domenica 21 dicembre 2008

andrea romano: come se niente fosse

andrearomano
Ieri 20 dicembre 2008, 10.21.30

Come se niente fosse
Ieri 20 dicembre 2008, 13.16.00
L’unico intervento che avrebbe dato un senso alla Direzione del PD è venuto da chi a quella riunione non era nemmeno presente. “Pavento che gli attacchi al PD possano essere una forma di intimidazione sui temi della giustizia, ci troviamo di fronte ad un potere impazzito: la giustizia in Italia è malata”. Lo ha detto Pierferdinando Casini, ma sono le parole che avremmo voluto ascoltare da un qualunque esponente di punta del PD. Perché senza la proposta di una coraggiosa riforma della giustizia quella che avrebbe dovuto essere l’ora della verità è stato solo l’ennesimo momento del “come se niente fosse”. Alla fine tutti contenti di aver svoltato la giornata dopo aver lanciato o incassato qualche rimbrotto, in attesa della prossima crisi e verso una fumosa “innovazione” che dovrebbe essere guidata da chi gode già da più di un anno dei pieni poteri sulla linea politica e sui gruppi parlamentari del PD.

Proprio sulla giustizia Veltroni è stato particolarmente laconico (“Quello che sta accadendo con le inchieste della magistratura sulla politica non fa cambiare la nostra posizione, né in un senso né nell’altro”) con l’aggiunta di qualche tocco di colore che non fa mai male. Saviano che educherà i giovani quadri alla legalità, i magistrati che dovrebbero ricordarsi meglio delle implicazioni mediatiche degli arresti, l’inevitabile rivendicazione del proprio rigore morale. E con questo possiamo archiviare qualsiasi serio tentativo di comprendere il meccanismo della cannibalizzazione dipietrista, così come la possibilità di avviare in questa stagione una riforma della giustizia condivisa con il centrodestra.

Perché il dipietrismo avanza nel corpo vivo del PD non solo per i tanti errori di manovra del pilota o per gli effetti sempre più nefasti dell’alleanza elettorale siglata in aprile. Avanza perché il PD di Veltroni non ha ancora sciolto (né si appresta a farlo) il nodo della fonte di legittimità extrapolitica a cui pretende di alimentarsi, che è poi la stessa alla quale attinge molto più vigorosamente l’Italia dei Valori. Quella fonte racconta di un paese in grande maggioranza corrotto nelle sue fondamenta morali e antropologiche, una nazione perduta di cui Berlusconi sarebbe l’espressione più lineare e disinibita e il PD l’eroica diga di contenimento. È la lettura della nazione che proviene direttamente dal grande trauma del 1992 e che continua a definire i due fronti politici italiani, schierati sulle sponde opposte del fiume di attivismo politico della magistratura. Ma se in questi anni il centrosinistra italiano aveva qua e là tentato di allontanarsi da quella sponda, il ritorno del veltronismo ha rapidamente ripristinato l’egemonia del giustizialismo nella cultura politica del PD.

Il che non significa che Veltroni o gli altri dirigenti del PD siano personalmente convinti dell’efficacia politica del giustizialismo o della normalità del potere giudiziario così come si è concretamente definito in Italia. Al contrario, ora che il fiato delle Procure si fa sentire anche su quel collo sta probabilmente aumentando l’insofferenza di molti verso il protagonismo della magistratura. Ma è appunto un’insofferenza personale, spesso mescolata al legittimo timore di essere colpiti nella reputazione personale da una leggerezza giudiziaria o da una svista in una qualunque intercettazione. È un sentimento che non riesce a farsi politico perché non può rompere il tetto di vetro dei rapporti tra rappresentanza democratica e magistratura così furono definiti ormai quindici anni fa e come sono stati poi assunti senza mediazioni dalla componente maggioritaria del centrosinistra.

Paradossalmente l’occasione per rompere quel tetto sarebbe proprio oggi, quando incombe il rischio di un collasso per via giudiziaria del fragilissimo ibrido del PD. Sarebbe, ma non sarà. Perché la leadership veltroniana è anche in questo un ritorno all’antico, con l’aggravante di un centrodestra incapace di varare una riforma della giustizia che non sia essenzialmente una resa dei conti berlusconiana. Con quel tetto di vetro dovremo allora convivere, anch’esso elemento immobile di un orizzonte che cambierà solo con il tramonto dei suoi protagonisti.

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