lunedì 18 maggio 2009

Giancarlo Nobile: Le radici laiche dell'Unione europea

dal sito Radicalsocialismo

Le radici laiche dell'Unione Europea
Scritto da Giancarlo Nobile
domenica 17 maggio 2009
Fu molto forte il dibattito, almeno in Italia, durante la stesura della Costituzione dell’Unione Europea, sulle radici cristiane che dovevano essere richiamate con forza nel testo, ma è così? L’Unione Europea unisce, sia pure con difficoltà, i popoli europei in vincoli legislativi strettissimi (molti hanno anche una comune moneta) e ha reso impensabile una guerra come è stato per secoli in questo territorio. Tutto questo ha dunque come radice un religione ed il cristianesimo in particolare? Come sempre, occorre guardare al di là delle apparenze e vedere in profondità i fatti che ci sono innanzi; prima di tutto occorre fare una distinzione tra l’Europa - un continente abitato da millenni e da vari popoli e che ha elaborato una cultura e una civiltà molto forti - e l’Unione Europea, l’aggregazione di questi popoli i quali da cinquant’anni, dopo il grande macello del conflitto mondiale, si sono associati tramite un patto giuridico vincolante per la cooperazione, collaborazione e sostegno comune. Quindi l’Unione Europea ha radici nello jus e nella lex espressioni del pensiero laico.

L’Europa in quanto aggregazione di popoli ha conosciuto nei secoli alte espressioni culturali, ma come tutte le aggregazioni umane la sua costruzione ha radici intrecciate; l’uomo è immerso in un flusso continuo di informazioni che elabora per vivere con migliori risultati, e ciò avviene per i singoli ma anche per i popoli; e l’Europa, per la sua posizione centrale tra l’Asia e l’Africa, per il suo mare interno facilmente navigabile, ha assorbito influssi culturali da tantissime esperienze. E’ un processo sincretico che ha determinato, nel suo amalgamarsi, le radici dell’Europa.

Il cristianesimo è una delle tante influenze culturali che hanno formato il climax europeo, cristianesimo che è a sua volta una costruzione sincretica di miti preesistenti nell’area mediterranea e mesopotamica – basta ricordare un classico come il discorso della montagna nei vangeli che non è altro che una preghiera babilonese di mille anni prima dei fatti narrati (chi conosce i caratteri cuneiformi può andare al British Museum nella sezione Babilonese e leggere la tavoletta di creta) - e l’incontro con il logos greco, in particolare con la filosofia platonica.

Invece per l’Unione Europea possiamo affermare che le sue radici sono fermamente laiche. Ma che cosa è la laicità? Essa è un concetto poliedrico. Normalmente questa figura si presenta come polemica contro il dogmatismo e le prese di posizioni dogmatiche. In realtà il laico è l’uomo che ha bisogno di sentire il parere di tutti perché è incerto sulla propria visione delle cose. E’ un uomo che socraticamente sa di non sapere. E’ dunque un uomo che si mette in discussione in modo dinamico e mette in discussione il proprio mondo. La mentalità laica fa emergere l’io, la propria soggettività e la correla a quella degli altri, in definitiva alla società. Soggettività e società, i due parametri della democrazia. La laicità è la coscienza che “nessun uomo è un isola”, che tutti siamo legati a tutti gli altri, in quel gioco meraviglioso che è l’esistenza.

Ma da dove nasce questa interpretazione dell’esistenza? Le sue radici sono nella Grecia classica con la sua rivoluzione del pensiero che chiamiamo filosofia. I duecento anni della rivoluzione culturale greca che cambiò il mondo umano si possono riassumere nel vedere sempre aldilà dell’apparente, cercare il logos, in pratica la verità che genera il tutto. E’ questo un inebriante viaggio alla ricerca della verità che riempie e rafforza l’io ma che non giungerà mai alla fine. Max Weber dirà: «chi viaggia verso la verità morirà sazio ma non stanco della vita».

Il periodo classico racchiuso nel binomio greco-romano fu essenzialmente laico. L’Impero Romano accettava tutte le religioni ma tutte dovevano rispettare le leggi che governavano lo stato. Si dice che gli ebrei e i cristiani si ribellarono ai romani poiché questi volevano imporre il culto dell’imperatore; nulla di più falso. I romani volevano solo mettere una statua o un busto dell’imperatore dinnanzi ai templi per ribadire che la legge di Roma era defensor religio non per imporre una fede.

La laicità classica riluce in un atto imperale a cui i cristiani hanno dato molta importanza travisandolo: è il cosiddetto Editto di Costantino. L’Editto è da attribuire a Licinio, governatore della Bitinia, ma fu fatto proprio da Costantino quando giunse al potere assoluto ed è conosciuto col suo nome.

Nell’Editto tra l’altro si stabilisce «di accordare ai cristiani e a tutti gli altri la libera facoltà di seguire la religione prescelta… e di non negare assolutamente a nessuno la facoltà di dedicare la sua mente al culto cristiano o a quella religione che senta più conforme a sé».

L’Editto, pur riferendosi anzitutto ai cristiani, ribadiva e chiariva che anche a tutti gli altri è concessa la stessa facoltà di praticare liberamente il proprio culto, «perché non si ritenga che noi abbiamo recato menomazione a un qualsiasi culto o a una qualsiasi religione»: esemplare esempio di laicità classica.

La crisi sociale, politica ed essenzialmente economica dell’Impero portò al prorompere dell’irrazionale, un chiudersi nel mytos, una fuga verso la metafisica; all’affermarsi delle religioni misteriche (Mitra, Iside, sette protocristiane, adoratori del dio Sole – tra cui lo stesso Costantino), religioni che mettono in diretta correlazione il divino con la vita dell’uomo (il dio che si fa uomo, che muore e risorge). E’ un modello protettivo che si forma: la vera vita non è quella che si vive ma quella che si vivrà dopo la morte. E’ una fuga precipitosa dalla realtà. La soggettività è rivolta verso il mistero ultramondano.

Tra queste religioni emergerà il cristianesimo che cannibalizzerà, con un processo sincretico, le altre religioni. E una volta giunto al potere tramite i Lapsi, i faccendieri dell’Impero Romano, che erano il tratto di unione tra le classi di comando e il popolo, distruggerà con la violenza le altre forme di culto.

Nasce con il cristianesimo il dogmatismo. Un solo dio, un solo pensiero, una sola società. Il tutto guidato da una verità già data e immutabile e la ricerca del pensiero dovrà essere solo quella di far collimare la realtà con quella verità.

La laicità veniva declinando e il mytos cambiava il suo senso; per la religione pagana il mito suppliva il difetto di conoscenza, immaginando figure invece di dare pseudo interpretazioni, e ciò che si imponevano erano in generale i rituali, cioè le celebrazioni pubbliche che indicavano partecipazione alla vita politica. I cristiani, e in genere tutte le religioni misteriche, trasformarono il mito in verità, la verità in dogma e il dogma in un obbligo formale e sostanziale imposto a tutti con la forza del potere.

Tutto ciò fu ribadito violentemente dagli Editti dell’imperatore Teodosio: quello del 391 tra l’altro ordinava che vi è una sola religione e chi non si adegua perderà i diritti civili. E’ altresì ordinata la spoliazione e distruzione dei templi delle altre credenza. L’8 novembre 392 con nuovo Editto viene inasprita la repressione sancendo la pena di morte a chi non si fa cristiano.

La laicità classica diventerà come un fiume carsico che si immerge per riaffiorare ogni tanto e affermarsi definitivamente con l’Unione Europea, ma questo lo vedremo in seguito. Intanto alla fine dell’Impero Romano nasce il concetto dell’intolleranza, che dominerà ed insanguinerà per secoli l’Europa. Vi era una sola verità e occorreva uniformare tutto ad essa. Paradossalmente fu il massimo pensatore cristiano del medio evo che ruppe questo schema: Tommaso d’Aquino (1225-1274). Egli, volendo trovare un accordo tra fede cristiana e la physis aristotelica, divise il mondo divino ed il mondo umano, mondi che hanno così vita autonoma.

Il “Dottore Angelico”, come venne chiamato dalla chiesa, pose la distinzione tra teologia naturale e teologia rivelata: la prima proviene dall’attività della ragione e dall’esperienza sensibile; la seconda dalla fede, dalla grazia divina e dalle sacre scritture. Ma questa divisione duale della teologia comporterà che quella naturale divenisse scienza/epistemologia – in seguito anche tecnologia – e da ciò sorgono una serie di scissioni come quella tra dio e il mondo, tra conoscenza e realtà e soprattutto tra fede e ragione. Questo è in definitiva il rompere l’antica rassicurante utopia di un solo dio, di una sola fede, un solo pensiero, di un solo re, una sola società. Era la fine del pensiero unico e nasceva il relativismo etico e culturale che avrebbe forgiato e dato sostanza in seguito alla democrazia europea.

Questa scissione sarà ben espressa dal borghese Dante Alighieri nella Commedia: la realtà umana risplende nell’inferno, sentiamo a noi vicini la pochezza degli ignavi, sentiamo come nostra parte essenziale l’amore di Paolo e Francesca o la tensione alla ricerca d’Ulisse o ancora l’odio del conte Ugolino e il drammatico rammarico di Pier delle Vigne. Inversamente è lo stesso Dante che mette al di là dell’uomo lo splendore incomprensibile e difficilmente descrivibile del mondo divino, che ha vita in sé e per sé.

Siamo nel periodo dell’affermazione della borghesia, cha ha bisogno della libertà e della cultura per commerciare. La chiesa combatterà con la scomunica la borghesia nascente. Ma la strada era aperta ed essa porterà allo splendore del Rinascimento, che riscopre il libero pensiero del mondo classico. La reazione sarà terribile con il tribunale dell’Inquisizione e i suoi roghi, la sua strage di donne accusate di stregoneria. Sotto queste spinte il cristianesimo si frantumava, nascevano nuove interpretazioni dottrinali e strutturali con il protestantesimo. Ma lo scontro fu feroce, con feroci stragi come quella della notte di San Bartolomeo nel 1572 a Parigi, ove i cattolici trucidarono migliaia di protestanti ugonotti.

Comunque la borghesia, la scoperta di nuovi territori con altre culture e civiltà, nuove tecnologie come la stampa, che amplierà la scolarizzazione, faranno emergere ancora di più il concetto di laicità. Emergono figure come Giordano Bruno, che sarà ammazzato su un rogo dalla chiesa cattolica il 14 febbraio 1600. Dopo otto anni di torture salì sul rogo per le sue teorie sulla soggettività come parte della società, sugli infiniti mondi in cielo e sulla terra e dunque sul fatto che non vi era nessuna centralità: siamo tutti un centro e non vi sono differenze tra gli uomini. Ma il suo crimine principale, per il cardinale Bellarmino, era quello di proclamare la libertà di pensiero.

Erano questi i tempi della rivoluzione astronomica, con l’eliocentrismo di Copernico e Galileo e le leggi gravitazionali di Keplero: tutto questo poneva l’uomo non più in una assoluta centralità ma una dei tanti frammenti dell’universo.

I tempi erano cambiati, come nell’Olanda che aveva beneficiato, diventando sempre più ricca, della diaspora degli Ebrei che erano stati cacciati nel 1492 dalla Spagna della Cattolicissima Isabella di Castiglia: nel 1585, nel trattato dell’Unione d’Utrecht, all’art.13 è scritto: «Ogni uomo deve restare libero nelle proprie scelte e non deve essere mai molestato o interrogato circa il suo culto divino». E’ un totale capovolgimento dell’Editto di Teodosio. In questa Olanda risplenderà la figura di Baruch Spinoza che nella sua Etica scrive che l’uomo pensa, cioè non vi è un pensiero unico ma ognuno pensa, ha la sua lettura della realtà e l’unica concordanza è la comune umanitas e l’appartenere alla natura – deus, sive natura – con le sue ineludibili leggi.

Il secolo del trionfo della laicità è stato il settecento con gli illuministi Voltaire e Diderot, con il criticismo di Kant e gli empiristi inglesi Locke, Mill, Hume. Il fiume carsico del pensiero laico della classicità greco-romana stava per esplodere e questa esplosione fu la Rivoluzione Francese.

La Rivoluzione Francese del 14 luglio 1789 –la grande rivoluzione dell’io iscritto nella società – ruppe tutti gli schemi: la soggettività umana non era più rivolta verso la metafisica ultramondana ma verso la società, la mediazione tre i cittadini non era la fede indimostrabile e granitica, non era la chiesa col suo rigido clero, ma la legge “astratta e generale”. Le conquiste furono la democrazia liberale, l’uguaglianza, la separazione tra stato e religioni, la parità dei sessi, l’habeas corpus, il secolarismo, il cosmopolitismo.

La reazione non si fece attendere: il romanticismo, col suo nazionalismo e la ricerca metafisica dello spirito del mondo e della storia, fece regredire la libertà. Ma nell’ottocento nasceva l’uomo che avrebbe dato un colpo definitivo alla metafisica: Charles Darwin, che con la sua rivoluzione biologica poneva l’uomo nell’alveo del processi naturali; egli aveva stabilito due leggi che scardinavano ogni finalismo ed ogni trascendenza: la natura evolve in base al caso e alla necessità, le due forze che plasmano tutto l’esistente.

Ormai la laicità aveva un suo peso nella società, la forza delle rivoluzioni concettuali aveva dato vita al movimento liberale e socialista: due interpretazioni dei bisogni umani che dovranno incontrarsi. Ma da essi nasceranno anche forme irrazionali – il vecchio vizio degli uomini - come il liberismo ed il comunismo.

L’ultimo parossismo del romanticismo fu quello del Novecento, con il nazismo, il fascismo e il comunismo realizzato. Tutte e tre ideologie pregne del pensiero di Hegel, che fa perno sull’idea di un incessante sviluppo dialettico e sul presupposto dell’identità tra reale e razionale. Lo storicismo dialettico si mutua in un determinismo economico e sociale astratto. Così i totalitarismi storici a sfondo “umanistico”, quelli di Stalin, Hitler, Franco, Mussolini, sono eventi romantici: non sono eventi della ragione, sono eventi del sentimento. Sono mossi dalla fede, fanno leva sulla mozione degli affetti, sulla partecipazione emotiva, su quanto di meno razionale vi è in circolazione.

In definitiva è l’escatologia cristiana che si situa sulla terra e non su un piano ultramondano mantenendo lo stesso schema composto da inizio palingenetico/rivoluzione (redenzione tramite Cristo), sviluppo (salvezza) società migliore (paradiso). La storia cristiana ha un senso come queste filosofie.

Tutto ciò produrrà milioni di morti in guerra, lo scientifico e tecnologico massacro di ebrei, zingari e di tutti i diversi, come i milioni di morti nei gulag di Stalin. E tutto ciò mise in luce che solo la laicità poteva portare l’uomo alla pace, alla concordia, al progresso. Riemergevano le parole di Piero Gobetti (1901-1925): «La storia è creata dagli individui. Perciò l’individuo non deve perdersi in un sogno di fantastica trascendenza, di quietistica contemplazione, ma deve prendere coscienza della propria responsabilità».

Nell’Europa in preda alla violenza nazifascista un italiano, Carlo Rosselli (1899-1937), inserisce il pensiero laico classico nel processo politico è la via è iscritta nel suo libro capolavoro: Socialismo Liberale, ove il fine è il socialismo e il metodo è quello del liberalismo: un metodo che ha la democrazia e l’autogoverno dei cittadini come sua prassi.

In questo spirito uomini che durante la guerra erano relegati nell’isola di Ventotene, guidati da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, scrissero il Manifesto di Ventotene per l’Europa Libera ed Unita. Essi scrivono come premessa: «La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita». Ed è questo spirito laico che ha permesso la costruzione della nuova Europa libera e pacificata, faro per tutti i popoli del mondo. Le radici dell’Unione Europea sono dunque laiche, ed è questa laicità che dobbiamo ribadire e difendere, oggi che venti contrari si alzano dalla stessa Europa e da tutto il mondo. Se vogliamo costruire un futuro di pace, se vogliamo affrontare i grandi temi che minacciano il futuro come i problemi ambientali, l’esplosione demografica, il processo migratorio, la povertà della maggioranza della popolazione del pianeta, abbiamo bisogno di più Europa e di più laicità.

Nessun commento: