lunedì 30 marzo 2009

Vittorio Melandri: un blocco di potere economico, omogeneo

Un blocco di potere economico, omogeneo!



Quando dico che la sinistra “se gratta”, forse lascio troppo sottinteso che il prurito per cui “se gratta”, è dovuto all’invidia stupida, un poco idiota e pure autolesionista, per chi si ritiene essere “più a sinistra”, ed è un prurito alimentato dall’antisocialismo, soprattutto verso quel socialismo liberale che potrebbe oggi a giusta ragione proporsi con il suggello del vincente che la “Storia” con la esse maiuscola, consegna a chi vuol vedere.



L'errore mortale che in Italia le forze politiche che a sinistra si dicono dalla parte dei “cittadini”, cioè dei “più deboli”, è a parer mio coincidente con il credere che unirsi significhi annullare le diversità, mentre al contrario significa in modo intellettualmente onesto, mettere insieme le diversità “più” prossime e che si possono appunto unire, rinunciando ciascuna a qualcosa, pur senza privarsi della propria identità.



Per quanto banale possa apparire il mio ragionare, ci sono a mio parere due dimensioni in cui si possono unire le diversità.



Una dimensione è quella caratterizzata da diversità che, pur permanendo, sono così prossime da poter dar vita ad un unico partito.



L'altra dimensione è quella in cui partiti che rimangono oggettivamente diversi e che non raggiungono da soli il 51%, si alleano riconoscendosi soggettivamente in un programma elettorale e di governo.



Programma che per sua natura, a differenza del programma di un singolo partito, ha da essere anche virtuosamente “effimero”, nel senso che non c’è democrazia dove al governo si persegue sempre lo stesso programma, e questo è requisito che viene prima della cosiddetta “governabilità”, tanto ipocritamente sbandierata da troppo tempo a questa parte.



“Confondere” (ma confondere è forse verbo troppo generoso) le due dimensioni, è a mio parere l'errore che sta alla base del PD, dove si sono volute mescolare diversità “TROPPO” distanti, in nome, sempre a mio parere, non già di un “antiberlusconismo” tanto doveroso quanto ahinoi ridotto a foglia di fico (che come noto è servita a rafforzare proprio il berlusconismo), ma in nome di un “antisocialismo viscerale” che da sempre unisce il cattolicesimo politico e il comunismo italiano.



Anche Prodi, che per altro era partito bene con l'Ulivo, poi si è perso in questo errore.



Per quanto siano diversi fra loro, e faccio solo alcuni nomi, ma non a caso, erano Boselli, Veltroni, Bertinotti, D'Alema, Diliberto, Ferrero..... che dovevano dare vita ad un partito unico, perchè più vicini fra loro, che non fra loro e una Binetti, un Castagnetti o un Rutelli, che a loro volta dovevano dar vita ad un altro partito solo.



E poi, solo poi, questi due raggruppamenti, se nessuno raggiungeva il 51%, dovevano trovare il modo di allearsi come detto sopra.



Se questo non si è fatto e non si continua a fare, è anche perché come ha detto Castagnetti, “il capo dei politici cattolici è il Papa”, e gli interessi della Chiesa, non certo “quelli di Gesù”, in Italia sono sempre da privilegiare su tutto; e perché, e mi ripeto, l’antisocialismo viscerale dei vari tipi di comunisti, prima ha portato gli stessi a massacrarsi politicamente (un tempo anche fisicamente) tra loro, e poi ad affossare qualsiasi speranza di rafforzare una “sinistra” italiana senza aggettivi.



E non potendo nemmeno dire apertamente il tutto, l’ipocrisia conseguente, alimenta da decenni una politica italiana ridotta ad uno “stagno puteolente”, dove i farabutti di tutte le specie, prolificano fisiologicamente alla grande.



Anche il cosiddetto “genio” politico di Craxi ha saltato l’appuntamento con la storia, nell’autunno del 1989, per essere stato troppo tempo in quello stagno, dove ormai quella melma aveva intriso il suo abito politico (prima ancora di quello privato), e lo aveva irrimediabilmente appesantito.



Oggi dalle parti di quello che resta della sinistra, servirebbe una inversione di marcia ad U, ma non se ne vedono nemmeno i più timidi approcci, e l’Italia è più che mai nelle mani di quei poteri forti, che come ha sottolineato Piero Ottone in un articolo apparso su la Repubblica il 14 marzo scorso (e guarda caso per nulla ripreso), danno vita ad……..



“un blocco di potere economico ormai abbastanza omogeneo e molto potente, con Geronzi a Mediobanca al posto di Cuccia. E queste non sono ipotesi. Sono certezze”.



Nella cosiddetta “prima Repubblica”, la politica, forse anche contando proprio sulla divisione fra i “poteri forti” ha di fatto cavalcato gli stessi “poteri forti”, anche quelli che oltre che forti, erano pure criminali, e la cosiddetta sentenza di “assoluzione” per Andreotti, lo spiega benissimo, e alla faccia del “giustizialismo”, le sentenze che dai giudici possono giustamente solo essere pronunciate, sono pure da considerarsi fra i beni preziosi per chi, facendo politica, ha innanzi tutto il dovere di “conoscere per deliberare”.



Nella cosiddetta “seconda Repubblica” invece, sono i “poteri forti” anche quelli criminali, che tengono sotto schiaffo la politica (e con una immagine forse un poco volgare ma efficace) arrivano addirittura a tenere alcuni politici di vertice, per le “palle”.



E per chi vuole vedere, queste non sono ipotesi, ma drammatiche certezze.



Vittorio Melandri

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