mercoledì 11 marzo 2009

Wallerstein: la politica del disastro economico

Dal sito di Gad Lerner


LA POLITICA DEL DISASTRO ECONOMICO

Ogni giorno leggo un altro economista, giornalista o pubblico funzionario che opina su come meglio ottenere il recupero dell’economia in questo o quel paese. Va da sé che tutti i rimedi si contraddicono a vicenda. Mi sembra però che quasi tutti questi guru vivano nel mondo delle fate. Sembrano credere davvero che i loro rimedi funzioneranno in tempi relativamente brevi.
Il fatto è che il mondo è solo all’inizio di una depressione che durerà un bel po’ e diventerà assai peggiore di adesso. Il problema immediato per i governi non è come riprendersi ma come sopravvivere alla crescente rabbia popolare che tutti, senza eccezione, stanno fronteggiando.
Cominciamo con le realtà economiche del presente. Negli ultimi 10-30 anni nel mondo più o meno tutti – governi, imprese, individui – hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi, e lo hanno fatto ricorrendo a prestiti. Il mondo si è inebriato di guadagni gonfiati e consumi gonfiati. Le bolle devono esplodere. Ora questa è esplosa (o in realtà sono esplose varie bolle ). Si è presa consapevolezza dell’impossibilità di continuare su questa strada, e improvvisamente tutti hanno paura di restare senza soldi veri – governi, imprese, individui.
Quando la paura prende il controllo la gente smette di spendere, o di prestare. E quando spesa e prestiti diminuiscono significativamente, le imprese cessano o rallentano la produzione. Potrebbero chiudere del tutto i battenti, o almeno licenziare i dipendenti. Questo è un circolo vizioso, dal momento che chiudere i battenti o licenziare porta a una domanda reale inferiore e causa ulteriore riluttanza a spendere o prestare. È chiamata depressione, e deflazione.
Per il momento il governo degli Stati Uniti, che è ancora in grado di prendere denaro in prestito e di stampare moneta, intende mettere in circolazione un po’ di denaro nuovo. Questo potrebbe funzionare se il governo ne mettesse in circolazione una quantità enorme, e in modo saggio. Ma con tutta probabilità non lo farà in modo saggio. E con tutta probabilità mettere in circolazione la quantità che potrebbe funzionare equivarrebbe a poco più che creare una nuova bolla. E allora il dollaro potrebbe crollare davvero molto più velocemente delle altre valute, abbattendo l’ultimo importante sostegno dell’economia-mondo.
Nel frattempo per il 90% in fondo alla piramide della popolazione mondiale ci sono sempre meno soldi per il consumo quotidiano di ogni tipo (e neanche al 10% al vertice le cose vanno tanto bene). La gente si sta innervosendo. Solo nel mese scorso abbiamo visto gente che protestava in strada per le difficoltà economiche in un numero di paesi crescente – Grecia, Russia, Lettonia, Gran Bretagna, Francia, Islanda, Cina, Corea del Sud, Guadalupa, Réunion, Madagascar, Messico – e probabilmente in molti altri che non sono stati notati dalla stampa mondiale. In realtà finora sono state proteste relativamente blande, ma tutti i governi hanno i nervi a fior di pelle.
Cosa fanno i governi quando la loro preoccupazione primaria è affrontare il fermento interno? In realtà hanno due scelte – sparare ai dimostranti, o rabbonirli. Sparare funziona solo fino a un certo punto. Tanto per cominciare gli stessi agenti della forza pubblica, perché siano disposti a farlo, devono essere pagati abbastanza bene. E per i regimi non è così facile riuscirci quando c’è una grave contrazione dell’economia.
Così i regimi cominciano con il rabbonire le loro popolazioni. Come? Prima di tutto con il protezionismo. Tutti hanno cominciato a lamentarsi per il protezionismo degli altri paesi. Ma tutti quelli che si lamentano lo stanno loro stessi praticando. E lo faranno molto di più. Gli economisti liberisti ci dicono tutti che il protezionismo peggiora ancora la situazione economica complessiva. Probabilmente è vero, ma politicamente è del tutto irrilevante, quando c’è gente per le strade che vuole lavoro – ora!
Il secondo modo in cui i governi rabboniscono quando c’è fermento è mediante misure di stato sociale socialdemocratiche. Ma per farlo i governi hanno bisogno di soldi. E i governi ricavano i soldi dalle tasse. Gli economisti liberisti ci dicono tutti che aumentare le tasse (di ogni tipo) durante una contrazione dell’economia peggiora ancora la situazione economica complessiva. Potrebbe essere vero, ma a breve termine anche questo è irrilevante. In effetti in una contrazione le entrate fiscali crollano. I governo non riescono a fare fronte nemmeno alle spese correnti, per non parlare di aumenti di spesa. Così in un modo o nell’altro tasseranno. Oppure stamperanno soldi.
Infine, il terzo modo in cui rabboniscono è con una sana dose di populismo. Negli ultimi trent’anni il divario fra il reddito reale dell’1% in cima alla piramide e del 20% in fondo è enormemente cresciuto, sia all’interno dei singoli paesi che su scala mondiale. Il divario adesso sarà ridotto a quello più “normale” che esisteva nel 1970, che è ancora enorme, ma un po’ meno scandalosamente grande. Quindi avete governi che adesso parlano di “tetti di reddito” per i banchieri, come negli Stati Uniti e in Francia. Oppure si può incriminare la gente per corruzione, come in Cina.
È un po’ come essere sulla traiettoria di un tornado. Sui governi può abbattersi improvvisamente il peggio. Quando questo accade, hanno solo pochi minuti per rifugiarsi in cantina. Poi il tornado passa, e se uno è ancora vivo esce per esaminare i danni. I danni si riveleranno vastissimi. Sì, si può ricostruire. Ma poi comincia la vera discussione – su come ricostruire, e quanto equamente si condivideranno i vantaggi portati dalla ricostruzione.
Quanto a lungo prevarrà questo quadro cupo? Nessuno lo sa o può esserne sicuro, ma probabilmente sarà per un bel po’ di anni. Nel frattempo i governi affronteranno delle elezioni, e gli elettori non saranno gentili con chi è in carica. Ai governi il protezionismo e lo stato sociale socialdemocratico servono come una cantina durante un tornado. La quasi-nazionalizzazione delle banche è un altro modo per rifugiarsi in cantina.
Ciò a cui noi popolo dobbiamo pensare e a cui dobbiamo prepararci è a cosa faremo una volta che saremo emersi dalla cantina. La domanda fondamentale è in che modo ricostruiremo. Quella sarà la vera battaglia politica. Il panorama non sarà familiare. E tutta la nostra passata retorica sarà sospetta. È cruciale rendersi conto che la ricostruzione può portarci in un mondo assai migliore – ma anche in uno assai peggiore. In ogni caso sarà un mondo assai diverso.
Immanuel Wallerstein

Traduzione di Luca Tombolesi

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