martedì 10 marzo 2009

Nicolino Corrado: il sogno americano del "socialista" Barack Obama

Socialismo
Ieri 9 marzo 2009, 20.38.59

Post N°
Ieri 9 marzo 2009, 20.35.45



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Il sogno americano del “socialista” Barack Obama



Noi europei, e soprattutto noi europei di sinistra, abbiamo una visione riduttiva degli Stati Uniti, una visione schiacciata tra l’iper-economicismo e la geo-politica. A ciò hanno contribuito diversi fattori quali la lunga influenza dell’ideologia marxista, che identifica in ultima analisi la società nella sua economia o l’invidia del Vecchio Continente per la supremazia secolare ormai perduta.

E’ vero che la società americana è stata attraversata da disparità economiche più marcate rispetto alle coeve società europee, che tuttora il sistema sanitario e quello pensionistico sono in una situazione di oggettiva arretratezza rispetto a quelli europei. In campo scolastico e universitario, inoltre, l’istruzione di qualità ha costi accessibili per lo più ai ceti di condizione più elevata.

Non neghiamo neanche che, dopo la seconda guerra mondiale, gli USA sono lo Stato con la maggiore concentrazione di potenza economica e militare, l’unico in grado di intervenire in forze ed in tempi ridotti su qualsiasi punto di crisi nel mondo. E talvolta essi hanno gestito questa forza in modo iniquo, appoggiando dittature sanguinarie e iniziando guerre ingiustificabili.

Ma se ci limitassimo a questi punti di vista, daremmo credito ad una immagine estremamente parziale della democrazia americana, una singolare miscela di idealismo e pragmatismo, caratterizzata da una mobilità sociale ignota alle ingessate società europee (e soprattutto alla castale società nostrana).

Solo in America avrebbe potuto avere successo il fenomeno Obama. Esponente di una minoranza razziale in schiavitù fino a duecent’anni fa, in molti Stati del Sud esclusa dai diritti civili fino a quarant’anni fa, egli stesso figlio di un immigrato dal Kenia. Di umili origini, ha potuto arrivare all’università grazie al sistema delle borse di studio, messe in palio dalle facoltose istituzioni di beneficenza che sono diffuse nel Paese. Ha fatto il suo apprendistato politico lavorando nei servizi sociali delle periferie povere di Chicago, stando continuamente a contatto con il disagio reale delle persone.

Il sistema politico statunitense è notevolmente differente da quelli dell’Europa occidentale. Il susseguirsi di ondate migratorie, ha impedito il formarsi di partiti socialisti come in Europa. Il partito repubblicano e quello democratico sono due contenitori in cui trovano accoglienza le più disparate tendenze. Fu il repubblicano Lincoln ad abolire la schiavitù, furono democratici gli ultimi governatori difensori della segregazione razziale, fu ancora il democratico John Kennedy a mettere a tacere costoro, usando i poteri del governo federale.

Negli ultimi decenni il partito democratico ha assunto una connotazione sempre più progressista, più “liberal, usando un’espressione del gergo politico americano. Di questa tendenza Obama è stato la più genuina espressione. La politica repubblicana era basata sull’unilateralismo in politica estera, sul conservatorismo compassionevole in quella sociale e sul “laissez faire” dei gruppi finziari nella politica economica. Obama che attacca le lobbies finanziarie e difende le famiglie indebitate, che non riescono a pagare le rate del mutuo della propria casa, è stato una ventata di novità e di speranza. E quell’’accusa che gli è stata fatta in campagna elettorale da avversari politici ed autorevoli “columnist”, di parlare “come un leader socialista europeo, per noi invece è un’attestato di merito, che lo pone in una sintonia con la sinistra europea anche maggiore rispetto a precedenti “leaders” democratici.

Il nuovo presidente è stato eletto nel mezzo di una profonda crisi economica nazionale e proprio come risposta ad essa: su di lui gravano aspettative e speranze di milioni di americani. Speranze di riforme strutturali nella finanza, nel mercato del lavoro, nella sanità, sotto il segno della solidarietà tra etnie e individui della stessa nazione, a cui devono essere assicurate le stesse opportunità di riuscire, di realizzare il proprio sogno americano.

La recente approvazione, da parte del Congresso, del piano del Presidente di settecento miliardi di dollari, tra aiuti agli individui ed alle imprese e spese in infrastrutture pubbliche, dà la cifra dell’indirizzo di politica economica di Barack Obama.

Se a questo si associa la svolta multipolare in politica estera, con un maggiore coinvolgimento degli alleati europei, si può ben dire che con Obama si apre una nuova fase politica nella storia dell’America.



Nicolino Corrado

Direttivo della Federazione di Imperia del PS

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