mercoledì 18 febbraio 2009

Fabrizio Rondolino: Libertà di coscienza non è abdicare

Da La Stampa

17/2/2009

Libertà di coscienza non è abdicare





FABRIZIO RONDOLINO

I grandi partiti vivono di valori e di principi condivisi, non di elenchi di buone cose da fare. Quando non si fanno o si fanno male, ci si deve poter aggrappare ai valori, e riprendere il cammino. Questa legge della politica ha consentito a Dc e Pci di prosperare per 50 anni, e a Forza Italia per 15, ma sembra ignorata dai dirigenti del Pd. Un principio su cui ogni donna e uomo di sinistra conviene è l’autodeterminazione dell’individuo, il diritto a decidere le questioni che lo riguardano senza essere ostacolato né guidato da un’autorità civile o religiosa. Risale a Locke e buona parte della sinistra italiana ha faticato ad accettarlo; e tuttavia, senza questo principio condiviso, non può esistere oggi un partito che si dica di sinistra (o di centrosinistra). La linea della «libertà di coscienza» scelta dal Pd prima sul ddl del governo sull’alimentazione forzata, e ora anche sulla «Dichiarazione anticipata di trattamento», potrà forse aiutare a conservare per un altro po’ unita una compagine che ancora non sa a quale gruppo parlamentare iscriversi in Europa, ma certo mina alle radici l’idea stessa di sinistra.

Veltroni e altri dirigenti del Pd sostengono che sulle questioni «etiche» la libertà di coscienza è doverosa. Ma la legge sul testamento biologico, proprio perché è una legge e non un catechismo o un manuale di filosofia morale, non è affatto un «tema etico», ma un atto politico. Etica è la scelta che ciascuno di noi, liberamente e privatamente, deve poter compiere sulla propria vita e sulla propria morte. Negare questo diritto è una scelta politica e culturale, non etica. Ed è una scelta regressiva che una forza di centrosinistra non può né condividere, né avallare, né accettare una volta che fosse compiuta. D’altro canto, l’obiezione di coscienza può e deve valere per chi è oggetto di una legge, non per chi è costituzionalmente chiamato a redigerla. Il medico obiettore può astenersi dal praticare un aborto, se la coscienza glielo vieta, ma i partiti hanno il dovere di assumere una posizione e di regolamentare per legge il diritto all’interruzione di gravidanza. Un parlamentare che fa del proprio credo religioso una legge dello Stato non esercita nessuna libertà di coscienza: si batte per lo stato teocratico. Se la libertà di coscienza è libertà di scelta, non può contemplare la libertà di votare una legge (come la Calabrò) che cancella il diritto di scelta.

La controprova viene dal cambio della guardia alla commissione Sanità di Palazzo Madama: il sen. Marino, autore di un disegno di legge sul testamento biologico che sancisce il diritto a veder rispettata la propria volontà, sottoscritto da più di 100 senatori Pd, è stato sostituito come capogruppo dalla sen. Bianchi, la quale pochi giorni fa ha dichiarato: «Nonostante l’orientamento del mio partito avrei votato sì al decreto del governo sul caso di Eluana». Che l’avvicendamento sia stato malevolo o casuale o improvvido non cambia la sostanza: il capogruppo del Pd in commissione Sanità voterà in nome della «libertà di coscienza» a favore di una legge che esclude dalla libertà di scelta tutti coloro che non condividono la morale cattolica. La modernità nasce come definizione e tutela d’uno spazio in cui l’individuo - con la sua coscienza, le sue scelte, i suoi principi e stili di vita - sia e resti inviolabile. «Nessuno può decidere per me» è il motto della modernità. Un partito che si dica di centrosinistra non può abdicare su una questione così cruciale. I diritti inviolabili dell’individuo sono il perno su cui ruota ogni possibile sinistra del XXI secolo, e i dirigenti del Pd non possono non saperlo né ignorarne le conseguenze. Se il Pd rinuncia a questo principio, lascia senza rappresentanza la sinistra italiana. Rifiutandosi di assumere una posizione sul testamento biologico il Pd si salva forse dalla scissione, ma rischia l’autoscioglimento.

Nessun commento: