martedì 30 dicembre 2008

Maltese: l'equivoco del PD

L'equivoco del PD sul significato del riformismo




di Curzio Maltese

L’imminente collasso del PD è inevitabile? Forse no, ma quasi di sicuro nessuno si muoverà per evitarlo. II fatalismo sembra l’ultimo «ismo» rimasto alla sinistra.
La situazione è chiara da tempo. Con questo gruppo dirigente, come diceva Nanni Moretti, non si vincerà mai più. Questa almeno è la convinzione di milioni di elettori del centrosinistra, che non andranno più a votare finché non vedranno all’opera un partito nuovo nei fatti e non a parole.
La profezia di Moretti nel 2002 fu rovesciata dal risultato elettorale del 2006, ma solo in parte. In realtà per la seconda volta un centrosinistra votato alla sconfitta s’imbatté in quel singolare outsider vincente ch’era Romano Prodi. E per la seconda volta lo fece fuori in breve tempo. Lasciata sola a se stessa, la nomenclatura ereditata da PD e DC ha finito per riproporre un vuoto d’idee nel quale avanzano carrierismi spregiudicati.


L’identità riformista del PD è rimasta sulla carta. Gli ex PC e DC ne hanno sempre avuta un’idea vaga. Per loro il riformismo non significa progettare riforme, impresa titanica in Italia, ma assumere un atteggiamento moderato, non entrare in polemica con l’avversario, con la Chiesa e con i poteri forti, irridere alla questione morale e disprezzare ogni forma di radicalismo. E' una visione un tantino macchiettistica. Un po’ come quando gli attori italiani, per recitare i testi anglosassoni, indossano il foulard, si versano un whisky ed esclamano «caspita!». Oppure come quando Bertinotti e Sansonetti interpretano l'antagonismo sociale nei salotti televisivi, con i noti esiti.
II calcolo della nomenclatura di centrosinistra era di trattare con Berlusconi come con la DC di una volta. Con la differenza che il berlusconismo non è la DC, è eversivo e ora apertamente anticostituzionale. Senza contare che nell’ultimo mezzo secolo il mondo è un po’ cambiato.
D’altra parte non si può pretendere che i vecchi funzionari di partito, dopo aver cambiato cento sigle, mutino davvero il proprio codice genetico.
L’unica possibilità è mandarli a casa e costruire un partito nuovo. Era il progetto originario del PD, ma ha resistito pochi mesi. Come si può convincere gli elettori d’esser capaci di riformare la società quando non si è in grado di riformare se stessi?
Oggi il PD può scegliere se scaricare gli oligarchi locali da solo e da subito, o aspettare che lo facciano gli elettori.
Si potrebbe, una volta, fare una cosa di sinistra?




da Il Venerdì di Repubblica, n. 1084, 27 dicembre 2008

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