sabato 13 dicembre 2008

vittorio melandri: densificazione

Almeno da quando Francesco Rosi ha girato “Le mani sulla città” (1963) non possiamo più dirci innocenti in materia.



Pesco pari pari dal sito Wikipedia:



“Eduardo Nottola è un personaggio spregiudicato che ricopre un doppio ruolo, in quello che si potrebbe ben considerare conflitto d’interessi. Egli è sia un costruttore edilizio che un consigliere comunale della città in questione, e porta avanti il suo piano di speculazione edilizia che cambierà per sempre il volto della città. Tutto inizia quando un palazzo fatiscente, in fase di demolizione (con un solo muro in comune con un altro edificio ancora abitato), subisce un drammatico crollo. Due operai muoiono, un bambino resta ferito al punto che perderà le gambe. Scoppia lo scandalo, e i politici di sinistra subito accusano: dietro a tale tragedia non c’é il destino, ma Edoardo Nottola, consigliere comunale e costruttore edile, con il figlio che lavora all’ufficio comunale per le opere pubbliche.

Niente riesce a fermarlo. Né il crollo di un fabbricato provocato dai lavori di demolizione condotti dalla sua impresa che causerà morti e feriti, né l'impegno del consigliere dell'opposizione De Vita, né il suo stesso partito.

Alla fine l’avrà vinta su tutti, sarà eletto assessore all’edilizia e, con la benedizione del vescovo, darà inizio alla nuova speculazione edilizia.”

È ancora così, niente riesce a fermare la speculazione edilizia, e nemmeno gli integerrimi amministratori della sinistra cosiddetta moderna, ammaestrati negli oratori e nelle sezioni dell’integerrimo PCI ci riescono; anche loro dinnanzi alla possibilità di “fare del bene” alle comunità che sono chiamati ad amministrare, si piegano senza nemmeno accorgersene (quando va bene) alla logica del più forte e anche nella nostra Piacenza, quella delle tre c, una maiuscola e due minuscole (Chiese, caserme, casini), la speculazione edilizia vive e ancora…… (anche da noi) come in tutta l’Italia…..

….tutto ruota attorno alla devastazione urbanistica a cui è stato sottoposto il nostro Paese, e le fortune economiche e le sfortune civili che ne sono scaturite, alimentate da una corruzione che ha trovato il terreno più fertile, in un popolo che ha annidato nel suo DNA i geni del servilismo e della furbizia, sono emblematicamente riassunte nella figura dell’“ometto”, che da palazzinaro, con denari arrivatigli dal “nulla” e la complicità di politici alla Craxi, è arrivato ad essere “primo ricco e primo ministro d’Italia”.




Offro in lettura, a chi se lo fosse perso, questo pezzo da L’espresso in edicola da ieri.







TOGHE E POLITICA / IL RE DEL MATTONE

salvatore superstar



di vittorio malagutti e luca piana (L’espresso N 50 18/12/2008)



Firenze. Milano. Torino. Ligresti in prima fila nei business milionari delle città. Grazie alle amicizie illustri. E nonostante i guai giudiziari



Dice l’assessore Graziano Cioni che il suo “Emiliano aveva bisogno di lavorare”. Ebbene sì, tra speculazioni e presunte mazzette, nella Firenze dello scandalo c’è spazio anche per il cuore di un babbo preoccupato. Cioni il duro, lo sceriffo del PD noto alle cronache (finora) per la sua guerra a mendicanti e abusivi, ha ammesso di aver chiesto e ottenuto un posto per il figlio alla Fondiaria Sai di Salvatore Ligresti. Peccato veniale, tutto sommato. Sufficiente però a svelare un ingranaggio fondamentale nella macchina di affari e potere che fa capo al finanziere-costruttore nativo di Paternò.

Nel paese in cui perfino le cattedre universitarie sono diventate una questione di famiglia, Ligresti ha saputo usare come nessun altro la leva delle parentele per garantirsi protezioni, per premiare la fedeltà di amici, alleati e collaboratori. Alla fine si può dire che, a modo suo, il gruppo Fondiaria è aperto ai giovani, soprattutto se portano cognomi importanti. Ministri e parlamentari come Ignazio La Russa, Giuseppe Pisanu, Bruno Tabacci. Il finanziere mecenate milanese Francesco Micheli. Il presidente della Consob Lamberto Cardia. L'ex prefetto e candidato sindaco di Milano Bruno Ferrante. Per i figli di questi vip Ligresti è stato prodigo di incarichi. Così, a ben guardare, il caso del fiorentino Cioni diventa solo l'ultimo di una lista ben più lunga e altisonante.

Non è una sorpresa, allora, scoprire che i consigli di amministrazione delle aziende ligrestiane sono tra i più affollati della Borsa. Addirittura 72 poltrone divise tra quattro società, se si comprende anche l'Immobiliare Lombarda da poco cancellata dal listino. Un’organigramma affollatissimo dove lui, il grande capo, risulta solo come presidente onorario. La condanna definitiva per lo scandalo Eni-Sai, eredità di Tangentopoli, lo ha infatti costretto a lasciare ad altri gli incarichi di vertice. Mentre il controllo della holding Premafin è intestato, via Lussemburgo, ai tre eredi Jonella, Giulia e Paolo. Una formalità. Perché Ligresti, a 76 anni compiuti, controlla e dispone di tutto fin nei minimi particolari. Una conferma sembra arrivare dalle intercettazioni finite agli atti dell'indagine fiorentina. Intorno al ricco affare dell'area Castello c'è un via vai continuo di politici, architetti e funzionari. Ma alla fine è il gran patron di Fondiaria (anche lui indagato) a prendere il telefono per impartire le istruzioni del caso. E non è solo questione di immobili e mattoni. Nella buona come nella cattiva sorte, da almeno un quarto di secolo l'uomo di Paternò è una presenza fissa al ballo della finanza nostrana. Un tempo, fine anni Ottanta, si era guadagnato il titolo di mister 5 per cento per l'abitudine di infilarsi nelle partite di potere comprando partecipazioni piccole ma decisive.

Ora siamo daccapo. I guai giudiziari sono un'ombra sullo sfondo. Le traversie finanziarie sono state risolte un decennio fa con l'aiuto di Mediobanca, all'epoca ancora guidata da Enrico Cuccia. E mister 5 per cento è diventato più forte di prima. Siede tra i soci di comando in Pirelli, nel 'Corriere della Sera', nella stessa Mediobanca, dove si è prontamente allineato all'asse tra il presidente Cesare Geronzi, la Fininvest di Silvio Berlusconi e gli azionisti francesi capitanati da Vincent Bolloré.

Ai pacchetti azionari si somma un’abilità manovriera da giocatore di lungo corso e un patrimonio di relazioni pressoché insuperabile. Così, quando il gioco si fa duro, Ligresti c’è. E non recita mai da comparsa. L’Impregilo, la maggiore impresa di costruzioni italiana è in crisi? Lui risponde all’appello e ne diventa uno dei soci forti. Unicredit cerca nuovi equilibri dopo la tempesta finanziaria? Ecco che il padrone di Fondiaria va a colazione con Alessandro Profumo e il vicepresidente del gruppo bancario Fabrizio Palenzona proprio mentre i libici annunciano l’ingresso in forze nel capitale dell’istituto. Oppure: Berlusconi lancia l’appello agli imprenditori tricolori e di buona volontà per il salvataggio di Alitalia? Ligresti corre al capezzale della disastrata compagnia versando un obolo (si fa per dire) di una cinquantina di milioni. L’affare, forse, non frutterà profitti da capogiro, ma prima o poi il gesto verrà in qualche modo premiato. L’importante è saper aspettare il momento giusto. Del resto la strategia dell’attesa, o del lungo periodo, finora ha dato risultati eccezionali in campo immobiliare, la vera specialità dell’uomo d’affari siciliano sbarcato a Milano nel 1962 con in tasca una laurea in ingegneria e poco più. La sua ascesa a fianco di finanzieri spregiudicati come il suo concittadino Michelangelo Virgillito e poi, negli anni Settanta, Raffaele Ursini, alimenta interrogativi e leggende sull’origine dei suoi capitali. Fatto sta che sin dall’inizio la strategia attendista paga, eccome. Perché Ligresti, uscito di scena Ursini, nel 1978 eredita la Sai Assicurazioni, la prima pietra di quello che diventerà un impero. E che gli permetterà di sopravvivere alla crisi che, dopo Mani pulite, travolge il mercato immobiliare e giunge a un passo da mandare a gambe all’aria Ligresti stesso, che della Milano craxiana era stato uno degli uomini d'oro.

Nel campo che gli è più caro, quello del mattone, Ligresti continua a lavorare con pazienza su due fronti. Da una parte accumula terreni agricoli, fabbriche in disuso, vecchi quartieri da ristrutturare. Dall’altra lavora ai fianchi la burocrazia per strappare le migliori condizioni per costruire. Rastrella direttamente le aree che gli interessano, come accaduto a Milano con la vecchia Fiera o a Roma con le Torri dell’Eur, o fa intervenire persone a lui vicine. Esemplare un’altra delle storie milanesi in cui ha messo lo zampino, quella del quartiere Sporting Mirasole nella periferia di Opera. Il complesso, formato da 25 palazzi per oltre 700 appartamenti, nell’ottobre scorso viene venduto dall’Enpam (l'ente previdenziale dei medici) a un fondo immobiliare gestito dalla società di gestione Zero per 140 milioni. In apparenza Ligresti non c’entra niente. Ma poi si scopre che l’operazione è stata finanziata per una parte importante dal gruppo Premafin. E che tra gli amministratori del fondo c'è anche Luca De Ambrosis, il marito della figlia Giulia.


Agli occhi di un profano è difficile immaginare di fare affari multimilionari in una zona come Opera, povera di collegamenti con il centro e ai margini del Parco agricolo Milano Sud, una vasta area protetta che ha permesso la conservazione di un polmone verde quasi intatto, un vero miracolo per la cintura milanese. Da tempo, però, Ligresti ha iniziato a comprare terreni nelle aree del Parco. E ha attuato un pressing continuo sulle istituzioni coinvolte per attenuare i vincoli edilizi. I primi risultati stanno arrivando. Il varco è stato aperto con la trattativa per il raddoppio dell’Istituto Europeo di Oncologia, con tanto di quartieri satellite. Altri ne seguiranno: “Sono convinto che il prossimo fronte sarà la costruzione di un nuovo ippodromo nel centro ippico vicino a Vermezzo, dove potrà essere trasferita l’attività di San Siro, liberando un’area che a Milano fa gola a tanti”, dice il consigliere dei verdi Enrico Fedrighini.


Sempre a Milano c’è un altro esempio di come la pazienza possa dare risultati straordinari. La giunta di Letizia Moratti ha messo a punto un nuovo regolamento che si propone di ‘Ricostruire la Grande Milano’ e che, stando alle parole del suo ideatore, l’assessore Carlo Masseroli, vicino alla Compagnia delle Opere, avrebbe l’obiettivo di riportare in città 700 mila abitanti fuggiti in periferia a causa del caro-vita. La parola magica è ‘densificazione’: significa concentrare su alcuni terreni le volumetrie edificabili di più spazi, lasciando a verde o a servizi pubblici le aree liberate. I vantaggi delle nuove norme, però, potrebbero ricadere proprio su Ligresti, che sarà libero di costruire più intensamente nelle aree pregiate, dando in cambio quelle che valgono meno: “Nessun altro è riuscito ad accumulare un patrimonio di terreni e palazzi tanto distribuito fra centro e periferia”, sostiene Basilio Rizzo, un altro consigliere dell’opposizione.


Oltre al lavorio sotterraneo sui piani regolatori, la presa di Ligresti sulle città passa anche attraverso altri sistemi. Poteri forti? “Il problema di Torino è che ne abbiamo troppo pochi”. La battuta attribuita al sindaco Sergio Chiamparino fotografa bene il tentativo delle istituzioni cittadine di aggrapparsi ai Ligresti. Il Teatro Regio vuole una prima che risvegli la mondanità? Ci pensa la Fondiaria Sai, che paga il conto. Manca un hotel di lusso? L’Atahotels di famiglia apre al Principe di Piemonte il primo albergo della catena Luxury Emotions. Servono fondi per il centenario della facoltà di Economia, dove insegna Umberto Bocchino, amministratore di numerose società del gruppo? Tocca ancora a Fondiaria Sai, il cui presidente Jonella Ligresti nel 2007 viene ricompensata con una laurea ad honorem, bloccata sul filo di lana dall’allora ministro dell'Università Fabio Mussi.


L’abbraccio di Ligresti, tuttavia, non è mai disinteressato. “Stiamo rifacendo Milano e Firenze, speriamo di rifare anche Torino”, aveva detto lui tre anni fa. Da allora non si è fermato un attimo. Il primo affondo non è andato a segno: ha cercato di spostare nei confini cittadini gran parte dei palazzi che da tempo aspettano di essere costruiti in un'enorme area dismessa fra Torino e due comuni vicini, Borgaro e Settimo, ma il blitz è stato fermato da alcuni consiglieri della stessa maggioranza, guidati da Monica Cerutti della Sinistra democratica. Ma in pentola bolle già altro: un'area oggi occupata da fabbriche abbandonate, la cosiddetta Spina 3, e il grattacielo gemello di quello, molto contestato, che vuol costruire la banca Intesa Sanpaolo. L’ipotesi è che la Fondiaria Sai possa collocarci in futuro il suo quartier generale, oggi conteso fra Torino e Firenze. Ma anche se il progetto è ancora sulla carta, un primo successo Ligresti lo ha già portato a casa: se sarà costruito potrà essere alto 150 metri, cinquanta in più di quanto previsto inizialmente. n



Paolo si dà al pallone



Domenica sera, quando Juventus e Milan si affronteranno a Torino nel match più importante della prossima giornata di campionato, Paolo Ligresti non potrà fare a meno di tifare per la squadra rossonera. Del resto da anni ormai Ligresti junior siede nel consiglio di amministrazione della società controllata da Silvio Berlusconi. Il quarantenne rampollo del padrone di Fondiaria ha però molti buoni motivi per seguire da vicino almeno un calciatore della squadra avversaria. Questione di business, perché il bomber bianconero Amauri ha scelto di affidare la sua immagine alla Star management, una agenzia controllata proprio dal giovane Ligresti nata per “valorizzare e gestire”, recita il sito Internet della società, “profili di immagine vincenti e duraturi nel tempo”. Amauri è solo uno dei campioni di una scuderia che comprende, tra gli altri, anche il capitano interista Javier Zanetti, il milanista Gianluca Zambrotta, l’attaccante dell'Udinese Antonio Di Natale, il difensore della Nazionale Fabio Grosso, da due anni emigrato in Francia all’Olympique Lione. Nomi altisonanti, che il rossonero Ligresti cercherà di valorizzare al meglio.


Sperando in cuor suo, forse, che non diano il meglio di sé proprio contro il Milan.

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