrazia). E questo fu il tratto d’unione con Prodi che vagheggiava un Ulivo mondiale guidato da Clinton il più grande deregolatore dei mercati finanziari (dei suoi meriti scopatori non possiamo parlarne qui) che ha spalancato porte e finestre al mercato delle vacche dei derivati. Con l’aiuto di Tony Blair. Il suo consigliere Giddens parlava di morte del socialismo non solo quello reale ma anche di quello democratico (alla Bad Godesberg). Questa tesi della morte del socialismo andava a pennello per D’Alema e Veltroni, e chiaramente per i democristiani dell’Ulivo. Peccato che quella si è rivelata essere la parte più degenerata del socialismo europeo. Al quale si possono imputare parecchie cose. Ma non certo quello di essere stato coerentemente socialista. Anzi se c’è un torto del PSE (o meglio di una parte di esso) è proprio la incoerenza tra le politiche fatte e la tradizione socialista. Leggevo una intervista ad un leader storico del socialismo europeo e spagnolo, Felipe Gonzales, in cui c’è una critica dura a Zapatero per non aver modificato il meccanismo economico messo in piedi da Aznar (e che si è fondato su bolle speculative immobiliari e indebitamento privato) e che è alla base della crisi che oggi vive la Spagna. Un altro grande leader, il portoghese Mario Soares, disse che Tony Blair era una Thatcher Mascherata. Insomma da parte di quelli che furono leader socialisti negli anni 80, c’è una aspra critica al PSE degli anni 90 e 2000. Non a tutto: Jospin era cosa radicalmente diversa da Blair. Così i socialdemocratici svedesi o la sinistra della SPD. ED oggi c’è un profondo ripensamento in corso in seguito alla crisi. C’è pure nel PD in gente come Fassina, ma sempre con la prudenza di non pronunciare mai il nome socialismo. Sui contenuti più autentici del socialismo democratico mi sono soffermato più volte. Posso solo dire che esso non si riduce certo al Welfare, ma punta a trasformare profondamente ed in modo democratico (e nella libertà) i rapporti di potere nella economia e nella società capitalistica. Come diceva il compagno Paolo Bagnoli, il socialismo democratico è socializzazione del potere come percorso di emancipazione sociale e di liberazione umana. Il welfare è un pezzo di esso, come lo è l’economia mista, la programmazione, la democrazia economica. Tutte insieme svolgono quella funzione emancipatrice. E qui sta la differenza tra socialismo e altre forme spurie di progressismo. Queste ultime – liberal-sociali o democristiane (cosa diversa dai cristiani-socialisti come Delors o Carniti) , vedono nei concetti di giustizia e solidarietà (lo metteva bene in evidenza Massimo Salvadori) non un movimento emancipatorio dal basso tramite un lotta di classe concepita e praticata in forme democratiche, civili e razionali (lotta di classe non confinata ai lavoratori manuali ovviamente) per modificare assetti strutturali di potere, ma un movimento dall’alto verso il basso – la solidarietà per garantire la governabilità sociale senza intaccare i meccanismi strutturali che provocano ingiustizia ed esclusione.

Di qui l’impossibilità di costruire un progressismo vago e senza bussola.

Insomma senza una chiara scelta socialista non c’è sinistra che tenga. Naturalmente questo ragionamento vale anche per quei partiti socialisti che hanno preso sbandate neoliberali, ma vale soprattutto per il PD.



PEPPE GIUDICE

Gianfranco Sabattini - Socialdemocrazia, il cantiere della 'Quarta Via' - Avanti della domenica

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Matteo Morandini - Nencini: un nuovo centrosinistra per l'Italia - Avanti della domenica

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Guido Martinotti: L’IMPUDENZA DEL PROFESSOR GALLI DELLA LOGGIA | Arcipelago Milano

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Walter Marossi: IL PD LOMBARDO E L’AUTOSTIMA | Arcipelago Milano

IL PD LOMBARDO E L’AUTOSTIMA | Arcipelago Milano

lunedì 23 luglio 2012

Sergio Ferrari: Note per gli Stati generali

Note per gli “Stati Generali”

di Sergio Ferrari*

Non si può rinunciare a partecipare al nuovo tentativo di creare - nonostante i vari fallimenti precedenti - un forte partito legato alla storia e alla tradizione del socialismo europeo. Non è chiaro se questo sia l’intento di questi Stati generali del centro-sinistra o se la dizione, appunto, di “centro” e di “sinistra” precluda a qualche ipotesi differente.
Sulla analisi della II Repubblica fornita da Giudice, possiamo convergere e quindi non ci sembra al momento necessario aggiungere altro. Vorremmo condensare il tutto con l’osservazione secondo la quale pressoché tutti i partiti della seconda Repubblica, sono – e non a caso - delle costruzioni prive di storia e di memoria, tenuti assieme dal cemento opportunistico della gestione del potere, anche perché la storia e la memoria non li favoriscono. .
Meraviglia – ma non più di tanto – il fatto che questa tragicommedia trovi il supporto di dotti articoli di fondo di tutti i giornali di rilevanza nazionale che arrivano a sostenere questi “incroci” sino a ritenere possibili una sintesi tra Gramsci ed Einaudi. .
Tutto questo richiama almeno due problemi che dovrebbero essere trattati in un dibattito come quello in questione: il primo riguarda il fatto che la critica non può limitarsi alla modestia del ceto politico, ma riguarda più in generale la classe dirigente di questo paese, quella intellettuale e quella imprenditoriale. C’è in questa dimensione una specificità del nostri paese che è insieme causa e caratteristica del nostro declino.
La seconda questione sulla quale sarebbe opportuno una riflessione dovrebbe riguardare il vuoto propositivo di tutte le forze politiche in materia di superamento di quel declino. La concomitante crisi economica internazionale, che ovviamente sovrasta quella nazionale, serve ottimamente per chiudere a quel livello, il dibattito di politica economica e sociale. Se ci si dovesse interrogarsi su quali sono le cause della specifica crisi del nostro paese si troverebbero solo spiegazioni di comodo, o ovvietà, dalla flessibilità del lavoro, utile per ridimensionare la presenza del sindacato, alla evasione fiscale, ovviamente da reprimere.
Un ipotetico partito Socialista in questo paese non può permettersi di confondere – come nota anche Giudice – il movimento con la costruzione di una politica di governo, ma non può nemmeno proporre una politica di governo quale quella inesistente espressa dagli attuali partiti della sinistra o, tanto meno, dai vari centristi: la crisi del liberismo ha avuto effetti per cui nel nostro paese si è accumulata una distribuzione della ricchezza tra le peggiori in assoluto a livello dell’Unione, le divergenze Nord-Sud si sono ampliate, la nostra competitività tecnologica si misura ormai con quella dei paesi in via di sviluppo, la stessa qualità della nostra democrazia sembra sempre più trovare forme di contenimento piuttosto che di espansione sia in relazione ai processi di internazionalizzazione, sia come conseguenza di un ampliamento delle varie forma di disoccupazione e della svalutazione del lavoro, la stessa green economy riceve nel nostro paese una versione che nulla a che fare con un nuovo sviluppo attento alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Insomma ci sarebbe un intera economia e una intera società da ricostruire adottando i principi della libertà e dell’eguaglianza che sono propri della storia socialista e, nel contempo, adottare una proposta riformatrice per “una diversa qualità dello sviluppo” e per “una società diversamente ricca”, per dirla con Riccardo Lombardi.
Un Partito con una linea riformatrice esplicita e definita in queste direzioni non teme di verificare le possibilità di compromessi necessari per la formazione di un Governo, ma non ha nemmeno nessuna preoccupazione per una sua presenza all’opposizione. Peraltro il cittadino non apprezza – giustamente – le identità politiche ambigue, mentre è più aperto ai compromessi necessari per realizzare un Governo, compromessi che non rappresentano la rinuncia alla propria identità.
E’ con una linea politica di questa natura che la nostra necessaria presenza a livello europeo potrebbe diventare importante per noi e per la stessa costruzione della federazione europea.
Ma per arrivare a tutto questo il lavoro da fare e le forze da mobilitare, coinvolgere e ascoltare sono tali, attualmente, da mettere in secondo o terzo piano le questioni tipo l’accordo o meno con l’ IdV, essendo prioritario mettere in campo quella cultura che come ha ricordato Giudice, è stata oscurata con una perdita secca per tutta la sinistra.
Della drammatica crisi internazionale abbiamo capito tutto e cioè che si è trattato e si tratta di un complesso di speculazioni, di truffe e di meccanismi perversi che avrebbero richiesto l’intervento di una censura e di una retata. Quello che non possiamo capire è perché queste difese non ci sono state e, nonostante i gravissimi danni prodotti, si fa ancora molta fatica a metterli in piedi. E per capire questa questione ci sembra necessario risalire ai meccanismi primitivo del funzionamento del sistema capitalistico.
Se si vorrà procedere in queste direzioni noi pensiamo di esserci.

*per l’Associazione LABOUR “R. Lombardi”


Roma, 23 luglio 2012

L'Unità 23.07.12 - Il partito dei socialisti e democratici europei (di R. Gualtieri) - Roberto Gualtieri - Europarlamentare PD

L'Unità 23.07.12 - Il partito dei socialisti e democratici europei (di R. Gualtieri) - Roberto Gualtieri - Europarlamentare PD

Hollande fa cose di sinistra. Lo spread scende. – Estremo Occidente - Blog - Repubblica.it

Hollande fa cose di sinistra. Lo spread scende. – Estremo Occidente - Blog - Repubblica.it

Felice Besostri: Sulla Siria

Sono sempre affascinato, fin dal tempo della mia maturità intellettuale,alla fine della scuola media non ancora unificata, da quelle ricostruzioni, come quella che commento, degli avvenimenti, che danno loro, la spiegazione di una razionalità di un disegno perseguito nel tempo. E’ un esercizio intellettuale che è nel contempo inquietante perché svela come siamo in balia di forze che disegnano con largo anticipo i destini del mondo senza tener conto della maggioranza dei suoi abitanti, ma anche rassicurante perché una volta denunciato il complotto può essere smascherato, ma soprattutto ci convince che non siamo vittime di concatenazioni fuori controllo e perciò da un possibile esito catastrofico( a meno che la catastrofe sia apparente). Affascinato perché non potrò mai competere con tali ricostruzioni, che richiedono di poter disporre di una massa di informazioni privilegiate, la cui raccolta richiede più tempo di quello, che possiamo dedicarci. La lettura degli avvenimenti siriani e libici, come quella di Cuba o del Venezuela, per non parlare del conflitto israelo-palestinese o del regime iraniano, passando per il Tibet, intanto dimostra che la sinistra, o anche il solo centro-sinistra, non è pronto per governare il paese in quanto non ha una sua politica estera. Per trovare un apparente accordo deve rimuovere i problemi ovvero accontentarsi di formule. Le formule sono suggestive al momento della loro creazione, per esempio il notissimo “Due popoli, due Stati” per risolvere il conflitto in Medio Oriente( a proposito gli Stati Uniti nulla c’entrano nell’affermarsi dell’espresssione, che è britannica, in quanto per loro l’Oriente cominciava con la penisola balcanica, in gran parte sotto dominazione turca, e quello Vicino finiva ad Istanbul e quindi il Medio iniziava dal lato anatolico del Bosforo). Negli ultimoi decenni poi la sinistra nelle sue varie sfaccettature si è fatta condizionare dall’ideologia dei diritti umani, una chiara deviazione illuministica-borghese, come se fosse possibile che ci siano diritti universali, fuori dal tempo e dallo spazio, quindi che ignorino la storia e la geografia: soltanto gli estremisti cattolici integralisti rimproverano alla sinistra di essere “relativista”. Per fortuna sopravvivono aree di resistenza che applicano un criterio semplice ma infallibile: sono miei amici i nemici dei miei nemici. Quindi che Assad e Gheddafi(scusate è una delle possibili trascrizioni dall’arabo)torturassero i loro oppositori e li incarcerassero senza tanti processi con garanzia dei diritti di difesa è uno dei tanti dettagli della storia, come le camere a gas, rispetto al grandioso disegno hitleriano di unificare l’Europa e di farne il bastione per salvare il mondo grazie al filo diretto che univa la filosofia greca con quella tedesca. L’uso dell’integralismo islamico contro il progresso da parte degli USA non è una novità basti pensare ai talebani in funzione anti URSS, ma anche all’uso di personaggi laico-socialisti(anche Saddam come Assad è figlio del Baath, formazione ospite regolare dei Congressi del PCI e anche del PSI di Craxi-a questo punto qualcuno comincerà a dubitare del loro socialismo). La mia impressione è che questi grandi complottatori siano degli apprendisti stregoni o degli sprovveduti, perché fanno cadere sicuri amici dell’occidente, come Mubarak e Ben Alì, per sostituirli con i fratelli mussulmani, che rendono più difficile una composizione del problema palestinese. Apparentemente un’azione contro la potentissima lobby ebraico-.sionista- capitalista mediatica, che domina gli Stati Uniti. A meno che il gioco sia ancora più sottile, cioè esasperare la situazione in medio-Oriente per consentire/giustificare un intervento militare israeliano contro l’Iran, il cui regime è il vero nemico dergli Stati Uniti e dietro il quale gli interessi poetroliferi sono evidenti e inoltre è il paese protettore degli sciti che sono uno dei problemi degli Emirati Arabi. Se la lotta è ideologica, i sunniti e tra i sunniti i waabiti e i salafiti sono i miglior alleati, perché nemici del comunismo: non è un caso che tra i fondatori di partiti comunisti nei paesi arabi troviamo soprattutto cristiani ed ebrei. C’è una contraddizione nelle politiche dettate dai diritti umani, che per salvaguardare quelli democratici, si assiste al fenomeno che vanno al potere islamisti che impongono la sharia e quindi la negazione di quelli civili per i non mussulmani o per gli stessi mussulmani laici, per non parlare delle donne e degli omosessuali, ma chi ha la maggioranza ha il diritto di usarla.Non c’è dubbio che tra i diritti umani vi sia la libertà di religione ( ed anche di non praticarne nessuna, ma di questo spesso ci si dimentica anche in Italia)e che per le minoranze cristiane la caduta di Saddam sia stata negativa e lo sarà anche quella di Assad, se costui decidesse di raggiungere i suoi ingenti patrimoni acumulati all’estero( anche questo per i complottisti è assolutamente normale che i governati succhino il sangue al popolo, basta che lo facciano da una posizione rigorosamente anti-imperialista. Ci vuole un altro approccio, militante, cosa facciamo per sostenere i democratici dei paesi arabi? Nulla di paragonabile rispetto all’aiuto agli spagnoli sotto il franchismo o ai sud americani vittime delle dittature miltari,. Comne sinistra nel suo complesso abbiamo sulla coscienza di nion aver fattoo abbastanza per il dissenso nei paesi dell’Est Europa, anche per quello di sinistra: se avesimo un minimo interesse geostrategico la sponda sud del mediterraneo dovrebbe essere un terreno porivilegiato di impegnoe tra l’altro non èp necessario trasferirsi, perchè è rappresentato in casa nostra dai lavoratoriu immigrati regolari e clandestini e la cui prewenza si lega a temi sensibili di politica interna, come l’integrazione, la lotta al razzismo, la tutela dei lavoratori dallo sfruttamento ( chi si occupa dei cinesi sfruttati?), il controllo territoriale della criminalità organizzata, lo spaccio degli stupefacenti. Molto meglio starsene rinbtanati nelle nosdtre sezioni a discutere di alleanze e leggi elettorali e per i nostri dirigenti del miglior modo per essere eletti

Le sirene Alesina e Giavazzi, Montalbano, la loro BCE ed il mio Giappone | Gustavo Piga

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UTOYA. MESSAGGIO DELLA FGS AI GIOVANI SOCIALISTI NORVEGESI DELL'AUF - Partito Socialista - News

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domenica 22 luglio 2012

Where next for eurozone governance? | Progress | News and debate from the progressive community

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Movimento Radicalsocialista - Lombardia, specchio della Nazione

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The ends and means of socialdemocracy Policy Network - Opinion

Policy Network - Opinion

Antica razza padrona Un articolo di Giorgio Ruffolo su Repubblica

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Socialismo e democrazia economica sono ancora obiettivi della sinistra europea? : PANEACQUA

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Il parlamento approva Fiscal Compact e Esm ma lo spread non scende : PANEACQUA

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Le piazze di Spagna contro Rajoy : PANEACQUA

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Lanfranco Turci: Oltre l’austerità : PANEACQUA

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nelMerito.com - LA CRISI OFFRE DAVVERO IL DESTRO PER REGOLARE I CONTI A SINISTRA?*

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Luciano Gallino: A che punto è la notte

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L’ASSISE DELLA SINISTRA SOCIALISTA A BOLOGNA. IL FUTURO DEL PSI E’ SOLO A SINISTRA DEL PD. « Mariannetv

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Publications | Levy Economics Institute of Bard College

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sabato 21 luglio 2012

La gauche retrouve ses accents de 1981 | Le 19 heures de Françoise Fressoz#xtor=RSS-3208#xtor=RSS-3208

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Moody's, l'oracolo e la politica / capitali / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

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PER AMORE DELL’ITALIA, ANDREA ORLANDO (PORTAVOCE DEL PD): «SENZA IL SOCIALISMO NESSUNA EGUAGLIANZA» | Avanti

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I tic ideologici del liberismo - Ragioni di scambio - ComUnità - l'Unità

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Franco Astengo: Corazzieri

Purtroppo la discussione impostata attorno all'articolo di Valentino Parlato "sono un corazziere", al riguardo di prerogative e immunità del Presidente della Repubblica, non coglie il dato di fondo della situazione, che è quello dell'aprirsi - evidente - di un conflitto, tanto paventato quanto esorcizzato, tra "Costituzione formale" e "Costituzione materiale" nel senso dell'avviarsi di una torsione presidenzialista e sostanzialmente limitativa delle prerogative di fondo della centraltà della rappresentatività politica indicate dalla Costituzione Repubblicana.
L'attuale settennato, sulla scia di quando già avvenuto a livello di Presidenza del Consiglio (a partire almeno dal 1987) e nel quadro generale di personalizzazione e spettacolarizzazione della politica, è stato incamminato con decisione sulla strada del Presidenzialismo e il conflitto istituzionale avverso la Procura di Palermo, al di là dei risvolti più precisamente giuridici ma nella sua sotanza politica intende affermare questo dato, aprendo la strada ad una idea di considerazione "sacrale" del ruolo (ricordate l'unto del signore?) che necessariamente richiederà l'elezione diretta dal popolo.
Insomma, come già nell'occasione dell'ascesa in carica dell'attuale governo siamo ai limiti della Costituzione: la sinistra, invece di paventare "sfasci" (già in atto, non c'è da preoccuparsi) dovrebbe riprendere l'annuncio che ogni tanto viene effettuato dagli altoparlanti delle stazione: "Allontanarsi dalal striscia gialla!" e porsi decisamente alla testa di una opposizione intrisa di spirito repubblicano, sulla base dell'idea di fondo della centralità del Parlamento.
La situazione è davvero a rischio, non dimentichiamolo ma per ragioni opposte da quelle adottate nelll'articolo in questione che richiamava - appunto - i corazzieri.
Grazie per l'attenzione
Franco Astengo

venerdì 20 luglio 2012

Relazioni sindacali modello Usa / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

Relazioni sindacali modello Usa / alter / Sezioni / Home - Sbilanciamoci

The Top 1%: The Avoidable Causes and Invisible Costs of Inequality | Chatham House: Independent thinking on international affairs

The Top 1%: The Avoidable Causes and Invisible Costs of Inequality | Chatham House: Independent thinking on international affairs

Un problema chiamato Pd

Un problema chiamato Pd

Gianvito Mastroleo: Nichi il comunista e i socialisti

Nichi il comunista e i socialisti

Sono innamorato della mia storia di comunista ma m’innamoro delle storie altrui, ha detto Vendola all’assemblea di SEL e delle formazioni che vi si riconoscono: compresi i molti socialisti presenti dei quali, si legge nelle cronache, egli non manca di tessere elogi per la cultura di cui sono portatori, avvertendo tuttavia di evitare di restare prigionieri delle biografie, ma unirsi a tutte le forze che rivendicano cambiamento, moderati compresi; e ammonendo che il riformismo dev’essere la bussola del centro sinistra e non l’alleanza per vincere le elezioni.
Affermazioni importanti, anche se non nuove per chi ricorda il suo primo contatto con i socialisti nel gennaio 2005 di cui si racconta in “Socialisti e identità nella puglia degli anni 2000” (Progedit, 2007), ripetute nel maggio successivo all’inaugurazione della Mostra “Di Vagno e Matteotti fra storia e memoria”, e ancora al Convegno del gennaio 2010 per il decennale della morte di Bettino Craxi.
Vendola è intellettualmente onesto, e quando fa queste affermazioni c’è da credergli, sapendo che le fa non per captatio benevoltiae verso i socialisti, per quanto in sovrannumero come annota Lorena Saracino, che già sono con lui, e che ci resteranno.
Egli da pugliese sa che i socialisti nostrani non si esauriscono con quelli presenti “in sovrannumero”, ma ve ne sono tanti che restano tali per convinzione profonda a prescindere, qualche volta nonostante, le formazioni che continuano ad organizzarli o per irrinunciabile speranza, forse per nostalgia, finanche per un po’ d’opportunismo; e che tutti condividono con lui che solo il riformismo debba essere la bussola per il Governo a tutti i livelli, sapendo che riformismo non è moderatismo, secondo una non dimenticata, felice sintesi di Beppe Vacca.
Val la pena di ricordare il caleidoscopio dei socialisti di Puglia, singolarmente poco rilevanti, ma nell’insieme una forza: socialisti con la tessera nel PSI, o del nuovo PSI, quelli che si ritrovano in SEL, altri che non resistettero alla suggestione del PD, altri che hanno preferito l’autonomia; ci sono socialisti che nel passato, in buona fede o per rabbiosa reazione suggestionati da Berlusconi il vindice, s’illusero che anche da quelle parti avesse potuto praticarsi il riformismo.
Tutti con il comune auspicio che più che un partito socialista, piccolo o grande, debba sopravvivere il Socialismo, perché il problema che sta corrodendo dall'interno la coesione sociale in tutto il mondo capitalistico è l'abnorme aumento della disuguaglianza prodotto dalla politica economica degli ultimi trent'anni, e che il suo abbattimento, il socialismo appunto, deve occupare il primo posto di qualsiasi agenda politica che voglia affrontare seriamente la crisi.
Se le cose stanno così la domanda è: cosa impedisce a Vendola, non di inaugurare una stagione di improbabili riunificazioni o di inverosimili conversioni, ma aprire con quel vasto mondo socialista cui egli stesso riconosce cultura di governo, perché allevato alla scuola dei Bobbio, dei Cafagna, dei Cohen, dei Federico Mancini e di tanti altri, un dialogo franco, non sul passato con le sue rivendicazioni, ma sulle suggestioni di un futuro capace di disegnare, con il coraggio che manca al PD, la prospettiva socialista, come accade in Europa?
Anche se qualche socialista, proprio per quella cultura, potrebbe far notare che qualche volta l’ideologia, che Vendola giustamente rifiuta, è stata all’origine dell’insuccesso di alcune iniziative del laboratorio di governo, del caso di scuola pugliese che difende con orgoglio.
Lo apra lui quel cantiere, appunto non per la costruzione di un partito, ma per la ripresa di un processo culturale interrotto: molti come lui, “interessati non al partito ma alla partita”, si faranno avanti.
Gianvito Mastroleo

La rifoma di Obama e la lezione per l’Europa - micromega-online - micromega

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Cari padroni, da che pulpito! - micromega-online - micromega

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Barbara Spinelli: La Germania davanti al bivio - micromega-online - micromega

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L’alternativa all’austerità - micromega-online - micromega

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Renato Fioretti: Il declino del sindacato nell’Italia di Monti - micromega-online - micromega

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Attenta Germania che l’Italia potrebbe uscire dall’euro - micromega-online - micromega

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Una sinistra oltre il montismo - micromega-online - micromega

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Pietro Adamo-Giulio Giorello: I matrimoni gay e i Don Abbondio del Pd - micromega-online - micromega

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Luigi Fasce: Il lavoro come principio costituzionale

Faccio rilevare che la nostra Costituzione dopo averla ibernata ora
si vuole cancellare,ricorderete la secuaela di tentativi di
modificare l'art.41 e così via, ora la Fornero sferra l'attacco
all'art.1 principio costituzionale fondamentale (non mi si dica che è
ignorante) e poi a tenerle bordone gli intellettuali integrati di
turno liberisti a sostegno. Le reazioni di altrettanti intellettuali
che rispondono con valide ragioni. Allego quattro articoli due contro
e due pro come oggetto di riflessione.
La costituzione italiana del 1948 è sicuramente di ispirazione
liberalsocialista, compatibile con la dottrina sociale della chiesa
cattolica, modello economico a finalità sociale all'opposto di
quello ispirato dal pensiero unico liberista.
Da venti anni dal Trattato di Maastricht questo modello economico è
stato sostituito dal modello liberista. Possiamo però ancora
considerare la Costituzione come manifesto ideologico-programmatico
unificante la sinistra italiana da proporre ai prossimi Stati
generali della sinistra a settembre. Troppo semplice ... lo so.
Un dialogante fraterno saluto socialista.
Luigi Fasce

Gianfranco Sabattini - Da Monti poco coraggio e poca sinistra - Avanti della domenica

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Luca Cefisi - La ricetta Hollande per finanziare il welfare - Avanti della domenica

Luca Cefisi - La ricetta Hollande per finanziare il welfare - Avanti della domenica

Paolo Bagnoli: Genova

L’incontro che,per iniziativa del Gruppo di Volpedo,si è tenuto a Genova il 30 giugno,nella stessa Sala Sivori ove 120 anni orsono nacque il Partito dei Lavoratori,fondamenta del prossimo Partito Socialista Italiano,ha rappresentato un momento importante per la rivivificazione del socialismo italiano. L’iniziativa,infatti,ha avuto un senso non in quanto ricordo di una data importante,ma quale testimonianza di presenza e di lotta per avviare una riflessione sui modi e le forme per cercare di non dare morta per sempre la storia del socialismo italiano.
A dire il vero l’incontro di Genova non si è chiuso con una presa di posizione precisa in questo senso e ciò getta un limite,ma è altrettanto fuori discussione che,se non si è trattato di un episodio isolato,la questione si pone compendiandosi nell’espressione:dalla soggettività al soggetto. Se così non fosse l’appuntamento di Genova altro non sarebbe stato se non una manifestazione di quella “cultura delle ricorrenze” tanto amate dall’italica mentalità. E pur tuttavia non dobbiamo nasconderci che se pensare al soggetto è questione complessa non lo è da meno quella di dare corpo a una soggettività,ossia a un rassemblement coordinato di tante realtà diverse sparse in Italia,ognuna delle quali con composizione eterogenea dell’una rispetto all’altra in cui troviamo socialisti senza tessera,aderenti al sedefinente partito socialista,alla formazione vendoliana e al partito democratico. Una geografia tanto disomogenea ci dice due cose:la prima quanto dispersiva sia,nel campo alternativo alla destra,la presenza dei socialisti e come il sedefinente partito socialista non sia in grado di costituire fattore unificante;la seconda che,dal momento che tutti gli “strutturati” fanno riferimento al socialismo europeo,sia questo richiamo a costituire un dato unificante considerato che,come organizzazione transnazionale esso non esiste e che, né Sel né il Pd, aderiranno mai al socialismo europeo per la semplice ragione che non sono socialisti ne hanno intenzione di diventarlo. Ma se anche ciò avvenisse la cosa non sarebbe in sé risolutiva del problema centrale che è tutto nazionale;ossia, far riagganciare al socialismo italiano,quale soggetto peculiare,la storia del nostro Paese al fine di reinserirlo come protagonista autonomo,certo non alieno dal socialismo europeo,nella politica italiana.
Chiarire questo punto è fondamentale e pure generatore di un equivoco che rischia di essere una trappola in cui entrare speranzosi per uscirne stritolati. Chiedendo,infatti,ad altri di essere quello che noi non riusciamo ad essere,si scivola in una logica che riconduce il tutto solo alla questione dello schieramento per il governo e,quindi,a porsi nei confronti del Pd alla stregua di quello che Carlo Marx definiva “l’esercito proletario di riserva”;ciò che oggi è Sel. Oppure sperare che per le elezioni europee si faccia una lista italiana del socialismo europeo;ironia della sorte composta da chi con il socialismo italiano,presente e futuro,non c’entra proprio niente.
Il problema è altro; a questo altro occorre applicarsi.Il primo atto è dare corpo alla fase necessaria e preliminare alla soggettività;vale a dire, a indirizzare secondo comuni intenzioni di fondo tutti quei momenti che si configurano come rari nantes in gurgite vasto, far sì che muovano la loro iniziativa per quanto autonoma e condizionata da elementi che possono essere i più vari,verso una precisa profilazione socialista,dandosi una logica politica e di ragionamento che,pur nella varietà degli apporti e di quanto è legato alla tradizionale inclusività tipica del socialismo italiano,non testimoni solo di una presenza o di un’esigenza rivolta ad altri,ma finalizzata a essere se stessi e non suggeritori di un processo culturale,storico e,infine,politico. Ora,una volta acclarata la volontà dell’intenzione,non risolvono niente gli intrecci di scambio per l’aere del computer se il confronto e il contributo di chiarimento,arricchimento,proposta non si colloca dentro una precisa carta di principi e di fini;combini,cioè,la solidità delle idee con la concretezza del porsi politicamente. Tutto ciò ancora non c’è e,a dire il vero,nemmeno,tranne noi,riscontriamo esigenze simili a giro. Vale a dire che o non si è capito quale è il problema e la posta in gioco con cui abbiamo a che fare oppure che si decide,pur magari non nascondendosi la necessità del problema,di continuare a stare in attesa di attaccarsi,con qualche plausibile giustificazione,si intende a carri da altri predisposti. La mancanza di tale fondamentale passaggio segna il vuoto che lascia aperta la bella iniziativa di Genova. E’ mancato il coraggio o si ritiene non sia giunto il momento opportuno? Nell’un caso, come nell’altro, permane la latitanza del motivo per dare soggettività al socialismo italiano e,con esso,a tutta la sinistra italiana. Ciò è fondamentale se si crede alla necessità di ridotare la democrazia politica italiana del soggetto socialista;una questione resa più acuta dal montismo e dalla condizione in cui versano le istituzioni della Repubblica. E’ in gioco,infatti, una scommessa che riguarda la libertà,la democrazia e la giustizia sociale nel nostro Paese. Irretito nella manipolazione antipolitica dei processi economici dovuti al capitalismo finanziario,gestito da una classe politica del tutto inadeguata,economicamente impoverito e soffocato da una politica fiscale che rompe l’ossatura stessa della coesione sociale,il montismo,segna il fallimento dell’etica e dei meccanismi democratici nonché delle ricette adottate;il prodromo per attuare una svolta a destra camuffata da efficientismo antipolitico.
Crediamo che il tempo stringa.

Felice Besostri: Beacoup d'ennuis à gauche

BEAUCOUP D’ENNUIS À GAUCHE
Con la pubblicazione dell’articolo di Mario Tronti “È ora di superare le due sinistre”, l’Unità ha aperto un dibattito su un argomento centrale per il futuro della sinistra, che deve continuare anche in altre sedi, come una nuova edizione degli Stati Generali della Sinistra, dopo quella del febbraio 1998 a Firenze, le cui speranze furono grandemente deluse nel decennio successivo. Anche allora il tema era il superamento delle due sinistre e la loro ricomposizione nel socialismo europeo. Quelle sinistre non erano le stesse di oggi: la dicotomia comunismo - socialismo è stata risolta dalla storia, certo con il crollo del Muro di Berlino, ma prima con gIi scioperi di Danzica del 1980 e la nascita di Solidarność.
Restano ancora problemi aperti, tanto che, almeno in Italia, le parole socialdemocrazia e socialdemocratico hanno una valenza negativa anche presso chi è passato dal comunismo al liberalismo liberista, senza fare, appunto, almeno una pausa socialdemocratica.
Ora, e con ragione, si criticano le Terze Vie di Blair e il Nuovo Centro di Schröder, dimenticandosi che erano, proprio per le loro politiche, gli interlocutori principali, con il Presidente Clinton, negli scenari di Ulivo Mondiale. Il superamento ora riguarda “da un lato la radicalizzazione movimentista no-global e new global e dall’altra le Terze Vie e il neue Mitte” (Tronti, Unità 5/7/12), superamento necessitato dall’impotenza dei due atteggiamenti di trasformarsi in politica, specialmente economica, alternativa alla dominante neo-liberista. L’austerità, con tagli a welfare, intervento pubblico in economia e retribuzioni dei lavoratori, colpisce direttamente le masse popolari e le classiche politiche socialdemocratiche.
La stessa espressione Neue Mitte, Nuovo Centro, esprime anche spazialmente il concetto che la socialdemocrazia moderna non fosse più confinabile a sinistra. In Germania la sinistra SPD gridò al tradimento della socialdemocrazia, invocando la fedeltà al Programma di Bad Godesberg che, per la grande maggioranza della sinistra italiana, era la prova del tradimento socialdemocratico. Terze Vie e Neue Mitte sono sorte sì a sinistra, ma per superarne angustie e arcaismi. L’abbandono della sinistra ha semmai analogie con l’operazione della nascita del PD, esplicito nel cambiamento di nome al Partito: né Schröder né Blair osarono tanto. Le Terze Vie, i Nuovi Centri e il PD non si collocano a sinistra, ma semmai nel centro-sinistra. Parlare, quindi, di superamento delle due sinistre con questi termini di confronto è filologicamente e ontologicamente sbagliato, tanto più che SPD e Labour hanno abbandonato quelle posizioni.
Le due sinistre da riconciliare in Europa sono altre, cioè il movimentismo radicale e il socialismo democratico. In Italia, la prima delle due è rappresentata dalle forze che provocarono la fine dei governi dell’Ulivo nella XIII legislatura e la fine prematura della XV legislatura, e che ora rifiutano, di fatto, di proporsi come forze di governo. La sinistra “socialista democratica”, per usare parametri europei, semplicemente non esiste come forza organizzata con peso elettorale e rappresentanza istituzionale. Si crea così un circolo vizioso tra la non visibilità delle proposte politiche e/o programmatiche dell’area socialista e l’impossibilità di affrontare i nodi della sinistra italiana, nodi che non possono essere risolti in ottica europea senza un apporto socialista. La sinistra italiana, senza distinzioni tra riformatori e antagonisti, socialisti e comunisti, ambientalisti, liberaldemocratici e social-cristiani, è la più debole d’Europa: non rappresentata nel Parlamento nazionale né in quello europeo. Sarebbe però un errore far risalire la debolezza della sinistra italiana ai disastrosi risultati delle elezioni nazionali del 2008 ed europee 2009: la debolezza della sinistra italiana non è un fatto contingente, recente e transitorio bensì storico e strutturale. La sinistra in Italia non si è mai proposta per il governo del paese con un suo programma, con suoi uomini o donne alla guida del governo per poterlo realizzare, non è mai stata una alternativa di governo, come è norma quando la sinistra è rappresentata da un partito socialista, socialdemocratico o laburista. Questa – e non altra – è la non risolta questione socialista della sinistra italiana, da non confondersi con lo spazio politico da assegnare ai socialisti.

Antonio Caputo: Napolitano e l'equilibrio dei poteri

Napolitano non e' Berlusconi e nemmeno Vittorio Emanuele II

L'attacco grossolano al Presidente della Repubblica accomunato a Berlusconi o addirittura a Vittorio Emanuele II per avere difeso prerogative costituzionali che sono il cuore dello Stato democratico di diritto non puo' essere accettato , tanto nelle forme che nei contenuti distorti.
Non e' in discussione l'autonomia, che non significa anomia, e nemmeno l'indipendenza, che non significa arbitrio, della Magistratura.
Ne' la Magistrtatura costituisce un corpus anonimo. essendo popolata da persone fisiche, non tutte immuni - come dismostrano le cronache giudiziarie - da responsabilita'personali, anche penali, per cui non puo' sostenersi in linea di principio che qualunque cosa faccia un Magistrato sia fatto bell'osservanza della legge, a cui il Giudice e' assoggetato, come recita l' art 101 della Costituzione della Repubblica.
Repubblica, res pubblica costituzionale, in uno stato di diritto significa bilanciamento dei poteri, rispetto delle prerogative di ciascun Organo costituzionale e non ingerenza, controllo di legalita' entro le regole.
Non ciascun Giudice puo' formare la sua regola.
Tanto basta per escludere che Napolitano possa essere accomunato a Berlusconi o a Vittorio Emanuele II, con grottesca e grossolana , infelice sovrapposizione di persone e situazioni diverse e non omologabili.
Basta e avanza pure (per usare espressione gergale che puo' dare il senso della manipolazione in oggetto) per legittimare l'iniziativa giurisdizionale del Presidente Napolitano che, rivolgendosi alla Corte Costituzionale sollevando conflitto di attribuzione, ha avuto il merito di porre una questione di rilievo e importanza fondamentale per la salvaguardia dell'equilibrio dei poteri in uno stato di diritto.
Di sicuro, Vittorio Emanuele II non si rivolse ad una Corte Costituzionale, peraltro a quel tempo inesistente.
Est modus in rebus!
Antonio Caputo

Angelo Giubileo: Il lavoro e la sinistra nell’Europa che verrà | Pensalibero.it

Il lavoro e la sinistra nell’Europa che verrà | Pensalibero.it

lunedì 16 luglio 2012

La Socialdemocratie, notre heritage

La Social-Démocratie, notre héritage et notre horizon
Le dilemme de la Gauche européenne est qu'en dépit d'une crise du capitalisme mondialisé et l'échec sanglant du néo-libéralisme, elle semble encore hésitante et peu sure d'elle-même. La crise économique pourtant provoquée par une logique libérale opportuniste sur les marchés, n'a pas provoqué de critique claire de la part de la Gauche, ni d'appel de la suprématie populaire sur la loi des marchés.
Pourquoi le slogan " les homes avant les profits" est-il resté confiné aux cris des manifestants ?
Pourquoi la Gauche est-elle incapable d'offrir une vision différente de celle d'un conservatisme "light?"

Il y a, bien sûr, un certain nombre de raisons qui peuvent expliquer les difficultés de la gauche dans la période dont nous parlons, sans doute une énorme progression de la pensée libérale et le bénéfice de la croissance pendant les années 1980.
Mais aussi sa mise en brèche , non seulement au sein des institutions qui ont établi la social-démocratie au cœur de la vision partagée d'après-guerre, de "l'Europe sociale", mais aussi, plus fondamentalement, des fondements idéologiques mêmes de cette vision.

Ce n'est pas seulement la libéralisation de l'économie et la mise à mort de la politique démocratique que nous devons dorénavant combattre, mais aussi l'omniprésence de l'économisme et de la culture individualiste, signatures du néo-libéralisme, et qui ont érodé la base populaire pour les valeurs de gauche.

Les partis de gauche semblent également avoir contracté le "syndrome de Stockholm", au cours des années 1980 et ont sont soit reconvertis au discours libéral ou, dans certains cas (New Labour et SPD dans les années 1990 en sont des exemples explicites) ont même franchi les lignes de démarcation, embrassant et approfondissant les inégalités et les injustices de centre-droite politiques.

Dans de telles circonstances, il n'est pas étonnant que les citoyens qui subissent l'austérité ne parviennent pas à se tourner vers la social-démocratie pour chercher des réponses; les sociaux-démocrates étant considérés comme faisant partie du problème et non pas comme un espace proposant des solution sérieuses.

La social-démocratie, en tant que mouvement, a glissé petit à petit vers l'obsession électoraliste et du pouvoir, sans garder à l'esprit qu'ils ne représentent que les moyens pour mettre en œuvre ses propres principes . Loin de là de penser que la conquête du pouvoir n'est pas importante, mais elle est loin d'être une fin en soi des objectifs politiques.


Un rapide regard sur l'histoire européenne de l'après guerre révèle que, même lorsque les socialistes et les sociaux-démocrates étaient loin du pouvoir pendant longtemps, ils ont pu faire valoir par la pression idéologique et sociale, par le biais de forces importantes comme un mouvement syndical bien organisé, une présence fondamentale et l'acceptation généralisée des idéaux d'équité, d'égalité et de justice
Les adversaires libéraux et de centre-droit ont été contraints de se muter en "sociaux-libéraux" pour répondre aux demandes sociales qui font partie des pré-requis de ce qu'on attend d'une société démocratique.

Entre temps, par contre, la situation s'est inversée et ce sont les sociaux-démocrates qui se plient et se contorsionnent pour afficher leurs couleurs libérales et satisfaire le nouveau "Dieu" des marchés.

Les raisons de ces revirements n'ont pas été seulement d'ordre sociologiques ou techniques. Chaque étape dans l'évolution vers la situation actuelle apparaît comme le résultat de choix idéologiques spécifiques, par les préférences et les intérêts des acteurs concernés.

Les deux grandes erreurs de la social-démocratie semblent avoir été la croyance, au cours les années 1970, que la forme particulière du compromis social institutionnalisé était durable et non pas temporaire et fortement liée aux conditions spécifiques de l'époque.
Et, d'autre part, elle a cru que l'abandon de la notion de la lutte des classes ferait disparaître celle-ci de facto.


Les socialistes ont cru bon d'abandonner la lutte des classes, mais les libéraux, eux, non !!. Mieux même, en exploitant les faiblesses et les doutes apparus parmi les sociaux-démocrates durant la Guerre froide, ils ont pu reconstituer le langage politique et idéologique du paysage nécessaire, qui ont permis la mise en place progressive d''un nouvel ensemble d'idées hégémoniques.

Nous voila maintenant face à la crise de ce néo-libéralisme paradoxal et la social-démocratie est accusé et complicité, manque de fiabilité et pire, pas vraiment sure d'elle même et de ses propres valeurs.
C'est ainsi que les socialistes et sociaux-démocrates mis en faillite et épuisés siègent désormais dans des partis vieillissants et "professionnalisés", ne sachant plus vers où se tourner et à quel saint se vouer. Les rénovations tellement sollicitées restent souvent lettre morte une fois les échéances, électorales ou internes passées (cf cumul des mandats)

Cela ne doit cependant pas être une fatalité. Pour se rénover les sociaux-démocrates ont besoin de se ressourcer à leurs racines.
Il est vrai que les temps et les contextes ont changé et que nous devons reconstruire nos partis, mais de façon pro-active et non pas réactive.
Tout opportunisme sera perçu en tant que tel et voué à l'échec.

La réforme de nos partis et de leur structures est impérative, mais la question essentielle est de savoir de quelle direction cette réforme doit prendre.
Quelle est donc notre identité profonde? Nos origines sont claires, les sociaux-démocrates sont les fiers héritiers d'une longue tradition du socialisme démocratique.Et que nous utilisions cette terminologie ou non, là est cependant la direction que nous devons reprendre.
Bien que la tradition social-démocrate n'est pas caractérisée par des bouleversements violents ou des révolutions sanguinaire elle s'est toujours exprimée au moins au niveau rhétorique, comme une politique de transformation.

Une meilleure société ne doit pas s'exprimer uniquement par "une meilleure économie", mais un vivre-ensemble caractérisé par l'épanouissement individuel et collectif, libres de toute discrimination et injustice.
De même, sans le social, il ne peut y avoir de démocratie véritable. Aujourd'hui la crise de la zone euro illustre parfaitement cette société où les espoirs et les rêves des populations sont relégués aux exigences du marché et ses exigences soit disant techniques.
La gauche a comme devoir de faire renaître un climat intellectuel et idéologique favorisant des solutions tendant vers plus de démocratie et plus de participation.
En donnant sa définition du socialisme en 1944, Karl Polanyi l'a lié fortement à la démocratie économique, par l'affirmation d'un contrôle populaire sur l'économie.
Cette vision prend toute sa pertinence de nos jours, une économie de marché conduisant inéluctablement à une société régulée essentiellement par les marchés. Pourtant il n'est pas impossible de concevoir une économie avec des marchés, c'est à dire non dominées par ceux-ci,mais,dans laquelle les marchés continuent à fonctionner.

L'idée d'une croissance écologique, fondée sur la recherche de solutions locales dans tous les domaines, représente une bonne solution pour tous. Re-localiser les sources de valeur ajoutée est aujourd'hui crucial.

De fait, la réalité de la crise de l'idée de social-démocratie, c'est avant tout la crise des moyens de mise en œuvre des politiques social-démocrates. La question est celle aujourd'hui de l'effort collectif. Et nous, sociaux-démocrates, devrons nous engager, et ce ne sera pas facile, pour la justice dans la répartition de cet effort.

Il n'est bien sur impossible de combler le fossé éternel entre ce qui est et ce qui devrait être, mais la lutte elle-même est une forme d'inspiration et d'enseignement.
Edouard Bernstein disait que" tout est dans le mouvement", même si l'objectif ne doit jamais être perdu de vue.
Il est donc crucial de réapprendre à nous battre et cela sur nos valeurs et non pas sur le terrain idéologique choisi par nos ennemis.
Nous devons réinvestir nos valeurs, redéfinir les concepts, les objectifs et les idéaux de la politique et forcer le désordre du néo-libéralisme en faillite, sur la défensive.

Avant tout il est indispensable de casser les liens que le néo-libéralisme a réussi à créer entre les concepts et s'attaquant ainsi au cadre conceptuel socialiste.
La gauche doit retrouver courage, redevenir visionnaire. Nous devons accepter que, autant important qu'il soit de gagner les élections, le pouvoir d’État n'est pas tout.

Il est important que nous nous enracinions à nouveau dans les tissus sociaux, comme nous avons su le faire de part le passé, afin de redevenir partie prenante de la vie des gens.
L'une des clés pour ce faire consiste bien évidemment en faisant progresser une vision plus démocratique et social et ce dans le cadre européen directement.

Faire progresser l'idéal d'une Europe démocratique, fédérale est, certes, un défi de taille, mais c'est plus que jamais un objectif impératif et ce à court terme.
Nous ne pouvons vraiment plus nous permettre de nous livrer encore à des élucubrations nationalistes liés au passé de triste mémoire, et nous ne pouvons tolérer une union technocratique par défaut.
C'est pourquoi une stratégie mettant en œuvre une approche coordonnée au niveau européen doit rapidement être pensée et mise en place.

Car, en effet, la pensée libérale a été implantée en profondeur et la tâche de proposer une alternative significative et crédible sera loin d'être facile.
Il faudra dépasser le cadre de nos partis respectifs pour associer largement la (les) société(s) civile(s) et encourager les initiatives populaires partout dans l'UE.
Aborder la question de davantage de démocratie dans les prises de décisions devient en effet inévitable !!!

Nous ne pouvons rester inactifs face aux mouvements de révolte, particulièrement des jeunes, dans de nombreux pays de l'Union,
La prudence et la politique de l'autruche ne sont plus de mise, la situation exige des dispositifs d'action immédiate.
Il y a des choses à prendre chez les pirates, les indignés, etc... . Créer les structures pour organiser le flux de parole, est-ce que ce n'est pas ça la première pierre à une "néo social-démocratie", à l'heure des réseaux sociaux ?


Cette tâche est loin d'être facile, voire même aggravée par nos propres erreurs du passé. Il y a un consensus autour de l'idée que la Gauche doit se réinventer, par contre le fait de savoir comment cela doit se faire, dans quelle direction nous souhaitons aller, pose problème y compris jusque dans nos propres rangs.

Et pourtant, si la gauche est incapable de présenter une alternative cohérente au néo-libéralisme, les autres solutions sont effrayantes .
Nous assistons déjà à la montée de l'extrême droite à travers l'Europe et le vide idéologique qui nous avons laissé constitue une partie de leur vivier, la nature ayant, comme nous le savons horreur du vide.

La gauche est porteuse de valeurs de civilisations, et là où ces valeurs ont pris racines, elles ont contribué construire un monde où il fait bon vivre, plus libre, plus démocratique, plus égalitaire, plus équitable et plus juste.
L'enjeu en Europe, mais aussi dans le monde, aujourd'hui n'est rien de moins qu'une société vivant en paix.
Pour ce faire, nous devons élaborer très vite un contre-projet à l'hégémonie néo libérale, c'est une exigence historique qui ne saura attendre.

Dans ce cadre les regards se tournent vers le nouveau gouvernement socialiste français dont la tâche est énorme et ne doit représenter qu'une première étape dans cette
longue conquête du pouvoir des partis de gauche en Europe, l'Allemagne votant en 2013.
Notre responsabilité est énorme et nous n'avons pas droit à l'erreur !

Paola Meneganti: Una patologica, efficace razionalità

Una patologica, efficace razionalità
In alcuni bellissimi testi dei primi anni ’70, Gilles Deleuze e Felix Guattari, a seguito del loro lavoro su “L’anti-Edipo”, indagano sulla natura del capitalismo, mettendo in luce, in particolare, un nesso inedito, tra capitalismo, desiderio e schizofrenia. “Non c’è nessuna operazione, nessun meccanismo industriale o finanziario che non riveli la follia della macchina capitalistica e il carattere patologico della sua razionalità (non una falsa razionalità, ma una vera razionalità di questa patologia, di questa pazzia, perché la macchina funziona, siatene certi). Non c’è pericolo che questa macchina impazzisca, lo è fin dall’inizio, ed è in questa pazzia che trova la sua razionalità”. Parole che rileggo sovente, nel riflettere su meccanismi, parole ed azioni che vediamo svolgersi sotto i nostri occhi, se appena intendiamo andare un po’ oltre la corsa dello spread. Pensiamo ad un premier che parla di "guerra": un linguaggio simbolicamente devastante. Pensiamo: in guerra l'emergenza è massima, si contano i morti ed i feriti, ci si sacrifica senza giustizia ed equità per ottenere la vittoria. L'alternativa è tra uccidere o morire. In guerra, la democrazia è sospesa. Ma ancora: Ida Dominijanni rifletteva, recentemente, a partire dal “fatto assodato”, nell’ordine del discorso dominante, che l'ordinamento democratico escluda la violenza e sia anzi teso a neutralizzarla ogni volta che compare. La conclusione era: questo discorso va scompaginato, anzi si è già scompaginato da sé, perché “nella realtà delle cose, gli ordinamenti democratici vanno a braccetto con guerre illegali violentissime ma definite "giuste" e "umanitarie", con un uso sempre più cinicamente violento di alcuni poteri (per primo quello economico-finanziario), con una governamentalità biopolitica che, con una violenza sempre più subdola, fa presa sui corpi e sulle anime dei governati, con un'esplosione di micro e macroviolenza quotidiana insensata ed efferata contro gli altri (dal cosiddetto femminicidio alle bombe di Brindisi) e contro se stessi (i suicidi da disperazione economica)”.Non a caso, Monti ha detto "siamo in guerra" ed ha criticato pesantemente la "concertazione" (quindi una forma di mediazione, si badi bene, una relazione politica e sociale attenuata rispetto alla stessa contrattazione) parlando all'ABI, cioè alle banche: un ambito in cui giustizia ed equità proprio sono fuori contesto. Nella stessa giornata, la Bce (pensiamo: Banca centrale europea) detta ai governi ulteriori regole in materia di politiche economiche e salariali. E ancora, questo potere usa la paura come strumento potente di controllo e sedazione sociale. In Italia, il fenomeno è accentuato dalla scomparsa della capacità di mediazione dei soggetti politici "classici", ma quanto ho provato a descrivere va in scena anche laddove i partiti hanno ancora voce e sostanza. La conclusione, assai provvisoria? Temo che sia in atto una potente riorganizzazione di tipo autoritario, a rischio di irreversibilità. Lo Stato moderno si è costituito, superando il vassallaggio, attraverso la stipula di un patto sottoscritto tra gli individui non ancora associati. Nel patto, si cede una quota di "libertà" individuale (sottostando a delle regole), in cambio di un sistema di protezione e di rete. Oggi, lo Stato, gli Stati si stanno sottraendo a questo patto fondativo. Non esiste più contrattualismo, bensì imposizione e pratiche predatorie, con una governance dettata dall'"economia", dalla "finanza", apparentemente non politica, che invece lo è profondamente. La democrazia, per come la vorremmo agire, è conflitto, ma non guerra; è dissenso e assenso, in libera contrattazione, non vassallaggio e servaggio, giustificati da una continua emergenza. Non mi hanno mai affascinato le previsioni di apocalittici scenari, ma mi sembra che qualcuno pensi alla costruzione di una sorta di sistema neofeudale (appunto, il vassallaggio), retto da tecnocrazia e finanziarizzazione. E' una feroce, cattiva, violenta riorganizzazione del capitale, della sua razionalità patologica. E, se Deleuze e Guattari avessero ragione, funzionerà. Sta già funzionando.
(ndr: sono debitrice, per alcuni elementi di questo testo, di alcune riflessioni di Maria Pia Lessi)
p.m.
13.7.12

domenica 15 luglio 2012

Fabian Society » “Labour wins when it combines method with meaning”

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Can Europe’s Mainstream Left Reconnect with Socialism and Economic Democracy? — Social Europe Journal

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I giovani come alibi di una politlica di destra | Insight

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La lingua biforcuta della "Spending review" | Insight

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La commedia fra Monti e la Merkel | Insight

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Gennaro Migliore: Dal no al liberismo una nuova sinistra | Sinistra Ecologia Libertà

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P.L. Camagni: Sulla concertazione tedesca

Sulla concertazione tedesca

Alleanza socialista per l’Europa

Alleanza socialista per l’Europa

Peppe Giudice: Promemoria per gli stati generali

Promemoria per gli stati generali.


pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno domenica 15 luglio 2012 alle ore 16.19 ·
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Promemoria per gli stati generali





I compagni della LDS Livorno hanno opportunamente promosso un incontro per definire un contributo organico dell’area dei socialisti per la sinistra agli Stati Generali del centro-sinistra.

Il mio scritto non vuole essere un documento, bensì un promemoria ed una traccia di ragionamento politico su cui invito i compagni (in particolar modo quelli iscritti a sel, ma ovviamente non solo ad essi) ad esprimersi senza riserve.





La II Repubblica non ha fatto altro che aggravare le anomalie del sistema politico italiano. Se prima esse risiedevano in un sistema bloccato che impediva le alternative (prodotto della divisione dell’Europa in blocchi contrapposti) ma che si fondava tuttavia su partiti aventi radici forti, successivamente la anomalia si è spostata sul trionfo dell’antipolitica che ha avuto due forme: quello della deriva tecnocratica e giustizialista; quello del populismo qualunquista e pecoreccio di Berlusconi. La prima deriva espressione dei poteri forti dell’economia e della finanza globalizzata, la seconda del capitalismo e dell’impresa ruspante domestica, allergica alle regole e foriera di un individualismo asociale ed aggressivo che sfocia nella xenofobia. Comunque entrambe le derive sono state espressione della egemonia liberista prodotta dalla dissoluzione della II Repubblica. La quale ha segnato di fatto la fine della sinistra storica. Il PSI storico si è dissolto certamente per le gravi degenerazioni che l’hanno colpito, ma non si può non fare riferimento alla campagna di sistematica demonizzazione del socialismo italiano (ben oltre Craxi) che ha impedito che si rifondasse una soggettività politica in grado di ereditare la sua migliore tradizione. Né il PDS ed i DS sono stati in grado di ereditarle. Anzi se ne sono ben guardate, ed hanno addirittura operato una cancellazione della memoria storica della sinistra, sia della tradizione migliore dell’autonomismo socialista (Lombardi, Giolitti, Santi, Brodolini) sia di quella che è la parte migliore del PCI- quella più in sintonia con il socialismo democratico (Di Vittorio, Lama, Trentin). Questa cancellazione non poteva che avere effetti nefasti su ciò che restava della sinistra. La quale da un lato si è identificata in pieno con le derive peggiori della destra socialdemocratica (Blair); dall’altro si è espressa in un massimalismo affabulatorio (Bertinotti) e nel messianesimo movimetista. Una sinistra inutile politicamente (magari utile per il ceto politico che viveva un certa rendita di posizione elettorale). In definitiva le due sinistre sono state delle “non sinistre; quanto meno non hanno avuto nessuna capacità di incidere seriamente, essendo entrambe il frutto di quel nuovismo postmoderno che è stata la tomba della sinistra italiana che oggi è la più debole d’Europa. Infatti dalle due sinistre si è da un lato prodotto il PD, partito artificiale e fuori dagli schemi politici europei che si è fondato sul rifiuto esplicito del socialismo e sulla sua subalternità al pensiero neoliberale; dall’altro l’esperimento effimero dell’Arcobaleno, speculare al PD anche esso frutto del nuovismo (ma su un versante movimentista). Insomma in Italia è venuto a mancare una forza organica culturalmente e politicamente a quella che è la spina dorsale della sinistra di governo in Europa: il socialismo democratico. Il quale certamente ha avuto le sue derive neoliberali da criticare (e dalle quali sta comunque uscendo fuori una parte consistente di esso), ma che resta, dopo l’89 l’unica sinistra attorno alla quale si può costruire un progetto costruttivi di trasformazione sociale. Infatti a sinistra del Pse vi sono forze eterogenee e minoritarie non in grado di esprimere una proposta organica. Ora alla crisi profonda della II Repubblica (determinata anche dall’assenza di una forza socialista) si è sovrapposta una grave crisi del capitalismo , così come si è strutturato negli ultimi venticinque anni. Una crisi che secondo molti osservatori è destinata ad aggravarsi nel prossimo anno. Il governo Monti non è certo il rimedio; è parte integrante della malattia. La sua logica è quella di muoversi in sintonia con i centri di potere finanziario internazionale e con le tecnocrazie che li supportano. E’ un governo che fa una politica sociale antipopolare e che deprime ulteriormente l’economia. Nel PD c’è chi si riconosce pienamente nel liberismo tecnocratico di Monti (Veltroni, Letta, D’Alema), c’è chi lo subisce in nome dell’emergenza ma non sa uscirne fuori. E’ la natura contraddittoria del PD che parte dalle fondamenta. Ci sono poi i furbastri come Di Pietro, che prima danno la fiducia a Monti (quando il gradimento dei sondaggi è alto) e poi fanno una opposizione puramente demagogica che punta a lucrare qualche consenso, ma senza nessun progetto politico. IN effetti la discontinuità con la politica antisociale e recessiva di questo governo è la cartina al tornasole che misura la serietà di un nuovo centrosinistra. Una discontinuità aliena da populismi e demagogie, ma basata su un serio progetto organico alternativo che sia in grado di dare speranze al paese e di ricostruire una democrazia profondamene malata. Un centrosinistra che faccia proprie le posizioni di Hollande. Ma Hollande esiste perché in Francia non si è distrutta la tradizione socialista, anzi essa è stata continuamente in grado di rinnovarsi anche autocriticamente. La ricostruzione della sinistra, in Italia, passa tramite la costruzione di una speranza socialista, di una sinistra non anonima ma con identità ed aggettivi. Una sinistra di trasformazione sociale in grado di superare con proposte costruttive le gravi contraddizioni del capitalismo attuale. Una sinistra socialista e democratica cioè. Che sappia aggregare un consenso maggioritario. Nulla a che fare con una sinistra anghilosata, che sia pura somma di frustrazioni ed incazzature sterili. E nulla a che fare con demagogie populiste intrise di qualunquismo e giustizialismo illiberale, cafonesco ed antidemocratico.

Ecco perché penso che Di Pietro e l’IDV nulla abbiano a che vedere con il nostro progetto. Come estrema ratio si può anche concepire una alleanza elettorale tattica e tecnica. Ma non certo un percorso comune. IL PD le sue contraddizioni se le porterà fino a che vivrà (spero il meno possibile): la stessa sinistra PD , pur esprimendo spesso posizioni interessanti, alla fine è incapace di fare una vera e forte battaglia nel partito. Eco perché serve uno stimolo forte dall’esterno affinchè le forze critiche nel PD si diano una mossa. Ma questo stimolo difficilmente potrà esserci se chi vuol fare una sinistra di governo di ispirazione socialista si infetterà con il populismo.

I giochi non sono tutti fatti. IL PD vivrà una fase di forte sbandamento. Se vi sarà una proposta seria alla sua sinistra le sue contraddizioni potranno esplodere- se si fa un mezzo arcobaleno con infezione dipietrista non andremo da nessuna parte. Quindi si facciano gli stati generali per una sinistra di governo nel socialismo europeo….



PEPPE GIUDICE

Claudio Bellavita: L'assemblea nazionale del pd

Profonda delusione per l'andamento dell'assemblea nazionale del PD.
Un partito che ha di fronte scelte fondamentali sul futuro della politica e dell'economia italiana, dove non c'è accordo sulla politica economica da far seguire all'Italia e da rivendicare in Europa, nè sugli alleati con cui collaborare in Europa , nè sulla prossima legge elettorale in Italia, nè sugli alleati con cui fare coalizione in Italia. Un partito dove sarebbe necessario fare uno o più congressi, per vedere come la pensano i militanti e che invece pensa solo alle primarie per l'investitura di un premier. Un partito dove prevale sempre la sintesi del "ma anche ", e i congressi si fanno solo quando la sintesi c'è già, e quindi molto di rado , come nel partito comunista cinese, per sancire, come nel PCC, le lentissime cooptazioni nell'immutabile oligarchia. Dove l'assemblea nazionale si riunisce ancora più raramente che nel PCC e dove la discussione avviene per allusioni (come nel PCC), comprensibili solo agli iniziati. E dove ci si può far strada non in base alle idee politiche, ma qualificandosi come "amico" di questo e di quello. Vassalli, come nel feudalesimo.
Che altro vuol dire la bagarre sui matrimoni gay? un messaggio per far capire che non piace l'alleanza con Casini, non piace il peso eccessivo della componente cattolica nel PD, che non solo elettoralmente conta poco, ma tira fuori esponenti disastrosi, come Lusi, Marrazzo, Del Bono. Insomma un mugugno cifrato , che fa credere all'opinione pubblica che il PD non voglia parlare di politica economica e di legge elettorale, quelle cose si affidano ai tecnici e dibatte su temi marginali: i gay oggi, le staminali ieri
Ma soprattutto un partito che non ha fiducia nè stima nella propria base, non pensa a un congresso per prendere delle decisioni fonadamentali, le affida ai "tecnici" e pensa solo a delle primarie per scegliere un premier. Che magari avranno anche il successo della disperazione, ci sarà l'investitura di Bersani a larghissima maggioranza come quella di Prodi, e poi, forse, la pugnalata alle spalle come quelle a Prodi, prima di D'Alema, poi di Veltroni.
A proposito, questi due disastrosi personaggi si ricandidano, o facciamo che metterli nel ghiaccio con i mammut?

Antonio Caputo: Tu vuo' fa l'americano

..."Tu vuo' fa' l'americano..."


Nella sala conferenze del Sun Valley Inn, dove si tiene la 30ma edizione della conferenza Allen & Co, Monti ha parlato di primo mattino, alle 7.30 locali. I presenti, da Bill Gates a Murdoch, a Warren Buffet sono seduti attorno a tavoli tondi, fra i quali uno tutto italiano (?), come dimostrano le bandierine sopra, che ospita il presidente di Fiat John Elkann, Gianfranco Zoppas, patron dell'omonima società, e Mike Volpi, partner di Index Ventures. Dopo la colazione Monti è salito sul palco e, intervistato dal giornalista Charlie Rose, offre la sua visione.. L'Italia è un paese virtuoso perché segue il cammino dell'austerity e invece di premiarla la puniscono, ha detto il premier secondo quanto riferito da diverse fonti. E tutto questo - ha aggiunto Monti - è creato da disturbi da paesi terzi. E avrebbe aggiunto: il popolo italiano ha bisogno di essere governato ed è stato sfortunato, finora non ha incontrato il governo giusto.
Warren Buffett si è molto complimentato con Monti. "E' stato bravo, eccellente" sono le parole usate da Tim Cook, amministratore delegato di Apple. Intervento "eccellente" anche per Jack de Gioia, presidente di Georgetown University..
L'incontro risultava finalizzato a mostrare al mondo dell'imprenditoria che gravita su Wall Street l'affidabilita' dell'Italia, come Paese in cui e' conveniente investire.
La presenxa di Elkann impone quache amara riflessione e tre interrogativi:
Al tempo dei referendum Fiat di Pomigliano, Mirafiori e Melfi, Marchionne preannuncio' massicci investimenti in Italia, di cui non si è vista l'ombra ed e' passato oltre un anno.
Nessun uomo di Governo ha chiesto conto delle intenzioni reali di Fiat, che ne ha profittao per espellere la democrazia rappresentativa dagli stabilimenti, sempre piu' piccoli e in fase di smantellamento progressivo.
Nel contempo Fiat e' diventata, sempre piu', impresa americana, con forti investimenti su Chrysler: insomma un'azienda americana con qualche delocalizzazione anche in Italia.
E allora?
Ha inteso Monti chiedere a Elkann di riportare in Italia quanto e' stato portato altrove e con quali strumenti?
O si tratta di affidarsi, ancora una volta, al "buon cuore", alias "stellone"?
Lo "sfortunato" popolo italiano ha finalmente trovato il Governo giusto?
Ai posteri..
Antonio Caputo
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Franco Astengo: Una riflessione sulla legge elettorale

UNA RIFLESSIONE SULLA LEGGE ELETTORALE OFFERTA AD UNA SINISTRA CHE APPARE AFONA ED ATTONITA
Anche se tutto appare rinviato a Settembre e probabilmente il traguardo sarà tagliato in fine di legislatura, i grandi giochi sulla modifica della legge elettorale appaiono in pieno svolgimento, anche a causa dei reiterati solleciti avanzati dal Presidente della Repubblica (il quale pare aver dimenticato, tra l’altro, quel concetto di “democrazia progressiva” di cui pure aveva sentito parlare nel periodo in cui frequentava stanze all’interno delle quali svolgeva la mansione di funzionario di partito – partii raboci si definiva in quella “langue russe” abituale al segretario del partito di cui faceva parte allora lo stesso Presidente della Repubblica adesso inspiegabilmente acconciatosi alla realtà di quella che è stata felicemente definita come “democrazia regressiva”) e dalla –forse – acquisita consapevolezza del rischio di presentare, alla prossima scadenza, un meccanismo ormai rifiutato seccamente da buona parte dell’elettorato, all’interno del quale l’opinione pubblico ha individuato almeno due elementi di macroscopica contraddizione: un premio di maggioranza assolutamente esagerato e le liste bloccate.
Pare anche dimenticato, però, il tema del finanziamento pubblico ai partiti: senza una rilevante modifica di quest’ aspetto, molto delicato, del rapporto tra “ceto politico” e cittadini, lo spazio per una campagna elettorale all’insegna proprio della cosiddetta “antipolitica, intesa quale vero “oggetto del contendere” sarà enorme.
Chi ne approfitterà maggiormente, tra l’astensione (ben oltre il 40%) e il movimento 5 stelle rappresenterà, probabilmente, l’incognita più importante da esplorare.
Intanto, però sulla legge elettorale si discute al solito modo, per così dire “all’italiana”, senza alcuna visione sistemica, prestando attenzione soltanto alle logiche del vantaggio immediato per i presenti in Parlamento facendo capo a una sorta di “partito di cartello”, prefigurando soluzioni che servano, esclusivamente, a disegni politici di cortissimo respiro.
Inoltre si contrappongono tra loro soluzioni tecniche (soglia di sbarramento, collegi uninominali, voto di preferenza) senza che appaia alla ribalta almeno un minimo di riflessione sul piano teorico, al riguardo delle dinamiche politiche di fondo del nostro sistema.
Lo ha ammesso, in una sconsolata e sconsolante intervista al “Corriere della Sera” anche lo stesso prof. D’Alimonte, massimo esperto del meccanismo delle formule elettorali in Italia: tra l’altro ha fatto rilevare che non si conosce neppure il numero dei seggi da assegnare e questo, in ragione di una scelta di sistema che deve garantire (al di là di pesi e contrappesi) rappresentatività politica e territoriale, tener conto della realtà di articolazione concretamente possibile del sistema politico e governabilità la dice lunga sulla capacità di affrontamento del tema da parte degli esponenti dei gruppi parlamentari che se ne stanno occupando, almeno a parole: tra l’altro si legge di ibridazioni davvero ardite, tra uninominale d’Hondt, tra premi di maggioranza calcolati a percentuale variabile da assegnarsi addirittura ai primi due partiti.
Insomma: un guazzabuglio non solo difficile da interpretare, ma pressoché incredibile nelle sue possibili dinamiche.
La sinistra, attualmente extraparlamentare (con il serio rischio di rimanere ancora in questa non positiva condizione) appare afona e attonita: da quella sponda non pare venire alcuna riflessione di fondo, ma soltanto un dibattito molto limitato al perimetro delle alleanze e al discorso delle primarie: due temi già superati , probabilmente, nei fatti.
Inoltre deve essere considerato che qualsivoglia strumento tecnico si intenda adottare sul terreno elettorale, questo non sarà mai salvifico di una situazione di difficoltà che si è creata, oggettivamente, all’interno del sistema e nel rapporto con la società: la crisi verticale del soggetto “partito”, il negativo prevalere della personalizzazione, ad esempio, costituiscono elementi non affrontabili semplicemente attraverso una tecnica di tipo elettorale, che pure riveste la sua importanza, ma con una profonda riforma del sistema e l’affermazione di elementi ben diversi da quelli correnti nell’attualità sul piano della cultura politica.
Un esempio: sicuramente il sistema italiano presenta elementi di fortissima frammentazione sul piano parlamentare.
Una frammentazione creata, in origine, proprio da quel sistema maggioritario che era stato indicato, a suo tempo, come soluzione del male del pluripartitismo centripeto che aveva contrassegnato la vita del Parlamento italiano tra il 1946 e il 1992.
In realtà il male non era derivante dal numero dei partiti (circa otto in media, quindi neppure eccessivo), ma dal blocco del sistema che rappresentava, appunto, un fatto pienamente politico, indipendente dal meccanismo della formula elettorale, che pure aveva garantito stabilità (non bisogna, per quel che riguarda quel periodo, andare a vedere la formazione dei governi, bensì verificare il mutamento delle formule di maggioranza: un mutamento molto ridotto, con la DC sempre al centro del sistema per oltre quarant’anni).
E’ necessario, per discutere seriamente di questo argomento, compiere allora una prima scelta di fondo: si privilegia la repubblica parlamentare e di conseguenza la rappresentatività politica dei partiti oppure si preferisce far prevalere il concetto di personalizzazione accompagnato dalla priorità al riguardo della ricerca della governabilità, intesa quale fattore esaustivo dell’agire politico?
Se la risposta all’interrogativo appena posto è affermativa, allora è il sistema proporzionale quello da scegliere con convinzione, collocandoci al di là delle possibili convenienze di fase.
E’ ovvio il sistema proporzionale può essere declinato in molti modi, compreso l’attuale previsto dalla legge elettorale vigente.
Allora serve accompagnare la proposta di un sistema elettorale proporzionale con alcune altre scelte di fondo: la prima, legata alla natura parlamentare della nostra repubblica, riguarda la formazione di eventuali alleanze di governo all’interno del Parlamento eletto e non in precedenza nel corso della campagna elettorale (le coalizioni preventivamente costruite non hanno rappresentato, all’interno del sistema politico italiano per le vicende che ne hanno contrassegnato la storia degli ultimi decenni, un dato positivo: un’idea da abbandonare del tutto); la seconda legata alla necessità di combattere la personalizzazione della politica, di cui fa parte anche il collegio uninominale (con il rischio di produrre un devastante meccanismo di “primarie di collegio” che snaturerebbero la funzione di richiamo all’organicità dei soggetti politici insita nel concetto di sistema elettorale proporzionale) è riferita all’espressione di una preferenza all’interno di un suffragio di lista.
Esiste un’ulteriore ragione a sinistra per fare del sistema elettorale proporzionale uno dei punto di riferimento dell’iniziativa politica rinunciando all’ipotesi presidenzialistico-maggioritaria adottata, assieme all’idea movimentista ,dal PRC fin da pochi anni dopo l’affrettata formazione dei partito e adesso trasferita anche in Sel.
L’idea presidenzialistico-maggioritaria ha causato guasti gravissimi, soprattutto sul piano della capacità di espressione di cultura politica da parte di entrambe le formazioni.
In una fase di prevedibile riallineamento complessivo del sistema dei partiti il rifermento al sistema elettorale proporzionale può produrre, positivamente, la ricerca di un profilo più netto sul piano dell’identità, evitando confusioni con alleanze spurie e inopinate magari con soggetti di tipo giustizialista, genericamente movimentista, fautori di esercizio del potere in mera chiave localistica oppure espressione di una idea apparentemente “alternativa” sul piano economico (magari tenendo assieme crescita e decrescita: come se si trattasse di dati determinabili a tavolino) saltando però a piè pari il terreno del conflitto sociale e della, persistente come non mai in questa crisi, differenziazione di classe.
Mi fermo a questo punto: a sinistra sarebbe bene sviluppare un vero e proprio movimento di “proposta” legato al tema del sistema elettorale proporzionale che era stato raccolto, a mio giudizio, positivamente nella proposta di modifica dell’attuale legge presentata a suo tempo dal senatore Passigli e poi stoppata a favore di quella legata allo schema uninominale, bocciata dalla Corte Costituzionale.
Soprattutto, però, sarebbe bene cercare di ragionare con competenza e mentalità “sistemica”, senza farsi prendere dall’affanno dell’oggi: se pensiamo che, probabilmente, voteremo nel Marzo del 2013 usando il terzo sistema in meno di vent’anni abbiamo l’idea della precarietà della nostra democrazia, che, infatti, le statistiche di “Freedom house” colloca ben all’indietro nella graduatoria degli stati Occidentali.

giovedì 12 luglio 2012

Peppe Giudice: Una sinistra senza bussola

una sinistra senza bussola.


pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno giovedì 12 luglio 2012 alle ore 13.56 ·
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Il compagno Besostri ha rilevato come con la nascita del PD, nel 23007, sia sia aperta una vera propria prateria a sinistra. Ma a distanza di 4 anni questa prateria è in pratica ancora laragmente libera. In realtà quella prateria che si apriva non era rivolta ad una sinistra qualsiasi, senza aggettivi (come ingenuamente qualcun ha creduto) bensì ad una sinistra di governo, popolare e socialista. Non la poteva certo coprire il micropsi del lassativo Nencini che in modo misrabile aveva indicato lo spazio socialista a destra del PD!!!! Roba da non credere. Avrebbe potuto farlo, se le elezioni anticipate non l'avessero obbligata all 'Arcobaleno, SD cercando di ampliare il proprio spazio ed aprendosi all'are socialista diffusa ed all'ala critica del PD. Ma poi le cose sono andate come sono andate.

Ho sempre sostenuto che la nascita del PD è stata una sciagura simmetricamente seguita da quella dell'Arcobaleno. Ma crdo che coloro che oggi si augurano che il PD -tutto- faccia proprie le posizxioni di D'Alema, Veltroni o Letta, siano un pò irresponsabili, un pò sognatori. Se il PD va ancora più a destra , facciamo la Syriza italiana (con Di PIetro!!!!) - viva la sinistra! C'è un evidente elemento di rincoglionimrento in questo ragionamento, perchè uan ripropsizione di un Arcbaleno (altro che Syriza!) con iniezioni di cialtroneria qualunquista, rafforzerebbe il PD alla fine e non permetterebbe di far fuoriuscire da esso le forze progressiste. DEl resto se si vuole fare una alleanza elettorale perchè limitarla a Di Pietro e non allargarla all Fed? Salvi è un milione di volte meglio di Di Pietro. IO intanto mi auguro che questo scenario non si proponga, ma nel caso si proponesse, credo che SeL non debba fare alleanze con Di Pietro, ma essere il nucleo intorn al quale si può aggregare una sinistra di governo di ispirazione socialista in grado di far scoppiare le contraddizioni (ancora più forti dopo la rottura netta tra Monti e CGIL) nel PD. Sinceramente, debbo ammettere che in SeL questo scenario non lo prenderanno in considerazione. C'è troppa paura (se fosi dirigene forse l'avrei anche io) e troppo indetermnazione. Ma se ci fosse più coraggio è un percorso che potrebbe tirar fuori la sinistra dalle sue minorità. Quando noi abbiamo insistito (ed insistiamo) su SeL nel PSE lo facciamo non per un mero fatto identotario ma per definire una prospettiva politica chiara per SeL. Noi abbiamo bisogno di una snistra e di un socialismo che assomiglino a quello di Hollande, non di folclore politico. INtanto credo sia utile che l'area dei socialisti per la sinistra (Network, GDV, la Lega d S (possibilmene senza linkismi) porti una sua propsta organoca agli stati generali della sinistra.



Peppe Giudice

L’Italia nella Grande Transizione: Europa, lavoro, equità

L’Italia nella Grande Transizione: Europa, lavoro, equità

Sara Pasquot: Spagna, le immagini degli scontri. tagli alla Greca e macelleria non solo sociale

da Aido a Zapatero la Spagna e il Socialismo dalla A a Zapatero: Spagna, le immagini degli scontri. tagli alla Greca e macelleria non solo sociale

Peppe Giudice: Che fare?

Giuseppe Giudice 10 luglio 15.35.06
CHE FARE?

Titolo di un famoso libro di Lenin. Ispirato nel titolo ad un romanzo russo dell'epoca. Un saggio in cui Lenin espose la sua teoria del partito che vide in disaccordo i mencsvichi e Rosa Luxemburg, e che ha visto in disaccordo tutti noi socialisti. Ma non è certo per commentare l'opera di Vladimir Ulianov che scrivo queste righe, piuttosto per fare il punto sulla fluidità della situazione attuale. Vendola giustamente ha detto che non sarà possibile fare un accordo con il pd SEL non sceglierà una via minoritaria ed antagonista. In pratica dice che SeL non è disponibile a fare nè un nuovo Arcobaleno, nè la Syriza italica. Benissimo, ma che fare allora? Perchè se il messaggio di SeL è molto chiaro in negativo, è più difficile da decifrare in positivo. Naturalmente io mi auguro che nel PD non prevalga la linea D'Alema e meno che mai quella dei cento parlamentari veltroniani che propongono un PD nettamente "montista". Ma se questo dovesse verificarsi, se il PD sceglie la continuità con Monti anche per la prossima legislatura è evidente che il PD si pone completamente fuori da uno schema di sinistra di governo (al di dell'alleanza con l'UDC) e Sel certo non potrebbe allearsi con esso. Ma può pensare veramente ad una alleanza organica con L'IDV? Con un partito senza identità, cultura politica e progetto. Con l'IDV al massimo si possono concepire alleanze elettorali ciroscritte e limitate ma non certo una alleanza strategica. Un'ulteriore scivolamento a destra del PD (che io scongiuro) lascia uno spazio aperto per una forza che voglia interpretare in Italia le posizioni più avanzate del socialismo europeo e non quelle di Syriza. Ma per fare questo SEL deve abbandonare la immagine e la cultura movimentista che ancora la pervade, e costruire sul serio un partito socialista. Non potrà piacere il nome ma l'unica alternativa seria ad un PD che dovesse scivolare a destra è quella socialista. Tra una forza socialista che si struttura in partito ed una forza movimentista vi sono differenze di non poco conto. Un partito è tale perchè ha una identità chiara, un suo radicamento storico e sociale, ed una sua rappresentazione dell'interesse generale a partire dai valori e dagli interessi privilegiati che intende rapprsentare. Un movimento lavora per "campagne" su temi specifici e non deve farsi carico necessariamente di una visione generale dei problemi. Io ritengo che alla democrazia facciano bene sia i partiti che i movimenti, ma nella chiara distinzione dei ruoli. Ora se SeL vuole rappresentare la posizione di Hollande-Kraft, è evidente che deve fare un salto di qualità netta rispetto a com'è. Dotarsi cioè di una identità definita e di un progetto organico in cui inserire le proprie proposte programmatiche. Le proposte di programma senza una cultura definita e senza un quadro organico e normativo di riferimento sono nulla. Sono solo marketing elettorale inquadrato in una deleteria concezione postmoderna seconda la quale gli elettori sono clienti di un ipermercato elettorale dove scelgono i programmi come se fossero mozzarelle. Del resto il movimentismo che pretende di diventare partito spesso in questo errore cade. E qui sta la differenza tra socialismo e movimentismo. AD esempio: quella per il reddito di cittadinanza è una ottima proposta da sosenere, ma solo se si inquadra in un progetto organico di trasformazione sociale che preveda le "riforme di struttura" (Lombardi, Giolitti, Santi, Trentin), vale a dire un mutamento degli assetti di potere nell'economia e nella società nel senso della giustizia sociale e della socializzazione del potere. L'Ulivo fece riforme di struttura al contrario con le privatizzazione di industrie e banche rendendo la nostra economia sempre più controllata da gruppi ristretti e paramassonici. Fuori da questo contesto il reddito di cittadinanza perde il suo carattere progressivo. Del resto iperliberisti come Friedman ed Hayek prevdevano ance loro il reddito minimo perchè dicevano : il mercato crea esclusione e per garantire comunque la governabilità bisogna che la gente non muoia di fame. E' una tipica idea funzionalista. Per queste ragioni è importanti che i compagni che in SeL si battono per il socialismo europeo non faciano solo una battaglia formale, ma anche per far compiere a SeL quel salto di qualità necessario. Augirandoci che nel PD non prevalgano D'Alema e Veltroni.

Peppe