domenica 10 maggio 2009

gli eletti del pd nel gruppo PSE

da aprile

Accordo Pd su casa europea, gruppo con eletti Pse
Red., 08 maggio 2009, 12:38

Europa I deputati del Pd eletti a Strasburgo saranno con i socialisti. Nessuna ipotesi di federazione, nessun gruppo autonomo. Ma celebreranno il matrimonio con gli esponenti del socialismo europeo in un nuovo gruppo che si chiamerà "Alleanza dei socialisti e dei democratici". Il nome non è ancora quello definitivo. I democratici italiani hanno contrattato alcuni dettagli dell'ingresso nella nuova famiglia. La sua pattuglia godrà di esclusivi privilegi: l'autonomia politica (libertà di voto e d'iniziativa) e soprattutto autonomia finanziaria, cioè un suo privato tesoretto



Il tormentone è finito. Adesso si sa dove andranno a sedersi gli eurodeputati italiani eletti sotto le insegne del Pd. Il tema della collocazione europea ha diviso a lungo il Partito democratico, è stato usato come una clava da una parte e dall'altra per mascherare altri problemi magari di lega minore, ma ora si è risolto con la soluzione più semplice, quella su cui Piero Fassino ha lavorato negli ultimi due anni, puntando fin dall'inizio al traguardo raggiunto. I deputati del Pd eletti a Strasburgo saranno con i socialisti.

Nessuna ipotesi di federazione, nessun gruppo autonomo. Ma celebreranno il matrimonio con gli esponenti del socialismo europeo in un nuovo gruppo che si chiamerà "Alleanza dei socialisti e dei democratici". Il nome non è ancora quello definitivo. Ma a Repubblica, gli "ambasciatori" del Pd in Europa dicono che "è certo però che i due aggettivi, socialisti e democratici, rimarranno".
Per sgombrare il campo dagli ultimi dubbi di chi "non voleva morire socialista" (rutelliani, ex popolari, ex democristiani), il Pd ha contrattato alcuni dettagli dell'ingresso nella nuova famiglia. La sua pattuglia godrà di esclusivi privilegi: l'autonomia politica (libertà di voto e d'iniziativa) e soprattutto autonomia finanziaria, cioè un suo privato tesoretto (autonomia che ha avuto un peso decisivo nella scelta finale).
Ma il capogruppo sarà uguale per tutti gli eletti che si iscriveranno "all'Alleanza". E molto probabilmente, vista l'apertura di credito concessa all'esperienza italiana, toccherà a un esponente che viene dal mondo socialista, quello più rappresentato. Non è esclusa la conferma dell'attuale presidente dei deputati Pse Martin Schulz, ma si aspetta la verifica dei risultati elettorali.

La notizia è stata anticipata due giorni fa dal candidato della Circoscrizione Centro Roberto Gualtieri, storico dell'Istituto Gramsci, vicinissimo a Massimo D´Alema, che oggi aprirà la sua campagna elettorale.
L'annuncio ufficiale spetta a Dario Franceschini, ma chi ha lavorato alla soluzione in questi mesi conferma l'accordo. Fassino preferisce il silenzio per non mettere a rischio un'intesa che ha comunque richiesto un lungo lavoro ed è stata spesso sul punto di saltare. Si limita a dire: "Sarebbe la soluzione più logica".

La logica infatti in questa storia ha la sua parte. I sondaggi meno lusinghieri danno il Partito democratico al 26 per cento. Tradotto in cifre fa 20 eurodeputati targati Pd. Gli italiani, con questi risultati, diventerebbero la seconda nazione rappresentata nell'Alleanza democratico e socialista, dopo i tedeschi della Spd. Si capisce quindi l'interesse anche dei socialisti ad avere nel gruppo i deputati del Pd: aiuteranno a fronteggiare la forza del Ppe.
L'ultimo sondaggio di Le Monde infatti da' i socialisti francesi al 24 per cento. Quindi gli eurodeputati di oltralpe saranno di meno. Andranno meglio del Pd, in termini percentuali, i socialisti spagnoli e i laburisti inglesi. Ma quei due Paesi eleggono un numero inferiore di parlamentari a Strasburgo.

Oggi gli eurodeputati che fanno riferimento al Pd sono divisi in due gruppi: gli ex Ds con il Pse, gli ex della Margherita con i liberal-democratici dell'Alde. Anche se tutti erano stati eletti nel 2005 con Uniti nell'Ulivo. Un'anomalia, una spaccatura che ha messo le basi alla debolezza della pattuglia italiana di centrosinistra. Stare invece tutti insieme nello stesso eurogruppo porterà anche dei vantaggi in termini di presidenze di commissione destinate agli italiani.
Franceschini si prepara ad annunciare il cambio di nome forse dopo il voto. Si teme qualche contraccolpo in campagna elettorale, per questo è stata a lungo trattata l'autonomia finanziaria.

C'è poi chi vede nella trattativa economica e dunque nell'autonomia finanziaria del Pd un'interesse rutelliano verso l'abbandono, questa volta in Italia, del gruppo democratico a favore della restaurazione di un nuovo centro. Mantenere le casse separate dalla famiglia europea potrebbe facilitare l'eventuale, ulteriore divisione, a Roma.

Per il segretario del Pd presto dovranno cambiare anche il Pse e l'Internazionale socialista. Finendo tutti sotto il tetto più grande "e più moderno" del progressismo mondiale.
Massimo D'Alema, da parte sua, giudica "un'espressione convincente" e "un buon punto di partenza per una soluzione condivisa" quella usata da Franceschini nel dire che "il Pd non diventa socialista ma sta insieme ai socialisti'". Secondo l'ex ministro degli Esteri, i Democratici devono tendere "ad una costruzione originale" in Europa ma il loro apporto "non può limitarsi solo a quello di un nome nuovo".
Devono contribuire invece "alla creazione di un più ampio centrosinistra europeo".

La sinistra europea, dice D'Alema, ha "mancato l'occasione 'Europa'" e si è divisa "per un verso arroccandosi nella soluzione old style del riformismo nazionale", e per altro verso "nella subalternità all'ondata neoliberale". In ciò ha rinunciato ad "impadronirsi del progetto dell'Unione come forma più avanzata per il governo possibile della globalizzazione".
Appunto in questo sta il contributo che il centrosinistra italiano può dare. "Ciò che ci caratterizza in modo significativo - dice D'Alema - è la nostra forte impronta europeista, per cui l'Europa non può fermarsi a metà del guado" nel processo di integrazione politica.

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