giovedì 26 marzo 2009

Emiliano Sbaraglia: Il corpo del capo

Da Micromega

Il corpo-immagine di “Re Silvio”
di Emiliano Sbaraglia

Dopo quello mussoliniano, la vittoria alle ultime elezioni politiche del Popolo delle Libertà ha ufficialmente consegnato alla storia del nostro paese un altro ventennio, quello griffato Silvio Berlusconi. Alla fine di questa legislatura, infatti, tanti saranno gli anni passati dal famoso annuncio della discesa in campo nel “teatrino della politica” nazionale, come spesso egli stesso ama definirla, di colui il quale di tale teatrino ne è diventato mattatore assoluto, oltre che capocomico.

Il come e il perché si sia potuta verificare una tale anomalia in un paese democratico, visto che del tutto anomala si può oggi considerare l’enorme concentrazione di potere che Berlusconi è riuscito a convogliare su di sé, è stato oggetto di analisi e discussioni infinite nel corso di questi due decenni, che alternativamente hanno focalizzato l’attenzione sull’aspetto politico, mediatico, populistico, imprenditoriale, editoriale, e molto altro, della presenza berlusconiana nei rispettivi scenari nazionale, e di come lo stesso scenario sia stato modificato da questa presenza.

Un libro di Marco Belpoliti, scrittore e firma autorevole del giornalismo italiano, descrive e scruta l’avvento del “signore di Arcore” da un punto di vista piuttosto originale rispetto al consueto, vale a dire quello legato all’immagine fotografica, strumento di divulgazione chiaramente sorpassato nel tempo dalle possibilità offerte dalle nuove tecniche di comunicazione, ma che è stato e in alcuni casi continua ad essere un elemento non trascurabile per rendere e trasmettere un’immagine ben definita di se stessi agli altri.

Il titolo del volume, “Il corpo del capo” (Guanda, pp.153, € 12), non può non rimandare a un altro corpo, quello del Duce, di cui Sergio Luzzatto si è occupato in un suo interessantissimo studio, che lo stesso Belpoliti ricorda nell’ampia galleria di riferimenti storici e culturali che accompagna la sua riflessione. Ma l’autore non chiama in causa le figure di Hitler, Stalin e Mussolini per teorizzare una edizione riveduta e corretta di una nuova dittatura incarnata dall’attuale presidente del Consiglio, quanto per coglierne alcune affinità e soprattutto le profonde differenze, derivanti in particolare dal sapiente utilizzo che Berlusconi riesce a fare della propria immagine, curata sin nel minimo dettaglio già in tempi non sospetti, come proprio lo scorrere delle numerose fotografie contenute in questo libro dimostrano inequivocabilmente, a partire addirittura dalla fine degli anni Cinquanta, quando il giovane Silvio cominciava ad esibirsi nei locali della penisola con l’orchestra fondata dal suo amico e ancora sodale Fedele Confalonieri, al quale non a caso è stata affidata la cura delle fortune Mediaset.

Belpoliti individua negli sguardi, nelle pose, nei gesti immortalati nel corso del tempo, la costruzione di un personaggio-simbolo che soddisfa le aspettative recondite della maggioranza degli italiani: una tecnica malleabile e modificata ogni volta, a seconda delle tendenze, delle circostanze e delle esigenze dello specifico momento, sempre tenendo presente un unico obiettivo, la realizzazione di un corpus che leghi indissolubilmente la proiezione dell’immagine con la ricezione del fruitore, trasformato a sua volta in una sorta di spettatore-elettore reso progressivamente inerme e passivo nell’accettazione di questa articolata e subdola “orgia visiva”.

Abbiamo rivolto qualche domanda a Marco Belpoliti per cercare di comprendere meglio forme e contenuti del suo lavoro.

Belpoliti, la prima domanda è quasi d’obbligo. Da dove nasce l’idea di analizzare la storia del personaggio-Berlusconi attraverso l’immagine fotografica?
Inutile dire che i libri nascono da idee; questo in particolare prende spunto da un lavoro da me realizzato lo scorso anno per l’editore “Nottetempo”; dal titolo “La foto di Moro”, dietro al quale c’era uno studio da me iniziato negli anni Settanta per Einaudi, continuato poi con un articolo pubblicato per la rivista “Arte”. In occasione del trentennale del sequestro e dell’omicidio del leader democristiano, ho deciso di riscriverlo. E lavorando su questa cosa, ho pensato si potesse proporre un’operazione simile anche rispetto a Silvio Berlusconi. Così ho cominciato a mettere via ritagli e foto del fondatore di Forza Italia, esercizio durato circa quindici anni.

Nel suo libro si parla anche di altri corpi: quello di Mussolini, naturalmente, ma anche quello di Giuseppe Mazzini, che lei ricorda essere stato appositamente riesumato alla fine della seconda guerra mondiale, quasi fosse un veicolo promozionale per dare vita alla repubblica italiana. Cosa significa invece oggi parlare del corpo dell’attuale “capo”?
Sono chiaramente situazioni e avvenimenti tra loro molto diversi, ma che denotano tutti una certa tendenza mitopoietica a cui gli italiani, che dal calcio alla politica, arrivando al “culto del personaggio”, sembrano essere maggiormente predisposti rispetto ad altri paesi per ragioni antropologiche: d’altra parte noi abbiamo un culto dei santi che non ha eguali nel resto d’Europa, che evidenzia un sovrapporsi piuttosto disinvolto di mondo cristiano e pagano. Elemento, questo, non solo problematico, ma culturale della nostra civiltà.

Dove può arrivare Berlusconi? La sua parabola si esaurirà, oppure secondo lei continuerà incontrastato il suo trionfale percorso?
Ammesso e non concesso che vinca anche le Europee, dei limiti esistono anche per Berlusconi, che come tutti deve fare i conti con la biologia e la fisiologia. Certo, il presidente del Consiglio ha raggiunto tutto…

Manca la presidenza della Repubblica…
Manca la presidenza della Repubblica, è vero, e credo che per lui non sarà un traguardo così facile da raggiungere come in molti oggi pronosticano.

Perché?
Potrà sembrare una considerazione poco convincente, ma a me sembra che attualmente la sua posizione sia certamente dominante, ma per molti aspetti anche molto curiosa: è come se ogni giorno Berlusconi si giocasse tutto, come se tutto ciò che ha costruito in questi decenni potrebbe in un attimo crollare, da un momento all’altro. Ogni mattina, in questa fase delicata per il nostro paese, è come se Berlusconi dovesse alzarsi e ricomporre la propria immagine pubblica e politica, in base a mutamenti piuttosto repentini e non così semplici da prevedere, anche per lui. Basti ricordare come, dalla polvere nella quale era caduto è riuscito a rialzarsi fondando un nuovo soggetto politico nel giro di pochi minuti.

Come può essere spiegata questa anomalia rappresentata dalla figura di Berlusconi?
Secondo me è un animale politico diverso dai canoni consueti. E poi, nel contesto che viviamo sono state decisive le sue intuizioni, oltre che le esponenziali possibilità economiche, che gli hanno garantito un potere politico e mediatico enorme. Da questo punto di vista consiglio caldamente la lettura del lavoro di Gigi Moncalvo e Stefano D’Anna, “Berlusconi in concert”, pubblicato in Gran Bretagna nel 1994, nel quale a un certo punto si dice che Berlusconi vuol formare una dinastia sul modello del capo della Corea del Nord… Insomma, invece del comunismo coreano, ci ritroviamo a vivere nella società dei consumi e della tv, impostata come tipologia dinastica.

(20 marzo 2009)

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