domenica 24 maggio 2009

Allarme a più voci (Ruffolo, Ingrao, Hack, Bocca, Fo, Cossutta)

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Allarme a più voci
Data di pubblicazione: 23.05.2009

Concita De Gregorio presenta un servizio di Maria Zegarelli, che intervista Ingrao, Ruffolo, Bocca, Hack, Fo e Cossutta sulla deriva dell’Italia. Su l’Unità del 23 maggio 2009

UN PIENO DI MEMORIA
di Concita De Gregorio

Sarà per via del fatto che siamo storditi dalle urla e dagli insulti della destra leghista e di quella fascista, dall'istigazione continua alla paura e alla cura soltanto di sè, dalle subdole minacce degli avvocati forzisti, dai monologhi presidenziali in prima serata con sottofondo di farfalline e minorenni, dai comitati per la candidatura a «Silvio Nobel per la pace» e - più in generale - da un populismo che scivola lungo la china della dittatura, quel genere di dittatura che germoglia fertilizzata da rotocalchi e varietà giornalistici di regime, fiorisce nel servilismo eletto a utile compiacenza e finisce col dire che c'importa del Parlamento e della magistratura, possiamo benissimo fare senza. Sarà che è troppo alto e minaccioso il tono di voce generale, grevi i contenuti, che la comparsa di Marco Pannella in tv, venerdì sera, ha fatto a tutti quelli che ancora conservano un poco di amore per questo Paese un'impressione così grande. A ottant'anni, con il corpo consumato il volto scavato e gli occhi enormi, con la voce in bilico fra il senso delle parole e la forza dei silenzi lì a dire che bisogna stare attenti ma attenti davvero, che l'Italia è in pericolo la democrazia lo è, che le voci dissonanti si spengono, tutte, anche quelle che hanno fatto la storia, e che poi tutto si dimentica perché la memoria è diventata così breve. Un vecchio, certo. Un vecchio gigante della politica, il superstite di una stagione di uomini di un'altra razza. Lo si può detestare, gli si può rimproverare ogni genere di nefandezza o riconoscergli i più alti meriti ma non ignorare la differenza: lo spirito, la forza, la generosità di un'epoca in cui la politica e il bene pubblico venivano prima, erano da costruire e custodire come la casa di tutti e non la reggia di uno solo. Così siamo andati da lui ieri mattina e anziché scrivere anzitempo il suo necrologio come altri hanno già fatto gli abbiamo chiesto di parlarci di questa ultima sua battaglia, del perché ancora combatta a rischio della vita, per cosa. Marco Bucciantini gli ha domandato a cosa serva più il suo «canestro pieno di parole», diceva la canzone che gli dedicò De Gregori. «Sono tempi bui, il regime si sceglie anche gli avversari». Opposizione incorporata.
Per i padri, ormai nonni della Patria sono tempi di delusione e di rabbia, di allarme e di fatica. Cosa resta di un secolo, chi si incaricherà di proteggere il destino dei figli, di garantire libertà e democrazia così faticosamente conquistate alle generazioni future? Li abbiamo cercati. Il più anziano tra loro, Pietro Ingrao, frequentava le elementari nei giorni della Marcia su Roma quando la più arrabbiata, Margherita Hack, aveva pochi mesi. I più giovani ( Dario Fo, Giorgio Ruffolo, Armando Cossutta) non avevano ancora vent'anni al tempo della Liberazione. Giorgio Bocca, il più pessimista, ne aveva 25 e scriveva i suoi primi articoli. Intellettuali, politici, scienziati e premi Nobel che hanno vissuto gli anni della dittatura e i giorni di gioia per il ritorno della democrazia. Li abbiamo trovati delusi, indignati, a volte sbalorditi per la capacità del nostro paese di far male a se stesso. Pietro Ingrao ricorda che l'attacco al Parlamento è ciò che qualifica ogni iniziativa reazionaria. Non hanno voluto consolarci, ci hanno consegnato un compito. Ascoltiamoli, qualunque sia il frammento di storia che hanno da porgerci. La memoria è il miglior viatico sempre.

LA RABBIA DEI GRANDI VECCHI
di Maria Zegarelli

Erano ragazzi quando finì il fascismo. Hanno vissuto le speranze del ritorno alla democrazia. Oggi sono preoccupati per il nostro futuro. Il più anziano tra loro, Pietro Ingrao, frequentava le scuole elementari nei giorni della Marcia su Roma, quando la più arrabbiata, Margherita Hack, era nata da pochi mesi. I più giovani del gruppo (Dario Fo, Giorgio Ruffolo e Armando Cossutta) non avevano ancora vent’anni al tempo della Liberazione. Giorgio Bocca, il più pessimista, ne aveva 25 e scriveva i suoi primi articoli.
Abbiamo deciso di sentire la voce di questi intellettuali, politici, scienziati e premi Nobel con lo spirito di chi, in un momento difficile, si rivolge al padre o alla madre, al nonno o alla nonna. Alle persone, cioè, che hanno vissuto gli anni della dittatura e i giorni di gioia per il ritorno della democrazia. Li abbiamo trovati delusi, indignati, a volte sbalorditi per la capacità del nostro paese di far male a se stesso. Margherita Hack dice di «provare vergogna». L’ex partigiano Giorgio Bocca si dichiara «supersconfitto». Giorgio Ruffolo è sorpreso per le incertezze della sinistra, Armando Cossutta definisce «eversive e populiste» le iniziative del premier, Pietro Ingrao ricorda che l’attacco al Parlamento è ciò che qualifica ogni iniziativa reazionaria.
Non hanno voluto consolarci i nostri grandi vecchi. Sono preoccupati. La loro memoria lancia l’allarme.

Pietro Ingrao
L’offensiva reazionaria
è sempre iniziata così

Non sono sorpreso dall’affondo di Berlusconi contro il Parlamento. Ieri e oggi l’attacco alle assemblee è stato e resta un punto qualificante di ogni offensiva reazionaria. Basti pensare alla polemica di fascismo e nazismo contro la democrazia rappresentativa. L’antiparlamentarismo rappresenta un terreno chiave per le ideologie e le correnti autoritarie. Da sempre infatti il Parlamento incarna la difesa delle garanzie e del libero confronto politico. Il che disturba profondamente i conservatori. Non voglio dire che Berlusconi sia fascista, ma certe sue uscite vanno in una direzione allarmante e ben nota. Tutto ciò non significa che non siano necessarie delle modifiche all’ordinamento parlamentare. Un Parlamento di mille rappresentanti, che fanno tutti la stessa cosa, è pletorico. Ma ridurlo a cento persone, come vuole Berlusconi, sarebbe un annichilimento e uno svuotamento. Per fortuna però, su questo emergono allarmi anche a destra. E le parole di Fini a riguardo mi sono parse molto equilibrate. Da cittadino mi rivolgo perciò al Presidente della Repubblica e ai Presidenti delle Camere perché intervengano con decisione a salvaguardia delle istituzioni.

Giorgio Bocca
Ex fascisti nelle alte cariche:
ecco la dittatura morbida

Avendo vissuto la Resistenza e oltre 60 anni di vita repubblicana mi considero supersconfitto: la dittatura morbida è già iniziata. Il premier può dire quello che gli pare senza alcuna reazione della società civile: durante un'assemblea della stessa Confindustria ne definisce il presidente una velina senza che si levi una reazione, e lasciamo perdere gli attacchi a parlamento e giustizia. E infatti oggi nelle alte cariche troviamo tutti ex fascisti come Fini e Alemanno. La cosa grave è che non c'è niente da fare: il piacere di servire sembra più forte di tutto. Lo definirei uno dei flussi della storia: l'unica cosa da fare è assumersi le proprie responsabilità e continuare a essere antifascisti e antiberlusconiani.

Giorgio Ruffolo
Non è ancora regime ma se ne uscirà solo
se la sinistra saprà guardare lontano

Non siamo al regime, ma i rischi sono molto seri. La democrazia attraversa un periodo oscuro a livello internazionale, che in Italia coincide con una crisi a cui Berlusconi dà un'accelerazione di populismo privatistico, e dunque dal carattere plebiscitario e senza regole. C’è un'analisi molto interessante in A destra tutto. Dove si è persa la sinistra di Biagio Di Giovanni. È singolare che la sinistra italiana sembri rincorrere la destra proprio durante una crisi mondiale del capitalismo, senza offrire risposte proprie che superino la contingenza,e mostrando una evidente mancanza di obiettivi. Di fronte a questo attacco di Berlusconi le reazioni sono di sorpresa, scoramento, indignazione, ma non propositive.

Margherita Hack
Che vergogna Pannella
costretto a digiunare

C’è da vergognarsi di essere italiani. Non capisco come sia possibile che la metà di questo Paese continui a fidarsi di un presidente del Consiglio come Berlusconi, che dice bugie, non risponde alle domande scomode, che - come dice la moglie- ha comportamenti immorali. E c’è da vergognarsi se Marco Pannella è costretto a fare lo sciopero della sete e della fame per far apparire il suo simbolo elettorale in televisione perché l’informazione non fa il suo dovere. Berlusconi pensa di essere il raìs dell’Italia, ma quello che mi spaventa di più è il consenso di cui gode. È un bruttissimo segno, vuol dire che il lavaggio del cervello è riuscito. Come si può non indignarsi di fronte al fatto che c’è un signore che ne corrompe un altro, ma il corrotto viene condannato e il corruttore no perché si è fatto una legge su misura come il Lodo Alfano? Fa male vedere quello che sta succedendo nel Paese, ascoltare frasi irriguardose verso le istituzioni da parte di chi le rappresenta. E fa male vedere questa sinistra confusa fare un’opposizione debole rispetto alla gravità dei fatti. A volte mi sorprendo a pensare che mi mancano i vecchi grandi partiti di una volta, come il Pci e la Dc.

Dario Fo
È come il compagno di sbronze ricco:
nessuno dice nulla perché paga da bere

È ammalato: partiamo da quello che dice Veronica che lo conosce bene: Berlusconi sta male e ha pregato le persone che lo conoscono di aiutarlo a uscire dalla malattia, evitando che faccia male a sé stesso e agli altri. Quando parla parte normale, poi si eccita, perde il controllo e dice cose di cui poi si deve scusare. Purtroppo nessuno glielo fa notare, perché la gente che gli è vicina lo tratta come il compagno di sbronze ricco: dicesse e facesse quel che vuole, tanto da bere paga lui. Abbiamo a che fare col matto: può sorprendere che un personaggio simile metta a rischio la democrazia. Ma in Italia abbiamo una secolare tradizione nell'applaudire chi ci fa male: il popolo non perdona chi gli apre gli occhi e piuttosto lo lincia.

Armando Cossutta
Fare muro. Sono comunista
ma stavolta voterò Pd

La democrazia corre pericoli molto seri: la posizione del premier è infatti eversiva e populista. Il suo modo di attaccare le istituzioni rivolgendosi direttamente alla gente ricalca ma solo grottescamente la Costituzione. Se l'articolo 1 della carta dice che il potere appartiene al popolo, afferma anche che questo viene esercitato attraverso il parlamento. Attaccare la giustizia e il parlamento per indebolirli è perciò un tentativo eversivo e populista, di chi vuol governare scavalcando tutti senza più alcun controllo. Di fronte a questo pericolo non si devono avere esitazioni: al di là delle differenze tra le idee politiche bisogna votare un partito in grado di porre un argine concreto. Ero, rimango e rimarrò sempre comunista, ma stavolta voterò il Partito Democratico, l’unica forza che numericamente può opporsi a questa che è una minaccia molto seria. E voglio anche dire che anche in questo periodo di attacchi forsennati alla democrazia in Italia, lavorando all’Anpi mi sono reso conto che tra la gente c’è ancora una coscienza antifascista e la voglia di resistere. Lo ha dimostrato la battaglia vinta contro la legge che voleva equiparazione i repubblichini ai partigiani, una battaglia cui hanno aderito moltissime persone di idee politiche diverse.

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