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Politica
Il pensiero unico
Sandra Bonsanti, 03-12-2008 stampa questo articolo
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Nel conformismo diffuso del pensiero unico dilagante nel nostro Paese, un vezzo singolare sta diventando sempre più popolare. Lo dico in parole semplici e dirette perché non vorrei essere fraintesa da nessuno.
Molti di coloro che sono stati sempre dall’altra parte di Berlusconi, intendo votanti o anche militanti e sostenitori di quello che fu il centro sinistra, si trovano oggi accumunati in un coro di critica molto forte al modo di fare opposizione, all’assenza di un progetto alternativo che veda insieme i temi impellenti dell’economia, della cultura, della politica, della legalità. Gustavo Zagrebelsky, presidente onorario di LeG, ha descritto su “Repubblica” la situazione in cui viviamo parlando di un “regime” , ha definito la Costituzione come una “Costituzione in bilico”. Ha spiegato che senza uguaglianza non c’è democrazia. E giustamente in coro ci chiediamo: dove era il centro sinistra mentre accadeva tutto questo? Dobbiamo chiederlo, dobbiamo pretendere risposte, da semplici cittadini più che da militanti di qualcosa che non esiste.
Ma le ultime mosse di Berlusconi, il suo attacco nel giro di poche ore all’informazione non sua, a ciò che gli sfugge ancora, ai pochi spazi di autonomia vera rimasta nella desolazione italiana, devono rammentare a smemorati autentici e smemorati interessati che il primo problema è Berlusconi, con tutto ciò che di marcio ha introdotto nella società, nella politica, nella cultura e nell’anima degli italiani: un popolo fragile, ancora relativamente "nuovo" ai principi di unità, di libertà e uguaglianza. Da molto prima che scendesse in poltica, da quando a combatterlo erano in pochi e il Caf ne preparava un morbido atterraggio nel quadro nazionale.
Ecco dunque che la critica alla pochezza del centro sinistra debole, imprevidente, povero di idee e di valori, assume una connotazione ancora più radicale. Non ha oggi un pensiero politico, ma non lo ha avuto nemmeno negli anni passati, e nelle rare occasioni di preveggenza si è affrettato a serrare gli occhi, a guardare a piccoli interessi di bottega, a una convivenza facile e comoda, al compromesso meschino (non quello “alto” della Politica seria). Obama può oggi permettersi intese e persino alleanze con i repubblicani perché il suo divergere da Bush negli anni passati è stato senza sfumature. Ha isolato il “capo” e parla con la gente che votava quel capo o che lavorava con quel capo.
Il nostro centro sinistra ha permesso questa slavina, l’ha accompagnata da critiche impacciate, e l’ha denunciata sottovoce.
Si è rassegnato affermando: dire troppi “no” a Berlusconi non ci conviene, agli italiani lui piace. Altro che statisti, abbiamo avuto degli uomini inadeguati a capire e a voler opporsi. Hanno permesso che si appropriasse della parola “libertà” , che si definisse “liberale”, che irridesse alla nostra storia, all’antifascismo, all’ etica, alla legalità. Spesso hanno preferito dire che tutti i nostri guai derivano da una Costituzione vecchia e da riforme non fatte. E perché non hanno fatto loro, quando potevano, le riforme necessarie, anche quelle costituzionali? Perché hanno lasciato il conflitto di interessi, consentendo che diventasse un problema obsoleto, antico, inutile da ricordare? Pensavano forse che potesse esaurirsi da solo? Perché hanno dormito mentre il regime diventava sistema?
Ecco perché io penso oggi che ogni critica all’opposizione e ogni denuncia di questa assenza di una visione diversa della realtà italiana di oggi e del suo futuro deve essere accompagnata dalla denuncia del berlusconismo. Senza paura di adoprare parole che oggi ti dicono essere fuori di moda, politicamente scorrette. Dovrà pure avere un nome questo fenomeno che ci ha investito dai primi anni novanta. Non è un’ombra, non è un fantasma. E’ davanti agli occhi di tutti coloro che non li socchiudono o li chiudono del tutto.
Sotto lo sguardo assente delle sirene dialoganti, l’Italia ha imboccato la via di un Medioevo che oscura le coscienze e la ragione. Il Vaticano ne approfitta, cercando di dettare legge a noi e al mondo intero. I nostri ragazzi non hanno un futuro nella loro Patria.
“Sull’antiberlusconismo si dovrebbe essere intransigenti” ha scritto oggi Giorgio Ruffolo su “Repubblica”, “Sul gigantesco conflitto di interesse su cui lo strapotere dell’attuale Premier si fonda. Sullo stile idiota dei frizzi e dei lazzi che arreca danni fatali a un paese che tanti stranieri associano ancora a Pulcinella”.
Concludo: solo se si è convinti antiberlusconiani si può anche essere critici spietati del pensiero dell’opposizione: perché non c’è stato ieri e non c’è oggi. E, soprattutto, perché non prepara niente per domani.
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