mercoledì 11 febbraio 2009

vittorio melandri: l'amore non si impone

Anche alla luce di quanto l’esperienza di vita di Eluana ci lascia, oggi più che mai siamo immersi in una atmosfera di astiosa polemica a priori, che ci danneggia tutti, ma giocoforza con essa ci dobbiamo misurare.



Non nutro soverchie speranze di essere capace di proporre contributi determinanti e utili a diradare questa greve atmosfera, e quello che mi riesce di fare, è solo provare a suggerire, come posso, come so, a chi ho la possibilità di incrociare sul mio cammino, le ragioni che ci potrebbero “forse” avvicinare di più, e non allontanare ulteriormente. In questa ottica, non mi riesce innanzi tutto di separare vita e morte di ciascuno di noi, dalla vita di ciascuno di noi.



La nostra morte è parte della nostra vita, non esiste una cultura della vita che la possa escludere, e trovo “farisaico” in sommo grado, ogni riferimento ad una “cultura della morte” che si possa ritenere opposta ad una “cultura della vita”.



Altra cosa è l’uso che può essere fatto della morte, a cominciare ovviamente da quella dell’altro, e sino ad arrivare addirittura a procurargliela, per il proprio tornaconto. E non di rado si verifica pure che la morte considerata più naturale, sia usata in un modo tanto “schifoso”, che nemmeno un “assassino” riesce ad immaginare, ma ancora, e non è paradossale sostenerlo, nemmeno in questo caso ci si può riferire ad una “cultura della morte”, ché è sempre la vita, anche una vita “bastarda”, a rimanere in gioco fra noi, la morte essendo appunto, per chi crede, il passaggio verso la resurrezione, e per chi non crede, la fine; o meglio, visto che allo stato delle nostre umane conoscenze, nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, appunto una “trasformazione”.



C’è chi ritiene che non possa essere sancito alcun diritto “a disporre della propria morte” e non intendo fare sfoggio di ipocriti sofismi nel sostenere che quello che identifico come diritto, è al contrario e sempre, il poter “disporre della propria vita”, ed è l’esercizio di tale diritto che è “riconosciuto e sancito” dall’Art. 32 della nostra Costituzione, unico in tutto il testo costituzionale che usa formule come “nessuno può essere obbligato…” … “la legge non può in nessun caso violare…”.



Or bene mi vien di chiedere: quanto è implicito nell’argomentare di cui sopra, obbliga forse chi, “disponendo della propria vita”, non solo non vuole che si tolgano sondini dal suo corpo, ma pretende che se ne aggiungano quanti se ne possano aggiungere …….dicevo…obbliga forse chi vuole così, ad agire diversamente?



Perché, chi, sentendosi legittimamente e moralmente nel giusto, pretende per se la libertà di disporre della propria vita come crede, nel contempo avanza la richiesta che ad altri, che altrettanto legittimamente e moralmente si sentono a loro volta nel giusto e pretendono di disporre della propria vita diversamente, ciò sia negato?



Siamo su un crinale che per quanto stretto, è sbagliato credere possa ospitare una sola visione della nostra realtà vitale, per cui si pensa che una escluda l’altra, ed è profondamente sbagliato scatenare una lotta perché ad affermarsi sia solo quella che ciascuno crede giusta.



Personalmente (uso l’avverbio per non abusare del pronome personale io) penso al contrario che ci sia posto per tutti, anche su questo crinale che ci appare così angusto.



Mi sforzo, ma nella mia pochezza di intelletto, non riesco davvero a capire come si possa rifiutare la convivenza possibile, addirittura “facile”, di idee diverse.



È vero, accade che in molte circostanze del nostro vivere, questo non sia proprio possibile, succede laddove il “principio di non contraddizione” prende corpo, si fa materia solida, quella materia solida che la fisica a noi conosciuta dice appunto non essere compenetrabile, e così accade dicevo, che la convivenza di idee diverse, ancorché proclamata come giusta, sia ancora nei fatti una pura utopia.



In quei casi, gli esseri umani non hanno ancora trovato antidoti alla oscena pratica della “sopraffazione dell’uomo sull’uomo”, alla schifosa pratica della “guerra”, e al di là di ogni professione di intelligenza, e di ogni professione di fede e di amore ……… di ogni più autorevole catechismo o di ogni più solenne dichiarazione, accade che si sostenga la vita dando la morte.



Davvero un perfido ossimoro.



Ma dove invece il mio diritto di disporre della mia vita, nel modo che io ritengo per me giusto, ancorché diverso dal modo in cui “Tu” che mi leggi ritieni giusto, possono convivere, ripeto, addirittura facilmente, perché l’uno non esclude l’altro, perché non farli “vivere entrambi”?



A questa domanda ci mette dinnanzi il percorso di vita che ha scelto di compiere negli ultimi diciassette anni, il signor Beppino Englaro, assolvendo in modo umanissimo ancorché difficilissimo, al tentativo di corrispondere alla volontà della figlia amatissima Eluana.



“L’amore non si impone, si propone rispettando sempre la libertà dell’altro”.



E dove posso trovare parole più limpide di queste, che una persona sorretta diversamente da me dalla fede mi ha fatto pervenire, per sostenere la mia richiesta di poter disporre della mia vita, senza che in nessun caso una legge mi obblighi a comportamenti che per me, e solo per me, posso decidere di rifiutare.



Ma ancora oggi, intanto che ci invitiamo tutti reciprocamente alla riflessione, siamo pure raggiunti da truculente e volgari descrizioni di una realtà che nemmeno ci si sforza, come è possibile, di immaginare, ed il corpo di una persona che per diciassette anni è rimasto privo di ogni movimento autonomo, viene addirittura descritto come un corpo in grado di procreare, oppure paragonato tout court a realtà di comodo e utili solo a sostenere pre-giudizi, non di rado fondati su volgari, ed anche evidenti, menzogne.



Come si possa dire di amare Eluana, ed oggi il suo ricordo, cavalcando tutto questo, ancora non riesco a capirlo, e si è arrivati addirittura a speculare sull’assenza della madre Saturna, che oggi anche noi “pubblico”, sappiamo essere stata una “assenza” ben forzata da una grave malattia e non dettata, come si è anche insinuato, da altre scelte a cui, una volta vigliaccamente insinuate come è successo, ciascuno fosse libero di dare la forma che più gli aggradava.



E siamo oggi dinnanzi all’emergere di una “volontà politica” (che raccoglie nelle sue vele anche un favorevole vento che soffia dalla – Città “straniera” del Vaticano –) di consentire un “testamento” che anziché “fare testimonianza” della volontà del “testamentario”, possa solo configurarsi come l’ennesimo imbroglio in cui imbrigliare, a ragione della volontà dominante, appunto la libera volontà di ciascuno di noi, rispetto alla propria vita.



Dovrebbe sentirsene offeso sia chi è convinto che la propria vita la deve a Dio, qualsiasi sia il modo in cui lo chiama, sia chi è convinto di non poter conoscere a chi la deve…. ma purtroppo anziché provare scandalo per questo… è mesta previsione facile da farsi, quella per cui ci si azzannerà in ogni modo per sostenere così di essere dalla parte della ragione contro la parte del torto, dalla parte della vita contro la parte della morte…… e questo non è giustizia…..….e non è neppure amore.



Vittorio Melandri

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