sabato 28 febbraio 2009

Raffaele Principe: Crisi, l'Italia la pagherà salatissima

da Aprile

Crisi, l'Italia la pagherà salatissima
Raffaele Principe, 27 febbraio 2009, 14:37

La riflessione Nel nostro paese è cresciuto un esercito di precari e lavoratori in nero pari ad almeno 4 milioni di persone, senza o con scarse tutele, ad incominciare dagli ammortizzatori sociali. Una situazione che, insieme alla debolezza della sinistra e all'attacco governativo verso il sindacato, renderà la recessione economica ancora più pesante che negli altri stati dell'Ue



Le misure concordate nell'ultimo vertice europeo dei Paesi facenti parte del G20 (un modo surrettizio di riunire i Paesi della zona Euro più l'Inghilterra), insieme a quelle decise da Obama, dal Giappone e dalla Cina, si dimostreranno, alla verifica dei fatti, sufficienti a contenere la crisi ormai in atto?

Certamente su alcune misure non si può non concordare. Innanzitutto con la chiusura ai paradisi fiscali, inclusa la Svizzera; poi con la decisione di individuare i titoli tossici in pancia alle banche, il che vuol dire rendere più stringenti i controlli sulle stesse e su tutti gli istituti finanziari, tra cui in primis quelli che gestiscono fondi pensioni e hedge founds, misura auspicata da più parti (vedi Aprileonline.info del 10 ottobre2008); con la scelta di finanziamento verso la Banca d'investimenti europea affinchè sostenga le economie dei paesi dell'est Europa aderenti all'UE; così come la misura di raddoppiare le risorse del Fondo monetario internazionale per gli interventi d'emergenza fino a 500 miliardi di dollari. Ci sarà anche da verificare se l'impegno a evitare il protezionismo si tradurrà in decisioni concrete alla prova dei singoli parlamenti che stanno approvando provvedimenti di sostegno alle imprese, come quelle automobilistiche.

Qualcuno ha parlato di misure "socialiste", auspicate soprattutto dalla Merkel. Ora, senza esagerare, possiamo dire che la cultura del welfare e della responsabilità politica della gestione del potere non al servizio esclusivo delle classi dominanti, sviluppatasi in Europa in questi ultimi sessanta anni, ha prevalso contro una cultura neoliberista che aveva in Bush e nella sua cricca la sua punta di diamante.

Ed è singolare come governi di centrosinistra e di centrodestra, come quello tedesco o spagnolo o francese, siano più sensibili alla crisi sociale impellente di un governo "laburista" come quello inglese, per non parlare del nostro, tutto proteso all'ottimismo di facciata.

Sul piano delle misure sociali invece ogni stato si muove come meglio crede, ovvero tenendo conto della realtà politica interna. Se la Germania sta sperimentando la settimana corta per evitare l'espulsione dalle attività produttive di milioni di lavoratori, misura che insieme al suo già robusto welfare di tutela dei più deboli e dei disoccupati, gli farà pagare un prezzo non molto alto in termini di disagio sociale, pur in presenza di un -5% tendenziale di PIL nel 2009.

Altra musica purtroppo si rischia nei paesi come l'Italia dove in questi ultimi anni è cresciuto un esercito di precari e lavoratori in nero (ben più del 25% degli occupati nel Mezzogiorno), pari ad almeno 4 milioni, senza o con scarse tutele, incominciando dagli ammortizzatori sociali come indennità di disoccupazione e cassa integrazione.

Il tutto in quadro politico-sindacale non confortante. Con una crisi dei sindacati evidente, che arriva addirittura, da parte della CISL UIL UGL, a sottoscrivere il nuovo modello di contrattazione (un netto arretramento anche rispetto all'accordo del luglio '93), mentre si accingono a cambiare mestiere. Con una sinistra moderata afflitta dalla sindrome di Peter Pan alla ricerca dell'isola che non c'è, incapace di rendersi conto che sta avanzando Capitan Caimano con una masnada di pirati. E per ultimo, con una sinistra radicale alle prese con problemi di identità e di radicamento, soprattutto nel mondo del lavoro.

In tale contesto, dunque, la crisi sarà pagata e duramente dalle fasce più deboli e dal Mezzogiorno silente (con la sola esclusione di Pomigliano), per l'inesistenza degli ammortizzatori sociali e lo scippo dei fondi per il Mezzogiorno, per il nuovo modello contrattuale che darà facoltà di applicare in ribasso ed in deroga i contratti nazionali, introducendo di fatto le gabbie salariali, aumentando il differenziale salariale già oggi attorno al 15-20% sulla media nazionale.

Ora data la situazione, realisticamente non si può non scegliere quale casamatta difendere. Proverei a proporne due: 1) estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i settori, ai lavoratori delle piccole aziende e ai lavoratori precari. Su questo dovrebbe essere d'accordo anche la CISL, almeno a leggere un suo comunicato diffuso contro il referendum promosso dalla CGIL sul nuovo modello contrattuale; 2) congelamento di un anno almeno della Bossi-Fini, perchè è evidente che gli immigrati saranno tra coloro che pagheranno questa crisi due volte, con la perdita del lavoro e il passaggio alla clandestinità con rischio di espulsione, o meglio di finire nel limbo degli invisibili senza diritti e senza tutele.

Con i cosiddetti Tremonti bond, che sono una boccata d'ossigeno per le banche in crisi, questo governo vuole cogliere due obiettivi: 1) sottomettere il settore al suo potere politico, dato che, al contrario degli industriali -vedi Alitalia- con la pretesa di essere player globali hanno coltivato una loro indipendenza dal potere politico; 2) indirizzare verso le banche il disagio sociale, con il tam tam che questi provvedimenti sono rivolti alle PMI e famiglie, tramite gli istituti bancari, tant'è che è previsto una sorta di controllo delle loro attività presso le Prefettura, invece che presso la Banca d'Italia o le varie Autority esistenti.

Ma tant'è, l'effetto pubblicità è assicurato. Perché Tremonti sa benissimo che questa è una boutade e che l'aumento del patrimonio delle banche è una necessità che prescinde dalle loro attività creditizie, perché ad oggi, come ha detto Grukman, le banche sono degli zombi ed in Italia lo sono il 70% degli istituti bancari.

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