venerdì 13 febbraio 2009

Alessandro Silvestri: 73 anni fa la guerra di Spagna

Il 16 Febbraio in Spagna, 73 anni fa.
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Il 16 febbraio 1936 la politica del Frente Popular incontrò il successo elettorale nelle elezioni per il rinnovo delle Cortes di Spagna. Il nuovo parlamento vedeva 147 eletti per il blocco delle destre e 277 per quello repubblicano.
In un solo mese a far data dal 15 gennaio, i pur diversi e variegati partiti della sinistra, riuscirono a sottoscrivere un programma comune a presentarsi compatti e a vincere in così breve tempo, le elezioni.
Il programma comune prevedeva:

-Amnistia generale per i reati politici.
-Riforma Agraria.
-Ripristino delle garanzie costituzionali.
-Riforma fiscale.
-Riforma doganale.
-Legislazione sociale.
-Riforma dell'Istruzione pubblica.
-Autonomie regionali.
-Politica estera in conformità con i principi sanciti dalla Società delle nazioni.

Questi i partiti che sottoscrissero l'accordo:
Sinistra Repubblicana; Unione Repubblicana; Esquerra Català; Partito Repubblicano Federale; Partito Socialista Obrero Espanol (sostenuto dal principale sindacato iberico, l'UGT); Partito Comunista; Partito Sindacalista; Partito di Unificazione Marxista.
Il FAI (Federazione Anarchica Liberale) e la CNT (Confederazione Nazionale del Lavoro, di tendenza anarchica) pur non partecipando ufficialmente alle elezioni, garantirono comunque il loro sostegno e il loro appoggio.

Si arrivò così alla formazione del Governo Azana composto soltanto da rappresentanti repubblicani più esponenti delle autonomie, ma senza che i partiti della sinistra prendessero parte ai ministeri, nell'inutile tentativo di sopire la reazione che covava già negli ambienti ecclesiastici, militari, finanziari, monarchici e falangisti.
Un degli errori fondamentali del nuovo Governo fu quello, come si è visto, di non rimuovere gli alti ufficiali delle forze armate e i potenti funzionari pubblici, legati a doppio filo con i cospiratori, già pronti dall'interno e dall'esterno a mettere in atto la nota tattica dei colpi di stato fascisti, che consiste nel provocare il disordine, per avere l'occasione di ristabilire l'ordine.
Lo stesso Nenni, dal cui saggio "Spagna" questo scritto trae ispirazione, ebbe a scrivere dell'accademico spagnolo che formò il primo gabinetto del "Frente Popular" [i]Avrebbe presto avuto modo di conoscere il motto di Saint-Just: "Chi fa la rivoluzione a metà, si prepara la fossa"[/i].
Purtroppo come sappiamo, questa fossa sarebbe destinata ad allargarsi a dismisura.

Di fronte comunque alla volontà del governo di attuare il programma, si arrivò così, dopo una serie di disordini e assasinii provocati dagli oppositori, al "Pronunciamiento" dei generali reazionari del 19 luglio successivo, capeggiati da Francisco Franco, comandante del "Tercio" (la "Legione" spagnola) attestato sui territori delle colonie marocchine, a poche miglia di mare dal continente.
In breve tempo il governo repubblicano, abbandonato dal 95% degli ufficiali, da oltre il 75% degli alti funzionari e da massicce percentuali della "Guardia Civil" degli "Asaltos" e dell'esercito, si trovò costretto, per difendere la propria legittimità e le proprie prerogative ad armare il popolo.
Intanto aerei e navi con le insegne del fascio littorio entravano nella rada di Algeciras, al servizio dello sbarco delle truppe franchiste e della restaurazione del potere reazionario.

D'altra parte il proclama di Franco diramato dal suo quartier generale alle canarie era chiaro "L'esercito si è assunto il glorioso compito di salvare la Spagna dalla sovversione e dall'anarchia"
Nella mattina del 18 luglio 1936, da radio Ceuta verrà diramato il messaggio in codice che gli ufficiali spagnoli attendevano "Su tutta la Spagna il cielo è senza nubi".

Le fitte nubi che si sarebbero addensate sull'Europa invece, avrebbero scaricato in pochi anni, le più grandi violenze e crudeltà che all'uomo sia mai riuscito di mettere in atto.

Il supporto in uomini e mezzi che verrà dato dalla Germania hitleriana, ma soprattutto da Mussolini al conflitto spagnolo, sarà determinante per gli esiti finali.
Contro le sorti della Repubblica, peseranno il lassismo e i gli interessi nazionali degli stati che formavano la Società delle Nazioni, che attraverso alcune conferenze, tra le quali quelle decisive di Ginevra e soprattutto di Londra del '37 "Nel catino di Londra, si lavarono le mani i Ponzio Pilato della democrazia europea" affermerà ancora Nenni in special modo per l'atteggiamento ambiguo di Francia e Regno Unito.
La prima interessata a non estendere il conflitto al proprio interno, visto che da poco tempo era salito al potere il socialista Blum e le problematiche tra progressismo e reazione non erano esenti dalle preoccupazioni di Parigi; il secondo animato dallo stesso tipo di contrasti tra chi riteneva più preoccupante il bolscevismo e chi il nazi-fascismo, con la miglior predisposizione del Primo Ministro Chamberlain, nei riguardi di Italia e Germania.
Si votò così una risoluzione non-interventista, che di fatto bloccando l'acquisto di rifornimenti bellici e vietando che truppe non spagnole partecipassero alle operazioni militari, si decretò prematuramente la morte della Repubblica, giacché nessuna sanzione venne di fatto adottata nei confronti di Italia e Germania che violarono ampiamente quei trattati internazionali.

"Le rivoluzioni e le guerre civili, portano alla superfice ciò che vi è di migliore e di peggiore nella società" affermava sempre Nenni, precipitatosi in Spagna già a partire dall'autunno del 1936, come osservatore dell'Internazionale Socialista. Oltre al tenace romagnolo, giungeranno nei mesi successivi migliaia di volontari di ogni fede, a combattere con i repubblicani, dando vita nelle prime settimane del 1937, a quelle famose "Brigate Internazionali" che tanto onore dettero ai libertari di tutta Europa. Fra gli oltre 4.000 volontari antifascisti italiani si ricordano: i repubblicani Randolfo Pacciardi, Libero Battistelli (al fronte con i giellisti) Giorgio Braccialarghe. I comunisti (circa la metà degli italiani in Spagna) Luigi Longo (tra i principali organizzatori delle Brigate Internazionali) Giovanni Pesce, Francesco Scotti, Palmiro Togliatti, Mario Ricci, Ettore Quaglierini, Nino Nannetti, Luigi Di Vittorio, Guido Picelli, Ilio Barontini, Vittorio Vidali. I socialisti Pietro Nenni, Carlo Rosselli (capo di Giustizia e Libertà) Emilio Lussu (GL), Fernando De Rosa (già autore a Bruxelles del fallito attentato al principe Umberto nel 1929) Mario Angeloni, Francesco Fausto Nitti (GL, nipote dello statista Francesco Saverio) Amedeo Azzi, Umberto calosso, Aldo Garosci (GL) Leo Valiani. Gli anarchici Camillo Berneri (assassinato per mano di comunisti filo-sovietici assieme a Francesco Barbieri) Tomaso Serra, Antonio Cieri, Artorige Nozzoli, Gino Sette (che ebbe il triste primato di essere il primo caduto italiano sul fronte iberico) Gino Giua. Alcuni membri del partito popolare come il fiorentino Ottorino Orlandini.

Stalin, chiamato in causa dagli aderenti spagnoli della III internazionale, valutò per qualche mese il da farsi, poi convintosi dell'opportunità di sostenere gli interessi del bolscevismo anche ad occidente, si risolse ad inviare nei due anni centrali del conflitto ('37 e '38) un imponente aiuto militare in mezzi, aerei, munizioni e una somma in oro di proporzioni gigantesche, 510 tonnellate! Molte navi Russe furono però affondate dai sottomarini italiani prima di toccare i porti spagnoli, con i loro carichi vitali per la Repubblica. In quanto a truppe invece, Mosca si limitò all'invio in qualità di osservatori, di non più di 600 uomini. In realtà questi assunsero anche funzione di polizia politica, e non furono estranei all'esecuzione sommaria di tanti "nemici del popolo" come eufimisticamente erano definiti gli oppositori a Stalin. Caddero quindi, non direttamente in battaglia, centinaia di anarchici come l'italiano Berneri prelevato dagli uomini del NKVD direttamente in carcere, di trozkysti come il loro capo spagnolo Nin, di menscevichi russi come il figlio di Abramovich, di marxisti spagnoli allergici all'ortodossia bolscevica come quelli del POUM. Tra le preoccupazioni del tiranno georgiano si veda quindi, come l'eliminazione fisica dei residui avversari del bieco totalitarismo da egli instaurato, restasse uno degli oggetti di suo maggior interesse. Tantissimi degli scampati in patria ai progrom, non esitarono a riversarsi in Spagna, animati da vera fede proletaria, libertaria e rivoluzionaria e ancora una volta il nemico più temibile, si era rivelato quello che marciava al fianco e non già quello dell'opposto fronte.

Questa situazione, spesso poco trattata e pubblicizzata dagli antifascisti italiani, per ragioni comprensibili di blocco comune almeno fino agli anni '50, ma non certo giustificabile sul piano della rilevanza politica, storica e giuridica, concorse non poco a fiaccare il fronte repubblicano. Ma non si ebbe la forza allora di condannare quegli atti, giacchè dall'esclusivo aiuto dell'URSS, dipendeva ormai la vita della democrazia spagnola e le sorti del conflitto. L'allora Primo Ministro Negrin, chiuse tutti e due gli occhi di fronte a questi fatti, allorché l'aiuto di Mosca divenne pressoché l'unica via di scampo alla possibilità di vittoria della Repubblica e francamente con il senno di poi, resta ancora assai difficile stabilire le responsabilità oggettive del Governo legittimo spagnolo, sulla pagina nera degli assassinii politici durante la Guerra Civile di Spagna.
Pure l'ultimo errore, quello di ritirare i combattenti internazionali dal fronte, nel disperato tentativo di indurre la parte avversaria a fare altrettanto, così da rimettere nelle mani della ormai decrepita Società delle Nazioni, l'arbitrato della situazione spagnola, non sarà così influente da determinare gli esiti del conflitto. Casomai abbrevierà soltanto di qualche mese la fine della legittimità democratica, nel Paese iberico. Legittimità che avrà bisogno di ben oltre 40 anni di feroce dittatura, per venire ristabilita.
Generazioni di esseri umani cancellate dall'aberrazione del dispotismo.

Già alla fine del 1938 quindi, era abbastanza chiaro che Franco ed i suoi alleati avrebbero avuto il sopravvento. Le democrazie europee non capirono che la Spagna avrebbe rappresentato soltanto la prova generale di quello che nei disegni di Hitler, Mussolini e Stalin, sarebbe dovuto diventare tutto il continente dalla penisola iberica al Don. Francia e Inghilterra avrebbero potuto intervenire in molti modi ma per calcolo o pavidità non fecero nulla, lasciando morire il fior fiore dei cuori più nobili anche provenienti dai loro stessi Paesi, sulle sierre e sulle barricate di Spagna. Pure l'esodo di oltre 500.000 spagnoli verso la Francia non rappresentò certo una pagina all'altezza di quella grande nazione. Quando prevalgono gli interessi particolari su quelli più generali, questo è ciò che ne consegue.
In Spagna però, pur sconfitte, le forze liberali e repubblicane avrebbero ricevuto quel battesimo del fuoco che sarà utilizzato da tutte le espressioni partigiane nella successiva liberazione dal giogo assolutista. Si può provare ad affermare in conclusione, che i popoli d'Europa acquisirono per la prima volta, una consapevolezza nuova e comune della propria forza e della propria ragion d'essere.
A 73 anni esatti dall'inizio di quel sogno infranto che fu la "Republica" spagnola dei democratici e dei lavoratori, auguro a tutti noi, che il "secolo breve" abbia insegnato abbastanza cose, alle genti d'Europa e del Mondo.
Alessandro Silvestri.

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