venerdì 13 novembre 2009

Roberto Biscardini: Ritorniamo a fare politica

da www.ilsocialista.com

Ritorniamo a fare politica.
di Roberto Biscardini

Pur ereditando un partito fiaccato dalla sconfitta elettorale del 2008, senza gruppo parlamentare e con i principali esponenti del vecchio SDI in ritirata, i sopravvissuti della Costituente Socialista hanno cercato di salvare il salvabile e di avviare con il congresso di Montecatini un nuovo inizio. E’ su questa base che si svolse quel congresso e un gruppo di volenterosi si mise alla guida del Partito Socialista, oggi PSI, con un programma di lavoro finalizzato alla ripresa di un’iniziativa politica autonoma.
Obiettivo: superare le difficoltà dell’essere diventati partito extraparlamentare, rientrare in gioco uscendo dall’isolamento, rafforzare una rete sul territorio delusa dalle sconfitte.
La quattro giorni di dibattito a Vieste alla presenza di molti esponenti politici di entrambi gli schieramenti. Le quattro proposte di legge di iniziativa popolare, con al centro la questione dell’elezione diretta di un’Assemblea Costituente come unica via chiara per affrontare il nodo della crisi ideologica della Costituzione vigente. Il convegno con l’UDC sulla giustizia. Le battaglie e le manifestazioni di piazza, per riaffermare il ruolo dei socialisti dentro una sinistra di governo, laica e non giustizialista. Il sostegno a Napolitano contro Di Pietro. E infine la riedizione di Mondoperaio, segno concreto della volontà dei socialisti di riprendere il percorso di una propria elaborazione politica e culturale.
Un insieme di iniziative per affrontare le elezioni europee del 2009 con il proprio simbolo ed eleggere deputati socialisti al Parlamento europeo. Senza la mannaia del voto utile, il risultato elettorale delle politiche dell’anno precedente poteva essere infatti più che raddoppiato. L’elezione di almeno due parlamentari europei era alla nostra portata. Questo percorso si interruppe con la decisione del PD di Franceschini, sostenuto dal PDL, di portare al 4% lo sbarramento per le europee, costringendoci a ricercare un’alleanza elettorale con altre formazioni politiche, diverse da noi, ma compatibili con un progetto più grande, quello di costruire una sinistra nuova e di allargare in Italia l’area del socialismo europeo. Alleanza che avrebbe potuto essere arricchita dalla presenza radicale, se Pannella non avesse deciso di andare da solo. Nasce così il simbolo di Sinistra e Libertà. Nel mercato della politica ben distinto dalla quella sinistra tuttora ancorata al comunismo duro e puro, dal giustizialismo dipietrista e dal PD né di sinistra né socialista.
La parola libertà, riportata per volontà dei socialisti nel campo della sinistra, assegna a Sinistra e Libertà il 3,1% dei voti. Un risultato elettorale non sufficiente ad eleggere, ma significativo. Un risultato che avrebbe dovuto essere messo al riparo da un pericolo latente, subito venuto a galla. La voglia delle formazioni senza partito, SD e Mps, di trasformare quella alleanza in un nuovo partitino. Bruciando ogni tappa possibile e ben sapendo che questa via sarebbe stata impraticabile sia per i Verdi che per i Socialisti. Una prospettiva sbagliata da tutti i punti di vista. Inutile, sia ai fini di una eventuale crescita politica di un’esperienza appena avviata, sia ai fini elettorali. Il processo politico che avrebbe potuto proseguire, con coraggio, con quel tanto di carica sperimentale che un movimento appena nato doveva avere, si è interrotto sull’altare di chi voleva un partito subito. Ripetendo vecchie esperienze e vecchi fallimenti, tutti dovuti alla fregola di avere una casa per sè, piuttosto che un movimento politico per il paese. È sulla base di questa divergenza politica e di prospettiva che i Verdi hanno perso il loro congresso e i Socialisti hanno dovuto prendere atto di quanto fossero diversi gli obiettivi tra le componenti di Sinistra e Libertà: noi disposti a confermare l’alleanza elettorale, ma indisponibili a sciogliere il PSI, gli altri determinati a costruire un partito fino allo strappo finale.
I due piani separati, da una parte i partiti autonomi e dell’altra Sinistra e Libertà, che avrebbero dovuto rappresentare due momenti diversi di un’unica sinergia, dopo l’assemblea di Napoli sono entrati nuovamente in conflitto. La spirale del tatticismo sulle regole, partito o alleanza, congresso o assemblea programmatica, iscritti o adesioni, delegati si o no, ha fatto il resto, e dal bisogno di politica si è passati ad una trattativa sfiancante.
Adesso il quadro sembra più chiaro: Sinistra e Libertà non è un progetto politico, né il primo passo per un nuovo partito, ma un’alleanza elettorale rinnovabile a livello regionale, là dove è possibile.
E questa alleanza non può né impedire né frenare l’iniziativa politica dei socialisti. Quindi è arrivato il momento di ripartire da Montecatini, per ritornare a fare politica, superando lo stato di afasia in cui Sinistra e Libertà ci ha oggettivamente portato. Un’iniziativa politica socialista che deve ripartire subito, sui contenuti, avendo come banco di prova crisi politica, economica e sociale, e le loro ricadute sulle prossime elezioni regionali. Una scadenza immediata su cui misurare programmi, alleanze e credibilità.
Nella convinzione che la prospettiva politica per i socialisti non si è esaurita. Il Partito Socialista non è scioglibile, sia per ragioni formali, sia per ragioni politiche. Nel nostro orizzonte non c’è né l’adesione né lo scioglimento del PSI in altri partiti. L’obiettivo di costruire una sinistra nuova di governo, liberale e non giustizialista, passa ancora per la via maestra del rafforzamento della cultura socialista e per la capacità che avremo di incidere sulle politiche altrui. Tenere in vita una forza socialista ritornerà utile quando si aprirà una fase nuova.
Bisogna farlo con coraggio e con la stessa convinzione che ebbe il partito a Montecatini un anno fa, per arrivare al prossimo congresso più forti.

Nessun commento: