sabato 5 ottobre 2024

Speciale guerra in Medio Oriente: 10 mappe e grafici per capire l'escalation

Speciale guerra in Medio Oriente: 10 mappe e grafici per capire l'escalation

La sinistra nel labirinto della guerra - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

La sinistra nel labirinto della guerra - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Austerità, la parola d’ordine della manovra

Austerità, la parola d’ordine della manovra

Meno studenti e multinazionali (e troppe rendite): così Milano ha perso potere e centralità di Dario Di Vico

Meno studenti e multinazionali (e troppe rendite): così Milano ha perso potere e centralità editorialista di Dario Di Vico Corriere della sera Milano guarda avanti e inquadra se stessa senza più le granitiche certezze di qualche tempo fa. La sensazione che il «modello» — se lo si vuol chiamare così — si sia inceppato è prevalente nell’opinione pubblica, ma ora anche a livello istituzionale. Se ne è avuta un’eco anche alla recente presentazione dello studio «Your Next Milano», predisposto con la solita cura da Assolombarda e da Milano&Partners. L’indagine è costruita con il metodo del benchmark: si confronta la metropoli lombarda con una serie di realtà analoghe europee ed americane (da Amsterdam a Londra, da Berlino a Chicago) e da lì si studiano ranking e posizionamento che ne emergono. «Luci e ombre» è stata la conclusione a cui gli organizzatori sono giunti quest’anno a sottolineare l’ambivalenza dei risultati e a suggerire una riflessione più approfondita sul cammino di Milano. La sensazione esterna è che implicitamente si ammetta che una pratica dello sviluppo centrata sulle mille Week, sull’eventificio e sulla moltiplicazione di un terziario dell’intrattenimento non sia la strada maestra da percorrere nei prossimi anni. La stella polare è invece l’attrattività nella doppia valenza di capacità di portare a Milano capitali da investire e di trasferire in città talenti capaci di produrre innovazione. Ma come dichiarano Assolombarda e Milano&Partners «rallentano i nuovi investimenti delle multinazionali ed emergono segnali di allarme sui talenti». I risultati, dicono gli organizzatori dello studio, delineano l’immagine di una città che, pur consolidando alcuni asset distintivi, «vive una fase di transizione e incertezza». Per carità, la metropoli ha saputo reagire alla destabilizzazione portata dal Covid meglio di altre aree (il Pil segna +8,7% dal 2019 al 2023) e la disoccupazione è scesa a livelli che gli esperti chiamano frizionali (4,7%) ma tutto ciò non basta a delineare una prospettiva. Innanzitutto di perimetro. Non si può continuare a scindere lo sviluppo di Milano da quello dei 133 comuni dell’hinterland che non sono dei meri quartieri-dormitorio ma comprendono al loro interno — è stato detto — piccole città ricche anche di cultura e di storia dell’arte. E se il modello milanese è all’insegna della terziarizzazione, bisogna tener presenti che gli addetti all’industria dell’hinterland sono il doppio di quelli di Milano e generano un valore aggiunto di 31 miliardi, superiore — per avere un’idea — alla somma di due territori genuinamente industriali come Brescia e Bergamo. Le conseguenza dell’adozione di una logica da Grande Milano sui trasporti balza subito in evidenza così come, garantiscono gli addetti ai lavori, la macro-area urbana è di interesse per gli investitori immobiliari. E allora perché non si parla più di Città Metropolitana? Affrontata la materia del perimetro ottimale del futuro sviluppo di Milano bisogna chiedersi se la città si pone davvero l’obiettivo di diventare una città universitaria di caratura europea. Nell’anno accademico 2022-23 gli iscritti a Milano sono 232 mila in totale, in calo dello 0,4%. La flessione degli studenti negli atenei milanesi è il risultato di una contrazione della componente nazionale (da 217 a 215 mila) e un aumento degli studenti internazionali (da 16 a 17 mila). A Milano la quota di universitari internazionali raggiunge così il 7,4%, supera Barcellona (6,9%) ma l’incidenza rimane meno della metà di quella di Amsterdam, un terzo di Monaco, Berlino e un quinto di Londra per rimanere in ambito europeo. Commentando questi dati il rettore dell’università Bocconi Francesco Billari ha parlato di «segnali negativi». A suo dire si rischia di perdere quella leadership nella formazione delle giovani generazioni italiane che Milano ha finora potuto vantare. Ma perché la città rischia di non essere attrattiva per i giovani talenti? La risposta — sostengono tutti — non sta nella qualità della didattica e nella credibilità dei singoli atenei, ma nel deficit di accoglienza. Per 100 studenti che arrivano a Milano la città mette a disposizione 6 letti mentre la Gran Bretagna ne assicura 33. In sostanza se vogliamo che Milano sia una vera città universitaria bisogna «generare comunità e campus», dice Billari. E di conseguenza i progetti di Milano dipendono dalla capacità di offrire studentati, esigenza riconosciuta imprescindibile e prioritaria non solo dai rettori ma anche da un’operatrice immobiliare come Barbara Cominelli di Jll. Ma è proprio la questione degli studenti in cerca di una stanza in cui vivere a illuminare le odierne contraddizioni di Milano. Sappiamo che la realtà ci parla di mercato nero delle abitazioni e soprattutto di affitti stratosferici che non sono alla portata degli studenti. Ci dice che lo sviluppo di Milano, quello odierno e quello futuro, è angustiato dalla prevalenza della rendita. Nel dibattito organizzato da Assolombarda questa parola non è risuonata, ma è proprio qui il nodo. La verità amara è che la figura-driver della città non è il capitano di industria di una volta o lo scienziato di oggi bensì il proprietario delle mura. Chi ha il più alto potere negoziale è il padrone delle case affittate agli studenti e ancor di più il padrone delle mura degli esercizi commerciali. Come si spiega l’infernale turn over delle insegne della ristorazione e del commercio a Milano se non con un’asticella che il partito della rendita alza di continuo e che alla fine genera una città inospitale e non inclusiva? La verità è che MilanoMattone si oppone a MilanoSapere, mentre ne dovrebbe essere la prima alleata. Ma per rimanere nel campo dei talenti c’è un’altra considerazione da fare. Non ci sono solo i giovani in entrata sulla città, ma bisognerà cominciare a conteggiare quelli in uscita. Secondo la Fondazione Nord Est, nel 2022 il 43,1% dei giovani che hanno lasciato l’Italia aveva un titolo terziario e le regioni di provenienza sono principalmente le settentrionali, inclusa la Lombardia. L’emorragia dei laureati viene dalla zone dove pure le occasioni di impiego dovrebbero essere maggiori, data la più elevata concentrazione di imprese manifatturiere e di servizi basati sulla concorrenza, ma evidentemente — annota la Fondazione — questo tessuto produttivo non sa valorizzarli. O almeno retribuirli adeguatamente. Non è un caso che chiudendo il convegno il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, abbia proposto una flat tax per i giovani lavoratori dipendenti al 5% nei primi cinque anni di lavoro e al 15% dal sesto anno. Per capirne di più sarebbe interessante sapere il dettaglio su Milano e quanti laureati in città se ne vanno all’estero. A completare la parte «ombre» dello studio di cui abbiamo parlato c’è un altro dato preoccupante. Nel 2023 Milano ha attratto 49 nuove multinazionali estere, in calo del 31,9% sul 2022, interrompendo così il trend di crescita degli ultimi anni e tornando ai livelli del 2019. La flessione di Milano è interamente legata alla contrazione degli investimenti esteri nell’Europa Occidentale e la minore attrattività verso le altre aree mondiali. Come si spiega tutto ciò? La città non è ancora percepita come un ecosistema dell’innovazione con unica regia — è stata la risposta emersa dal dibattito — e, se nel frattempo non riesce ad attrarre o fidelizzare i talenti, ricadiamo pienamente nella metafora del gatto che si morde la coda.

giovedì 3 ottobre 2024

Andrea Fumagalli: L’arretratezza del rapporto Draghi sulla competitività europea

Andrea Fumagalli: L’arretratezza del rapporto Draghi sulla competitività europea

Franco Astengo:La banalità elettoralistica

LA BANALITÀ' ELETTORALISTICA di Franco Astengo La "banalità elettoralistica" rappresenta il segno dominante della discussione in corso in quello che si vorrebbe "campo largo": una discussione dai contenuti divisivi perché semplicisticamente legata alla costruzione di uno schieramento che cerca i voti per contrastare ( o meglio difendersi) dall'altro schieramento anch'esso riduttivamente elettorale nonostante le proclamate pretese di ricerca egemonica formulate da parte degli eredi della tradizione peggiore nel sistema politico italiano. Il tutto si sta verificando in un quadro complessivo di estrema fragilità dell'intero sistema: fragilità evidenziata dal sempre più crescente distacco sociale che non riguarda soltanto le mancate espressioni di voto che ormai interessano almeno metà della partecipazione potenziale ma - soprattutto ed essenzialmente - dalla difficoltà di incontrare i veri nodi del divenire culturale, politico, sociale di questa difficile e complicata fase di riassestamento delle gerarchie planetarie che si sta verificando in una situazione di possibile conflitto globale. Dagli attori presenti nel sistema non emerge un'analisi da sottoporre a reale discussione rivolta ai fenomeni emergenti del ristrutturarsi di blocchi contrapposti e del rapporto nord/sud, della trasformazione da industriale a finanziario che sta attraversando l'Occidente, della sudditanza dell'agire politico all'innovazione tecnologica, del ridursi della democrazia liberale a "recitativa" in modo da aprire così le porte all'illiberalità in diverse forme come si sta tentando di fare in Italia nella logica del decreto e della modificazione costituzionale e ancora dell'abbandono del welfare state alla voracità del profitto privato. Dal nostro punto di vista la riflessione andrebbe aperta partendo dalla tragedia della disintermediazione che ha portato all'assenza di una soggettività politica capace di svolgere una funzione "pivotale" di espressione di egemonia nell'aggregazione del consenso. Una aggregazione di consenso da sviluppare sui "fondamentali" analizzando il modificarsi delle relazioni tra fratture materiali e fratture "post . materialiste" nel trasformarsi del rapporto tra struttura e sovrastruttura. Pd e sinistra non riescono ad affrontare il tema della centralità del soggetto. Il PD ormai ridotto - appunto - a semplice espressione elettorale (nonostante che gli altri contraenti non ne riconoscano la vastità sul piano numerico) e in ritardo anche nell'assumere esperienze positivamente non localistiche provenienti dal basso Le sinistre divise in assenza di una riflessione specifica sul proprio ruolo e in un caso ricercanti alleanze legate appunto alla già citata "banalità elettoralistica". Sinistre ridotte nel recinto del movimentismo e delle "single issues". Sul piano europeo emerge anche la tendenza conservatrice - rivoluzionaria: con la rivoluzione legata all'empireo delle aspirazioni nascoste e il concreto dell'oggi affrontato attraverso la ricetta del nazionalismo (da distinguere bene dal "ruolo nazionale" mutuato da Gramsci e dalla sua interpretazione togliattiana, nello specifico di un "caso italiano" a suo tempo esemplare). Il riferimento al piano europeo deve comprendere anche l'analisi della crisi di quella socialdemocrazia ridottasi sulla frontiera del liberalismo (Francia, Germania) e dell' affermazione -invece- di una solida socialdemocrazia di sinistra come quella spagnola. Sono questi gli elementi (certo descritti sommariamente e con evidente deficit di capacità analitica) sui quali la vicenda del "campo largo" appare di ridotta portata, appunto di "banalità elettoralistica". Non è sufficiente: anzi è profondamente sbagliato affidare a una alleanza solo episodicamente opportunistica il senso di una necessità storica come quella di cui la sinistra italiana ed europea ha l'obbligo di farsi carico.

martedì 24 settembre 2024

Keir Starmer Labour conference speech 2024: Watch and follow live updates - LabourList

Keir Starmer Labour conference speech 2024: Watch and follow live updates - LabourList

La rivista il Mulino: Il Rapporto Draghi sulla competitività europea

La rivista il Mulino: Il Rapporto Draghi sulla competitività europea

Franco Astengo: Spiragli

SPIRAGLI ? di Franco Astengo Nonostante il 29% all'Afd il risultato elettorale del Brandeburgo conferma una tendenza già espressa nel secondo turno delle elezioni legislative francesi: di fronte al pericolo diretto dell'estrema destra si verifica una mobilitazione "contro" dell'elettorato progressista: nel caso del Land orientale la partecipazione al voto è salita dal 67% al 74% ed è stato questo il dato che probabilmente ha consentito all'SPD di mantenere la maggioranza relativa. La debolezza di identità della sinistra tedesca ha poi permesso il convogliamento di una quota importante di voti sulla lista di "sinistra conservatrice" (copyright della fondatrice) della BSW ma questo è un punto che meriterebbe un'analisi approfondita in luogo di questa annotazione semplicisticamente scheletrica. In Italia stiamo verificando in positivo una forte mobilitazione su temi delicati: la raccolta di firme per il referendum sull'autonomia differenziata e sulla cittadinanza, la protesta diffusa verso il davvero orrendo DDL sicurezza, la ripresa di autonomia e di iniziativa dei sindacati sui temi economici, la nutrita presenza alla Perugia - Assisi pur in un quadro di forte difficoltà di espressione per una posizione chiaramente a favore della pace (non certo per responsabilità dei soggetti presenti a Perugia). Tema della pace assolutamente fondamentale in questo momento di altissima tensione. Una situazione che si potrebbe definire con vista su qualche spiraglio dopo anni di buio e di cedimento all'antipolitica (in Italia) e al populismo - sovranismo (in Italia e in Europa: anche se permangono insistenti i due fenomeni intrecciati). Lo stridore delle contraddizioni operanti sul corpo vivo della società portano ad un confronto diretto destra/sinistra nella crisi profonda di quella che è stata definita "democrazia liberale". Così si fa soprattutto notare l'assenza di una soggettività politica coerentemente alternativa provvista di un progetto a livello sistemico, sia sul piano interno sia sul terreno europeo (come hanno anche dimostrato le più recenti votazioni al Parlamento di Strasburgo sulla presidenza della Commissione e sulle finalità di utilizzo delle armi fornite a paesi in guerra). Una soggettività politica capace di elaborare il tema dell'uguaglianza sociale e di un nuovo equilibrio internazionale declinato in una identità socialista capace di richiamarsi alla complessità delle nuove faglie tecnologiche, politiche, sociali. Spiragli? Si intravvedono ma serve subito una discussione posta al di fuori da un quadro provinciale di mera sopravvivenza e di tamponamento via via nella logica di "riduzione del danno".

Saprà il governo Starmer mantenere le sue promesse?

Saprà il governo Starmer mantenere le sue promesse?

giovedì 19 settembre 2024

La sinistra necessaria: nuovi soggetti e nuove forme organizzative

La sinistra necessaria: nuovi soggetti e nuove forme organizzative

Franco Astengo: Europa, spazio politico per la pace

EUROPA: SPAZIO POLITICO PER LA PACE di Franco Astengo La formazione della nuova Commissione Europea è condizionata da un fattore centrale, quello della guerra : ed è sul tema della guerra che si sta sviluppando quella sorta di "supercommissariamento" attraverso la cosiddetta "ricerca Draghi" che appare nella proposta di investimento per le spese belliche il vero riferimento della nuova maggioranza europea sostenuta a destra da chi ritiene necessaria la coincidenza UE/NATO. Ci troviamo, infatti, di fronte a un chiaro spostamento politico tra la maggioranza che ha eletto la presidente della Commissione e la composizione della commissione stessa. A fianco della proposta di crescita esponenziale delle spese militari che rappresenta il fulcro della "ricerca Draghi" si ripresenta anche lo spettro del nucleare, che si vorrebbe "civile" facendo finta di non capire che si tratta comunque di un ulteriore passo nell'avventura bellica (non apriamo per economia di discorso il capitolo dell'innovazione tecnologica, del cyberspazio, dell'uso dell'AI, dell'utilizzo degli strumenti di informazione e conoscenza). Così, in questo quadro drammatico, apparentemente sulla questione di un voto "istituzionale" il gruppo socialista è andato in fibrillazione e il PD italiano che ne fa parte rischia una rottura (mutatis mutandis è l'antica storia dei crediti di guerra, quella che affondò nel 1914 l'Internazionale Socialista). In questo contesto che sicuramente è qui analizzato in maniera a dir poco lacunosa e che,invece, avrebbe bisogno di un ampio approfondimento la sinistra italiana è chiamata a riconsiderare lo spazio politico europeo. Lo spazio politico europeo è stato fin qui oggetto di logiche alternative: chi lo ha considerato coincidente con l’UE sposando in toto gli intendimenti maggioritari e chi (sempre confondendo spazio politico europeo e UE) l’ha demonizzato come fonte di totale acquescenza ai meccanismi capitalistici di finanziarizzazione dell’economia e di conseguenza della guerra. Nella situazione attuale potrebbero invece servire proposte politiche che individuino l’Europa come “spazio politico”, affidando alla questione della pace la necessaria centralità. Tornano così alla mente concetti che apparivano desueti quali quelli di “neutralità” o di “smilitarizzazione" Non è questa la sede per avanzare proposte immediate al riguardo di una situazione in così repentino sviluppo, ma appare proprio il caso di definire un ritorno alla riflessione su alcune concezioni di teoria politica. E’ il caso del concetto di “neutralità” sul quale, tra l’altro, al tempo della prima guerra fredda insistettero molto i partiti socialisti occidentali, nello specifico il PSI, che pure aveva una grande tradizione nel merito, se pensiamo al “né aderire, né sabotare” adottato in occasione della prima guerra mondiale. Posizione originale e coraggiosa rispetto agli altri grandi partiti socialisti occidentali, quello francese e l’SPD tedesca che, come ricordavamo all'inizio, appoggiarono, invece, nella sostanza le azioni di guerra imperialistiche dei rispettivi Paesi votando sia all’Assemblea Nazionale sia al Reichstag i necessari crediti di guerra. Limitiamoci però all’analisi del concetto teorico di “neutralità” che potrebbe essere collegato alla definizione di uno spazio politico europeo e alla presenza di una sinistra sovranazionale. In senso stretto neutralità è la situazione giuridica regolata dal diritto internazionale di estraneità e di equidistanza di uno Stato in presenza di un conflitto armato, tra gli stati. L’istituto ha una lunga storia di convenzioni e norme. Il concetto, invece, pone una serie di problemi, provocati dalla pluralità dei significati di neutralità e dei termini giuridici e politici da esso derivanti (neutralizzazione, neutralismo) ma soprattutto dalla relazione di neutralità con concetti come guerra, terzo, amicizia. Oggi l’idea di “neutralità” potrebbe essere collegata a una ripresa del discorso su di una “terza via” riferita non semplicemente alla ricerca di un equilibrio tra sistemi politici ma all’elaborazione di una strategia globale posta sul piano delle relazioni internazionali riportando al centro l’idea fondamentale del rapporto Nord/Sud in un quadro di recupero degli organismi sovranazionali nel senso di un re-orientamento nell'utilizzo delle risorse e di complessiva smilitarizzazione. Potrebbe essere possibile allora avanzare una proposta di struttura politica europea fondata sulla ripresa di alcune concezioni di carattere costituzionale e di ruolo degli organismi elettivi in un disegno di raccordo tra il lavoro dei Parlamenti Nazionali e di quello Europeo. La sinistra potrebbe tentare di muoversi per costituzionalizzare la neutralità in parallelo con la nascita di uno spazio politico europeo nel quale agire in una dimensione di potestà sovranazionale. Una sovranazionalità che ritorni ad individuare un nesso con il concetto di neutralità codificato in passato, tra gli altri, da Grozio, Wolff, Vattel e poi ripreso da più parti nel cuore della “guerra fredda”. Una sinistra sovranazionale che recupera la centralità del diritto pubblico europeo come proprio fondamento nel determinare l’indirizzo della propria politica e ritrovare autonomia nella contesa internazionale dominata dalle logiche di contrapposizione delle grandi potenze cui è necessario sottrarsi pena essere travolti da una spirale distruttiva.

Autonomia differenziata: adesso la seconda fase - ControPiede

Autonomia differenziata: adesso la seconda fase - ControPiede

domenica 15 settembre 2024

Thomas Piketty: “Il rapporto Draghi ha l’immenso merito di stravolgere il dogma dell’austerità di bilancio” - nuovAtlantide.org

Thomas Piketty: “Il rapporto Draghi ha l’immenso merito di stravolgere il dogma dell’austerità di bilancio” - nuovAtlantide.org

Franco Astengo: Vantaggi elettorali e supplenza della magistratura

VANTAGGI ELETTORALI E SUPPLENZA DELLA MAGISTRATURA di Franco Astengo L'intreccio tra il "caso Toti" e quello "Salvini" (pur ben diversi tra loro) rappresenta ancora una volta il ruolo di supplenza che la magistratura esercita ormai da molto tempo sul fragile sistema politico italiano. Al riguardo del tema degli equilibri e dei rapporti di forza il punto rimanel quello degli effetti sulla partecipazione al voto in costante discesa ed è prevedibile che il fenomeno si ripeterà, nonostante l'attenzione dei media, anche nelle prossime elezioni regionali in Liguria. Il fenomeno della “supplenza” che la magistratura ha esercitato, in Italia, nei confronti della politica risale ormai a quarant'anni fa ben in anticipo di rispetto a "Tangentopoli": se pensiamo, ad esempio, al “caso Teardo” scoppiato in Liguria nel 1983 (diverso fu il caso, contemporaneo, di Torino, perché in quel frangente fu il sindaco Diego Novelli ad attivare il percorso giudiziario, e quindi fu la politica a “investire” la magistratura). Guai a chi pensa di trarne vantaggi elettorali! Un ruolo di “supplenza” che non è stato esercitato soltanto nei confronti del classico rapporto tra “questione morale” e “questione politica”, quella delle tangenti tanto per intenderci (nel frattempo mutata di segno, come hanno dimostrato i casi più recenti) ma sull’insieme delle contraddizioni sociali più rilevanti, pensiamo, tanto per fare un esempio al conflitto (un orrore chiamarlo così e mi scuso di usare un termine meramente giornalistico) tra ambiente e lavoro,come nel caso dell’Ilva di Taranto e dei migranti. Nel frattempo che la magistratura svolgeva questo compito, deperivano, via, via, i soggetti politici ridotti a espressione di mera “geografia elettorale” (tanto per sintetizzare con una sola battuta) del tutto subalterni, anche a sinistra, ai meccanismi della personalizzazione e alle sirene del movimentismo. A Sinistra la questione non è stata affrontata dal punto di vista riguardante le “fratture” sulle quali agire politicamente prospettando un’alternativa che non sia di “governo”, ma di società e di sistema, ma soltanto sotto l'aspetto della ricerca di artifizi che consentissero la "governabilità" in un quadro di successivo aggravarsi del fenomeno della "fragilità del sistema".

sabato 14 settembre 2024

Il “piano Draghi” per l’Europa: finanza, tecnologia e armi

Il “piano Draghi” per l’Europa: finanza, tecnologia e armi

After the Laffer curve: taxing the rich, at last

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LA TRANSIZIONE ECOLOGICA, E CHI LA DEVE PAGARE - GLI STATI GENERALI

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Europa: l’Unione senza democrazia fa male alla società e all’economia

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È tempo di aprire il “cantiere” della Ue

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Franco Astengo: La "necessità socialista"

LA "NECESSITA' SOCIALISTA" di Franco Astengo L'alleanza rosso-verde può rappresentare un efficace punto d'appoggio per contrastare l'emergere di una sinistra conservatrice di cui abbiamo un esempio molto evidente nella BSW tedesca e anche in determinati aspetti presenti in France Insoumise. Emergono però nella stessa possibile alleanza rosso verde elementi di contraddizione anche stridenti che possono essere affrontati non semplicemente in via politicista (come accade per certi versi nell'esperienza italiana) ma essenzialmente ricostruendo un'adeguata visione di fondo del cambiamento. Ne accennano Pierre Humbert e Peter Wahl su "Le monde diplomatique" di settembre 2024. In questo senso un tema di analisi proponibile potrebbe essere quello del rilancio dell'idea del "socialismo della finitudine" inteso quale retroterra teorico di questa possibile alleanza considerata dal punto di vista della"necessità socialista". Scriveva Olga Tokarczuck, premio Nobel per la letteratura nel momento culminante del COVID “ La paura di fronte al virus ha richiamato le condizioni ataviche più banali, che i colpevoli sono altri e loro, sempre da un altrove, portano il pericolo” e ancora “Davanti ai nostri occhi si dissolve come nebbia al sole il paradigma della civiltà: che siamo i signori del Creato, possiamo tutto e il mondo ci appartiene” (Il Corriere della Sera 3 aprile 2020). Così si pone un interrogativo: è davvero finita l’era delle “magnifiche sorti e progressive” e ci troviamo nella condizione dell’essere finito, limitato, imperfetto ? Chi intende continuare a pensare alla giustizia sociale dell’uguaglianza pare proprio trovarsi davanti a un bivio. Preso atto della necessità di comprendere la condizione di “limite” come definire, allora, un nuovo obiettivo di sviluppo. Oppure non resta da fare altro che ripiegare su di un pensiero di mera conservazione lasciando campo libero agli appetiti dell’egoismo ? Si era discusso sulla possibilità di elaborazione di un progetto di “società sobria” come “terza via”: forse quell’eventualità potrebbe essere già superata e un nuovo modello di vita ci sarà imposto dai fatti e dal governo assoluto della tecnica. Si pone così davvero il tema di un mutamento di paradigma come indicava la Tokarczuck Da una parte sembra prevalere uno schema di affidamento neo-capitalistico dei grandi temi dell'ecologia e della digitalizzazione, considerando così una semplice estensione di "programma minimo" di limitazione del danni, evitando di affrontare nel profondo il punto della connessione tra la "contraddizione principale" (secondo l'antico schema di Rokkan) e la complessità delle già definite contraddizioni post-materialiste da cui discende una modifica dello schema classico di rapporto tra struttura e sovrastruttura. Emerge una sorte di "difficoltà teorica" di elaborazione di un'alternativa sistemica nel cui quadro le forze progressiste sembrano limitarsi a definire un "neo-capitalismo" che si rivolge prioritariamente ai settori sociali capaci (in una qualche misura) di sostenere la battaglia per i diritti civili e quella per le grandi transizioni senza proporre una modificazione di fondo dei rapporti di classe e dei propri stili di vita. Una connessione che permette di definire il nesso tra "liberal" e "radical": denominazioni diverse che discendono entrambe da una concezione liberale di tipo utilitarista. Sarà il "digital divide"(che comprende i temi della cultura, della scuola e dell'università) la nuova frontiera della determinazione di classe ?: "digital divide" elemento di chiaro stampo individualistico utilizzato forse pensando che la "propria felicità" racchiusa nella capacità di regolazione nelle modalità di utilizzo dell'AI possa concorrere a fare la felicità di tutti. Una capacità che richiede però una non facile estensione dei livelli di conoscenza. Beninteso entrambi gli schieramenti: quello del "nazionalismo difensivo" e quello del "neo-capitalismo radicale" stanno evitando accuratamente di affrontare il tema della guerra nel senso del rapporto Europa/Nato, e sembrano entrambi (pur da differenti punti di vista) considerare il tema europeo soltanto come semplice fattore di opportunità redistributiva; 3) Questo quadro tiene ai margini dai propri blocchi sociali di riferimento le prime vittime dalla crescita delle disuguaglianze e di conseguenza restringe i margini della possibilità di incidere sulle dinamiche politiche (ripristinando anche, almeno in apparenza, la logica dell'amico/nemico). Da un punto di vista che vorremmo ostinarci di definire "di sinistra" rimane quindi tutto intero sul tappeto il tema di una possibilità di incidenza sul blocco "radical" in modo da proporre una riarticolazione inclusiva degli esclusi (a tutti i livelli). In termini più chiari si tratta della questione della presenza socialista a livello di teoria e di rappresentanza. Con un avvertimento: una teoria socialista del XXI secolo non può sfuggire alla necessità di rovesciare il concetto lineare di progresso che ci ha accompagnato nel corso del secolo precedente (in particolare nei "30 gloriosi" seguiti alla fine della seconda guerra mondiale). Attorno al tema della pace come valore universale va costruita un'idea concreta di "senso del limite" che ci è già capitato di battezzare "socialismo della finitudine". 4) A questo punto, se si accetta come principio una "necessità socialista" rimane da aprire una discussione sulla forma che potrebbe assumere nel piccolo del sistema politico italiano questa presenza di socialismo dell'uguaglianza e del limite . Ritorna l'antico dilemma : una propria presenza identitaria raccolta organizzativamente in soggettività politica oppure parte di una grande schieramento evidentemente a egemonia "radical", all'interno del quale dotarsi di una precisa rappresentazione di identità? Questo interrogativo porta alla necessità di un dibattito molto ampio nel quale toccare anche i temi istituzionali sui quali un'alleanza rosso -verde attuata nel nome di un "socialismo della finitudine" dovrebbe essere capace di misurarsi. Una discussione difficile ma che è urgente e necessario affrontare con concretezza d'intenti.

domenica 1 settembre 2024

Europa. The Left si divide: se ne vanno dal gruppo Insoumise e Podemos • Diritti Globali

Europa. The Left si divide: se ne vanno dal gruppo Insoumise e Podemos • Diritti Globali

Paolo Zinna: Sui percorsi dei socialisti. In morte del compagno Del Turco

Il 23 agosto si è spento Ottaviano Del Turco, dopo anni di declino e malattia. Molti ne hanno ricordato la figura di sindacalista e politico, con accenti diversi. Io voglio ricordarlo come il più socialista dei politici che ho conosciuto, perché il più generoso, capace di mettere sempre i valori del socialismo davanti agli interessi dei socialisti e di sé stesso. In un passaggio critico (la fondazione del PD) ho fatto, con pochi altri, la sua stessa scelta, contro la maggioranza dei socialisti di allora. Mi dà ancora grande soddisfazione credere di averlo fatto con lo stesso spirito che muoveva lui. La sua vicenda nel PD è stata tristissima, segnata dalla persecuzione di un magistrato molto opaco[1], dal rancore di un’opinione pubblica di sinistra più o meno “comunista” ma certamente scervellata, dalla viltà di molti dei massimi dirigenti del PD che pur sapevano bene come stessero le cose[2]. Oggi lo ricordano in molti, soprattutto per deprecare questa vicenda / tragedia e usarla per riconfermare il dissenso dalla scelta di allora di Del Turco, attribuendogli “ingenuità” e riconducendo tutto alla malvagità antisocialista dei “comunisti”. [Curioso poi che lo facciano nomi che in quegli anni non si fecero mancare un passaggio più o meno lungo nel centrodestra di Berlusconi, prima di rinsavire…]. È un modo per evitare ancora di ragionare sul merito della scelta politica di allora. Scrivo quindi queste note, come mio omaggio ad Ottaviano. Non nego che sia una visione “di parte” ma spero che dia qualche elemento di conoscenza più oggettivo a chi (socialista o no) vorrà leggerle. La nascita del PD ed il clima di allora La politica progressista del Novecento, in Europa occidentale, si è fondata principalmente su tre grandi tradizioni: il filone socialista, quello liberaldemocratico e le forze non conservatrici di ispirazione religiosa. Eppure, alla svolta del secolo, già si avvertiva una certa stanchezza di quei filoni, un essere inadeguati a confrontarsi a nuove sfide (ecologia, globalizzazione, questione di genere) usando gli strumenti del passato, validi ma incompleti. In Italia, alcuni intellettuali (Salvati, Scoppola per primi, poi altri molti) ritennero di trovare la risposta in un progetto diverso (lo chiamarono “riformista” ma non voglio usare questa parola svalutata): una politica nuova, elaborata già all’origine per rispondere alle nuove sfide che ho citato. Non un nuovo partito, dunque, ma un pensiero nuovo. Esso si sarebbe espresso anche in una forza politica (il Partito Democratico) ma la radice stava nel nuovo pensiero. Sarebbe stata davvero una svolta storica. Non è andata così – ma era giusto provarci, Del Turco ed altri vollero esserne parte. Io seguii la scelta di Ottaviano, partecipai alla fondazione del PD e non me ne sono mai pentito. Cosa doveva guidarci? La volontà di inverare i valori del pensiero socialista, o le gelosie e i rancori maturati dall’una e dall’altra parte, negli anni fra il 1978 e il 2007? O peggio, il calcolo meschino di come meglio tutelare le proprie piccole rendite di posizione? Ottaviano Del Turco non ebbe dubbi. Nel PD non eravamo apprezzati, è importante capire perché. C’era a sinistra (e c’è ancora) una opinione pubblica grossolana, che vede la cattiva politica e la riconduce comunque alla disonestà – che non capisce la complessità dei temi e le ragioni degli altri – che confonde la legalità formale con la giustizia sostanziale – che crede che un qualunque Di Pietro (o Civati o Di Battista) possa riportare il paradiso in terra. Per questi, allora, la storia socialista si riconduceva agli anni di Craxi, anzi del craxismo peggiore, e socialista voleva dire disonesto. Il “comunismo”, cari compagni socialisti, non c’entra nulla, c’entravano semmai le stupide pulsioni populiste (che non sono “né di destra né di sinistra”). Infettavano allora anche i cattolici di sinistra, Rosy Bindi si distingueva in questo. Questo stato d’animo è vivo anche oggi, anche se noi non ne siamo più l’oggetto specifico. C’era poi anche, sì, un’ostilità “comunista” davvero, anzi direi meglio “berlingueriana”, dei vecchi militanti PCI che avevano vissuto gli anni dello scontro fra il PCI tardo e Craxi. Semplifichiamo le ragioni dello scontro: c’entrava lo spirito austero, un po’ cattolico pauperista, di Berlinguer stesso, c’entrava l’onesta confusione di chi aveva perso negli anni ’70 la fiducia nel proprio riferimento sovietico e si trovava smarrito, c’entrava l’attardarsi in una visione “industrialista” che non capiva la nuova società del terziario, dei servizi e dei consumi. In sostanza, noi socialisti eravamo antipatici, perché eravamo più moderni, perché eravamo più in sintonia con i tempi nuovi, anche perché avevamo “sdoganato” una certa voglia di vivere e il piacere di consumare. [Sorvolo invece sulle nostre esagerazioni, colpe ed errori che qui non rilevano]. Questa posizione “berlingueriana” invece, si è presto sciolta fino a scomparire, anche per scomparsa fisica di chi la incarnava. I post democristiani, invece, poco si facevano notare, acquattati in attesa di ereditare il futuro (come di fatto è successo). Ovviamente, noi socialisti fondatori del PD conoscevamo benissimo colpe e meschinità degli “altri”, ex comunisti in cerca di ragion d’essere e ex democristiani più o meno “di sinistra” - i primi lo avrebbero pagato duramente, e non immeritatamente, negli anni successivi, tanto che il PD successivo è stato poi profondamente improntato dai peggiori difetti dei secondi. Non c’era proprio nessuna “ingenuità”, c’era invece in Del Turco la generosità di voler contribuire alla riuscita di un grande progetto. Nel PD, la sostanziale assenza dei socialisti ha pesato: è mancato proprio lo spirito aperto, europeo, tollerante e inclusivo dei socialisti e anche da questa mancanza vengono i risultati deludenti di quel progetto. Le scelte dei socialisti nel 2007 Boselli non volle aderire al PD in formazione, e si trascinò dietro quasi tutto lo SDI. Ciò a causa di un suo doppio grave errore di valutazione, che giustamente lo portò poi a scomparire dalla politica. Già negli anni precedenti aveva puntato sull’ipotesi “Rosa nel pugno”, progetto di fusione coi Radicali su tesi libertarie con focus su diritti civili e un certo anticlericalismo. Sono posizioni legittime, che hanno radici nella nostra storia – ma possono esserne una parte, non sono “il pensiero socialista” che non può non avere al centro la tensione verso la giustizia sociale. Come è possibile pensare di confondersi coi Radicali, liberisti in economia, atlantisti in politica estera, formalisti in tema di legalità? Questo ircocervo venne subito punito dagli elettori e strattonato dall’arroganza prepotente dei radicali e dalla sorda resistenza del nostro “partito degli assessori”. Ma nel 2007 si fece anche un secondo errore (che persiste ancor oggi nelle torpide convinzioni di alcuni onesti vecchi compagni): ritenere che il PD sarebbe stato un “compromesso storico bonsai” tra due grandi forze, post comunisti e post democristiani, che avrebbero stritolato la pattuglia socialista. I promotori del PD dicevano di escluderlo ma, allora, era lecito non dare loro fiducia (fidarsi di Prodi? di D’Alema?). Non si fidò nemmeno la sinistra DS (Mussi, Angius). Ma i fatti hanno dimostrato che, in effetti, i due grandi blocchi si sono sciolti in pochissimo tempo. I cattolici alla Ruini hanno fatto danni per qualche anno, ora non più – restano invece (e non è detto siano meno pericolosi) i cattolici adulti, articolati in varie posizioni ma mai lontani dal potere. I “post comunisti” erano già scomparsi subito (talvolta li rimpiango un po’ …). Già verso il 2010 ci si divideva e organizzava su questioni diverse e con allineamenti impensati, fatti magari di nomi dell’una e dell’altra tradizione (es. il gruppo Franceschini – Fassino). [Chi parla oggi di “compromesso storico bonsai” o concetti simili suscita tenerezza ma anche un po’ di irritazione e rammarico: quanta inconsapevolezza di ciò che è davvero il PD, visto dall’interno! Quante energie valide sprecate senza scopo!] In questo quadro variegato la “pattuglia socialista” avrebbe potuto avere influenza significativa, se non per occupare posti di potere, almeno per portare idee e progetti. In sostanza, l’”ingenua” fiducia di Ottaviano era molto più lungimirante della “accorta” sfiducia degli altri. Storia dei socialisti negli ultimi anni e prospettive Sarò sgradevole, “sed magis amica veritas”: una storia inutile, nonostante le migliori intenzioni dei protagonisti. Continua coazione a ripetere lo stesso tentativo più volte sconfitto: riunire tutti i socialisti sotto la stessa bandiera, da ripresentare al paese rivendicando la grandezza e nobiltà della nostra storia. Si riprende il vecchio nome (PSI), si cerca un accordo col PD (di Veltroni, pessimo) che preferisce Antonio Di Pietro, si corre da soli verso un inevitabile disastro elettorale nel 2008. Poi la segreteria Nencini, ondivaga negli anni secondo le opportunità: un accenno verso Sinistra e Libertà, poi verso SEL, poi rapporti più amichevoli verso il PD di Bersani (Italia Bene Comune), poi Nencini viceministro con Renzi nonostante l’incompatibilità, l’uscita di Di Lello, la rottura interna sul referendum Renzi, la controversia sul quarto congresso, eccetera. Non voglio farla troppo lunga, pare noioso perfino a me, che continuo ad avere affetto per tutti i compagni socialisti e ad augurarmi ad ogni elezione che ottengano un improbabile successo. Tralascio anche le vicende della ormai lunga segreteria Maraio, compreso il bizzarro avvicinamento ad Italia Viva. Non sono né meglio né peggio dei dieci anni precedenti e non sfuggono alla stessa logica di sopravvivenza, sulla linea “avevamo ragione noi ed il paese prima o poi ci capirà”. E per il futuro? Non vedo come uscirne: i socialisti hanno subito un’ingiustizia storica – ma al paese poco interessa e non ha alcuna intenzione di risarcirci nelle urne. Forse sarebbe meglio abbandonare la speranza di rinascere come organizzazione e orientare il lavoro a trasmettere il nostro pensiero e il nostro spirito all’area vasta della sinistra italiana, verso il PD o qualunque altra organizzazione futura che la rappresenti. Mi si obbietta: ma tu, entro il PD non hai ottenuto nulla! È certamente vero, ma, nel mio piccolo, posso dire di aver sempre lavorato per le idee socialiste. Forse qualcosa rimane, almeno in una parte del partito a Milano e in Lombardia.

giovedì 15 agosto 2024

Franco Astengo: Cittadinanza

CITTADINANZA di Franco Astengo Il concetto di cittadinanza, oggi sottoposto a dibattito nel sistema politico italiano, fa capo a molteplici tradizioni e noi viviamo in un'epoca nella quale si ravvisa ancora l'origine dalle rivoluzioni borghesi, inglese, americana e francese. Se si riconosce questo punto di partenza deve essere riconosciuto anche lo stretto intreccio tra cittadinanza e democrazia nella sua forma classica "liberale". Quella forma classica "liberale" oggi in crisi sotto l'assalto delle visioni autocratiche fondate sull'idea dell'eccesso di domanda da ridurre limitandone l'estensione dell'agibilità (da Schimtt a Luhmann). Da questo schema risulta ancora diverso quello che possiamo nuovamente definire "caso italiano" perché l'autocrazia obiettivo della destra di governo si intreccia (oltre all'ovvietà del nazionalismo) a una visione economico - sociale di tipo corporativo. Il tema del riconoscimento della cittadinanza passa allora attraverso la ricerca dell'uguaglianza, intendendo l'appartenenza alla comunità il fattore dinamico della ricerca delle modificazioni sociali. Se infatti l'uguaglianza tra i cittadini deve essere esteso a un numero sempre maggiore di donne e di uomini ciò deve prevedere una definizione formale come membri della comunità. Questo processo di definizione formale si lega direttamente, come sostenuto all'inizio, all'affermazione della democrazia il cui mezzo di estensione rimane il suffragio universale e l'equa risultanza del voto quale effetto della diversità di opinioni e dell'organizzazione di queste diversità. L'affermarsi del multiculturalismo comporta la coesistenza tra un principio di carattere individuale ( eguaglianza) e un principio di carattere sovraindividuale che reclama l'organizzazione dei principi e degli interessi divergenti. La negazione del diritto di cittadinanza ( diritto ovviamente da regolarsi nelle condizioni storiche) è dunque rifiuto del pluralismo nel suo senso più ampio : da parte nostra affermare questo intreccio tra rifiuto della cittadinanza e rifiuto del pluralismo non è certo condivisione di una banalità. La discussione in corso tra le forze politiche sul diritto di cittadinanza attraverso la nascita o la scuola è quindi parte integrante dello scontro in atto sui temi costituzionali della forma di Stato e di Governo ( tra l'altro dovrebbe essere oggetto della discussione in atto quanto la modifica del metodo di elezione al vertice della carica monocratica esecutiva di governo muti la stessa forma di Stato repubblicana). Riconoscere questo elemento fondativo dello scontro politico in atto è riconoscere la qualità della vicenda storica che stiamo attraversando rendendo ragione alla necessità di produrre la formazione di un adeguato schieramento costituzionale, ricordando anche come l'assetto costituzionale italiano rappresenti un punto avanzato rispetto alle stesse origini classiche del costituzionalismo europeo richiamate all'inizio. Nei contenuti espressi dal costituzionalismo italiano è forte l'impatto delle correnti culturali che avevano ispirato nel secolo scorso le lotte per l'eguaglianza sociale e per la liberazione dalla tirannia, e questo è un punto che va ricordato. Infine: abbiamo visto come premierato, autonomia differenziata, riconoscimento della cittadinanza sono questioni che non possono essere affrontate in maniera isolata l'una dall'altra ma elementi di una visione d'insieme della convivenza democratica che dobbiamo difendere, affermare, coltivare con cura.

lunedì 29 luglio 2024

Franco Astengo: Il governo di destra e la lotta di classe

IL GOVERNO DI DESTRA E LA LOTTA DI CLASSE di Franco Astengo Con il nuovo accertamento l’Agenzia delle Entrate si muoverà solo in presenza di uno scostamento considerevole tra le spese sostenute e quanto dichiarato. Maxi-sconto per gli autonomi infedeli che si mettono d’accordo con il Fisco. l tanto discusso concordato preventivo biennale cambia faccia grazie all’approvazione definitiva del primo decreto legislativo correttivo della riforma fiscale da parte del Consiglio dei Ministri. Questo provvedimento introduce modifiche sostanziali alla disciplina del concordato preventivo biennale, originariamente delineata dal D.Lgs. 13/2024, rendendolo uno strumento più attraente per i contribuenti. La novità più rilevante consiste nell’introduzione di un regime di tassazione opzionale applicabile al reddito incrementale concordato, con aliquote che variano dal 10% al 15% in base all’affidabilità fiscale del contribuente. In realtà chi paga le tasse in Italia ? L’81,5% dell’Irpef (pari a 166,5 miliardi) viene versato dai lavoratori dipendenti (85,5 miliardi dai dipendenti del settore privato e 81 miliardi da quelli pubblici). Solo il 6,1% arriva dai lavoratori autonomi, che versano 12,6 miliardi di euro di imposte. Il resto della somma, per arrivare a 205,8 miliardi, è catalogato nel bilancio dello Stato sotto le voci “ritenute a titolo di acconto sui bonifici per beneficiare di oneri deducibili o detraibili”, “Irpef saldo” e “Irpef acconto”. Ma c’è un altro dato che fa ulteriore chiarezza. Ed è quello relativo alla propensione all’evasione, che identifica il rapporto percentuale tra l’ammontare del tax gap e il gettito teorico ovvero la percentuale di imposte che non vengono pagate rispetto a quanto sarebbe dovuto. I lavoratori dipendenti irregolari (ricordate, i regolari non possono evadere) non pagano al fisco il 2,3% di quando dovrebbero. I lavoratori autonomi, invece, evadono il 67,2% di quanto dovrebbero versare. Avete letto bene: il 67,2%. Significa che quasi il 70% delle imposte dovute dai lavoratori autonomi non viene versato. Nel frattempo, l’estensione della platea dei lavoratori autonomi che versa la flat tax del 15% crea un’ulteriore distorsione dei dettami dell’articolo 53 della Costituzione italiana, che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Ma la progressività sembra essere sempre più una chimera in Italia. Come ha dimostrato un recente studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università di Milano-Bicocca (firmato da Demetrio Guzzardi, Elisa Palagi, Andrea Roventini e Alessandro Santoro), il sistema fiscale italiano è blandamente progressivo solo per il 95% dei contribuenti ma diventa regressivo per il 5% più ricco. Chi guadagna oltre 500mila euro all’anno paga la imposte con un’aliquota del 36% contro il 50% di chi guadagna meno. Questo perché i guadagni dei più ricchi non derivano dal reddito da lavoro (tassato fino al 43%) ma da redditi da capitale, tassati al 26% e addirittura al 12,5% per i titoli di Stato.. Distorsioni che arrivano da lontano e coinvolgono diverse parti politiche ma con concordato e redditometro il govern0 di destra fa comprendere bene da che parte sta e come conduce -attraverso il fisco - la lotta di classe. (che come ha scritto a suo tempo Marco Revelli esiste sempre e fin qui l'ha vinta il capitalismo).

Franco Astengo: Liguria

Liguria: l'astensione convitato di pietra. Elettrici ed elettori liguri saranno chiamati alle urne entro il prossimo mese di ottobre in seguito alle dimissioni del Presidente coinvolto in una vicenda giudiziaria salita agli onori di tutte le cronache con il conseguente scioglimento del consiglio regionale. Si tratterà di una prova molto significativa da un particolare punto di vista: quello della partecipazione al voto. Non ci saranno rendite di posizione, considerata la situazione in atto. L'elettorato ligure esce sfiancato da questa vicenda e l'Ente Regione rimane un oggetto misterioso per la gran parte di elettrici ed elettori anche perchè il principale (e quasi esaustivo) fattore di "ricasco pubblico" rimane quello della crisi della sanità pubblica attribuita (giustamente) al favore che la Regione riserva alla Sanità Privata. La situazione particolare di Liguria elezioni 2024 porta però alla necessità di impostare una campagna elettorale imperniata su : a) dagli atti fin qui portati avanti dall'autorità giudiziaria appare rilevarsi il profilo di un vero e proprio "sistema di potere" collocato ben al di fuori da un contesto di esercizio della responsabilità democratica. Le scelte fin qui compiute dal Presidente della Regione Liguria nel corso del suo mandato hanno avuto l'evidente destinazione proprio del consolidamento di questo sistema di potere attraverso scelte di carattere corporativo sia sul piano economico sia sul piano delle destinazioni territoriali (ultima in ordine di tempo ma non ultima per importanza quella della destinazione della nave -rigassificatore a Vado Ligure); b) Abbiamo di fronte un caso "nazionale": Per quanto descritto fin qui dalla Magistratura ci troviamo di fronte ad una faglia molto più sottile di quella classicamente rappresentata dalla dazione di tangenti che un tempo confluivano genericamente nello "scambio politico": un filone del tutto interno al mutamento di indirizzo nella concezione di divisione del potere e di annullamento del confine tra il pubblico e privato. La maggioranza uscente in Regione Liguria ha tentato di giocare la carta di affiancamento della tecnocrazia con il populismo senza colore politico, cercando anche di portare questo schema secondo la magistratura comune anche ad altre amministrazioni locali a dimensione nazionale, ma il tentativo è fallito piuttosto miseramente e non soltanto a causa del consueto intervento "supplente" da parte dell'autorità giudiziaria. Le elezioni saranno probabilmente decise dalla dimensione che assumerà la crescita del tasso di astensione che dovrebbe essere rivolto prevalentemente a destra: le forze del centro - sinistra chiamate a presentare un'alternativa dovranno cercare prima di tutto di chiamare a raccolta i propri sostenitori "storici" attraverso una definizione molto netta dell'impianto progettuale tra pubblico e privato (sanità/portualità) e nei riferimenti della dimensione territoriale tra Genova e il resto della Regione : è possibile nella situazione attuale della Liguria che la vittoria di una candidatura si determini "in discesa", tra che perderà meno voti rispetto alla diserzione dalle urne che tenterà molti. In ogni si tratterà di un passaggio di grande interesse per l'insieme del sistema politico italiano. Franco Astengo

venerdì 26 luglio 2024

LA SINISTRA EUROPEA RISORGE?

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L’EUROPA DELLE CONTRADDIZIONI TRA MACRON E ORBÁN

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LA SINISTRA CHE TORNA di Paolo Bagnoli

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Patriotic social democracy is powering Labour - New Statesman

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What the New Left Needs by Dani Rodrik - Project Syndicate

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Pax Economica - Foundation for European Progressive Studies

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martedì 16 luglio 2024

Perché l’autonomia differenziata nuoce anche al Nord

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Un nuovo progetto per la sinistra che inverta l'economia di guerra e costruisca un mondo multilaterale - Strisciarossa

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Il modello laburista condivisibile ma difficile da esportare in Italia #intervista @ildubbionews del 6 luglio 2024 « gianfrancopasquino

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La rivista il Mulino: Francia e Regno Unito: i voti reali che smontano le euforie

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La previdenza integrativa non è la soluzione*, Maurizio Franzini, Michele Raitano | Menabò di Etica ed Economia

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Avviso ai policy maker: il mercato del lavoro è un sistema, Claudio Treves | Menabò di Etica ed Economia

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Il Labour e le disuguaglianze nel Regno Unito, Maurizio Franzini | Menabò di Etica ed Economia

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venerdì 12 luglio 2024

"La Salva-Milano cancella decenni di regole a vantaggio della rendita". La lettera-appello di giuristi e urbanisti - Il Fatto Quotidiano

"La Salva-Milano cancella decenni di regole a vantaggio della rendita". La lettera-appello di giuristi e urbanisti - Il Fatto Quotidiano

Franco Astengo: Autonomia differenziata,oltre i Lep

AUTONOMIA DIFFERENZIATA: OLTRE I LEP di Franco Astengo Nell'organizzare l'opposizione ( anche tramite richiesta di referendum) verso la legge sull'autonomia differenziata si sta evidenziando con grande forza il tema dei LEP (Livelli Essenziali Prestazioni) che dovranno essere stabiliti per rendere una base uniforme alle residue erogazioni di stato sociale: sanità, scuola. Al riguardo della legge approvata in questi giorni si rileva però un tema che non appare al centro del dibattito ma che rappresenta probabilmente il "cuore" della vicenda: il riferimento è alle materie di cui le Regioni possono richiedere l'acquisizione di competenze nelle materie "No Lep". La regione Veneto ha così immediatamente avanzato richieste di maggiore autonomia nelle 9 materie "non Lep", cioè quelle per le quali non è necessario che lo Stato stabilisca prima i Livelli essenziali di prestazione. Fra queste oltre alla previdenza complementare, il coordinamento della finanza pubblica, le banche (Casse di Risparmio, Banche di credito rurale, ecc,) spicca la richiesta della piena competenza sul commercio estero e i rapporti con l'UE. Il tema dei rapporti con l'estero è particolarmente delicato e specificatamente lo è ancora di più al riguardo del Veneto. Il tessuto industriale veneto (come in parte quello lombardo) composto da aziende di media/piccola dimensione nella generalità avanzate tecnologicamente e quasi completamente complementari e sussidiarie all'industria tedesca. Per fare un esempio i 20,9 miliardi di merci che vengono esportate dal Veneto verso la Germania sono superiori ai 16 miliardi dell’export canadese. Questo dato indica alcune questioni: 1) l'orientamento produttivo delle industrie venete è strettamente legato a quello delle industrie tedesche e in particolare alla Baviera e al Baden Wurttenberg. Se come pare la Germania deciderà di innalzare la propria quota di PIL riservata all'armamento è evidente che avremo aspetti di riconversione industriale che toccheranno l'insieme delle filiera di là e al di qua delle Alpi. Il Veneto (e la Lombardia) potrebbe così legarsi ad una economia di guerra indipendentemente dalle scelte generali del Paese; 2) Il primo punto pone oggettivamente in discussione l'idea della programmazione economica a livello nazionale (e il rapporto con l'Europa) e di intervento pubblico in economia (mentre il governo procede a tentoni nel pieno della confusione come nel caso della cessione di ITA, delle acquisizioni in siderurgia e a cessioni improprie come nel caso della Rete Tim passata ai pensionati canadesi in uno scenario inedito in Europa). Questo tipo di analisi rafforza ulteriormente la necessità di combattere a fondo questo pericoloso stato di cose in atto cercando anche di far comprendere come si tratti di un tassello del cambiamento che la destra ha in programma sul tema del rapporto tra governo e democrazia. Privatizzazione e autoritarismo nell'esercizio di un potere fondato sulla frammentazione dello Stato anche sul piano delle relazioni internazionali (negli aspetti che di più contano) così la destra intende saldare il quadro di modificazioni costituzionali: una direzione di marcia di variazione profonda del concetto di governabilità che dovrà essere fermato anche se a sinistra, nel passato più recente, ci si è mossi aprendo la strada con riforme portate avanti con il solo scopo di inseguire l'agenda dell'avversario (come fu nel caso della riforma del titolo V). Il recupero dell'autonomia progettuale della sinistra in particolare rispetto al quadro europeo proprio sul punto governabilità/democrazia appare il primo passaggio decisivo per affrontare una situazione che si presenta molto difficile.

martedì 9 luglio 2024

Ocse, il rapporto sui salari reali: calo del 6,9 per cento dell’Italia rispetto al 2019 - Lettera43

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La rivista il Mulino: Il ritorno del bipolarismo in Italia: la vittoria dimezzata delle due leader

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La crescita italiana che non c'è - Lavoce.info

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Franco Astengo: Francia doppio turno

FRANCIA DOPPIO TURNO di Franco Astengo Ho provato a tirar giù un'analisi del peso del doppio turno nelle elezioni francesi: si tratta di dati ancora incompleti ma che possono fornire comunque una credibile indicazione complessiva al riguardo del punto, principale che è stato segnato in questa occasione. Ricordo in premessa che quello francese è appunto un "secondo turno" e non un ballottaggio come invece avviene in Italia in occasione dell'elezione del sindaco: in Francia, acclarato che il candidato che passa il 50% dei voti validi nel primo turno è eletto, al secondo turno accedono quanti hanno superato il 12,5% degli aventi diritto. Nasce così quel tema dei "triangolari" e soprattutto della "desistenza" di cui si è molto discusso in questi giorni e che è stata applicata in maniera sufficientemente rigorosa dalle formazioni del cosiddetto "spirito repubblicano" e in particolare dalla sinistra. Riferendoci al solo territorio metropolitano si sono svolti diversi triangolari in particolare dovuti al mancato ritiro del candidato di Ensemble ( la lista di riferimento di Macron) quando il candidato meglio piazzato apparteneva a France Insoumise (19 triangolari Ens-FP-RN) o ai Verdi. Al secondo turno abbiamo assistito anche a due quadrangolari (sempre con riferimento al territorio metropolitano) il primo vinto dal RN davanti alla Lista Repubblicana (gollisti), al Fronte Popolare e a Ens. Il secondo vinto da un candidato definito di "diversa destra" davanti al RN, FP ed ENS. In due circoscrizioni della banlieue parigina si sono anche affrontati candidati di France Insoumise rappresentanti evidentemente di diverse correnti e in un'altra occasione un candidato del PCF vittorioso su di un esponente di France Insoumise. Il tema che maggiormente interessava questo secondo turno era quello riguardante il rapporto tra il RN e la "desistenza" del Fronte Repubblicano. Prendendo ad esempio 254 collegi del territorio metropolitano nel quali il RN partiva dal primo turno con il maggior numero di voti la formazione di estrema destra ha mantenuto il primato (e ottenuto il seggio) in 102 perdendo 152 collegi (59,84%) dove si è trovata i propri candidati scavalcati dagli avversari. 152 seggi suddivisi: 84 a ENS, 43 al Fronte Popolare e 25 ai Repubblicani (Gollisti) una parte dei quali si era alleata con il RN fin dal primo turno. E' capitato che ci sia stata autonomamente desistenza da parte della sinistra anche verso i candidati della LR. quando questi si sono trovati proiettati al secondo turno in migliore posizione. Un esempio di generosità politica questo offerto dalla sinistra francese che ha fornito un esito positivo spingendo anche la crescita alla partecipazione al voto che probabilmente è risultato essere il fattore decisivo per il successo finale.

domenica 7 luglio 2024

IL LABOUR VINCE, MA NON è CERTO UN TRIONFO! - GLI STATI GENERALI

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Nuova crisi politica in Bulgaria, niente fiducia all'esecutivo Borissov: il Paese verso le settime elezioni in tre anni - Il Fatto Quotidiano

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KEIR STARMER: NEW DEAL O NORMALE AVVICENDAMENTO? - GLI STATI GENERALI

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Why Socialists Must Work to Defeat Trump and Elect Biden or Candidate X - New Politics

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Essere sempre più metropoli o non essere, la riflessione di Milano: ma parlare di declino non ha senso

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Sergio Cesaratto: Patto di stabilità. “Le regole Ue restano miopi, ma il Governo può reagire”

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Contro il patto fra postfascisti e neoliberisti. In Francia come in Italia | Left

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Voters Want Change. Labour Must Deliver It.

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Bolivia’s Divided Left Is at Risk of Losing Power

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sabato 6 luglio 2024

Argentina, la macelleria sociale di Milei non si ferma. Migliaia di dipendenti pubblici licenziati con un messaggio su whatsapp - Il Fatto Quotidiano

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Regno Unito. Un nuovo leader ambiguo, lontano anche dalla Terza via • Diritti Globali

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New Labour cabinet: Full list of MP and shadow cabinet moves as they happen - LabourList

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Election results: Welcome to Labour Britain - New Statesman

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Keir Starmer Already Faces a Real Challenge From the Left

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Estrema destra - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

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Autonomia, no grazie. Depositato il referendum

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venerdì 5 luglio 2024

Finisce l'era dei Conservatori, la Gran Bretagna sceglie il Labour di Starmer - Strisciarossa

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L’autonomia differenziata tra economia e Costituzione

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La Gran Bretagna si sveglia laburista

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Nine years later – the enduring legacy of the Greek bailout crisis | EUROPP

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Regno Unito, il trionfo laburista nelle prime pagine dei giornali britannici - Lettera43

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Francia. Alla vigilia del voto esplodono la violenza e il razzismo • Diritti Globali

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Labour’s precarious triumph - New Statesman

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'We did it': Keir Starmer's victory speech as Labour crosses key 326 seat line - LabourList

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giovedì 4 luglio 2024

La rivista il Mulino: Verso lo stravolgimento della V Repubblica

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Prima riflessione sui risultati definitivi delle elezioni francesi. di G. Giudice « caseperlasinistraunita

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Bolivia’s Failed Coup Is the Symptom of a Growing Political Crisis

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La Terza via fuori tempo massimo - Jacobin Italia

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Ita-Lufthansa, il sì condizionato

Ita-Lufthansa, il sì condizionato

La crisi della politica europea | Eguaglianza & Libertà

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I SINDACI DI MILANO E L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMUNI ITALIANI |

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SALA, C.L. E I BENI COMUNI |

SALA, C.L. E I BENI COMUNI |

martedì 2 luglio 2024

Why Macronism Failed by Jan-Werner Mueller - Project Syndicate

Why Macronism Failed by Jan-Werner Mueller - Project Syndicate

Franco Astengo: Numeri dalla Francia tra Europee e legislative

NUMERI DALLA FRANCIA TRA EUROPEE E LEGISLATIVE di Franco Astengo Dal punto di vista dell'analisi elettorale, in attesa dell'esito dei ballottaggi, appare sicuramente interessante la comparazione tra il turno delle europee svolto in Francia il 3 giugno e quello delle legislative convocate d'urgenza dal presidente Macron per l'appena trascorso 30 giugno. Un fatto singolare con pochi precedenti: nel giro di pochi giorni si sono svolte le elezioni europee e le elezioni politiche e valutare le diversità nella partecipazione e nelle espressioni di voto appare sicuramente esercizio di grande interesse. La drammatizzazione del quadro politico dovuto all'avanzata della destra ha sicuramente contribuito a una sorprendente crescita nella presenza alle urne. Il corpo elettorale è rimasto sostanzialmente inalterato: alle europee aveva diritto di voto 49.462.981 elettrici ed elettori mentre alle legislative gli iscritti nelle liste assommavano a 49.332.732 unità. In conseguenza appare corretta una comparazione fondata sulle cifre assolute. Come già riportato la partecipazione ha registrato una vera e propria impennata: da 24.753.773 voti validi espressi il 3 giugno a 32.060. 374 contati il 30 giugno, uno scarto di 7.316.601 voti in più che naturalmente hanno avuto un effetto sulle cifre assolute ottenute dai partiti. Tra i due turni elettorali l'offerta politica ha subito una sostanziale modifica a sinistra con la creazione del Nuovo Fronte Popolare: una coalizione comprendente France Insoumise e i suoi alleati, le liste ecologiste, il partito socialista e quello comunista con liste affini (in particolare la nuova socialdemocrazia di Place Publique). Una coalizione che ha presentato un programma molto avanzato sul piano sociale ma soprattutto tenuta assieme dalla volontà di respingere il prevedibile assalto portato dalla destra del Rassemblement National. Analizziamo allora il voto del Fronte in termini di suffragi assoluti comparandolo ai voti ottenuti dalle diverse liste nelle elezioni europee. Andando per ordine: il Nuovo fronte popolare ha ottenuto nelle legislative del 30 giugno la somma di 8.974.463 suffragi. Il 3 giugno: la lista Reveiller l'Europe comprendente il partito socialista e Place publique aveva avuto 3.424.216 voti; France Insoumise e alleati (Union Populaire) 2.448.703 voti; Europe Ecologie 1.361.127; l'alleanza tra PCF e FGR 584.067 per un totale di 8.402.180 con un saldo positivo di 572.283 voti, risultato sicuramente da rimarcare considerata l'eterogeneità della coalizione che in quest casi non sempre riesce a produrre la sommatoria del voti precedentemente ottenuti dalle forze che compongono "l'ensemble". Diverso il discorso per il Rassemblement National che alle Europee presentatosi come Le France Revient ! aveva ottenuto 7.765.936 voti saliti nell'occasione delle Legislative a 9.377, 109 voti; un incremento di 1.611.173 suffragi. L'effetto dell'incremento del numero dei voti validi ha fatto però sì che nella realtà in percentuale il FN flettesse dal 31,37 al 29, 25. Buona parte della mobilitazione elettorale avuta tra l'esito delle europee e il voto delle legislative ha premiato l'area libdem che fa capo al presidente Macron : alle Europee "Besoin d'Europa" aveva avuto 3.614.646 voti, alle legislative ENS ha avuto 6.425.525 (più 2.810.879). Forte anche l'incremento percentuale tra le due formazioni da da 14,60 a 20,04. Il sistema macronista è crollato come funzione d'argine tra le estreme ma elettoralmente il partito e la sua coalizione hanno dimostrato una presenza importante. Anche Les Republicans hanno fatto registrare una crescita da 1.794.171 voti a 2.104. 978. La nota politica conclusiva non può che riguardare la tripartizione che segna il sistema politico francese tra RN, FP ed ENS si sommano 24.797.097 voti su 32.060.374 pari al 77,34%, roba da Italia al tempo del sistema dei partiti. Proprio questa analisi sulla tripartizione del sistema segnala ancora una volta come in Francia si presenti un grande problema di rapporto tra governabilità e rappresentanza che l'attuale sistema ha storicamente ignorato. Rapporto che passa attraverso la formula elettorale: le legislative saranno decise, con ogni probabilità, dal gioco delle desistenze e dall'aderenza dell'elettorato alla dinamica proposta dai partiti. Però potrebbe anche essere l'ultima volta che intere fette di rappresentanza alla fine non trovano corrispondenza istituzionale. La prova della desistenza repubblicana il 10 luglio avrà grande importanza così come la tenuta del Fronte Popolare come progetto politico stabile e plurale. Da considerare infine che il tema della guerra è stato poco considerato come fattore di determinazione del voto: probabilmente un errore di valutazione rispetto al peso che la complessità del tema ha sulla formazione dell'opinione pubblica.

lunedì 1 luglio 2024

Franco Astengo: Ballottaggi Francia

FRANCIA BALLOTTAGGI di Franco Astengo La necessità di fornire per quanto possibile un quadro dell'esito del primo turno delle elezioni legislative francesi 2024 ha fatto pensare di dover lavorare su di una minima indicazione rispetto al turno di ballottaggio di domenica prossima, rimandando l'analisi del voto complessivo. Quelle che seguiranno saranno indicazioni sicuramente incomplete ma comunque si ritiene sufficientemente orientative. Il primo dato è quello dello schema tripolare che ormai contraddistingue il sistema politico francese che ormai di frequente grazie al doppio turno porta centro e sinistra ad allearsi in funzione anti - destra. In questo caso ci sarà da verificare il comportamento di elettrici ed elettori dei Repubblicans, se seguiranno l'indicazione di Ciotti verso la destra oppure se seguiranno quello che fu l'esempio fornito nell'occasione dell'elezione di Chirac avverso Le Pen padre. In ogni caso al primo turno sono stati assegnati 81 seggi: 40 al Rassemblemant National; 32 al Fronte Popolare, 1 ai Repubblicans, 3 ai centristi, 4 all'Ensamble di Macron, 1 alla Gauche fuori dal FP. Precisato che le notazioni che seguiranno riguardano il territorio metropolitano sono state rilevate, in maniera del tutto sommaria e parziale: 53 confronti diretti RN - FP con il RN in vantaggio in 49 collegi. 21 confronti diretti RN-ES. 13 confronti diretti LR - FP. 12 confronti diretti FP-ES altre combinazioni di confronto diretto 12 fra le quali 5 tra Diversa Destra e RN Nei triangolari: RN in vantaggio su ES e FP 73 RN in vantaggio su FP e ES 58 RN in vantaggio su LR e FP 15 FP in vantaggio su RN e ES 31 FP in vantaggio su ES e RN 32 ES in vantaggio su RN e FP 27 ES in vantaggio su FP e RN 19 LR in vantaggio su RN e FP 12 Si riscontrano ancora diverse combinazioni tra RN, diverse destre sia con FP che ES; FP- ES - LR; Regionalisti: alcune con il FP davanti a LR e RN al terzo posto oppure con FP-RN-LR e ancora con FP-ES-RN. Sarà decisivo il gioco delle desistenze: questo quadro intende offrire soltanto un primo orientamento di massima: il FP dovrebbe ritirarsi almeno da 119 collegi (73 in svantaggio rispetto a RN e ES, 27 in svantaggio rispetto a ES e RN, 19 in svantaggio rispetto a ES) ed ES da 121 (58 in svantaggio rispetto a RN e FP, 31 in svantaggio rispetto a FP e RN, 32 in svantaggio su FP). Si ripete: tutto questo per offrire un primo quadro di orientamento.Si ripete: tutto questo per offrire un primo quadro di orientamento con lo scopo di dimostrare che esiste concretamente la possibilità di fermare la destra, pur in un quadro molto contraddittorio.

GOVERNI PIù STABILI NEL FAVOLOSO MONDO DI PANEBIANCO - GLI STATI GENERALI

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Legislative in Francia: l'unica certezza è la fine del macronismo - Lettera43

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venerdì 28 giugno 2024

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mercoledì 26 giugno 2024

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La rivista il Mulino: Un referendum sull’Eliseo

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Franco Astengo: La logica del potere

LA LOGICA DEL POTERE La sparata del Presidente del Senato circa l'abolizione del doppio turno nelle elezioni comunali, consentendo così di eleggere il Sindaco con il 40% dei voti validi (in pratica con il 20% degli aventi diritto) pare avere un seguito negli intendimenti del centro destra che intenderebbe procedere rapidamente in questa direzione per via legislativa. Questo elemento si inserisce in una strategia complessiva che, in una fase di forte riflusso nella partecipazione politica e nella strutturazione dei partiti segnalata non soltanto dalla presenza elettorale ormai stabilmente assestata attorno o appena al di sotto del 50%, punta decisamente ad un accentramento del potere politico - amministrativo ben oltre al primato della governabilità, trappola nella quale era caduta anche la sinistra al tempo dello "sblocco del sistema politico": slogan poi portato avanti sia dalla Bicamerale 1997-98, sia dalla proposta di modifica costituzionale poi sfociata nel referendum del 2016. Premierato, abolizione del doppio turno nelle elezioni locali, soffocamento del decentramento amministrativo sostituito dall'autonomia differenziata (attuata in tempi di elezione diretta dei Presidenti di Regione: altro punto da porre in discussione), deperimento di ruolo dei consessi elettivi e non soltanto del Parlamento, amministrazioni provinciali elette in secondo grado, leggi elettorali ispirate proprio dalla logica del superamento della rappresentanza politica: tutti fattori che attaccano direttamente la Costituzione Repubblicana nei sui capisaldi attuativi dei principi democratici di piena partecipazione, rappresentanza, solidarietà sociale. Intanto crescono tutti gli indicatori delle disuguaglianze economiche e sociali, si intensifica (se ancora può essere considerato possibile) lo sfruttamento delle persone, del territorio, dell'ambiente e il quadro internazionale (ben oltre i giochetti brussellesi sulle nomine) ci porta direttamente davanti allo spettro della guerra. A questo punto andrebbe aperta una riflessione ben più profonda di quella che si sta svolgendo attualmente tra le forze democratiche e progressiste : una discussione da finalizzare anche con urgenti azioni sul piano della prospettiva politica.