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sabato 19 luglio 2025
Franco Astengo: Modernità e concezione del potere
MODERNITA' E CONCEZIONE DEL POTERE di Franco Astengo
Lo scontro aperto tra il Governo e la Magistratura rappresenta in questo momento il punto più delicato emergente dalla crisi della nostra democrazia costituzionale e dal presentarsi di quello che potremmo definire tranquillamente "spostamento a destra" del contesto istituzionale.
Altri elementi appaiono di fronte stridore in un contrasto che oltrepassa il riferimento politico e investe in pieno quello ideologico sul terreno della concezione dello Stato: ad esempio quello dell'educazione.
Da qualche parte nell'affrontare questo tema della concezione dello Stato si tende ad assimilare l'iniziativa della destra oggi al governo in Italia ad un classico "ritorno all'indietro" analizzando i fattori (che pure si presentano studiando i diversi passaggi) che ci richiamano alla tradizione politico - culturale patrimonio del partito di maggioranza relativa: quella del fascismo (anche se qui ci sarebbe da distinguere essendo la matrice missina legata alla Repubblica di Salò mentre nell'immaginario del partito di maggioranza relativa si sommano altri elementi abbastanza inquietanti come quelli esoterici).
Per affrontare questo stato di cose non basta però riflettere sul presentarsi di elementi di indubbio "pragmatismo di governo" intesi quali punti di contrasto con una visione rivolta all'indietro accreditando così l'azione di governo alla "modernità" e relegando in secondo piano la visione ideologica.
Il punto di partenza per un ragionamento di merito riguarda proprio la Magistratura che ha svolto sempre di più funzioni di supplenza al riguardo della determinazione degli equilibri politici e degli stessi orientamenti legislativi, intervenendo addirittura su temi di diretta pertinenza al riguardo delle fonti stesse di legittimazione delle sedi legislative: si pensi al tema della legge elettorale senza addentrarci in temi di stretta attualità.
Inoltre i confini del potere politico appaiono confusi rispetto a quelli del potere economico: su questo punto è avvenuto, sempre per restare nell’ambito dell’Occidente e ancor più in specifico del “caso italiano”, una surrettizia (e non completata) “cessione di sovranità” verso le istituzioni monetarie e finanziarie dell’Unione Europea (queste, tra l’altro, prive di una legittimazione politica complessiva che dovrebbe essere proprietà soltanto del Parlamento Europeo, provvisto però di una capacità d’incidenza concreta molto limitata, come abbiamo ben verificato nel corso degli ultimi episodi di fortissima crisi internazionale).
Questa labilità dei confini tra l'economico e il politico è tra l'altro tra le cause di una situazione post-globalizzazione che sta generando quella realtà contrassegnata da eventi bellici e di nuova guerra commerciale che troviamo all'ordine del giorno.
Uno spunto di riflessione ulteriore può essere suggerito, a questo punto, da un aggiornamento d’analisi al riguardo della teoria della “microfisica del potere” elaborata a suo tempo da Michel Foucault per rispondere proprio all’evidenziarsi di quella “confusione tra i poteri” cui si è appena accennato.
La teoria del filosofo francese considera il potere come una risorsa che circola attraverso un’organizzazione reticolare.
Il potere non si concentra più al vertice ma si disperde nella società attraverso gli individui: è la tesi della “inflazione del potere” cui Luhmann risponde considerandola come fonte dell’ingovernabilità con la teoria della riduzione del rapporto tra politica e società, e di conseguenza con una sorta di ritorno a forme “decisionistiche” di tipo quasi assolutiste.
Si tratterebbe in sostanza di prendere atto della necessità di un potere sovraordinato rispetto al venir meno di confini netti tra potere economico, politico, ideologico, tra poteri costituenti e poteri costituiti oppure ancora tra esecutivo, legislativo, giudiziario.
Sorge però a questo proposito una domanda cruciale: come potrà costituirsi, nel concreto, questo potere sovraordinato?
Una possibile risposta può venire proprio dall’analisi dell’attualità del caso italiano.
La risposta può venire dalla finzione, dalla messa in scena di un potere esclusivamente immaginario esercitato in via personale da un attore capace di interpretare il flusso degli strumenti mediatici (orientati, tra l’altro, sempre più verso il consumo individuale di notizie e di fittizi rapporti sociali e di trasmissione di idee).
Nel "caso italiano" è già stato tentato (e fallito) il salto diretto dalla presidenza del consiglio a quella della repubblica che potrebbe essere ritentato nella prossima occasione utile considerate le difficoltà che l'ipotesi di premierato sta incontrando sia nelle valutazioni di merito sia sul piano più propriamente politico.
Il punto di una possibile saldatura nell'azione di governo tra una sorta di "ideologia dell'immaginario" e un "pragmatismo della modernità" si troverebbe invece in un cambiamento radicale nella concezione del potere rispetto alla tradizione liberale: ed è un punto di assoluta pericolosità per l'avvenire della democrazia ( nella fattispecie di quella repubblicana sancita dalla Costituzione del 1948).
Forse vale la pena riflettere al meglio su questi elementi di novità al fine di comprendere davvero ciò che sta accadendo attorno a noi.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di attrezzarci al meglio sul piano teorico: sicuramente, sotto quest’aspetto il concetto e la conseguente percezione esterna del potere sono mutati nella valutazione di larga parte dell’opinione pubblica, almeno in Occidente.
Un elemento sul quale, con ogni probabilità, il fattore globalizzazione ha inciso in maniera inferiore rispetto ad altre tematiche come, invece, quelle riguardanti la finanziarizzazione dell’economia, la standardizzazione dei meccanismi comunicativi, l’apertura ai flussi di migrazione: tutti fenomeni che nell’ultimo ventennio hanno registrato un forte incremento nel loro peso specifico sulla realtà politica, economica, sociale.
Nello sviluppo del pensiero umano il concetto di potere è sempre stato suddiviso in “comparti” (per così dire).
Nella modernità attorno al concetto di potere abbiamo trovato espressi fattori come potenza, forza, influenza tutti utilizzati al fine di realizzare il condizionamento sociale per trovare obbedienza a un comando che contenga un determinato contenuto.
Su queste basi era maturato il concetto fondamentale di separazione dei poteri (Locke, Montesquieu, Sieyès) destinata a diventare il cardine dello Stato di diritto.
In particolare l’abate Sieyès, con la sua teorizzazione dei rapporti tra potere costituente e poteri costituiti, pone le basi per la teoria moderna della Costituzione.
Il testo della Costituzione deve essere così inteso come atto normativo mirante a definire e disciplinare la titolarità e l’esercizio del potere sovrano.
Da questa concezione del potere e del suo esercizio che, a questo punto, potrebbe essere definita come “classica” è derivata concretamente l’attuazione del principio della separazione dei poteri: tra potere legislativo e potere esecutivo da un lato, e tra potere giudiziario e potere legislativo dall’altro.
Su questi basi prendeva corpo l’idea della Centralità del Parlamento, che sovraintende – tra l’altro – all’intero impianto istituzionale previsto dalla Costituzione Italiana del 1948.
Oggi, non soltanto in Italia, questo schema si sta rapidamente modificando.
Lo Stato legislativo ha ormai lasciato il posto allo Stato governativo che produce una sorta di “inflazione normativa” nella forma di decreti e decisioni particolaristiche (è sufficiente esaminare il lavoro del Parlamento Italiano nel corso degli ultimi trent’anni).
In questo quadro l'azione del governo di destra trova il suo spazio non semplicemente riferito al"ritorno all'indietro" o a una mera concezione totalitaristica: il tema è quello della "concezione dello stato" e l'opposizione non può limitarsi al semplice terreno politico, occorre "cercare ancora" e molto più a fondo.
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