giovedì 12 novembre 2009

Mauro Del Bue: Quel muro che cadde in testa ai socialisti italiani

QUEL MURO CHE CADDE IN TESTA AI SOCIALISTI ITALIANICondividi
Ieri alle 18.31
www.partitosocialista.it
martedì 10 novembre 2009
(Mauro Del Bue) La caduta del muro di Berlino e la fine del comunismo furono concepiti anche come la vittoria del socialismo democratico nel duello che aveva animato, almeno negli ultimi cinquant’anni, la sinistra italiana, caratterizzata dalla forte presenza dell’unico partito comunista europeo. Anch’io salutai quell’evento con gioia e soddisfazione ritenendolo il punto di non ritorno di quella sfida, che apparve come una rivincita storica dei tanti revisionisti e riformisti, che anche la mia generazione aveva ingenerosamente relegato in soffitta preferendo altri e più fallaci miti. Giustamente Craxi propose ai naufraghi del comunismo un’arca di Noè, l’unità socialista, concepita come occasione storica per riunificare le sparse membra della sinistra italiana, divisa da Livorno e da un’infatuazione che Nenni aveva condensato in una sola parola: “Mosca”. Ma di questa occasione storica Craxi non seppe o non volle sfruttare da subito la carica di forte innovazione che portava seco. Anzi egli dava quasi l’impressione di preoccuparsi della portata del nuovo evento, al pari di Andreotti che anche recentemente ha ribadito tutte le sue riserve sugli entusiasmi che la caduta del Muro aveva provocato. Certo, se il Psi era solo la vecchia funzione, quella cioè che sfruttava la rendita di posizione della sua determinanza nel rapporto con la Dc, dovuta alla permanenza del vecchio fattore K, anche il Psi era finito. E di questo faceva bene Craxi a preoccuparsi. Occhetto ben lo capi, quando, pochi giorni dopo la caduta del Muro, operò alla Bolognina la svolta e iniziò il percorso che lo portava alla piena legittimazione democratica e occidentale, col cambio del nome e del simbolo e la richiesta d’iscrizione all’Internazionale socialista. Ma non sarebbe certo finita la funzione storica del Psi, che era quella di rendere possibile in Italia la creazione di una grande forza socialista e democratica che si ponesse, come nel resto d’Europa, come alternativa alle forze conservatrici o democratico-cristiane. Craxi era forse preoccupato anche di questo. Non riusciva a fare questo balzo in avanti e a trasformare i caratteri di un partito che aveva concepito il governo con la Dc alla stregua di uno “status simbol” ideale. In questa incertezza sta l’origine della fine del Psi: giusta la strategia dell’unità socialista, ma assolutamente improvvido il patto con Andreotti e irrealistica una linea che concepiva la strategia dell’unità come “prospettiva d’avvenire” e il nuovo patto con la Dc come la politica di un triennio che avrebbe dovuto portare il partito alle elezioni del 1992 e Craxi di nuovo alla guida del governo. Questo personalmente avvertii subito e quando Occhetto fece la Bolognina ricordo che, assieme a Mario Raffaelli, cercai in Parlamento Giuliano Amato per esternare questa sensazione di cambiamento storico, ma con viva nostra sorpresa Amato ci confidò che a suo giudizio non era cambiato nulla di sostanziale. Solo Claudio Martelli, tra i dirigenti, avvertì questo passaggio. E scrisse sull’Avanti un saggio. Poi, però, fino al 1992 decise che era meglio canmuffarsi. Si può aggiungere che la nostra inerzia era favorita dalla posizione di Occhetto, che voleva “andare oltre” e concepiva la fine del comunismo anche come la fine della socialdemocrazia. Errore strumentale. E anche oggi si può ben dire che la socialdemocrazia è in crisi, ma certo non che è fallita o finita. Errore che faceva mancare da un lato la certezza della sconfitta e dall’altro quella della vittoria, errore comprensibie dunque. Ma non sufficiente per giustificare la nostra indifferenza o perfino la nostra ostilità al percorso inziato da Occhetto, preferendogli perfino il vetero comunista Cossutta. Anzi, sarebbe stata molto più incisiva la nostra linea e assai più insidiosa per Occhetto e i suoi se li avesse incalzati fissando da subito i tempi e i modi di una nuova unità. Di questo ero convinto e su questo fui oggetto di critiche anche da parte di molti miei compagni autonomisti e craxiani, come me, che mi chiedevano come mai avessi cambiato idea. La realtà era cambiata e le idee dovevano innestarsi sul cambiamento. Questo non avvenne. Il Pci potè tranquillamente mutare nome e cognome, iscriversi all’Internazionale socialista, mentre il Psi era fermo e sbandato. Una vittoria storica si trasformò così in una sconfitta storica. E avvenne Tangentopoli quando già il Psi si trovava all’angolo, reduce da un risultato elettorale deludente, incalzato dai referendum di Segni e al Nord dalla strepitosa avanzata della Lega. Così, paradossalmente, il Muro cadde in testa in Italia, e solo in Italia, proprio a coloro che avevano esultato per la sua demolizione e a coloro che nella sinistra lo avevano concepito come una barriera ideale e politica. Cadde all’incontrario, certo anche per la strumentale azione di Mani pulite che vide la corruzione a senso unico, ma anche perchè quando suona la campana suona per tutti. E la fine di una storia è la fine di un’insieme di storie che l’avevano interpretata. Perchè, se io sono anche il mio avversario, quando mi viene a mancare quest’ultimo, devo cambiare musica e spartito. E perchè, quando si trionfa nella storia, bisogna avere poi la capacità, che è anche una nuova grande difficoltà, di interpretare la politica che viene a determinarsi. Il Psi, come noi l’avevamo conosciuto, finì lì. Per questa incapacità di cambiare, prima ancora che per l’opera, davvero inconcepibile in uno stato di diritto, di una parte della Magistraura, che diede solidi motivi alla maggioranza degli elettori socialisti di spostarsi su Forza Italia. Questo alla luce dell’atteggiamento giustizialista del nuovo Pds di Occhetto, che concepiva Tangentopoli come la partita di ritorno di quella consumata con la caduta del Muro di Berlino. E , con questo, scavandosi da solo la fossa, partorendo Berlusconi e le ragioni di un’altra sconfitta storica che dura tuttora. Anche a vent’anni dalla caduta del muro.

25 commenti:

Luciano Belli Paci ha detto...

Trovo lucidissima l'analisi politica di Del Bue. Modestamente già nel 1993
dicevo le stesse cose nelle roventi e disperate assemblee del Psi
agonizzante.
Solo due appunti.
1) Non è esatto parlare della "strumentale azioni di Mani Pulite che vide la
corruzione a senso unico". L'inchiesta, almeno a Milano, colpì duro anche
il Pci-Pds (segretario provinciale, segretario cittadino, assessori comunali
e regionali ecc. ecc., tesorieri nazionali ...) che qui, e non solo qui, era
partecipe del sistema delle tangenti. Non riuscì ad "incastrare" i vertici
nazionali solo perché a Botteghe Oscure avevano realizzato da sempre un
canale per l'afflusso dei finanziamenti illeciti, anche internazionali,
completamente separato ed impenetrabile. Evitando così, in larga misura, i
fenomeni di arricchimento personale dei dirigenti e, in ogni caso, la
commistione tra gestione politica e gestione amministrativa. Commistione
che invece era diffusa negli altri partiti e pressoché totale nel Psi. A
conferma di ciò che dico basta ricordare che i leaders del Pci-Pds vennero
inquisiti anche da procuratori apertamente ostili (e invece amati dalla
destra), come Carlo Nordio a Venezia, senza ottenere alcun risultato.
2) Sui "solidi motivi" che avrebbero indotto la maggioranza degli elettori
socialisti a spostarsi su Forza Italia mantengo le mie riserve. Se la causa
scatenante fosse stata davvero l'opera "inconcepibile in uno stato di
diritto" di una parte della magistratura, sarebbe da capire come mai quegli
elettori siano finiti nelle braccia del leader di quell'impero mediatico che
fino al 1994 suonava la grancassa e sollecitava l'eccitazione del pubblico
di fronte ad ogni nuovo tintinnar di manette, e si siano infine trovati
serenamente alleati della Lega e dell'ex-MSI, cioé delle forze che negli
anni di Mani Pulite orchestrarono una campagna di fiancheggiamento (fino al
cappio agitato in parlamento) rispetto alla quale quella del Pci-Pds appare
cosa da educande. A me pare che il motivo più rilevante della
trasmigrazione a destra di tanti socialisti sia invece più profondo. La
"cultura" berlusconiana (consumismo, etica del successo, disprezzo delle
regole e dei "fessi" che le rispettano ...), a furia di usare quei media
come intelligentemente il Psi aveva fatto per un decennio, era penetrata
nelle coscienze, finendo per provocare in molti non solo la soppressione dei
valori ideali del socialismo ma perfino una completa anestesia del comune
senso civico.

Luciano Belli Paci

Sergio Ferrari ha detto...

L'integrazione di Belli Paci è del tutto essenziale. Ma sarebbe anche
opportuno ricordare come la gestione del Partito (PSI) si fosse via via
avvitata verso una forma di "centralismo" di stampo berlusconiano ante
litteram, le riunioni della Direzione erano, a quanto dicono i testimoni,
delle riunioni per ascoltare comunicati del Direttore, a via del Coso
circolavano personaggi mai visti prima, e i valori che andavano per la
maggiore non erano certo quelli del socialismo. Altrimenti forse non si
spiegherebbe la clamorosa defaillance nei confronti di un comunismo
crollato.

Ferrari Sergio

Sergio Tremolada ha detto...

Forse la "guerra politica" portata da Craxi alla cultura egemonica del PCI (anche quello berlingueriano) provocò, nell'elettorato socialista, un viscerale anticomunismo che offuscò la realtà delle alleanze con AN e Lega violentemente giustizialiste.

Ciao.
Sergio Tremolada

Bebo Moroni ha detto...

Quei socialisti che si spostarono immediatamente a destra ( dimenticando che
Berlusconi fu il più furbo ma anche il più spietato carnefice di Craxi -
basti pensare con un minimo di lucidità al ruolo di "capipopolo" che ebbero
i suoi media nell'aizzare le folle, e allo spazio politico che quell'assenza
gli avrebbe lasciato...) semplicemente non erano socialisti Sono i famosi
cinque milioni di voti socialisti vagheggiati da chi sogna un ritorno al
"bengodi", da chi non s'arrende al fatto che quei voti, salvo miracoli, non
torneranno mai più. perché non erano voti dei socialisti, bensì di strati di
popolazione che dei socialisti avevano intravisto, aderendovi, solo il lato
vistosamente peggiore. Non la loro politica.
Ne conosco tanti, che hanno votato per Bettino, e il giorno dopo il suo
primo avviso di garanzia, erano per le strade di Milano ( andai per lavoro
pochi giorni dopo e rimasi sconvolto da quello che leggevo scritto sui muri)
a scrivere "morte a Craxi".
Erano leghisti, ex-democrisiani, e anche qualche fascista di ritorno, che
non avevano mai aderito ad alcun minimo dettame socialista, ma aveno creduto
di scorgere l'uomo forte, il partito conservatore e anti-comunista, il
centro politico di un'azione reazionaria, la sperata patria per la
borghesia, alta, bassa e media, avida e cinica. Delusi presero a calci Craxi
e i socialisti, come parecchi anni indietro, i molti di coloro che avevano
osannato all'entrata di Mussolini a Milano, erano in Piazzale Loreto a
prendere a calci i miseri resti di Mussolini, Petacci e Pavolini.
Sbagliavano certo, e sbagliacano di di grosso a leggere con tale miopia,e
calcolo personale ( ma furono aiutati in questo errore da molti nel PSI).
E se non si realizza finalmente che fu cosi', poche prospettive - oltre a
una "nostalgia canaglia" quanto di fantasia, rimangono a una residua e
sperabilmente crescente, azione socialista e liberal-socialista.

Ottime cose

Bebo Moroni

Dario Allamano ha detto...

Anch' io concordo ampiamente sull'analisi fatta da Del Bue e sugli appunti di
Luciano, in particolare ritengo condivisibile l'analisi che lui fa sui motivi
che hanno spinto i cosiddetti socialisti nel centro destra, è assolutamente
vero che molti socialisti sposarono con grande entusiasmo i "valori" della
società anarcoide-individualistica promossa più che dal berlusconismo (che
allora era solo agli albori) dal neo-liberismo.
Come ho scritto in una mail per i compagni del Gruppo di Volpedo, dove da
alcuni giorni è in corso una discussione simile innescata da una memoria di
Giusi La Ganga sul 1989, ritengo sia sempre più necessaria una riflessione
condivisa che ci porti a rielaborare il lutto di quel periodo.
Questi scritti, onesti ed obiettivi (così come lo scritto di Intini
sull'Avvenire dei Lavoratori), potrebbero formare la base di una giornata di
discussione sul craxismo, visto con l'ottica di noi socialisti che abbiamo
avuto la forza ed il coraggio di tenere alta la bandiera ed i valori del
socialismo democratico e riformista nel centro sinistra.
Solo una, passatemi il temine, "giornata di autocoscienza collettiva" ci potrà
aiutare a metabolizzare il nostro vissuto in quel periodo, superando la
disfida mortale tra chi ritene Craxi un santo e chi lo ritiene solo un
delinquente, propongo perciò al Circolo Rosselli, o a chi ne ha voglia, di
organizzarla nei primi mesi del 2010.
Fraterni saluti
Dario Allamano

Davide Vanicelli ha detto...

"trasmigrazione a destra di tanti socialisti [...]. La "cultura" berlusconiana (consumismo, etica del successo, disprezzo delle regole e dei "fessi" che le rispettano ...), a furia di usare quei media come intelligentemente il Psi aveva fatto per un decennio, era penetrata nelle coscienze, finendo per provocare in molti non solo la soppressione dei valori ideali del socialismo ma perfino una completa anestesia del comune senso civico"

o più semplicemente la "mutazione genetica" del PSI di cui parlava Riccardo Lombardi (e non Scalari, come spesso erroneamente vediamo riportato sulla stampa nazionale).

Marco Lang ha detto...

Che sia dedicata alla riflessione, oppure momento catartico di autocoscienza collettiva ovvero una rielaborazione del lutto, trovo che l'idea di Dario di organizzare una giornata di approfondimento e confronto del nostro vissuto di socialisti - anche insieme a chi socialista, allora, non era o non era ancora .. da Bebo Moroni, il cui intervento in questa m.l. è di poche ora fa, a LAafranco Turci ed Emanuele Macaluso - cercando di non farlo rimanere fine a se stesso ma strumento utile per individuare un percorso che renda possibile non solo continuare a "tenere alta la bandiera ed i valori del
socialismo democratico e riformista nel centro sinistra" ma a far si che il timone del centro sinistra sia guidato dai valori, dai principi e dalla cultura politica e di governo del socialismo .
Primi mesi del 2010 ... c'è tutto il tempo per preparare qualcosa di "bello e buono"
Saluti fraterni

Giampaolo Mercanzin ha detto...

E' quanto mai opportuna la proposta intuitia di Dario.
E' tempo di separare il gano dal loglio.
Craxi con i suoi successi e i suoi errori fa parte a pieno titolo della storia del socialismo. Certo, come sempre, alla corte dei re si fanno largo i cortigiani. E spesso i membri di casa reale non sono in grado di respingerli. Farei nomi e soprattutto cognomi, ma non è questa la sede. Bisogna invece che smettiamo di pensare negativo. I voti sono come la pecunia: non olet! Questo vale per tutti dall'estrema sinistra all'estrema destra: Non possono certo essere solo i voti dati alle altre forze politiche, sani e quelli socialisti sempre viziati! Il voto democratico è difatti: uno libero e segreto. Certo: anche clientelare, ma non è cosa da oggi: chiediamolo agli Ateniesi post socratici! Quello che conta è l'uso che se ne fa e nel caso che se ne è fatto. Purtroppo Craxi fu lasciato solo nel momento più importante e più difficile, che non fu tangentopoli, ma lo scontro con Andreotti, che nel 1991 tradì all'ultimo minuto invitando i suoi a votare per il 1° referendum Segni. Per cui, contando solo sulle proprie forze, Bettino, che ne aveva intuito la pericolosità, portò al mare SOLO una forte minoranza di elettori, lasciando campo libero a tutto quello che successe in seguito. Prima non era mai stato sconfitto e, se ci fosse stato un po' di amor patrio socialista dei peones affascinati da sirene interessate, vi sarebbe stato anche un po' più di impegno nella campagna referendaria.
Basta piangerci addosso però. Una riflessione credo possa rimettere ordine nelle cose. Altrimenti dobbiamo pensare che non ci sono mai stati socialisti: né con Turati, né con Saragat, né con Nenni, né con De Martino e appunto neppure con Craxi. Come la flagellazione autocritica che da sempre pratichiamo sta a dimostrare nella nostra travagliata storia .Allora perché si è tanto combattuto (e si ragiona) per una partito gradualista a cui nessuno credeva?

Giovanni ha detto...

Mi spiace essere in totale disaccordo con Giampaolo Mercanzin.

1) in alcune occasioni i voti (1987 Sicilia) e la pecunia (i finanziamenti tramite Berlusconi-All Iberian e Calvi-Banco Ambrosiano, tanto per fare alcuni esempi, cui potrei certamente aggiungere, per non fare torto a nessuno, la maxi tangente Eni Petromin, intermediata dalla P2) puzzano eccome, non solo di petrolio, ma anche di mafia e criminalità varia

2) è proprio questa concezione della politica, figlia di un deteriore realismo e di un machaivellismo mal inteso, ad averci ridotti in queste condizioni

3) piantiamola, per piacere, con questa storia di Craxi circondato dai cortigiani che non gli raccontavano come stavano le cose. Non vi accorgete quanto assomigli alla barzelletta del duce buono circondato dai gerarchi ladri e infedeli? Chi li aveva scelti? Mai venuto il dubbio che fosse un sistema di governo interno funzionale ad una determinata concezione della politica e del potere, della serie: voi arricchitevi pure, purché non disturbiate il manovratore, l'unico che ha il carisma per pensare alla grande politica?

Su Craxi e il craxismo, in sede storiografica e politica (ma anche giudiziaria) c'è poco da dire. Leggetevi i libri di Cafagna e Colarizi e poi ne riparliamo.
Un cordiale saluto
Giovanni

Dario ha detto...

Caro Giovanni
mi fanno sempre molto impressione le tue certezze assolute, difficilmente noto
in te, cosa strana per uno studioso, il seme del dubbio, quello che fa
pensare che magari non sempre la realtà che viene rappresentata corrisponde
alla verità, ma solo ad un particolare ed interessata verità, magari utile
per delegittimare un nemico.
Io non so se è vero che Martelli fece un patto con la mafia nel 1987, ho
qualche dubbio visto che proprio lui portò Falcone a Roma al Ministero e non
a fare il passacarte, e nonostante gli attacchi di Orlando e degli altri
antimafiosi un tanto al chilo.
Non conosco la genesi dei finanziamenti del PSI e non escludo che fossero
illegali, d'altronde lo stesso Craxi descrisse alla Camera qual era il metodo
dei finanziamenti DEI PARTITI, tra l'altro se non mi ricordo male la tangente
ENI Petromin fu una cosa della "sinistra" socialista o no?
Però siccome, nonostante quel che sembra, sono sempre uno che ha dei dubbi
sulla propria memoria e sulle proprie idee, continuo a pensare che non
sarebbe male discutere di quel periodo con alcuni storici e qualche
autorevole esponente socialista dell'epoca, che tra l'altro in questi giorni
stanno scrivendo pezzi (Intini, Del Bue, La Ganga) molto seri e molto
obiettivi sugli errori fatti in quel periodo.
Fraterni saluti
Dario

Davide ha detto...

Giovanni, hai perfettamente ragione.

Anche, e soprattutto, sui libri da leggere.

Giampaolo ha detto...

Scusa Giovanni, credo che sia tempo di dire basta alle autoflagellazioni dei perdenti e alla monocultura flosovietica per cui "a sinistra" loro sono i bravi, i buoni, i capaci, gli organizzati, i riferimenti storici e noi invece...... solo quello di Costa Treves, Kulichov,Turati, Matteotti, Nenni, Saragat, Pertini, Lussu, Trentin, Lombardi, Craxi, migliaia di quadri onesti, praparati e impegnati e..... STOP: Tutti corrotti incapaci e spie dell'imperioalismo amerikano. Io ha solo una considerazione: con L'ottimismo della volonta si costruisce, col pessimismo della ragione (degli altyri!) si resta nella stige che ha carerizzato la storia di scissioni (per migliorarci sich!) di chi come quella vergine che provava per la prima volta, non erano mai contenti nello spaccare il capello. Con immutata stima e simpatia, ciao

Anonimo ha detto...

Scusate ma quando finirà questa caciara sull'Antisocialista Craxi lasciamolo agli storici, agli antropologici,ai psicologi, ai romanzieri di gialli, occupiamoci di cose importanti il Socialismo del 2000 deve trovare risposte alle tante crisi che attanagliano l'umanità ed è questa parola che è nuova nell'agenda politica non più questioni nazionali ma umanità perchè con la globalizzazione le questioni non sono più rientrabili nella sfera nazionale ma in un intreccio che coinvolge tutti i popoli della Terra se vogliamo risolvere, per esempio, la questione del lavoro dobbiamo capire ed attrezzarci nell'affrontare la questione da un punto di vista nuovo cioè che il mercato del lavoro oggi è globale, così la riconversione economica per far fronte alla crisi - tra poco si paventa il crollo della bolla finanziaria dovuta alle carte di credito - che sta facendo chiudere migliaia di piccole fabbriche che erano il tessuto economico specialmente del Nord est.
A tutto questo si deve aggiungere la crisi ecologica, i giornali ne parlano poco ma la situazione è molto grave faccio un esempio di notizia non data vi è in atto uno stato di disperazione dei pescatori specialmente del sud in quanto il mutamento climatico ha portato nuove specie tropicali del Mar Rosso nel Mediterraneo e stanno distruggendo la fauna ittica autoctona. Migliaia di persone non sanno più come andare avanti, famiglie nella disperazione, nessuno ne parla, l'unico sbocco occupazionale è la criminalità organizzata la prima impresa per fatturato d'Italia.
Quante cose da discutere, da trovare soluzioni fattibili per chi come il movimento Socialista ha sempre posto la costruzione del Futuro - il Sole dell'avvenire - al centro della propria esistenza.
E qui si continua a parlare del criminogeno Antisocialista Craxi e la sua banda

Giovanni ha detto...

Per Dario:

1) è vero, su Craxi ho pochi dubbi. Avendo militato nel Psi a Milano dal 1980 al 1992 ho infatti ben presenti alla mente nomi, volti, fatti e metodi dei craxiani. Riconosco che è un mio limite e quindi di Craxi e del craxismo parlo solo come ex militante e non come storico. Però qualcuno mi deve ancora spiegare, ad esempio, cosa c'entri con il finanziamento, sia pure illecito, ai partiti il denaro dato a Raggio e alla contessa Agusta. Quanto alle responsabilità assunte da Craxi vorrei ricordare anche il tentativo che fece, non certo nobile, di scaricare tutte le responsabilità su Vincenzo Balzamo
2) ti prego però di non mettermi in bocca cose che non ho detto, ad es. che Martelli abbia stretto un patto con la mafia
3) la tangente eni-petromin l'ho citata, appunto, come ho scritto "per non fare torto a nessuno": il mio giudizio su signorile e cicchitto, l'opposizione di sua maestà, è esattamente identico a quello che ho su craxi e i craxiani

Per Giampaolo:

1) sono tanto poco filo-sovietico da aver scritto un libro sul Psi e la guerra fredda. Certo, Nenni non ci fa una bellissima figura, che ci volete fare... Però Togliatti la fa anche peggiore....


Un cordiale saluto
Giovanni

paola ha detto...

Poiché non è un gran periodo per me - ma questi sono problemi miei - non sono intervenuta finora in questo dibattito, che dimostra quanto ancora dolgano certe ferite e pungano certe affermazioni.

Giovanni farà come crede, se inoltrarlo alla lista, se inviarlo personalmente ai soggetti intervenuti.

Faccio sommessamente osservare che in molte occasioni abbiamo detto che un limite della cultura comunista fosse l'aver mancato di fare i conti con la propria storia. Ebbene, uguale limite mi sembra di riscontrare tra noi socialisti ... mi sbaglierò. E, da vecchia femminista, sostengo che ci vorrebbe una buona forte pratica politica di autocoscienza - che, ripeto, è un atto profondamente politico, non autoconsolatorio.

Craxi ed i craxiani ... beh, l'ho detto in un'altra occasione: si è trattato di una cultura politica e di uno stile di pensiero a mio giudizio devastanti. Devastanti. Infatti hanno prodotto devastazione. Non voglio inoltrarmi nel racconto di azioni precise, forse è fuorviante, azioni che comunque - segretaria della FGSI livornese dagli inizi del 1979 alla fine del 1980 - ricordo benissimo e di cui potrei citare un ampio florilegio, anche dal punto di vista autobiografico (ahi, la memoria dei Capricorni, vero Giovanni?).

Devastante la individualizzazione acritica dell'autorità, devastante la spregiudicatezza delle scelte condotte nella solitudine del capo che ha attorno, spesso, cortigiani e non compartecipi di un processo collettivo ... devastante il modello paraculturale "la Milano da bere", devastanti le scenografie, il linguaggio, gli stessi atteggiamenti del "corpo del capo" ... su questa questione del "corpo del capo" tanto ci sarebbe da dire, anche sulle sue ricadute perfettamente odierne ...

Craxi volle essere capo investito di autorità totalmente delegata. Era mal circondato? Lo diceva anche una delle mie nonne, quella qualunquista, di Mussolini. E invece, l'ammiraglio Halsey diceva: quando hai il comando, comanda. Già, e poi ne paghi le conseguenze. Il problema sta nel termine "comando": termine che non dovrebbe trovare posto nell'azione politica.

Io allora persi una casa e mai più l'ho ritrovata, dico nell'ambito della politica istituzionale. Ho fatto altre cose, ho incontrato altre persone e la possibilità di altre azioni libere. Ma, come dice il poeta, rimane in me il seme di quell'amore. Cerco di parlarne non sottraendomi ad un mio modesto giudizio, ma tendendo sempre presente che di amore si trattò. Forse da qui potremmo ri-partire

Paola Meneganti - Livorno

Dario ha detto...

cara Paola
mi fa piacere che usi le mie stesse parole, quando è iniziata questa
discussione ho proposto esattamente di fare una riunione di "autocoscienza"
che significa esattamente quel che tu dici, poi è intervenuta la mannaia che
ha spostato la discussione su Craxi se buono o cattivo e la discussione ha
preso tutt'altra direzione, certamente non utile a rielaborare il lutto per i
socialisti, che in molti casi sono rimasti socialisti proprio perchè non
erano stati craxiani nella prima Repubblica, mentre molti che
allora "facevano i socialisti" hanno fatto, e con una certa rapidità, altre
scelte più convenienti per loro.
Concordo pertanto con te e con Lang, e quanti altri hanno aderito alla
proposta iniziale.
Prossimamente provvederò a proporre al Gruppo di Volpedo di farsi promotore di
questa iniziativa.
Fraterni saluti ed in bocca al lupo
Dario Allamano

Mario ha detto...

..brava Paola, continua a volare alto, a mandare i tuoi messaggi...carichi di passione..quella passione e quell'amore che è stato dimenticato dalla politica odierna, un abbraccio...anche se virtuale voglio dartelo. Aspetto l'era dell'ecologia della politica.
A Giovanni un ringraziamento per il lavoro che svolge, i temi, le proposizioni, i valori, le provocazioni...bisogna ripartire dai valori, dai nostri valori e dalle nostre storie...noi, in Toscana, siamo ripartiti da Riccardo Lombardi, continueremo non solo a ricordare i grandi personaggi che abbiamo conosciuto e con i quali ci siamo formati un pensiero, ma a riproporre all'attenzione delle nuove generazioni quelle che sono state le "radici" del sosialismo e della nostra storia. Mario Lupi

Rossana ha detto...

Cara Paola
e' un piacere sentire nelle tue parole la tua voce e la tua passione . Proprio oggi avevo avuto modo di confidare il mio pensiero in maniera personale a Giovanni riguardo a Craxi e al craxismo . In modo molto piu' semplice , meno sapiente e poetico, credo di avergli detto le stesse cose . Condivido pienamente che essi siano stati, al di la dell'analisi dei singoli fatti, devastanti per il socialismo e l'Italia, visto l'esito politico e culturale di oggi. Per me e' un nodo fondamentale e tu trovi le parole e la passione per dirlo. Noi donne (mi scusi Giovanni se lo ribadisco, ma mi mancava un tipo di intervento come quello di Paola) abbiamo questa particolarita' di non perdere la fusione con gli affetti , con il corpo ,quindi il rifiuto diventa viscerale , epidermico, una vera e propria allergia. Ma siamo molto resistenti e pronte sempre a ricominciare.Da grande ammiratrice di Lombardi confermo ancora una volta che dobbiamo ripartire da li'. La storia degli ultimi trentanni va riletta , visti e rifiutati senza deprimerci, delusioni ed errori.
Grazie a tutti per la passione e le profonde riflessioni oltre la conoscenza dei fatti ....
Rossana Cecchi, Roma

Peppe ha detto...

il craxismo è stato devastante per il PSI. Ha screditato una cultura ed una tradizione nobilissima e tale discredito è poi stato utilizzato strumentalmente da chi ha voluto cancellare la memoria socialista dalla sinistra e dalla politica italiana.
Craxi mal circondato? In parte è vero: ma lui se li è scelti certi collaboratori. In verità è stata la sua paranoia e la sua diffidenza che l'hanno portato ad una gestione bonapartista del partito, piena di cortigiani e leccaculi.
Ed è un peccato perchè Craxi il talento politico lo aveva. E per cultura politica era un socialista autentico, che però (e questa una delle sue contraddizioni) ha permesso che un Pellicani stravolgesse l'intera cultura e storia politica socialista. Lombardi era un autonomista convinto che però voleva sfidare concretamente il PCI sui progetti e sui programmi e non su dispute astratte. Quando Berlinguer dopo il fallimento del compromesso storico lanciò "l'alternativa democratica " Lombardi disse: " andiamo a vedere le carte, vediamo realmente quanto c'è di strumentalità o se è possibile una intesa seria". Lombardi sapeva bene che il PCI non aveva realmente l'interesse a costruire una alternativa di sinistra alla DC, però lo voleva mettere alla prova, far scoppiare le contraddizioni che c'erano nella posizione di Berlinguer (il quale lanciò la proposta dell'alternativa solo per evitare l'approfomdirsr della crisi del PCI). Craxi scelse invece la strada degli opposti settraismi che alla fine ha prodotto il disastro della sinistra italiana. Dimentichiamoci di Craxi.
Il futuro del socialismo è nel suo passato migliore: LOmbardi, Fernando Santi, Brodolini.

Giampaolo Mercanzin ha detto...

Il dibattito innestato dalla proposta riflessiva di Dario, mi ha fatto ripensare tante cose, andando a sfiorare la ricerca dei "massimi sistemi".

La prima cosa che mi è venuta a memoria è proprio stata quella del capello spaccato in quattro. In effetti i ricercatori hanno questo compito. Compito che non hanno certo gli uomini politici che devono al contrario garantire, non il bene assoluto, ma il programma con cui si sono presentati agli elettori altre all'adesione ed alla soddisfazione del massimo dei cittadini . Gli uomini politici quindi devono tenere in massima considerazione le proposizioni dei ricercatori, ma devono gestirle e farle digerire al popolo sovrano. Il politico quindi non può essere un personaggio perseguitato da scrupoli, al contrario deve badare alle cose concrete. A volte con comportamenti e scelte moralmente discotibili. Una per tutte può essere data citando Ivan Jlich e la sua teoria sulla presa del potere: mi pare che proprio non sia andato per il sottile.

Detto questo e avendo a mente Thomas Moore e pur non essendo uno studioso ma persona di normale cultura, mi sono interrogato su chi, nella storia del mondo (Cristo compreso se è vero che ha inventato i miracoli!), non ha usato di metodi scorretti per far prevalere le proprie posizioni.

segue.

giampaolo ha detto...

Ho cercato: Da Hammurabi a Nabukodonosor, da Re David a Salomone, da Pisistrato ai democratici ateniesi, Pericle in primis, Da Romolo a Diocleziano, dal Re sole a Napoleone, passando per tutta la rivoluzione francese, da Lincoln a Bush e naturalmente dal conte Camillo Benso di Cavour (che, ho visto, N. Nesi ha messo nel proprio studio), lasciando perdere i Savoia, fino agli attuali Prodi e Berlusconi. Non ho trovato uno che per prendere il potere e tentare di mantenerlo non abbia fatto, obtorto collo penso, innumerevoli nefandezze. in nome naturalmente di un interesse superiore e non solo proprio. Nessuno di questi era socialista e nessuno di questi ha avuto tante critiche come ne ha avute Craxi. Anzi è stato santificato, come Alcide De Gasperi, Aldo Moro ed Enrico Berlinguer! Non vi pare che possano essere critiche interessate?Dpopodicché credo che tutti avremo gioito se Bettino fosse stato anche un'anima candida e pura. Certo che per tutti questi il denaro non ha mai saputo di putrido: e neanche i voti che con questo si sono procurati!

Allora cari compagni, pur con tutte le critiche a questo capro espiatorio, io difendo Bettino Craxi che, diversamente da Riccardo Lombardi, absit iniuria verbis, a cui ho voluto sommo bene, è nato socialista e pervicacemente ha tentato di far prevalere il socialismo democratico, rispetto all'odiosa dittatura del proletariato che ha decimato i socialisti italiani fin dai 1921, portandoli addirittura a scomunicare il migliore dei padri fondatori, Filippo Turati , costringendolo ad essere minoriatario con Matteotti, in quel partituncolo a cui dobbiamo quasi tutta la nostra storia ed a cui si riferiscono oggi tutti i transfugli dell'ideologia sovietica.

Conseguentemente, se crediamo che i socialisti possano riprendere un ruolo trainante e importante dobbiamo sperare in persone alla Craxi e non aspettare Godot. Lo dice un vecchio militante, che al partito ha dato tutto e non ha mai preteso nulla (excusatio non petita). Ma noi vogliamo ridiventare un grande partito?

Bettino Craxi ha rappresentato un ulteriore breve periodo luminoso del socialismo e ha dato speranze a milioni di italiani che volevano diventare europei, che volevano avere uno stato paritario nel contesto internazionale e non ruota di scorta o, peggio, palla al piede delle grandi potenze internazionali. Purtroppo la sua stagione è durata poco, un po' come la Repubblica Romana. Noi abbiamo, credo, non il Vaticano ma i sostenitori del Vaticano - i tanti laicisti e progressisti di sinistra (?) che spaccano il capello in quattro per intenderci - che impediscono e che hanno impedito il successo della Sua politica. Solo una riflessione ed un paragone. Se in Italia fossimo stati uno dei due partiti dogmatici e maggioritari, avremo avuto queste conseguenze. Se fossimo stati in Germania, saremmo scomparsi o, nonostante le ruberie di Helmut Kohl (democratico cristiano), saremmo ancora un grande partito?

Ecco perché caro Dario spero in un successo della tua intuizione e farò il possibile per partecipare e nei limiti portare il mio contributo

Luciano Belli Paci ha detto...

Mi piacerebbe capire dove sta lo scandalo in questa "testimonianza" di
Bellavita.
La Boniver, che non veniva dalla militanza di partito ma dalla presidenza di
Amnesty International, venne eletta solo perché il partito la fece eleggere
di peso, organizzandole la campagna e la raccolta dei voti di preferenza.
Senza questo impegno diretto di Craxi e del partito, grazie al quale furono
eletti vari intellettuali e personaggi prestigiosi (da Jiri Pelikan a Gino
Giugni), nelle competizioni elettorali basate sul voto di preferenza
sarebbero passati solo i Ciccio Colucci ed i Claudio Signorile ...
In questo contesto, la sollecitazione del finanziamento al partito (date i
soldi a me, chiaramente significava questo) per contribuire all'elezione di
Margherita B. è del tutto naturale, logico ed ineccepibile.
Dobbiamo inventarci anche gli scandali inesistenti ? Non ci bastano quelli
veri ?

Io sto cominciando a stufarmi della damnatio memoriae di sapore tafazziano
che emerge in alcuni interventi.
E non ci sto alla delegittimazione in blocco dei "craxiani" (mi riferisco ad
altre mail precedenti e successive, non a questa di Bellavita).
Non è un problema mio personale, anche se io ero craxiano. Anzi, per essere
precisi: entrai nel Psi perché Craxi l'aveva salvato dalla subalternità e
dall'irrilevanza.
E' un problema di metodo: le generalizzazioni sono sempre sbagliate e le
"proprietà transitive" potrebbero facilmente ritorcersi contro chi ne fa
uso. A giudicare da chi-è-finito-dove verrebbe da pensare che le mutazioni
genetiche avessero colpito di più altre aree del socialismo italiano ...
Ed è un problema politico: se bolli i "craxiani", che a un certo punto erano
più dell' 80 % del partito (anche se dopo il diluvio molti hanno perso la
memoria ...), finisci per avallare la criminalizzazione dell'intero Psi.
Davvero vogliamo prestarci a questo gioco ?

Luciano Belli Paci

Marco Mazzi ha detto...

Non mi interessa granchè un dibattito su un periodo che ha avuto il giudizio della politica; è inconfutabile che il PSI è scomparso dopo tangentopoli, ed in politica perdere è comunque un fallimento (pensiamo al giudizio dei giovani antifascisti sui gruppi dirigenti riformisti e massimilisti nel periodo 1919-1922).

Intervengo solo perchè sono spaventato da un concetto che passa anche tra chi si definisce socialista; ovvero che il fine - più o meno nobile - può giustificare nefandezze.

Scusatemi, se facciamo passare questo come un postulato della storia, con che faccia possiamo criticare la repressione di Kronstadt, lo sterminio dei kulaki, l'uccisione di Kirov ed i processi degli anni trenta, Porzus?

Sono socialista anche per la canzone di Tenco " e se ti diranno."; ho vissuto com messaggio identitario "Libera nos domine" di Guccini.

Credo che una delle differenze storiche tra socialisti e comunisti è stato - a fronte dei valori nell'uomo - rifiutare la giustificazione storicista del'azione del Partito e del Capo.

E' una sensazione che avevo già avuto negli anni del craxismo; quell'autonomismo vincente aveva al suo interno tutte le caratteristiche di un modo di intendere le relazioni politiche che aveva permeato molti dal carrismo a quei giorni; col capo sempre e comunque, e traditori quelli che criticano.

D'altra parte quel Partito diceva " Chi non è con noi è contro di sè", in barba alle battaglie per diritti civili che lo avevano caratterizzato.

Se si viola le regole del buon amministrare, se si finanzia la politica con soldi sporchi, si viola la legge al di là del fatto che con quei soldi ci si paghi la villa sulla Via Appia o si voglia dare gambe alla zonizzazione del Partito con 500 borse di studio per funzionari ( ex MLS edintorni). Si è quindi dei ladri al di là che lo dica Di Pietro o qualche altro giudice.

Ma non solo; far passare il principio che tutti sono eguali, che la spesa pubblica deve finanziare la politica finisce - alla lunga come è stato - a far ricredere gli elettori sull'utilità di questa........ e per un Partito riformista è il suicidio politico.

Lasciamo riposare i morti senza evocarli per stravolgere una storia di fallimenti.

Marco Mazzi

Claudio ha detto...

difficile dire meglio di mamazzi. Aggiungo solo che Craxi, che ha avviato il terzo periodo riformatore della Repubblica (il primo fu di Fanfani, il secondo del primo centro sinistra), con risultati più modesti dei due precedenti in un periodo di inflazione travolgente, è un problema politico solo per chi oggi ha 40 anni: quelli nati dopo il 1970 son molto poco interessati, più o meno come a Giolitti se era il ministro della malavita o quello che introdusse il welfare in Italia. Noi ci appassoniamo e ci arrabbiamo perché queste vicende le abbiamo vissute sulla nostra pelle, e su posizioni diverse, e non credo che riusciremo mai a raggiungere la serenità di giudizio. Poco male, giriamo la testa in avanti e vediamo di non fare i lemming.
Ma, volendo tenere la testa all'indietro, io continuo a essere interessato a capire se nella corrente massimalista che eleggeva Mussolini direttore dell'Avanti c'era qualcuno che poi fondò il PCI. Così,tanto per avere qualcosa da rinfacciare. Se in un trasloco non fosse scomparsa la mia collezione completa dei congressi socialisti nelle edizioni Avanti, lo farei da solo.

Sergio Ferrari ha detto...

Mamazzi non è, spero, l’unico a sentire un forte dissenso verso quegli atteggiamenti che vorrebbero giustificare gli errori del craxismo con quelli commessi da altri, non socialisti. . Si è arrivati a avvicinare il nome di Craxi a quello di Lenin… ….

Uno dei temi del dibattito a sinistra, da almeno la metà dell’ottocento in poi, ha riguardato la questione del rapporto tra mezzi e obiettivi e tale questione ha diviso i socialisti dai comunisti . Questa dibattito si è concluso con il crollo del muro di Berlino e se qualcuno ritiene che il machiavellico principio del fine che giustifica i mezzi sia ancora valido, non nella società rinascimentale, ma al giorno d’oggi e tra socialisti, allora sarà bene che si dotino almeno degli argomenti necessari. Questo vale anche per quel gruppo di ex socialisti che si ritrovano attualmente nel PdL, sotto la recente sigla di Riformismo e Liberà , presieduta dall’unico piduista confesso di questo paese, a riprova della qualità di questa destra politica nostrana.

Ma noi dovremmo avere altre priorità alle quali dedicare il nostro impegno.

Sergio Ferrari