domenica 22 novembre 2009

Marco Foroni: L'anticipazione del nostro tempo

Dal sito Socialismo
L’anticipazione del nostro tempo. Marx, la sinistra e il recupero delle solidità
martedì 17 novembre 2009, 15.53.25




Karl Marx





E’ capitato, nel corso della storia del pensiero filosofico moderno, di incontrare e scoprire delle costruzioni logiche ma anche ad elevato contenuto emozionale che, se lette sotto determinate angolature, si manifestano come delle autentiche profezie anticipatrici dei contesti in cui ci troviamo oggi a vivere, a lottare. In questa (per dirla con Zigmunt Bauman) società liquido-moderna basata su rapporti fluidi ed instabili, dove si instaurano relazioni di lavoro, professionali e financo affettive che si esplicitano attraverso l’immagine del labirinto (J. Attali) quale singolare ma efficace metafora della condizione di donne e uomini in termini di complessità artefatta, di vana oscurità, di sistema tortuoso, di giungla impenetrabile. Sistema intricato dove gli sforzi umani si dividono in episodi disgiunti tra loro, al pari di ogni altra manifestazione umana.

Dove ciò che conta è l’effetto immediato prodotto da ciascuna mossa e che deve essere tale da poter essere consumato e usufruito all’istante. Il lavoro ha mutato carattere, è sovente un’operazione una-tantum, l’attività di un bricoleur; non il prodotto di un processo pianificato e programmato ma una occasione presa al volo; ha perduto la sua centralità attribuitagli nella galassia dei valori dominanti all’epoca della modernità solida e del capitalismo pesante figlio della seconda rivoluzione industriale.



La parola a Karl Marx

" L’industria moderna non considera e non tratta mai come definitiva la forma di un processo di produzione. Quindi la sua base tecnica è rivoluzionaria, mentre la base di tutti gli altri modi di produzione passati era sostanzialmente conservatrice. Con le macchine, con i processi chimici e con altri metodi essa sovverte costantemente, assieme alla base tecnica della produzione, le funzioni degli operai e le combinazioni sociali del processo lavorativo. Così essa rivoluziona con altrettanta costanza la divisione del lavoro entro la società e getta incessantemente masse di capitale e masse di operai da una branca della produzione all’altra. Quindi la natura della grande industria porta con se la variazione del lavoro, fluidità delle funzioni, mobilità dell’operaio in tutti sensi. Dall’altra parte essa riproduce l’antica divisione del lavoro con le sue particolarità ossificate, ma nella sua forma capitalistica. E si è visto come questa contraddizione assoluta elimini ogni tranquillità, solidità e sicurezza delle condizioni di vita dell’operaio e minacci sempre di fargli saltare di mano, col mezzo del lavoro, il mezzo di sussistenza e di rendere superfluo l’operaio stesso … " . K. Marx, Il Capitale, Libro I, 1867

Ma la rivolta contro la routine burocratica e la continua ricerca di flessibilità ha, di fatto, prodotto nuove forme di potere e di controllo, piuttosto che creare le condizioni per la nostra libertà; nuove forme di potere che si esplicitano attraverso la reinvenzione discontinua delle istituzioni (discontinuità rispetto al passato) e la specializzazione flessibile della produzione ovvero la sua illegibilità, la separazione tra superficie e profondità che segna il processo produttivo flessibile (R. Sennet), con i compiti tendenzialmente semplificati di cui spesso è impossibile penetrare la logica profonda e la destrutturazione del tempo lavorativo rispetto al suo uso disciplinato (M. Weber). In sostanza si è venuta esplicitando la negazione che il mero scorrere del tempo necessario ad accumulare capacità, faccia guadagnare posizione e diritti.

La trasformazione della società di massa fordista articolata in classi, quella della famiglia nucleare, dei sindacati e dei partiti di massa, tende a manifestarsi oggi come decomposizione sociale nell’ignavia consumistica irrigata dall’individualismo cinico e amorale, tipico di quella società “passiva” che subisce il cambiamento di valori, di competenze, di atmosfera tecnologica.

La società consumistica accessoria al mercato che produce anomia, caratteristica di un contesto di vita in cui siamo si tutti noi certamente inseriti ma dove si esplicita la non reazione a questo, quasi che l'anomia stessa venga a rappresentarsi come l'antitesi della solidarietà sociale. Da una parte la rappresentazione di un gruppo, dall'altra, il suo disintegrarsi (E. Durkheim). Chiaro prodotto di quel pensiero neoliberista che si contrappone in modo predominante alla società aperta alle opportunità, ovvero quella della cittadinanza competente e consapevole, orientata alle innovazioni nel miglioramento delle capacità cognitive e delle autonomie culturali. Di forte e chiara identità, personale e politica.

Quindi, compito della sinistra, è quello di un recupero di tutto ciò che possa caratterizzarsi come punto di riferimento a solidità, più o meno estese, ma comunque visibili e tangibili, che rimetta al centro della vita di donne e uomini il diritto ad una esistenza non precaria, orientata da nuovi e più ricchi spessori culturali, di poche (forse) ma raggiungibili certezze. Iniziando dal diritto ad una lavoro stabile, congruamente e dignitosamente retribuito, per il quale non si rischi la salute e anche la vita.

Postfazione

Buttavo giù questa breve riflessione ed ecco il caso Marrazzo. Come già commentato, interpreto il tutto come il riflesso paradigamtico della assoluta mancanza di identità politica, che porta inevitabilmente alla confusione identitaria personale e di genere. Credo che i due aspetti siano strettamente legati. La trappola terribile della cultura asservita al mercato che propugna la flessibilità della nostre vite. A tutto ciò si lega, prepotente, l'ipocrisia cattolica.



E non ho scritto, si badi, di identità di classe; ho scritto di identità politica. Ovvero il contrario di ciò che porta a dichiararsi di sinistra, assumendo comportamenti il linea con il pensiero neoliberista. E di casi ce ne sono tanti. Come quello di essere eletto con i voti di elettori di sinistra e poi chiudere l'unico ospedale del centro di Roma, modernamente ristrutturato di recente con tanti soldi dei contribuenti, facendo sgomberare i dializzati dalla polizia.


Marco Foroni
docente di Organizzazione aziendale

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