martedì 15 aprile 2025

Il modello scandinavo tra idealizzazione e realtà, Riccardo Casullo | Menabò di Etica ed Economia

Il modello scandinavo tra idealizzazione e realtà, Riccardo Casullo | Menabò di Etica ed Economia

Robin Hood non abita a Palazzo Chigi, Domenico Cersosimo, Rosanna Nisticò | Menabò di Etica ed Economia

Robin Hood non abita a Palazzo Chigi, Domenico Cersosimo, Rosanna Nisticò | Menabò di Etica ed Economia

Entità e persistenza delle disparità socioeconomiche territoriali in Italia, Francesco Prota, Lorenzo Cicatiello | Menabò di Etica ed Economia

Entità e persistenza delle disparità socioeconomiche territoriali in Italia, Francesco Prota, Lorenzo Cicatiello | Menabò di Etica ed Economia

La questione salariale non è solo questione di salari*, Andrea Garnero, Roberto Mania | Menabò di Etica ed Economia

La questione salariale non è solo questione di salari*, Andrea Garnero, Roberto Mania | Menabò di Etica ed Economia

giovedì 3 aprile 2025

Usa: dazi per tutti

Usa: dazi per tutti

Franco Astengo: Riarmo, transizione ecologica, transizione digitale

RIARMO, TRANSIZIONE ECOLOGICA, TRANSIZIONE DIGITALE di Franco Astengo Dove ci porterà il combinato disposto tra guerra dei dazi e riarmo in quella che nella situazione internazionale appare la frontiera bellicista più prossima? Quanto la prospettiva di guerra commerciale e di guerra "guerreggiata" inciderà sullo sviluppo delle due grandi transizioni che risulterebbe necessario compiere per approdare ad una idea di equilibrio nella crescita e nello sviluppo: la transizione ecologica e quella digitale? Questo interrogativo vale di più in particolare nel momento in cui enormi risorse e fattori fondamentali di know-how (penso all'utilizzo di IA, al ritorno al nucleare ecc,ecc) saranno destinati all'armamento. Domande difficili e risposte ancor più problematiche mentre continuano a cadere le bombe su tanti scenari a livello mondiale: un cader delle bombe che non si arresta neppure di fronte a enormi tragedie naturali quale quella accaduta in Birmania (Myanmar). All'interno di questo quadro complessivo la posizione dell'Italia appare difficile anche rispetto agli altri paesi UE (Francia, Germania, Spagna) soprattutto sotto l'aspetto del posizionamento tecnologico. Ci riferiamo alla tecnologia necessaria per fronteggiare lo stato di cose in atto. Secondo i dati dell'Epo (European Patent Office), cioè l'ufficio brevetti europeo, nei principali settori di brevettazione tecnologica ( informatica, macchinari elettrici, comunicazione digitale,prodotti farmaceutici, chimica fine organica, ecc) il posizionamento dell'Italia appare nettamente inferiore al livello medio europeo anche considerando i dati al netto di trasporti e macchinari dove comunque non eccelle. I settori - chiave della transizione ecologica e di quella digitale appaiono completamente trascurati sotto l'aspetto dei tassi di crescita in termini di valore aggiunto (comprensivi di salari, profitti e livelli di conoscenza incorporati). Nel settore della produzione di macchinari industriali l'Italia è presente con pochi grandi player che esprimono un impatto limitato sull'industria nazionale. A conferma di questa tendenza l'EPO conferma come la Germania detenga il 60% dei brevetti europei, la Francia il 6,9%, l'Olanda il 5,6% e l'Italia il 5,3%: questi dati indicano con chiarezza dove si rivolge il ReArm inteso quale fattore di promozione della riconversione industriale anche rispetto alla conclamata "guerra dei dazi" . Una promozione di riconversione industriale non soltanto semplicemente rivolta alle vicende belliche in corso o futuribili sul terreno del Vecchio Continente. L'Italia sta vivendo da molti anni un fenomeno di de-specializzazione che influisce negativamente sulla dinamica economica e presenta conseguenze dirette sul posizionamento internazionale e sulle condizioni economiche interne (stagnazione salariale, povertà). Così sarà difficile se non impossibile affrontare il futuro e contribuire, eventualmente, a una risposta adeguata alla situazione in corso da parte di un' Italia in declino e orientata quasi esclusivamente verso la tecnologia militare (che include l'idea del ritorno al nucleare). Servirebbe una proposta di radicale trasformazione della struttura economica derivante dal lanciare una vera e propria sfida sistemica da elaborare portando al centro l'antica domanda sul cosa produrre e sul senso della crescita : soltanto così potrebbe scaturire una risposta europea unitaria. Risposta europea per la quale però sembrano proprio mancare le condizioni politiche e anche istituzionali. La sinistra avrebbe il dovere di muoversi sul terreno che si è cercato fin qui di indicare promuovendo un'elaborazione di dimensione sovranazionale: per adesso però sembrano prevalere incertezza e confusione.

martedì 1 aprile 2025

L'export italiano di fronte ai dazi - Lavoce.info

L'export italiano di fronte ai dazi - Lavoce.info

La Turchia al bivio, Carlo Pallard | Menabò di Etica ed Economia

La Turchia al bivio, Carlo Pallard | Menabò di Etica ed Economia

L’Europa del Manifesto di Ventotene e quella della Presidente Meloni, Fabrizio Patriarca, Maurizio Franzini | Menabò di Etica ed Economia

L’Europa del Manifesto di Ventotene e quella della Presidente Meloni, Fabrizio Patriarca, Maurizio Franzini | Menabò di Etica ed Economia

Uno stato sociale forte serve anche per scoraggiare le aggressioni, Anton Hemerijck, Manos Matsaganis | Menabò di Etica ed Economia

Uno stato sociale forte serve anche per scoraggiare le aggressioni, Anton Hemerijck, Manos Matsaganis | Menabò di Etica ed Economia

Il ReArm Europe non è la scelta migliore per la sicurezza degli Europei*, Gianfranco Viesti | Menabò di Etica ed Economia

Il ReArm Europe non è la scelta migliore per la sicurezza degli Europei*, Gianfranco Viesti | Menabò di Etica ed Economia

venerdì 21 marzo 2025

Il contraccolpo della globalizzazione non risuona solo a Washington - Lavoce.info

Il contraccolpo della globalizzazione non risuona solo a Washington - Lavoce.info

La redistribuzione del reddito si fa anche con i servizi, non solo col denaro* - Lavoce.info

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Se la Germania dice basta con l'austerity* - Lavoce.info

Se la Germania dice basta con l'austerity* - Lavoce.info

Il vero volto di Meloni sull’Europa • Libertà e Giustizia

Il vero volto di Meloni sull’Europa • Libertà e Giustizia

Ventotene e gli scrivani della corte meloniana: da che parte sta la "boiata pazzesca"? - Strisciarossa

Ventotene e gli scrivani della corte meloniana: da che parte sta la "boiata pazzesca"? - Strisciarossa

giovedì 20 marzo 2025

Un nuovo movimento socialista contro l'onda nera? Trovo utile la lettura di Bobo Craxi e Franco Garofalo - Il Fatto Quotidiano

Un nuovo movimento socialista contro l'onda nera? Trovo utile la lettura di Bobo Craxi e Franco Garofalo - Il Fatto Quotidiano

La manifesta immaturità politica di Giorgia Meloni - Linkiesta.it

La manifesta immaturità politica di Giorgia Meloni - Linkiesta.it

Erdoğan non è meglio di Putin - Articolo21

Erdoğan non è meglio di Putin - Articolo21

Costruiamo un'alternativa alla politica delle destre. I referendum possono essere l'occasione giusta - Strisciarossa

Costruiamo un'alternativa alla politica delle destre. I referendum possono essere l'occasione giusta - Strisciarossa

Sì, cara Meloni, il Manifesto di Ventotene è di sinistra. Più a sinistra delle attuali forze rappresentate in Parlamento. | Fondazione Critica Liberale, dal 1969 la voce del liberalismo

Sì, cara Meloni, il Manifesto di Ventotene è di sinistra. Più a sinistra delle attuali forze rappresentate in Parlamento. | Fondazione Critica Liberale, dal 1969 la voce del liberalismo

Franco Astengo: Europa/Pace

EUROPA/PACE: PER UNA PROPOSTA DI DIBATTITO di Franco Astengo La provocazione (?) messa in atto dalla Presidente del Consiglio italiano sul tema delle ascendenze storico-filosofiche dell'Unione Europea cogliendo non può essere respinta semplicemente in nome di una astratta matrice europeista posta avverso l'inedito asse USA/Russia e la conseguente acquiescenza all'amministrazione americana cogliendo anche l'occasione per un'idea di riarmo posta su di un piano oggettivamente nazionalista. Lo schema riportato di seguito in questo testo rappresenta semplicemente una proposta di dibattito a sinistra. Una discussione che dovrebbe essere rivolta al fine di perseguire una linea comune superando anche le ambiguità ben presenti nell'idea della manifestazione svolta a Roma lo scorso 15 marzo e il seguito previsto come nel caso delle iniziative assunte dai sindaci di Bologna e Firenze (a questo punto si aprirebbe il discorso sulla funzione delle forze parlamentari e dei partiti ma in questo momento sarebbe fuorviante). Dunque: 1) Premesso che è indispensabile tornare a considerare la politica estera come prioritariamente misurata sul piano delle questioni strategiche politico/militari e non su quello delle “contraddizioni globali” ; 2) Quelle contraddizioni globali che,introiettata l’idea della “fine della storia”, apparivano fino a qualche tempo fa come centrali nella costruzione delle grandi transizioni dell’innovazione tecnologica e dell’ecologia; 3) Appare necessaria la ricostruzione di identità di una sinistra europea che riparta dall’opzione pacifista in collegamento con un movimento transnazionale eticamente motivato; 4) Una sinistra capace di considerare – appunto – l’Europa come spazio politico elaborando una proposta in quella dimensione, partendo dal mettere in campo un opzione di distinguo tra la Nato e l’Unione Europea; 5) In conseguenza la sinistra deve pensare ad una Europa che come Unione è chiamata a svincolarsi dalla sua origine di avamposto dell’atlantismo oggi malamente inteso come collegamento diretto con l'amministrazione USA comprendendo nel ripensamento anche quel tipo di atlantismo sulla base del quale si era poi verificato l’allargamento verso Est e verso Sud realizzato anche attraverso la partecipazione attiva alle guerre balcaniche; 6)L’ipotesi da portare avanti dovrebbe essere quella di un’Europa con al centro un vasto campo demilitarizzato, una sorta di “zona cuscinetto” per garantire l’opzione di pace nel cuore del continente nella considerazione di un apparentemente inevitabile ridefinirsi di una sorta di “logica dei blocchi”. Una "logica dei blocchi" strutturata però ben diversamente da quella del passato (si scrive dei 3 imperi) perché di ben altra dimensione e natura sono rispetto al passato le interconnessioni economiche e produttive in particolare nei campi dell’energia e dell’approvvigionamento alimentare e delle ipotesi di sfruttamento a livello globale (in particolare verso l'Africa, destinata a trasformarsi nel principale terreno di contesa); Sul piano dell’analisi i grandi sconfitti sono i sostenitori della già ricordata fine della storia e quelli della “globalizzazione” ultraliberista alla quale (non va dimenticato) si erano allineati nel primo decennio del XXI secolo anche i principali partiti socialisti e post-comunisti.

martedì 18 marzo 2025

Netanyahu will never accept peace. Where will his perpetual war lead next? | Simon Tisdall | The Guardian

Netanyahu will never accept peace. Where will his perpetual war lead next? | Simon Tisdall | The Guardian

Stati Uniti e Europa in un mondo che cambia | Eguaglianza & Libertà

Stati Uniti e Europa in un mondo che cambia | Eguaglianza & Libertà

Sinistra, dalle riforme di struttura all’errore di struttura | Eguaglianza & Libertà

Sinistra, dalle riforme di struttura all’errore di struttura | Eguaglianza & Libertà

Il nuovo ordine del mondo e l’Europa che non c’è

Il nuovo ordine del mondo e l’Europa che non c’è

Lo dice l’Istat, aumenta povertà e diseguaglianza

Lo dice l’Istat, aumenta povertà e diseguaglianza

lunedì 17 marzo 2025

Scuola Valditara - Educare o addestrare? - Gli Stati Generali

Scuola Valditara - Educare o addestrare? - Gli Stati Generali

Il lungo inverno dell’industria

Il lungo inverno dell’industria

La Politica di coesione ad un bivio: quale futuro possibile?, Francesco Prota, Giuseppe Daconto | Menabò di Etica ed Economia

La Politica di coesione ad un bivio: quale futuro possibile?, Francesco Prota, Giuseppe Daconto | Menabò di Etica ed Economia

Contro le oligarchie: contratto sociale e finanza pubblica democratica, Massimo Paradiso, Paolo Liberati | Menabò di Etica ed Economia

Contro le oligarchie: contratto sociale e finanza pubblica democratica, Massimo Paradiso, Paolo Liberati | Menabò di Etica ed Economia

La procedura di adozione del REArm-Eu: ancora una prova della debolezza del Parlamento europeo, Elena Paparella | Menabò di Etica ed Economia

La procedura di adozione del REArm-Eu: ancora una prova della debolezza del Parlamento europeo, Elena Paparella | Menabò di Etica ed Economia

domenica 16 marzo 2025

Ecco perché il Pnrr ancora non decolla - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

Ecco perché il Pnrr ancora non decolla - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

Che errore per il Pd staccarsi dai Socialisti, Schlein rifletta #intervista @ildubbionews « gianfrancopasquino

Che errore per il Pd staccarsi dai Socialisti, Schlein rifletta #intervista @ildubbionews « gianfrancopasquino

Germania, un governo di svolta - Terzogiornale

Germania, un governo di svolta - Terzogiornale

L’Unione e la difesa comune - Terzogiornale

L’Unione e la difesa comune - Terzogiornale

Élections fédérales allemandes : le nécessaire réveil du SPD  - Fondation Jean-Jaurès

Élections fédérales allemandes : le nécessaire réveil du SPD  - Fondation Jean-Jaurès

giovedì 13 marzo 2025

Una Avvelenata sul “Modello Milano” - Gli Stati Generali

Una Avvelenata sul “Modello Milano” - Gli Stati Generali

Roberto Biscardini: Sul rimpasto della giunta comunale di Milano

“La decisione del sindaco Sala di spacchettare le competenze dell’urbanistica della casa e del territorio sembra fatta apposta per non consentire ai cittadini di capire dove stanno le responsabilità. Una tecnica già sperimentata che non favorisce né l’informazione né la partecipazione dei cittadini alla vita democratica.” Lo ha dichiarato Roberto Biscardini ex Consigliere comunale di Milano che ha aggiunto: “Non è chiaro se sia il nuovo Assessore Bottero con delega all’Edilizia residenziale pubblica o l’Assessore Conte con delega al Piano casa ad affrontare il nodo principale dell’adozione del Piano per l’Edilizia Economica e Popolare previsto dalla legge 167 che il Comune di Milano da anni considera superata, nonostante questa legge sia assolutamente vigente e cogente nei confronti di un Comune come Milano. Naturalmente nei piani previsti dalla 167 non c’è distinzione tra edilizia residenziale pubblica, cioè sovvenzionata, e edilizia popolare agevolata di cooperative e imprese. MA questo Sala probabilmente non lo sa. La legge 167 obbliga i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti e i capoluoghi di Provincia a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare, nonché alle opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico. Essa indica che tali zone vanno determinate in relazione al fabbisogno di edilizia economica e popolare da calcolarsi tra il 40 e il 70 per cento del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa. Non uno scherzo! Aree che il Comune deve mettere a disposizione sia per l’edilizia sovvenzionata (case di proprietà del Comune o di ALER) ma anche per cooperative a proprietà divisa o indivisa. Una competenza – ha aggiunto Biscardini – che nella confusione delle deleghe potrebbe ricadere contemporaneamente sugli assessori Bottero, Conte e Tancredi. Augurandoci che non sia questo l’alibi per proseguire a non fare niente.”

Old left ideas are unlikely to revive social democracy

Old left ideas are unlikely to revive social democracy

Dal welfare al warfare passando dalla war transition economy | Fondazione Critica Liberale, dal 1969 la voce del liberalismo

Dal welfare al warfare passando dalla war transition economy | Fondazione Critica Liberale, dal 1969 la voce del liberalismo

venerdì 7 marzo 2025

IL RIARMO UE TRA INDIPENDENZA DAGLI USA E KEYNESISMO MILITARE - Laboratorio

IL RIARMO UE TRA INDIPENDENZA DAGLI USA E KEYNESISMO MILITARE - Laboratorio

La lenta agonia della Bella Epoque di Milano - Gli Stati Generali

La lenta agonia della Bella Epoque di Milano - Gli Stati Generali

Il divario retributivo? Tra uomo e donna c'è sempre * - Lavoce.info

Il divario retributivo? Tra uomo e donna c'è sempre * - Lavoce.info

Washington, Mosca e la spartizione dell’Europa - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

Washington, Mosca e la spartizione dell’Europa - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

La nuova Europa e l’effetto Serra - Jacobin Italia

La nuova Europa e l’effetto Serra - Jacobin Italia

giovedì 6 marzo 2025

Yanis Varofakis: Il piano economico generale di Donald Trump

Yanis Varofakis: Il piano economico generale di Donald Trump

The Crisis Engulfing the French Left | The Nation

The Crisis Engulfing the French Left | The Nation

Inside Die Linke’s Resurgence

Inside Die Linke’s Resurgence

La rivista il Mulino: La politica estera tedesca dopo il voto

La rivista il Mulino: La politica estera tedesca dopo il voto

Europa come fede, l’alternativa è tra marciare e ragionare • Diritti Globali

Europa come fede, l’alternativa è tra marciare e ragionare • Diritti Globali

Roberto Biscardini: Per il momento siamo salvi

PER IL MOMENTO SIAMO SALVI Per il momento siamo salvi, la cementificazione dell’intero Paese e a basso prezzo, sull’onda delle procedure anomale del comune di Milano, che si volevano sanare e consentire con una legge del parlamento, sembra bloccata. Ci è voluto un provvedimento della Procura per fermare il delirio di onnipotenza dell’Amministrazione comunale di Milano e della sua giunta, nonostante i tanti pareri tecnici, che molti di noi avevano dato circa la non percorribilità di quel provvedimento. Ma soprattutto nonostante le prese di posizione politiche di alcuni partiti minori, e di tante associazioni contrarie all’approvazione di una legge ad personam, che avrebbe condonato lo scempio di Milano favorendo l’estensione dello scempio in tutto il Paese. Per mesi noi e a tutti coloro che hanno contestato questo provvedimento ci avevano dati per pazzi, ora è bastato un intervento della Procura per mettere in evidenza che il Re è nudo. E così la (legge) “Salva Milano” è morta per voce dei suoi maggiori sostenitori. Per Sala e i suoi funzionari, che si sono dati da fare andando avanti e in dietro dal Parlamento, che si sono spesi cercando di far credere al mondo intero non solo la bontà di queto provvedimento, ma anche la correttezza dell’amministrazione comunale, questo tormentone è finito nel giro di qualche ora con una dichiarazione lapidaria “Non è più necessaria”. E il PD, che lo ha sostenuto sempre, ovunque e in consiglio comunale, fine nelle settimane scorse, a suon di dichiarazioni e ordini del giorno, e in Parlamento votando alla Camera in modo compatto con il centro destra, sembra aver chiuso la partita con una dichiarazione tardiva della segretaria Elly Schlein “E’ evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti”. Che tradotto vuol dire che se non fossero arrivati ieri quei provvedimenti giudiziari, il PD sarebbe andato avanti. Imbarazzante. Non un cenno di ripensamento meditato, non un cenno di autocritica. Nessuna valutazione del significato politico di ciò che è stato fatto e di ciò che ci si apprestava a fare. E ciò è gravissimo, perché né Sala, né la sua Giunta, né la sua maggioranza sostenuta in modo determinante dal PD, sembra che non si stiano ancora rendendo conto del danno che tutta questa brutta vicenda urbanistica ha arrecato a Milano e all’immagine della nostra città. E sul piano politico il PD, che porta la maggiore responsabilità nel sostegno di questa maggioranza, non ha voluto nemmeno in questo caso fare i conti con una realtà chiara e inquietante. Almeno da quando Sala (sull’onda del disastro di Expo gabellato anche dalla stampa come un grande successo) è stato scelto come candidato sindaco, da ambienti molto estranei alla politica, e molto lontani dagli interessi popolari che dovrebbe rappresentare il centrosinistra. La realtà inquietante di una amministrazione che non solo è stata evidentemente condizionata da interessi economici, finanziari e speculativi prevalenti, ma che per essere al servizio di questi stessi interessi ha dovuto togliere di mezzo ogni forma di coinvolgimento democratico dei cittadini e persino del consiglio comunale che in qualche modo dovrebbe rappresentarli. Una giunta che per governare, in nome dell’efficienza e della rapidità delle scelte, ha dovuto togliere di mezzo ogni forma di informazione. Ha dovuto nascondere i progetti persino al consiglio comunale, che non è stato messo nelle condizioni di svolgere il mandato per cui è stato eletto, e ha gestito la cosa pubblica, in molti settori solo in logica aziendale e padronale, e con molto arroganza. Privatizzando e mortificando il valore fondamentale dell’interesse pubblico e generale per una città di tutti e non solo per i più ricchi. Una amministrazione che ha nascosto la grande questione sociale sotto lo splendore del business e della sua ricchezza. Ciò che sta succedendo in queste ore fa emergere le grandi contraddizioni di una politica che ha abdicato al suo ruolo. Fa emerge la pochezza della politica e delle istituzioni milanesi. Non sappiamo al momento se ci sarà tempo e volontà per cambiare rotta. Se ci sarà margine per un sussulto di dignità, da chi ancora non ha buttato il proprio cervello all’ammasso. Ma senza la disponibilità ad ammettere i propri errori con un confronto aperto con la città attonita, il destino è segnato.

martedì 4 marzo 2025

Franco Astengo: Europa, uno spazio politico

EUROPA UNO SPAZIO POLITICO DI Franco Astengo La partecipazione alla manifestazione sull'Europa organizzata da Repubblica per il 15 marzo va sottoposta, a sinistra, ad una seria riflessione. Soprattutto bisognerebbe evitare di cadere nella trappola del riarmo della Germania. Evitare la trappola non tanto per similitudini con fatti antichi ma, perché di questo si tratta nel momento contingente quando la Von der Layen lancia l'idea e spara cifre a centinaia di miliardi. Prima di tutto l'ipotesi di un esercito europeo è tutta di là da venire. In questa situazione la Germania è la sola a disporre di una siderurgia all'altezza di una produzione capace di soddisfare un'ipotesi di adeguato riarmo (torna qui il tema della capacità industriale di ogni singolo paese con particolare riferimento all'Italia). La Rheinmetall produce già carri armati e Leonardo è junior partner mentre è noto che l'industria meccanica italiana è del tutto sussidiaria a quella tedesca. Inoltre si tratterebbe di un riarmo "da combattimento sul terreno" perché la migliore tecnologia missilistica e dei droni sta da altre parti e questo è un altro elemento da considerare. Quanto al nucleare la messa a disposizione del loro potenziale da parte di Francia e Gran Bretagna vale più o meno un decimo del potenziale russo (che rimane numericamente il più consistente) e americano, oltre al presentarsi del problema di a chi sarebbe assegnato il comando strategico (sempre con riferimento all'assenza di un esercito europeo). Quindi le manifestazioni pro-Europa come quella indetta da Repubblica per il 15 marzo non possono considerarsi "neutre" da questo punto di vista e la presenze di bandiere di un solo colore e un solo simbolo farebbe perdere di vista l'obiettivo paradossalmente causando confusione e non chiarezza. La sinistra dovrebbe aver l'obbligo di caratterizzarsi autonomamente elaborando un progetto di pace anche e soprattutto rispetto al proprio territorio. Non c'è traccia di idee che un tempo pure circolavano a Est come a Ovest (penso al Piano Rapacki su di una zona smilitarizzata al centro del continente). Ribadisco un giudizio di totale disarticolazione delle istituzioni sovranazionali, anche di quelle elette a suffragio universale come il Parlamento Europeo che non ha trovato la forza e la capacità di riunirsi in sessione straordinaria e andrà in sessione ordinaria il 10 marzo. Nessuno tra l'altro valuta i tempi di un possibile riarmo in conseguenza di una riconversione industriale che comporta problemi di materiali, trasformazione di linee di montaggio, dimensione degli impianti, tecnologia . In Italia l'operazione contraria, cioè di dismissione dell'industria bellica dopo la seconda guerra mondiale durò all'incirca quindici anni dal 1945 al 1960 cioè alla vigilia del boom quando una parte della siderurgia fu abbandonata e l'industria cominciò a lavorare sui prodotti del consumo individuale oltre l'auto gli elettrodomestici e la televisione per rendere il tutto accessibile al grande pubblico, più o meno in contemporanea con la nazionalizzazione dell'energia elettrica e lo sviluppo della telefonia che con la SIP cominciò ad entrare nelle case della piccola borghesia e della classe operaia con il telefono duplex. Quanto tempo occorrerebbe oggi per una operazione all'inverso sia pure usufruendo di tecnologie ben diverse? Armarsi significa pensare alla guerra: è questo un inevitabile orizzonte ? Anche e soprattutto per questo serve subito una proposta di pace considerando l'Europa uno spazio politico e non acriticamente come un bene in sè, e agendo di conseguenza a quel livello. Insomma è più realistica una proposta di pace che un'utopia di un armamento davvero difficile da realizzare.

La rivista il Mulino: La Germania di Friedrich Merz e l’Unione europea

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Jeremy Corbyn: This Labour Government Has the Wrong Priorities

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venerdì 28 febbraio 2025

The German Election in Ten Graphs

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Starmer taglia gli aiuti esteri per finanziare la Difesa: si dimette la ministra allo Sviluppo internazionale, Anneliese Dodds - Il Fatto Quotidiano

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Israele, inchiesta interna dell’Idf sul 7 ottobre: «Fallimento totale, sottovalutata Hamas» - Lettera43

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Politica industriale, (s)gradito ritorno? - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

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Addio alle armi. Lo storico appello di Abdullah Öcalan dal carcere di Imrali • Diritti Globali

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La rivista il Mulino: La politica trumpiana è anti-occidentale?

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Rinascere neo-proporzionalisti per non morire trumpiani - Linkiesta.it

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The End of the 'West' and Europe's Future

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EUROPA

EUROPA

LA LEZIONE TEDESCA di Paolo Bagnoli

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martedì 25 febbraio 2025

What Germany’s election means for the Western Left – Future of social democracy | IPS Journal

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La Germania dopo il voto - Lavoce.info

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Tre anni di guerra, costi e conseguenze - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

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Europe’s Last Chance: Why the Union Must Reform or Face Ruin

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Democrats Appear Paralyzed. Bernie Sanders Is Not.

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'SPD defeat reveals need for new strategy for progressive forces' - LabourList

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Le tre Cenerentole e il dramma tedesco | Marino Freschi

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Germania: the day after

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After Germany’s Election, the Left Can Hope Again

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lunedì 24 febbraio 2025

Tre anni di guerra in Ucraina: 5 domande e 7 grafici per fare chiarezza

Tre anni di guerra in Ucraina: 5 domande e 7 grafici per fare chiarezza

Franco Astengo: Primi numeri dalla Germania

PRIMI NUMERI DALLA GERMANIA 2025 di Franco Astengo Schematiche rilevazioni statistiche sulla base dei dati disponibili in voti assoluti: 1) Aumento nell'espressione dei voti validi. Sulla parte proporzionale si passa da 46.419.448 volti validi a 51.832.778 con un incremento di 5.413.330 voti validi. La crescita della partecipazione elettorale ha sicuramente favorito la mobilità elettorale che si può verificare espressamente analizzando il quadro dei voti assoluti ottenuti dai diversi partiti. 2) Aumento CDU- CSU. Sulla parte proporzionale l'alleanza Nord-Sud tra i due partiti democristiani tedeschi passa da 13.576.632 a 14.158.132 con un incremento di 581.500 suffragi. 3) Aumento AFD. Sulla parte proporzionale passa da 2.269.993 voti a 10.327.148 voti con un incremento di 8.057. 155 voti. 4) Flessione SPD. Sulla parte proporzionale l'SPD cala da 11.949.756 voti a 8.148.284 con una flessione di 3.801.472 5) Flessione Grunen. Sulla parte proporzionale i Verdi scendono da 6.848.215 a 5.761.476: un calo di 1.086.739 voti. 6) Ripresa della Linke. Nonostante la presenza di BSW ( 2.468.670 voti, 4,97%) la Linke cresce da 2.269.993 voti a 4.355. 382 : incremento di 2.085. 389 voti. La somma tra Linke e BSW (quest'ultimo soggetto comunque difficile da collocare a sinistra) arriva a 6. 824.052 con un recupero di una certa consistenza del calo accusato dall'SPD. 7) Calo dell'FDP. I liberali scendono da 5.316.698 voti a 2.148.878 con una flessione di 3. 167.820 voti che presumibilmente saranno passati in una quota molto consistente a far parte del bottino dell'AFD. Sulla base di questi dati sono possibili diversi schemi di interpretazione anche non ortodossi rispetto alla vulgata corrente: a) La partecipazione al voto (come già accaduto in Francia) non risulta nell'Occidente Europeo irreversibilmente in calo come invece sta accadendo in Italia. Non si tratta semplicisticamente di un fatto derivante dall'interesse che l'elezione suscita per via della posta in gioco, ma di solidità nell'insieme del sistema politico e soprattutto di ruolo e funzione dei partiti; b) appare evidente come la crescita della partecipazione al voto abbia avvantaggiato l'AFD ( i dati dei Lander dell'Est paiono indicare questo elemento). L'estrema destra tedesca incamera quasi completamente il calo liberale mentre la funzione di CDU-CSU è parsa quella di contenimento anche rispetto ai contenuti attraverso uno spostamento a destra in particolare sul tema dei migranti; c) la flessione dell'SPD corrisponde a una crescita a sinistra in particolare della Linke che riesce a tornare in Parlamento con 63 deputati. Il voto alla Linke (soggetto diverso rispetto- ad esempio - France Insoumise e a Podemos) sta a dimostrare l'esistenza di uno spazio politico a sinistra per una forza chiaramente orientata verso il mondo del lavoro (anche se su questo terreno la concorrenza di BSW si è fatta sentire) e con alle spalle una "storia" nella presenza nel sistema politico germanico; d) la destra è stata dunque fermata nella sua apparentemente irresistibile ascesa verso il governo. Azzardando una analisi sicuramente prematura si potrebbe affermare che, almeno in questa fase politica, l'AFD abbia raggiunto il "pieno" con uno sbilanciamento nella dimensione geografica del voto. e) appare possibile (considerata l'esclusione dal Parlamento di BSW e FDP) un governo CDU-CSU/ SPD. La difficoltà appare essere quella di un governo tedesco che affronti i due punti nodali della crisi occidentale: quella delle democrazie cosiddette liberali posta sul terreno delle divisione dei poteri e del primato del diritto nell'attività governativa e quella dell'impostazione di una politica di pace che fronteggi la tendenza alla crescita degli armamenti e ritorni ad una idea di welfare non condizionata da un'austerity recessiva (questo secondo punto è di grande importanza per la residua industria italiana in ispecie collocata al Nord). Si tratterà di vedere quanto la presenza dell'SPD al governo influirà in senso positivo. Per adesso ci troviamo semplicemente nella condizione di aver impedito all'AFD di intrecciare un discorso con una CDU-CSU comunque spostata verso destra. Inutile sottolineare come - per tutti - l'area geopolitica di riferimento non può essere che quella europea. Scusandomi del disturbo mi auguro sia consentita un'ulteriore annotazione al riguardo dell'esito delle elezioni legislative svolte in Germania domenica 23 febbraio 2025. Molti autorevoli commentatori oggi si soffermano sulla dislocazione geografica del voto: nell'antica BDR prevalgono i partiti tradizionali mentre nella ex-DDR si registra una massiccia, ai limiti del plebiscitario almeno per l'omogeneità di espressione, affermazione dell'estrema destra di AFD. Questo risultato viene attribuito a prevalenti ragioni di carattere economico con i settori sociali in maggiore difficoltà (da questo punto di vista esemplare una tabella pubblicata dal "Manifesto") che cercano tutela a destra principalmente per difendersi dall'assalto dell'emigrazione: il gran numero di migranti (nel 2022 la Germania ha ospitato oltre un milione di profughi afgani e nell'anno successivo più o meno egual numero di rifugiati ucraini: dieci volte tanto i numeri della migrazione per anno in Italia) sottrarrebbe lavoro e sussidi agli autoctoni che, ad Est, risultavano già sfavoriti dalle posizioni di partenza date al momento della riunificazione. Questi dati suggeriscono un filo di ragionamento che non so se possa essere considerato accettabile e che comunque mi permetto di esprimere. La sinistra tedesca come gran parte di quella europea muta pelle a cavallo della fine del secolo scorso e dell'inizio del presente accettando (sulla scorta del new-labour di Tony Blair) il liberismo abbandonando la tutela di quelli che erano definiti "garantiti" (la classe operaia delle grandi concentrazioni industriali; il pubblico impiego) abbandonando indispensabili strumenti di difesa delle condizioni materiali di vita e di lavoro e tuffandosi nel mare magnum della globalizzazione. In Italia questo elemento era già stato anticipato fin dagli anni'80 emblematizzandolo nella vicenda dell'abbattimento della scala mobile. Nel prosieguo del tempo si è lasciata enfatizzare la paura dei migranti e si è abbandonata la tutela dei lavoratori: la questione della scala mobile a mio avviso è stata decisiva per arrivare strada facendo fino al job act di cui, attraverso i referendum promossi dalla CGIL, si sta tentando di cancellare i provvedimenti più perversi. Rovesciare il paradigma cercando di far capire che la difesa (e l'acquisizione) di diritti per i lavoratori coincide con una prospettiva di integrazione dei migranti può rappresentare la base per una ripresa politica come ha dimostrato l'affermazione della Linke e la sconfitta della BSW che aveva cavalcato l'onda di una chiusura anti-storica. Così si potrebbe trarre un'indicazione per la residua sinistra italiana (ovviamente le cose sono molto più complicate se pensiamo ai temi pace/guerra, situazione internazionale, effetti dell'innovazione tecnologica, questione ambientale, differenza di genere, concetto di "limite" ecc, ecc) : tentare l'intreccio tra l'antica contraddizione principale e le nuove contraddizioni un tempo definite post-materialiste dovrebbe rappresentare il punto di partenza per una nuova identità e capacità di lotta a sinistra. Emerge a questo punto il tema della soggettività ma sarebbe un discorso troppo lungo per poter essere svolto adesso in una forma appena sufficientemente compiuta. Grazie per l'attenzione Franco Astengo

giovedì 13 febbraio 2025

Franco Astengo: Prosegue la crisi della produzione industriale

PROSEGUE LA CRISI DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE di Franco Astengo Sono questi che seguono i dati che contano sul piano economico, altro che presunti aumenti dell'occupazione o fantomatici dati di natura finanziaria: L’industria italiana continua a non dare segnale di risveglio. È quanto emerge dai nuovi dati diffusi questa mattina dall’Istat, con la produzione calata dal 7,1% a dicembre rispetto a un anno prima (al netto degli effetti calendario), e del 3,1% rispetto a novembre. L’Italia archivia comunque un 2024 da dimenticare, con una flessione complessiva del 3,5% rispetto al 2023, con una dinamica tendenziale che – sottolinea l’Istat – “è stata negativa per tutti i mesi dell'anno, con cali congiunturali in tutti i trimestri”. Gli unici settori di attività economica che registrano a dicembre incrementi tendenziali sono l'attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,0%). Flessioni particolarmente marcate si rilevano, invece, nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-23,6%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%). Il 2024 si chiude con una diminuzione della produzione industriale del 3,5%. Tra i principali raggruppamenti di industrie, solamente per l'energia si registra un incremento nel complesso del 2024. Nell'ambito della manifattura, solo le industrie alimentari, bevande e tabacco sono in crescita rispetto all'anno precedente, mentre le flessioni più marcate si rilevano per industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-10,5%) e fabbricazione di mezzi di trasporto (-11,3%). Analizziamo alcune cause del protrarsi di questo drammatico stato di cose: 1)L’imporsi di uno squilibrio nel rapporto tra finanza ed economia verificatosi al di fuori di qualsiasi regola e sfuggendo a qualsiasi ipotesi di programmazione; 2) La perdita da parte dell’Italia dei settori nevralgici dal punto di vista della produzione industriale: siderurgia, chimica, elettromeccanica, elettronica. Quei settori dei quali a Genova si diceva con orgoglio “ produciamo cose che l’indomani non si trovano al supermercato”; A fianco della crescita esponenziale del debito pubblico si collocava nel tempo il mancato aggancio dell’industria italiana ai processi più avanzati d’innovazione tecnologica. Anzi si sono persi settori nevralgici in quella dimensione dove pure, si pensi all’elettronica, ci si era collocati all’avanguardia. Determinante sotto quest’aspetto la defaillance progressiva dell’Università con la conseguente “fuga dei cervelli” a livello strategico. Un fattore questo della progressiva incapacità dell’Università italiana di fornire un contributo all’evoluzione tecnologica del Paese assolutamente decisivo per leggere correttamente la crisi; 3) Si segnalano infine due elementi tra loro intrecciati: la progressiva obsolescenza delle principali infrastrutture, ferrovie autostrade e porti e un utilizzo del suolo avvenuto soltanto in funzione speculativa, in molti casi scambiando la deindustrializzazione con la speculazione edilizia e incidendo moltissimo sulla fragilità strutturale del territorio. Sono questi elementi riassunti in una dimensione molto schematica i punti che dovrebbero essere affrontati all’interno di quell’idea di riprogrammazione e intervento pubblico in economia completamente abbandonata dai tempi della “Milano da Bere” fino ad oggi dove prevale la retorica nazionalista di un governo fondato sulla "democrazia recitativa".

mercoledì 12 febbraio 2025

The German left has lost its monopoly on class consciousness | EUROPP

The German left has lost its monopoly on class consciousness | EUROPP

Wolfgang Streeck: “Global Governance” Is a Pipe Dream

Wolfgang Streeck: “Global Governance” Is a Pipe Dream

SI AVVICINANO LE ELEZIONI COMUNALI E LE PRIMARIE, FORSE |

SI AVVICINANO LE ELEZIONI COMUNALI E LE PRIMARIE, FORSE |

PERCHÉ IL ‘SALVA-MILANO’ È UN PEZZO DI UN PROBLEMA PIÙ GRANDE? |

PERCHÉ IL ‘SALVA-MILANO’ È UN PEZZO DI UN PROBLEMA PIÙ GRANDE? |

Roberto Biscardini: SOLO IL CONSIGLIO COMUNALE PUÒ “SALVARE MILANO” |

SOLO IL CONSIGLIO COMUNALE PUÒ “SALVARE MILANO” |

LA CGIL E IL “SALVA MILANO” |

LA CGIL E IL “SALVA MILANO” |

L’AMBIGUA POTENZIALITÀ DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ |

L’AMBIGUA POTENZIALITÀ DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ |

SALVAMILANO/4. COME SE NE ESCE? |

SALVAMILANO/4. COME SE NE ESCE? |

L’URBANISTICA E I QUATTRO CAVALIERI DELL’APOCALISSE |

L’URBANISTICA E I QUATTRO CAVALIERI DELL’APOCALISSE |

domenica 2 febbraio 2025

Franco Astengo: Il partito della Nazione

IL PARTITO DELLA NAZIONE dI Franco Astengo FdI, Arianna Meloni chiude la direzione: “Siamo il partito della nazione, la premier come Frodo” Al di là delle ragioni motivazionali rivolte alla propria squadra che possono risultare anche comprensibili questa frase merita un approfondimento senza il quale si lascia intatta tutta la sua - pericolosa - valenza enfatica. Prima di tutto l'idea di autoproclamarsi "partito della nazione" si scontra contro una crisi costante del sistema dei partiti e di trasformazione di natura stessa del partito politico che appare assolutamente evidente. Verifichiamo prima di tutto il piano del consenso elettorale: gli ultimi dati complessivi in nostro possesso riguardano le elezioni europee 2024 (elezioni europee che rappresentano storicamente il punto di più basso di raccolta del consenso da parte dell'insieme del sistema politico). Il 9 giugno 2024 su 51.214.348 aventi diritto i voti validi espressi furono 23. 415. 587. Fratelli d'Italia ha conseguito la maggioranza relativa con 6.733.906 voti e le tre forze che formano il governo hanno ottenuto complessivamente 9.079.242: nell'analoga votazione svolta nel 2019 la maggioranza relativa spettò alla Lega con 9.175.208 voti (all'incirca 2.500.000 in più rispetto a FdI 2024: fu quando Salvini chiese i "pieni poteri") mentre l'insieme del centro destra raccolse 13.252. 990 voti (oltre 4 milioni di voti in più rispetto al 2024) in un quadro generale di partecipazione al voto che aveva visto l'espressione di 26. 783.732 suffragi su 50.974.994 aventi diritto. Per quel che può valere il dato elettorale appare evidente il calo di consenso complessivo: nel tempo Fratelli d'Italia ha tolto voti agli alleati (in particolare alla Lega) in un quadro di calo complessivo nella raccolta di consenso sia del centro - destra sia del sistema nel suo insieme (un dato questo che dovrebbe preoccupare tutti e nell'occasione tralasciamo le cifre - paurose - del calo accusato dal M5S soggetto trainante dell'anti - politica e assoluto primo fornitore della crescita della disaffezione e della crisi complessiva del sistema). L'altro elemento da prendere in considerazione in uno sviluppo d'analisi è quello della funzione di governo che Fratelli d'Italia esercita in una dimensione fortemente accentrata nella figura della presidente del Consiglio. Esaminiamo allora alcuni aspetti di questa politica di governo: 1) Sul piano della politica economica la legge di bilancio si situa tranquillamente nell'alveo dell'austerity imposto da Bruxelles e interpretata, attraverso modeste torsioni sul piano fiscale, a favore dei ceti più abbienti e a scapito di "ultimi" e "penultimi" (copyright questo dei "penultimi" del convegno di Orvieto dell'area liberaldemocratica"); 2) Sul piano della politica estera le vicende più recenti segnalano una sorta di delega al "nuovo corso" USA cui la presidente del consiglio si è prontamente allineata nel tentativo di interpretare una variazione sostanziale soprattutto nel riguardo dell'UE di cui l'Italia intenderebbe farsi ambasciatrice in un quadro di ripresa nazionalistica (verificheremo cosa ci dirà l'esito delle elezioni tedesche); 3) sul piano degli obiettivi di riforma a livello nazionale, finora si sono mossi gli obiettivi degli altri partner (Lega: autonomia differenziata; Forza Italia: magistratura) che urtano con la tradizione storica del partito di discendenza ideologica di FdI (il MSI) nazionalista e giustizialista (addirittura pro-pena di morte, del resto esercitata con larghezza nel corso della Repubblica Sociale 1943-45). Si è perso per strada l'improbabile premierato, bandiera di partenza della formazione di maggioranza relativa mentre del tutto fallimentare si è dimostrata la politica fin qui perseguita nei confronti del delicato tema dei migranti. Insomma: una politica di governo che parafrasando il motto di un film americano: "tutta chiacchiere e distintivo". Insomma: quanto uscito fuori dalla riunione della Direzione Nazionale di Fdi non può restare senza risposta, una risposta però che - sui contenuti - dovrebbe far riflettere anche le forze di opposizione: infatti ci sono punti che li riguardano direttamente.

venerdì 31 gennaio 2025

GIORGIA E L’UOMO MUSKERATO di Andrea Becherucci

GIORGIA E L’UOMO MUSKERATO di Andrea Becherucci

SE NON ORA, QUANDO? di Paolo Bagnoli

SE NON ORA, QUANDO? di Paolo Bagnoli

Franco Astengo: Democrazia del pubblico e democrazia recitativa

DEMOCRAZIA DEL PUBBLICO E DEMOCRAZIA RECITATIVA di Franco Astengo Premesso che occorre sempre ricordare che Fratelli d'Italia rappresenta un partito che non è stato votato da circa 43 milioni di italiane e di italiani . Il il grado di rappresentatività degli esponenti di FdI compresa la presidente del consiglio è molto basso nei voti reali ( i sondaggi segnalano soltanto le percentuali, sde hanno risposto in 8 e 4 ti hanno indicato hai il 50%). E' ancora necessario considerare che l'innesto dello scontro oggi in atto con la magistratura appartiene per intero alle categorie della "democrazia del pubblico" e della "democrazia recitativa", come del resto era riconducibile alle stesse categorie dell'analisi politica il tipo di scontro svoltosi tra gli anni '90 del XX secolo fino all'inizio degli ani'20 del XXI. Nell'avviarsi cioè della fase del sorgere di accentuati punti di crisi della capacità democratica di espressione della rappresentanza. Intanto va detto che da tempo si sta procedendo ad una forma di comunicazione politica che affonda le sue radici nella strategia del marketing, attraverso rappresentazioni iconiche, slogan immediatamente assimilabili, che per la loro banalità non richiedono sforzi ermeneutici per essere decodificati e impressi nella memoria, dando vita ad una “politica indiziale” che anticipa i nostri desideri con un'arte manipolatoria che suscita transfert di realtà. In questo solco si colloca anche l'utilizzo dell'intreccio tra media e sondaggi, considerato “principio di legittimazione politica e istituzionale sempre più importante, perché agisce in tempo reale, trasformando la democrazia in semplice momento di raccolta del consenso”. Bernard Manin, filosofo politico francese, dedica alla democrazia del pubblico molto spazio all'interno del suo testo dedicato ai “Principi del governo rappresentativo”. La formula della democrazia del pubblico descrive, per Manin, un'epoca in cui i partiti cedono spazio alle persone, intese come moltitudine, l'organizzazione alla comunicazione, mentre le identità collettive si indeboliscono, svuotandosi e facendosi attrarre dalla fiducia personale diretta: lo spazio della rappresentanza coincide con lo scambio tra leader e “opinione pubblica”, attraverso i media, nei termini sopra indicati, e ovviamente a senso unico, cioè asimmetricamente (c'è molta filosofia negriana della rivoluzione). In Italia -nella rincorsa della democrazia del pubblico- è stato persino scippato il concetto di opinione pubblica intesa come corpo di garanzia e dibattito sulle pubbliche scelte. Lo schema di "democrazia recitativa" è stato già utilizzato in precedenza nel caso del tema delle liste d'attesa in sanità e del trasferimento di migranti in Albania e nella costante capacità di rinvenire un "nemico" attorno alle cui presunte condizioni di conflitto ottundere la realtà. Diverso invece lo schema utilizzato per il tema "sicurezza" per il quale si sta intrecciando l'alimentazione di paure (anche con sapore razzistico) e populismo. Rimane in comune tra "Democrazia del Pubblico" e "Democrazia Recitativa" il fenomeno della personalizzazione della politica di cui dobbiamo ricordare le origini del pieno sdoganamento all'epoca della discesa in campo di Silvio Berlusconi (anche se il "fattore personalizzazione" circolava già da tempo nel sistema politico italiano). Nel caso della Democrazia Recitativa il fenomeno si colloca a livello di governo dove gli attori principali diventano il capo e la folla che lo ha eletto, l’uno sempre più dotato di libertà di movimento e di potere, l’altra ridotta a semplice “moltitudine votante”, plaudente ed acclamante, ma completamente priva di influenza sul potere ("se mi si indaga si danneggia la Nazione"). La Democrazia Recitativa è simile a quelle forme di governo democratico che già gli antichi greci conoscevano e criticavano, stiamo parlando di raffinate forme di demagogia, che inducono, tramite a far apparire il rapporto tra il leader e la folla dei votanti un esempio di funzionamento democratico della Società. Il meccanismo è tanto semplice quanto subdolo ed inarrestabile: io ti prometto, tu mi voti, io non mantengo e segue - appunto - la logica demagogica dell'annuncio utile a spostare i problemi in un orizzonte indefinito. La campagna elettorale viene convertita nell’allegoria di una lotta in cui si decide sempre e comunque il futuro del popolo e il destino della nazione attraverso il plebiscito sul "si" o il "no" riguardante una persona, che rimane l'obiettivo della Presidente del Consiglio sicuramente appassionata, per i suoi riferimenti ideologici e storici, proprio all'arma plebiscitari. In sostanza possiamo affermare che l'utilizzo della "Democrazia del Pubblico" appare ideale dall'opposizione perché utilizzabile meglio da un apparente deficit di potere mentre la "Democrazia Recitativa" funziona meglio se diffusa dai canali di Palazzo Chigi proprio quale espressione di un esercizio della potestà di governo conferita direttamente dal "popolo".

How Finland’s Left Is Beating the Far Right

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Il grande debito Usa a spese del resto del mondo - Sbilanciamoci - L’economia com’è e come può essere. Per un’Italia capace di futuro

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I dazi di Trump: disegno o grandi ricatti?

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lunedì 27 gennaio 2025

Franco Astengo: Formula elettorale, rappresentanza, governabilità

FORMULA ELETTORALE, RAPPRESENTANZA, GOVERNABILITÀ' di Franco Astengo Partiamo dal basso della "macelleria politica": la proposta di Franceschini del "marciare divisi per colpire uniti" (Von Moltke) ha riavviato, sia pure flebilmente, il dibattito sulla formula elettorale in Italia, tema abbandonato da tempo in favore di soluzioni come quella del premierato (del resto ormai in declino). Bisognerebbe comunque affrontare l'intero tema elettorale non soltanto quello della formula che traduce voti in seggi: una scelta di riflessione di fondo andrebbe imposta tenendo conto dalla larghezza della disaffezione al voto che ormai mette in discussione la legittimità dell'esito delle urne. I primi due partiti usciti dalla tornata europea Fdi e PD rappresentano sommati circa il 24% dell'intero corpo elettorale e questo fatto rappresenta un problema democratico. Per di più la sciagurata riduzione del numero dei parlamentari ha agito - assieme - sia sulla rappresentanza politica sia su quella territoriale, funzionando da ulteriore punto di lacerazione tra l'elettorato e le forze politiche. Purtuttavia anche la cosiddetta "proposta Franceschini" si preoccupa soltanto del lato "governabilità" del problema trascurando totalmente come avviene da tanto tempo la parte "rappresentanza". In realtà il tema del governo andrebbe affrontato per scavare a fondo il significato vero del termine, chiamando in causa i “fondamentali” della filosofia politica. Con l’avvento della concezione della divisione dei poteri per culminare, nell’età classica della dottrina, nella pratica dello Stato di diritto, il “governo” è stato progressivamente ricondotto al profilo del semplice potere esecutivo, quale esecutore della volontà popolare sovrana rappresentata dal potere legislativo. Nasce qui la distinzione tra legge e decreto (come fa notare Kant, nella “Metafisica dei Costumi”), tra norma generale e norma particolare, e sarà su questo punto che partirà un processo di delimitazione e ridefinizione dell’ambito dell’attività di governo rispetto alla funzione legislativa che, nella nostra Costituzione, assume la denominazione (non effimera) di “Repubblica Parlamentare” e si stabilisce la “Centralità del Parlamento” (Il “Parlamento come specchio del Paese” nella visione togliattiana). La Costituzione disegna con grande chiarezza lo scenario della centralità del Parlamento e della presenza nelle istituzioni di un largo spettro di rappresentatività, sia sotto l’aspetto delle idealità che delle capacità progettuali. In quale punto allora si è innestato il meccanismo di una vera e propria “inversione di tendenza” rispetto al dettato costituzionale? Attorno agli anni’70-’80 del secolo scorso era partito il dibattito sul cosiddetto “eccesso di domanda”: dalla società saliva ormai verso la politica la richiesta di un consolidamento e di un allargamento dei meccanismi universalistici del welfare e salivano di tono le rivendicazioni operaie in tema di salario e garanzie del lavoro; richieste ormai non più riservate a determinate e precise aree dell’Occidente capitalistico. La risposta è stata duplice: da un lato la spinta a recuperare il ruolo prioritario degli “spiriti animali” del capitalismo attraverso il lancio di una forte controffensiva portata avanti su entrambe le rive dell’Atlantico attraverso le opzioni di un “liberismo selvaggio”; dall’altro lato la spinta a ridurre il rapporto tra politica e società attraverso il taglio del cosiddetto “eccesso di domanda”. Nasce da questo punto il dibattito sulla “governabilità” e la ricerca di nuove forme – autoritative – di governo e sorge anche una distinzione tra “governance”, espressione di un potere articolato sul territorio per rispondere, spezzettando le diverse problematiche, in maniera sostanzialmente neo-corporativa ai bisogni espressi dai ceti sociali più forti e “governament” utilizzato per normalizzare le dinamiche sociali più fortemente conflittuali, attraverso l’espressione di un potere centrale fortemente concentrato e posto, attraverso opportuni tecnicismi che dovrebbero includere anche la legge elettorale, al riparo da dibattiti giudicati inopportuni. Nessuna risposta, insomma, in termini di allargamento democratico, di ruolo delle istituzioni rappresentative, di presenza dei soggetti intermedi (partiti, sindacati), la cui funzione nel frattempo è stata ridotta al solo rango di selezionatori del personale di governo, provvisti di denaro ed elargitori di “incentivi selettivi” e non certo di soggetti propositori della rappresentanza politica e sociale. Si sono così smarrite le coordinate di fondo dell’appartenenza sociale e del legame diretto tra questa e l’appartenenza politica, si è perso il ruolo di sede di confronto dialettico da parte del Parlamento e l’idea di “governo” come esecutivo è via, via evaporata fino a ricomparire il fantasma della stabilità: una sorta di “Pax romana” della politica e si sta insistendo su questa strada sulla quale non si potrà che incontrare ulteriori danni inflitti alla democrazia. Diventa così decisivo affrontare il tema della rappresentanza, ponendosi una domanda: attorno a quale contraddizione si può collocare il confronto a questo livello, come si regola oggi la relazione tra struttura e sovrastruttura e la relativa ricaduta sulla presenza istituzionale e la forma di governo (quest’ultima appare, infatti, decisamente incamminata sul terreno dell’autocrazia tecnocratica)?. Tutto questo in tempi di vero e proprio disfacimento dell’azione politica. Il salto nella capacità di delineare una prospettiva si gioca, almeno a mio giudizio, nel passaggio da un generico riferimento alla necessità di soggettività ad una proposta di modello di organizzazione della rappresentanza nelle condizioni economiche, culturali, sociali (di mutamento antropologico, come è stato fatto notare) date e futuribili, almeno nel medio periodo (constata anche la velocità assunta dal procedere dei cicli storici così come è imposta dal vorticare dell’innovazione). Vanno in discussione i diversi livelli di organizzazione e aggregazione nel rapporto tra società, corpi intermedi, sedi di decisionalità politica: quel circuito che era stato garantito per un lungo periodo dal sistema dei partiti. Si tratta di reperire un modello di espressione del consenso sviluppato in sedi adeguate (forse non sarà più sufficiente la sola sede parlamentare e lo stesso corollario delle istituzioni locali) per arrivare ad affrontare in maniera sufficientemente equilibrata la normativa necessaria per regolare (e contenere) l'uso (e lo sviluppo) dell'intelligenza artificiale rispetto al modificarsi della molteplicità delle attività umane che dovranno relazionarsi in quella direzione. L'impressione su ciò che si sta verificando è quella di un'arretratezza "strutturale" della nostra discussione, qui alla periferia dell'Impero. Non basta discutere su di una governabilità appesa tra formula elettorale proporzionale o maggioritaria . Così restiamo destinati, alla fine, ad esprimere una rappresentanza mediocremente corporativa fondata su interessi immediati e non mediati da un'idea (necessaria da ricostruire) di una prospettiva futura.

giovedì 23 gennaio 2025

The SPD's European policy – caught between idealism and pragmatism | EUROPP

The SPD's European policy – caught between idealism and pragmatism | EUROPP

Joseph Stiglitz: The End of Progess? The Dire Consequences of Trump’s Return

The End of Progess? The Dire Consequences of Trump’s Return

Franco Astengo: Referendum

REFERENDUM/PARLAMENTO di Franco Astengo Le decisioni della Corte Costituzionale assunte ieri in materia referendaria aprono una stagione di grande complessità nella prospettiva del piano politico. Da un lato la possibile riapertura del confronto in Parlamento sul tema dell'autonomia differenziata e dall'altro la preparazione allo scontro elettorale su questioni relative alla giurisdizione del lavoro e della cittadinanza (entrambe prefiguranti un vero e proprio quadro di "civiltà giuridica") finiranno con una richiesta di intreccio tra lavoro parlamentare e operatività elettorale. Un intreccio tra lavoro parlamentare e prospettiva referendaria tale da richiedere comunque un salto di qualità nel rapporto tra le forze politiche dell'opposizione, il sindacato, i soggetti culturali che fin qui si sono occupati della difesa del dettato costituzionale. E' necessario stabilire una linea comune: sul lavoro parlamentare rispetto alle modifiche sull'autonomia differenziata deve valere il dato di abbandono della filosofia che a suo tempo ispirò negativamente la riforma del titolo V e che può essere riassunta come l'idea di inseguimento della Lega sul suo terreno al fine di accattivarsene la benevolenza. Si trattò di una linea politica sbagliata adesso improponibile in un quadro totalmente cambiato. E' necessario intervenire con una grande chiarezza di proposta che ponga il tema dell'autonomia locale nella situazione di un'attualità permeata da una idea diffusa di concezione del potere e non di una concezione di governo mentre le richieste già avanzate dalla regioni del Nord - Est fanno riaffiorare vecchi stilemi secessionisti (in questo quadro ci sta anche la questione del terzo mandato, nell'idea di ulteriore esasperazione del concetto di personalizzazione della politica). Nello stesso tempo sarà necessario lavorare in funzione dei referendum ammessi che riguardano punti delicati del rapporto di lavoro così come questo era stato modificato dal job act e la cittadinanza: punti divisivi nella storia del centro - sinistra e del quadro attuale dei soggetti all'opposizione. Difatti sono già stati annunciati distinguo collocati, anche in questo caso, dentro a vecchi filoni di pensiero politico: elaborati in un quadro completamente diverso dall'attuale. Su entrambi i punti, quello del lavoro e quello della cittadinanza, va ovviamente affiancata la capacità di mobilitazione organizzativa della CGIL che a mio giudizio dovrebbe funzionare da punto di riferimento complessivo: nello stesso tempo da parte delle forze politiche e dei soggetti di cultura politica dovrebbe partire una riflessione relativa al contesto complessivo all'interno del quale si svolgerà la contesa referendaria. Si tratta di un contesto non favorevole ad intese più o meno blandamente "riformistiche" ( con molte virgolette) ma di scontro politico e sociale molto duro attorno a contraddizioni ben definite ed evocate anche a livello internazionale nel connubio tra politica, economia, tecnica al punto da indicare una "narrazione" completamente diversa dal passato. Intendiamoci bene su questo punto: non siamo all'interno di un sistema di "bipolarismo temperato" come hanno cercato di far intendere i due convegni dei cattolici democratici e dei liberal riformisti svoltisi nella scorsa settimana: ci troviamo in uno scontro i cui termini sono stati ben delineati nel discorso di insediamento del nuovo presidente USA e applaudito con grande calore dalla presidente del consiglio italiana. Torniamo però specificatamente al tema dei referendum: i punti sui quali soffermarci sono almeno due: 1) il valore mobilitante dei quesiti di per sé che deve essere fortemente valorizzato indicandone la validità complessiva nel definire una proposta politica alternativa alla destra; 2) la capacità di realizzare nell'occasione referendaria una visione unitaria dell'opposizione alla destra. Opposizione dalla quale dovrebbero scaturire elementi comuni di soggettività consapevole al fine di favorire l'elaborazione di una necessaria progettualità alternativa (esattamente quello non seppero fare i soggetti posti a difesa della Costituzione in una visione progressista che si misurarono positivamente con il referendum del dicembre 2016). Su questi elementi andrà aperto immediatamente un confronto tra i soggetti interessati: il possibile asse PD-CGIL potrebbe rappresentare la spina dorsale di questa fondamentale operazione politica (senza rievocare ovviamente spettri del passato) ma la complessità di espressione dell'intera sinistra costituzionale avrà un ruolo molto importante sul versante politico, culturale, sociale; è necessaria una nuova connessione non dettata soltanto dal pericolo della destra che pure c'è ed è incombente; una connessione imposta essenzialmente dall'esigenza di fornire una prospettiva al futuro.

domenica 19 gennaio 2025

Roberto Biscardini: Craxi 25 anni dopo

CRAXI 25 ANNI DOPO Mai come in questo 25esimo anniversario abbiamo visto tanto interesse per Bettino Craxi, per la sua vita e la sua storia politica. Per ciò che ha rappresentato nella politica italiana e internazionale e per il ruolo che ha avuto come uomo politico e di governo. Tanti libri, tanti commenti sulla grande stampa, tante interviste Tv. Chi per portarlo in palmo di mano a destra, chi giustamente per riaffermare a pieno titolo il suo ruolo nella sinistra italiana e mondiale. Comunque, a venticinque anni dalla sua morte ad Hammamet e a più di trent’anni dalla sua drammatica uscita di scena, riemergono inaspettatamente il valore delle sue azioni, la sua grande capacità d’innovazione, ma soprattutto l’importanza e la chiarezza che Craxi riuscì a dare alla politica del socialismo italiano ed europeo. Idee e visioni chiare: chiarissime anche per l’oggi. Idee e visioni tanto chiare da diventare la vera causa di chi lo volle politicamente morto. La nuova destra, cavalcando e strumentalizzando in modo particolarmente violento le vicende giudiziarie, schierandosi con il plotone di esecuzione delle tante reti televisive e della grande stampa. E la sinistra “comunista e post comunista” che si trovò su un piatto d’argento l’opportunità di cancellare dalla politica Italiana l’antagonista Craxi e tutti i socialisti insieme, dopo tanti tentativi non riusciti dal Midas in poi. Queste celebrazioni ci dicono due cose importanti. Craxi appare ancora oggi agli occhi dell’opinione pubblica come l’unico uomo politico ancora vivo. Più vivo dei vivi. Un uomo di cui ci si ricorda ancora la sua esistenza e la sua storia. Un personaggio che merita non solo di essere ricordato, ma anche studiato. E di lui è chiara l’immagine del grande statista socialista, un grande leader della sinistra italiana ed europea. Un leader del socialismo di sinistra. Un leader politico di cui sentiamo la sua assenza e la sua attualità. Non è un caso che senza Craxi e senza il socialismo organizzato, la sinistra ha perso in questi ultimi decenni ogni capacità di reazione e ogni riferimento reale con la parte più debole del paese. Senza di lui, senza la sua grande capacità critica, la sinistra sopravvissuta al 1992 si è impoverita al punto da tradire i propri valori, lasciando mano libera alla cultura della guerra, alla violenza del capitalismo, al degrado democratico e istituzionale, all’ingiustizia sociale. E troppo sostenere questa tesi? No. Domandiamoci cosa avrebbe fatto Craxi e il suo PSI per contrastare l’attuale decadenza delle nostre istituzioni, che poi è l’inizio della decadenza dello Stato democratico. Craxi avrebbe reagito con ogni mezzo alla avanzata di una destra come questa. Non sarebbe fuggito dalle proprie responsabilità. Avrebbe fatto sentire, anche a livello internazionale, tutto il peso della sua grande tradizione socialista. Avrebbe fatto opposizione vera, avrebbe contestato, non avrebbe consentito che si arrivasse a questo punto. Avrebbe reagito contro l’impoverimento e l’imbarbarimento della politica attuale, così come ha tentato di fare fino all’ultimo. Ecco perché tocca a noi reagire oggi. E ricostruire dal basso una nuova Casa socialista, grande, larga ed aperta. Perché senza una grande forza socialista la sinistra è debole, e la sua debolezza favorisce il radicamento della destra. Perché senza una forza socialista larga, il socialismo, che rimane per molti di noi l’orizzonte ideale della nostra vita, scompare dalla scena politica italiana e internazionale, così come è scomparso senza che nessuno se ne sia accorto, e senza che la cosiddetta sinistra sia stata in grado o abbia voluto fermare questa deriva. Ecco perché dobbiamo reagire oggi. perché siamo preoccupati delle difficoltà del presente e ancora di più per le incertezze del futuro. E dobbiamo farlo, adoperandoci per ridare al nostro Paese un nuovo movimento socialista, un nuovo soggetto nel quale possano riconoscersi tutti coloro che sentono il bisogno di un cambiamento radicale. Sentono il bisogno di cambiare rotta, sentono il bisogno del Socialismo come necessità reale. Non possiamo aspettare che le condizioni esterne cambino le cose a nostro favore, perché non succederà. Possiamo farlo, insieme a tanti altri, perché abbiamo tutti gli attrezzi politici necessari per poter raggiungere l’obiettivo. A partire dai messaggi che anche Craxi non dimenticò mai di ricordare: la critica del capitalismo è il fondamento dell’esistenza del socialismo; l’emancipazione del lavoro è il nostro obiettivo; la difesa della pace è per noi l’unica alternativa alla barbarie. Spetta a noi, con una nuova iniziativa politica ricostruire una prospettiva socialista per coprire il vuoto dell’attuale sinistra. Per colmare la grande distanza tra la politica e la realtà, per costruire un’alternativa credibile alla destra, coscienti che solo il socialismo può rappresentare una speranza per le giovani generazioni.

sabato 18 gennaio 2025

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE. IO NON CAMBIO IDEA. UNA CERTA SINISTRA CONTINUA A SBAGLIARE di Roberto Biscardini

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE. IO NON CAMBIO IDEA. UNA CERTA SINISTRA CONTINUA A SBAGLIARE di Roberto Biscardini E’ aperto lo scontro tra il governo e magistratura sul tema della separazione delle carriere e oggi il primo voto alla Camera. È uno scontro che dura da anni, che ha visto sempre vincere la magistratura, e perdere la politica, i governi e i ministri. Spesso intimiditi dalla Anm che ancora oggi dichiara: “sulla separazione delle carriere non si tratta”. Ma perché mai bisognerebbe trattare con loro, se vige il principio fondamentale della separazione dei poteri che loro stessi invocano? Negli anni abbiamo conosciuto tanti Ministri della giustizia che hanno sostenuto la separazione della carriera e quando sono arrivati al dunque, hanno iniziato a trattare. Hanno dato ai magistrati un dito e loro si sono mangiati il braccio, anzi si sono mangiati il ministro tutto in una volta. Dal ‘94 in poi è successo a quasi tutti i governi, compresi quelli di Berlusconi, eletti per portare a casa questo obiettivo, hanno poi rinunciato scappando a gambe levate. Penoso oggi il richiamo oggi della destra al “sogno di Berlusconi”, anche lui per mille ragioni contro la magistratura non si mise. Voglio ricordare che noi socialisti abbiamo sostenuto la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante pressoché da sempre, almeno dagli ultimi quarant’anni. Abbiamo fatto precise proposte in sede Bicamerale, e ci siamo dedicati per anni con serietà e competenza. Ricordo personalmente negli anni 2000 le iniziative fatte perché si potesse arrivare alla separazione delle carriere con una modifica costituzionale, ma anche senza, con una semplice legge ordinaria. Tesi sostenuta peraltro dalla Corte Costituzionale quando consentì l’ammissione di un referendum abrogativo che prevedeva l’introduzione della separazione delle carriere per via ordinaria. L’ho sostenuta io in Senato nel XIV Legislatura, pressoché da solo, e allora sul pezzo non c’era né la destra né la sinistra. Anche per questo non cambio idea. Lo scontro ancora in corso non lascia dubbi: la separazione delle carriere, checché ne dicano i magistrati, non mette assolutamente in discussione l’autonomia della magistratura, ma rappresenta un primo passo per garantire la difesa del cittadino contro una giustizia spesso ingiusta e nello stesso tempo evitare alla magistratura facili strumentalizzazioni. Continua a sbagliare il Pd e una parte della sinistra, e anche oggi ha sbagliato votando contro. Partendo dalla convinzione che la separazione delle carriere “sia l’anticamera della sottomissione dei pm al governo e della compromissione dell’obbligatorietà dell’azione penale”. E quindi questa riforma possa rafforzare il governo Meloni. Un errore, la vera partita della Meloni è il Premierato, che la sinistra non ha ancora iniziato a contrastare veramente. Una battaglia che si combatte veramente contrapponendogli una riforma elettorale di tipo proporzionale con le preferenze, per garantire la libertà di scelta dei cittadini e per avere un parlamento eletto direttamente dal popolo, non dalle segreterie dei partiti. Purtroppo sul punto anche la sinistra è ferma a difendere il bipolarismo, il Rosatellum e cose del genere. E su questo è la principale alleata del centrodestra.

venerdì 17 gennaio 2025

Check up del mercato del lavoro italiano: tre anni a confronto - Lavoce.info

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Tregua a Gaza. Il ruolo di Trump e i falchi di Tel Aviv • Diritti Globali

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Come ricostruire una sinistra socialista di Giuseppe Giudice – Dalla parte del torto

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Franco Astengo: Proposte a sinistra

Proposte a Sinistra 1) Avvio di una riflessione posta sul piano dell'analisi circa la prospettiva di delineare una vera e propria "alternativa di società" capace di delineare un quadro opposto alla prospettiva oligarchico/tecnocratica che sta assumendo tratti addirittura egemonici (AI, satelliti, armamenti). Su questo punto mi permetto riassumere quell'idea di "socialismo della finitudine" che conseguirebbe alla necessità di rovesciare il paradigma "sviluppo/limite". “Socialismo della finitudine” per ripartire dall’idea dell’impossibilità, rispetto a quello che abbiamo pensato per un lungo periodo di tempo,di procedere sulla linea dello sviluppo infinito inteso quale motore della storia inesorabilmente lanciato verso “le magnifiche sorti e progressive”. Il primo punto di programma così teoricamente impostato dovrebbe allora essere quello rappresentato dalla progettazione e da una programmazione di un gigantesco spostamento di risorse tale da modificare profondamente il meccanismo di accumulazione dominante. Una progettazione e una programmazione che non potrà essere che governata dal “pubblico” e rivolta alle grandi transizioni in atto: comunicativa, digitale, ecologica. 2) Il tema della pace può essere declinato soltanto intervenendo attivamente sulla politica estera compiendo scelte di programma anche difficili e rovesciando anche alcune impostazioni "storiche" nella sinistra italiana . La presidenza Trump sposterà diversi punti di riferimento mandando in crisi il sistema di relazioni sovranazionali NATO inclusa per sostituirla con un meccanismo di relazioni bilaterali cui la destra italiana si è prontamente acconciata. Questa operazione lascerà scoperto un campo d'intervento decisivo: quello europeo. E' necessario riflettere appunto sullo spazio politico europeo. Senza farla lunga limitiamoci all’analisi del concetto teorico di “neutralità” che potrebbe essere collegato alla definizione di uno spazio politico europeo e alla presenza di una sinistra sovranazionale. In senso stretto neutralità è la situazione giuridica regolata dal diritto internazionale di estraneità e di equidistanza di uno Stato in presenza di un conflitto armato, tra gli stati. L’istituto ha una lunga storia di convenzioni e norme. Il concetto, invece, pone una serie di problemi, provocati dalla pluralità dei significati di neutralità e dei termini giuridici e politici da esso derivanti (neutralizzazione, neutralismo) ma soprattutto dalla relazione di neutralità con concetti come guerra, terzo, amicizia. Oggi l’idea di “neutralità” potrebbe essere collegata a una ripresa del discorso su di una “terza via” riferita non semplicemente alla ricerca di un equilibrio tra sistemi politici ma all’elaborazione di una strategia globale posta sul piano delle relazioni internazionali riportando al centro l’idea fondamentale del rapporto Nord/Sud in un quadro di recupero degli organismi sovranazionali nel senso di un re-orientamento nell'utilizzo delle risorse e di complessiva smilitarizzazione. Potrebbe essere possibile allora avanzare una proposta di struttura politica europea fondata sulla ripresa di alcune concezioni di carattere costituzionale e di ruolo degli organismi elettivi in un disegno di raccordo tra il lavoro dei Parlamenti Nazionali e di quello Europeo. La sinistra potrebbe tentare di muoversi per costituzionalizzare la neutralità in parallelo con la nascita di uno spazio politico europeo nel quale agire in una dimensione di potestà sovranazionale. Una sovranazionalità che ritorni ad individuare un nesso con il concetto di neutralità codificato in passato, tra gli altri, da Grozio, Wolff, Vattel e poi ripreso da più parti nel cuore della “guerra fredda” (smilitarizzazione e neutralità: pensiamo al Piano Rapacki). Una sinistra sovranazionale che recuperi la centralità del diritto pubblico europeo come proprio fondamento nel determinare l’indirizzo della propria politica e ritrovi autonomia nella contesa internazionale. 3) La sollecitazione di una forte ripresa di conflitto sociale deve far parte integrante di questa proposta: in una direzione, quella dell'appoggio ai sindacati nel reclamare un recupero di presenza del mondo del lavoro sul piano politico che passa attraverso la valorizzazione del lavoro dipendente attraverso alcuni pilastri imprescindibili come quello della rappresentanza e della contrattualizzazione nazionale. Il tema del lavoro e del ritorno ad un ruolo conflittuale della sua diretta rappresentanza ci porta direttamente al tema dei referendum (compreso quello sull'autonomia differenziata se sarà ammesso). In un momento di grandissima sfiducia collettiva e di crescita dell'astensione elettorale sarà soltanto aprendo una fase di mobilitazione conflittuale che si potranno trovare le risorse umane sufficienti per superare e vincere la prova referendaria che, considerato attentamente il quadro politico italiano appare come il solo punto di passaggio utile per invertire la tendenza negativa. Grazie per l'attenzione Franco Astengo