martedì 12 maggio 2009

L'arma spuntata del voto utile

L'arma spuntata del voto utile
C.R., 11 maggio 2009, 17:22

Alle prossime Europee, dicono i sondaggi pubblici e quelli riservati, la soglia del 30 per cento resta per ora fuori portata, e Franceschini prova a rispolverare l'arma veltroniana del "voto utile". Rivolgendola stavolta contro il partito che Veltroni si scelse come unico alleato alle Politiche, strappandolo a una probabile estinzione elettorale: l'Italia dei Valori di Di Pietro. Formazione che, per dirla alla Bersani, "spesso e volentieri ha l'abitudine di mordere al polpaccio quelli che gli sono più vicini"


Un anno fa, l'intenso battage di Walter Veltroni sul "voto utile" fu essenziale per superare di slancio l'asticella del 30 per cento e ottenere per il Pd un risultato elettorale che mai era stato raggiunto. A spese degli ex alleati della sinistra, certo, che rimasero fuori dal Parlamento, e dunque con un indebolimento complessivo di quello che era stato una volta il centrosinistra di Prodi, ma comunque segnando un traguardo che per ora rischia di restare imbattuto per il Pd.
Alle prossime Europee, dicono i sondaggi pubblici e quelli riservati, la soglia del 30 per cento resta per ora fuori portata, e Franceschini prova a rispolverare l'arma veltroniana del voto utile. Rivolgendola stavolta contro il partito che Veltroni si scelse come unico alleato alle Politiche, strappandolo a una più che probabile estinzione elettorale: l'Italia dei Valori di Di Pietro. Formazione che, per dirla alla Bersani, "spesso e volentieri ha l'abitudine di mordere al polpaccio quelli che gli sono più vicini". Tradotto: rischia di drenare una fetta di consensi al Pd.

Certo che, trattandosi di Europa e non del governo nostrano e dunque, in assenza della polarizzazione dello scontro tra due candidati premier, l'arma del voto utile è un'arma spuntata. Che ottiene come risultato quello di inimicarsi ulteriormente le due formazioni politiche di sinistra, che ancora faticano a riprendersi dalla tragica sconfitta dell'aprile 2007.
Tant'è che se il socialista Riccardo Nencini (Sinistra e libertà) manda a dire a Franceschini che "perseverare è diabolico" e sottolinea la "prospettiva, per il centrosinistra, di riflessi negativi non solo per le Europee ma anche per province e comuni", anche nella lista Prc-Pdci si levano le prime voci di protesta e si assicura "che l'unico voto utile è alla sinistra radicale".

I sondaggi elettorali si rincorrono e così sulle scrivanie degli organi di informazione ne arrivano, anche di clamorosi. È il caso delle ultime stime di Predict09.eu della Burson Marstellers sulle prossime elezioni europee di giugno e che prefigura un vero e proprio terremoto politico: il Partito democratico è accreditato del 30 per cento, soltanto due punti in meno rispetto al Popolo della Libertà (32 per cento).
Il report sarebbe stato stilato da tre dei più famosi scienziati politici del Vecchio Continente: Simon Hix (London School of Economics), Michael Marsh (Trinity College Dublin), and Nick Vivyan (London School of Economics). I dati dell'ultima analisi risalgono a giovedì 7 maggio. Testa a testa per il terzo posto tra la Lega Nord (6,9 per cento) e l'Italia dei Valori (6,7). L'Udc di Pierferdinando Casini si ferma al 5,4 per cento. Ottimo il risultato della lista comunista Rifondazione - Pdci al 5,3 per cento. Sfiora lo sbarramento del 4 per cento la lista Mpa-Storace-Pionati-Pensionati al 3,7. Sinistra e Libertà di Nichi Vendola non va oltre il 3,3 per cento.

In verità, però, non è tanto il risultato delle Europee a preoccupare Franceschini: se nelle attuali condizioni ( e a dispetto dei report più o meno attendibili) il suo partito riuscisse a tenere attorno al 27 per cento, la sua posizione sarebbe più che difendibile. E allora perché rispolverare dal cassetto il "voto utile"?
L'allarme vero è per le amministrative: il Pd, sul fronte province e comuni, parte da una tale posizione di preminenza che il possibile dimezzamento delle sue amministrazioni rischia di apparire come la vera, gigantesca debacle del partito.

Sulla Stampa, un servizio di due pagine racconta oggi il fronte più delicato, quello del Nord. Dove nel 2004, grazie anche al fatto che Lega e Pdl si presentavano divisi quasi ovunque, il voto regalò al centrosinistra successi insperati e in alcuni casi irripetibili, da Bergamo a Lecco a Novara a Padova.
Cinque anni dopo, le prospettive sono inquietanti: in Piemonte sono a rischio Biella, Verbania, Novara, Alessandria e persino la provincia di Torino non appare così sicura dopo la rottura tra Chiamparino e Rifondazione in Comune.
In Lombardia sono in bilico molte amministrazioni e anche Penati, che punta a rivincere al ballottaggio, sa che la partita è più difficile di allora. In Veneto la prospettiva che il centrodestra faccia l'en plein è assai credibile.
Insomma, una possibile Caporetto che potrebbe far perdere al Pd i contatti con il territorio delle zone più produttive del Paese.

Ma se il Pd trema, anche il PdL ha di che preoccuparsi: per il partito del premier la preoccupazione non è la sconfitta nei governi locali, ovviamente, ma la prospettiva di essere scavalcata nelle urne dalla Lega. Il Carroccio ha spuntato diverse candidature che contano, ed è attivissimo e presente con una sua classe dirigente su tutto il territorio settentrionale, e il voto amministrativo potrebbe avere un forte effetto di trascinamento, a suo vantaggio, anche rispetto alle Europee.

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