lunedì 18 maggio 2009

Franco D'Alfonso: Burocrazia ieri e oggi

Da Arcipelago Milano

BUROCRAZIA IERI E OGGI. LO SGUARDO DI GIANO BIFRONTE
11-5-2009 by Franco D Alfonso · Lasciate un Commento
Aldo Aniasi mi raccontò che nei primi giorni da sindaco veniva sommerso di carte da firmare, preparate con grande cura e forse qualche malizia dalla mitica burocrazia comunale milanese. Il comandante Iso, venendo da vicende nelle quali la diffidenza poteva voler dire portare a casa la pelle, si rifiutò di firmarle fino a che non trovarono il modo di spiegargliele preventivamente in modo dettagliato e sufficientemente “sicuro” per poter impegnare la propria responsabilità politica e personale. Nel periodo intercorso tra la prima mancata firma e il raggiungimento di una sintonia tra sindaco e funzionari, i dirigenti di palazzo Marino vissero giornate di vero e proprio panico, pensando alla necessità di recuperare il tempo perduto e alla possibilità che, non fosse mai detto, si potessero determinare dei ritardi che li rendesse indegni della tradizione di Maria Teresa, il riferimento mistico di tutti i funzionari e impiegati pubblici ambrosiani.


Chissà perché mi è tornato in mente questo aneddoto subito dopo aver letto alcuni verbali relativi alla vicenda dei “derivati” che, nell’interesse limitato di troppi, ha compromesso il bilancio comunale dei prossimi 23 (ventitre) anni ( !!!! ) e danni per le casse comunali da determinare tra 200 milioni di euro di commissioni bancarie (!!!) pagate e minusvalenze che oggi sarebbero di circa 270 milioni di euro, vale a dire più o meno due o tre volte i danni globali accertati della Tangentopoli ambrosiana. Probabilmente sono rimasto colpito dal fatto che il funzionario comunale che ha firmato gli atti dei derivati ha dichiarato di averlo fatto su precisa indicazione dell’assessore e del direttore generale (come noto oggi nominato dal sindaco e non per carriera interna), di trattarsi di documenti “scritti in inglese” e che egli “non conosce una parola d’inglese”.


Ci hanno fracassato l’anima per anni con concetti di “azienda Comune”, criteri manageriali e privatizzazioni per arrivare a questo? Ma non era la perversa prima Repubblica, non erano i “sindaci politici” a cercare di mettere le mani sul pubblico e ad essere esempi di terribile inefficienza?


Qui usano l’inglese (ma gli atti della pubblica amministrazione non dovrebbero essere scritti in italiano e resi in tale idioma pubblici ?) come il latinorum di manzoniana memoria, hanno stravolto il concetto di merito dicendo di voler arginare quello di anzianità per inserire quello di fedeltà personale (non politica, mi raccomando: mica siamo nella prima repubblica. ) ; hanno raddoppiato le linee di comando burocratiche per esautorare gli impiegati pubblici a favore di consulenti superpagati ; hanno tolto dignità ed interesse alla carriera pubblica comunale ( dalla quale sono emersi Ciro Fontana, Carlo Emilio Gadda e qualche altro personaggio di secondo ordine, per intenderci ) in cambio di un occhio chiuso su lassisti e fannulloni, neanche fossimo alla regione Calabria.. I sindaci manager imprenditori Albertini e donna Letizia hanno rovesciato , forse irreversibilmente , l’ordine delle responsabilità : con malcelato fastidio , rispondono scaricando tutto sui “manager” da lui stesso nominati, nel caso di Albertini, oppure ostentano un altezzoso quanto ingiustificato silenzio, nel caso di Nostra Signora di Milano.


Aniasi e il funzionario comunale degli anni settanta erano certi che avrebbero dovuto rendere conto del loro operato a qualcuno, fossero il partito, gli elettori, la stampa, i cittadini, la famiglia. in una parola alla Città. Questi due, invece, non si confrontano nemmeno con lo specchio del bagno la mattina.


Si stava meglio quando si stava peggio.




Franco D’Alfonso

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