domenica 21 dicembre 2008

vittorio melandri: presidenti e capobastone

Hamed Mohamed Karim “regista afgano e rifugiato politico”, in una lettera aperta indirizzata al sindaco Cacciari, che un giorno gli aveva chiesto come fosse la situazione in Afghanistan, a distanza di qualche tempo risponde: “è quella di un Paese in cui la gente non può essere altro che burattino o complice”. Còlte e sottolineate le evidenti differenze, a cominciare dalle primarie condizioni materiali, per cui la “gente” italiana pur in difficoltà, non può essere minimamente paragonata alla “gente afgana”, quali altre opportunità di vita per noi cittadini italiani, vengono da un quarto di secolo almeno, incentivate, con atti e pensieri, oltre a quelle ad essere a nostra volta “burattini o complici”? L’Adriano che parla attraverso Marguerite Yourcenar, sentenzia che “l’ostacolo più grave”, per un uomo che arriva ad “occupare una posizione preminente” è “il rischio dell’adulazione e della menzogna”. E quell’uomo giunto all’apice di un potere addirittura imperiale, arriva a dire: “Il pensiero che in mia presenza qualcuno snaturi, sia pure di un’ombra, l’esser suo, può giungere a farmelo compiangere, disprezzare, odiare persino”. A leggere le parole di Mohamed Karim insieme a quelle di Adriano, mi prende un senso di sconforto che nemmeno l’obbligato ottimismo di fine anno riesce a scalfire. Avverto con angoscia che il “bisogno” che sembra ovunque emergere fra la gente di cui sono parte, quello di una guida incarnata in un “leader”, si spiega proprio con una cittadinanza ridotta ad essere in massima parte composta di “burattini e complici” da un lato, e dall’altro, da “uomini preminenti” che l’adulazione e la menzogna la vivono non come un rischio, bensì come un doping, un indispensabile “aiutino” per vincere una corsa che tutti sanno essere truccata. A questa pratica sembra siano omologati tutti i preminenti in campo, onesti e disonesti, di destra e di sinistra. È una pratica che servirebbe propedeuticamente annientare, ma ha l’aria di essere una missione impossibile; fossi credente, sarei per dire, con Giorgio Ruffolo che cita Keynes che cita Schiller che ci “vorrebbe il Signore, ma dovrebbe venire di persona, non mandare suo figlio”, né tanto meno fidarsi del suo Vicario romano.



Vittorio Melandri

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