domenica 29 novembre 2009

Peppe Giudice: Un socialista in Sinistra e libertà

« Eppure il vento soffia ancora
Io: un socialista in Sinistra e Libertà
Post n°320 pubblicato il 24 Novembre 2009 da socialismoesinistra





Passato il momento di rabbia (misto ad amarezza) per la decisione di Nencini (e presumo dell’intera segreteria del PS (I!) ) di rompere con Sinistra e Libertà, credo che debba subentrare in me un momento di riflessione più pacata cercando di capire cosa è veramente accaduto. Non perché io possa attenuare i giudizi fortemente critici su come il gruppo dirigente del PS ha impostato il suo rapporto con Sinistra e Libertà. Ma perché credo che io e tutti coloro che credono sinceramente nel Progetto di SeL ci si debba interrogare su quali possono essere le prospettive di un progetto politico che ritengo non possa essere assolutamente abbandonato, pena la definitiva scomparsa di una sinistra riconoscibile e seria in Italia.
Io non ho mai creduto che Nencini e gran parte del gruppo dirigente che viene dallo SDI (e meno che mai di quelli che provengono dal Nuovo PSI) abbiano mai creduto sul serio in SeL. SeL è il frutto della legge sullo sbarramento al 4%. E’ stata concepita come un cartello elettorale.
Ma il buon risultato (buono se consideriamo il quadro di contorno) e una passione comune tra militanti provenienti da soggetti politici diversi che si sono incontrati ed hanno fatto massa critica durante la campagna elettorale. Ecco perché SeL è stata diversa da altre esperienze puramente elettoralistiche come La Rosa nel Pugno ed ancor più la Sinistra Arcobaleno, subito svanite dopo le elezioni.
SeL , come ha detto un bravissimo compagno di provenienza PCI, Spartaco Innocenzi, ha innanzi tutto iniziato a far crollare quel muro odioso fatto di diffidenze ed ostilità reciproche tra compagni di provenienza socialista e comunista. Un muro costruito ad arte dai ceti politici, da ceti politici entrambi sconfitti dalla storia. Ha fatto emergere che in questo spaccato parziale di popolo della sinistra c’è molto più quello che unisce di ciò che divide, e il ciò che divide fa parte della normale dialettica politica che è di per sé fonte perenne di vitalità democratica.
Quindi mi ero convinto che l’esperienza di SeL sarebbe andata avanti, sia pur tra problemi e contraddizioni non risolte. Invece oggi si rischia che il processo vada sì avanti (ed io sono perché vada comunque avanti) ma rischia di perdere qualcosa della sua originalità se non si chiariscono alcuni problemi di fondo.
Non c’è dubbio che una grossa responsabilità la porti con sé Nencini e quelli della maggioranza del suo partito. La vicenda toscana ha dato luogo a legittimi sospetti che andavano chiariti immediatamente. Nencini voleva una SeL in forma federativa (cosa che non condivido) , ma a Bagnoli di fatto (pur con le incompletezze e le ambiguità del documento finale), l’ipotesi federativa era stata di fatto superata; pur con gradualità SeL si avviava ad essere un soggetto politico unitario e non una federazione. Vi sono state delle prese di posizioni di Nencini che apparivano talvolta provocatorie e volte a creare un clima artificioso di tensione interna; la stessa decisione della direzione PS di aggiungere la I andava nel senso di marcare un malinteso identitarismo. Fra l’altro appariva a tratti evidente che vi fosse un dissenso politico tra Nencini e Di Lello (quest’ultimo appariva nettamente più favorevole ad SeL quale soggetto vero).
Ma non possiamo ignorare che ambiguità e lacune serie hanno riguardato anche gli altri soggetti politici che hanno dato vita a Sinistra e Libertà.
Io sono un ammiratore di Nichi Vendola. E sul serio (anche se non mi piacciono le tifoserie lideristiche che gli stanno dietro). Per la sua grande capacità di comunicare e coinvolgere emotivamente non su slogan monotoni ma su questioni profonde e serie, per sua grande capacità di analisi della società italiana di oggi e della profonda crisi della politica; per il suo innato senso di sintesi politica. Vendola per me è il leader giusto per ricostruire la sinistra italiana.
Ma, per l’appunto, deve scegliere se fare il leader o il governatore della Puglia. Vendola non è uomo di potere. Se lui insiste implicitamente nel voler fare contemporaneamente le due cose è perché probabilmente sa che la carica di governatore da più visibilità a Sinistra e Libertà in tempi dove purtroppo il dato mediatico è fondamentale. Ma è evidente che il mancato scioglimento di tale nodo è un peso per il percorso politico.
Problemi ve ne sono anche in SD dove, dopo la incredibile scelta di Salvi, si è attenuato il carattere socialista del movimento, e con Fava si è spesso scivolato su un terreno che liscia il pelo al giustizialismo. Sulla contrapposizione al dipietrismo ed al qualunquismo giustizialista sono molto più d’accordo con Vendola e Sansonetti che con Fava. Così come mi preoccupano le voci di una avvicinamento al PD di alcuni esponenti SD.
La vicenda è quindi complessa.
Io resto persuaso che la strada resta quella tracciata a Bagnoli: costruire un nuovo soggetto politico della sinistra. SeL non sarà assolutamente la panacea di tutti mali ma può essere il primo mattone per ricostruire la sinistra italiana distrutta prima da Craxi e poi da D’Alema e Veltroni.
E’ una esigenza del paese.
Se voi avete seguito la tv negli ultimi mesi vi accorgete che non c’è opposizione. Non c’è da parte del PD che, nonostante la elezione di Bersani, è ben lontano dall’aver risolto le formidabili contraddizioni su cui si fondata la sua nascita. Non c’è da parte di Di Pietro perché il suo è un puro antiberlusconismo urlato (ma poi in parlamento spesso s’acconcia). Insomma sia da parte del PD che da parte di Di Pietro manca un progetto politico alternativo al centrodestra ed aggiungo a qualsiasi centrodestra sia esso guidato da Berlusconi che non.
Non deve sfuggirci il dato che in Italia la politica negli ultimi 15 anni è stata in mano alle lobby ed ai poteri invisibili. Non dimentichiamo che il PD è nato sotto il forte condizionamento della lobby di De Benedetti-Scalfari (anche se forse Bersani ne attenuerà l’influenza.
La mancanza di una vera opposizione la si vede nei contenuti. Il paese sta vivendo una gravissima crisi sociale; alla fine dell’anno avremo quasi un milione di posti di lavoro in meno rispetto all’anno precedente. Chi ne parla? Chi parla dell’aumento della povertà? L’opposizione si fa sulle misere storie da postribolo di Berlusconi. La si fa sulle vicende giudiziarie (fatto serissimo: ma quando non si riesce ad arrivare a fine mese le vicende giudiziarie passano in secondo piano rispetto alle risposte che si danno per combattere la crisi sociale).
Una opposizione in grado di legare la lotta per la difesa della democrazia dal tentativo di distruggerne le fondamenta formali, con la lotta per la giustizia sociale ed il lavoro, non esiste.
Ecco perché serve una sinistra che non sia velleitarmente antagonista ma non esprima neanche il riformismo debole e subalterno al liberismo prevalente nel PD.
Serve Sinistra e Libertà.
Perché serve una sinistra che sappia compenetrare il riformismo con la radicalità, la capacità di governo con una offerta alternativa di società rispetto a quella plasmata dal neoliberismo. Non serve né Bersani, né Ferrero. Serve piuttosto una sinistra che sappia recuperare tra i suoi riferimenti quella cultura socialista uccisa dal post-craxismo e dal post-comunismo. Quella di Lombardi, Giolitti, Fernando Santi e Brodolini. Quella che ha espresso la più grande stagione riformatrice mai avvenuta in Italia; dal 1963 al 1971.
Ecco perché è essenziale che i socialisti non si perdano in un partitino post-craxiano, ma siano l’anima vivificatrice della nuova sinistra da costruire. Non un ceto politico in cerca di prebende, ma militanti, intellettuali, portatori di una cultura politica essenziale al futuro della sinistra.


Giuseppe Giudice

Sinistra e Libertà

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