dal sito di aprile
Una risposta radicale ad una crisi radicale
Sergio Gentili*, Gianfranco Pagliarulo**, 15 dicembre 2008, 19:39
Politica "E' sul Pd, la più grande forza democratica all'opposizione nel Paese, che ricade la responsabilità di far sua la domanda di cambiamento espressa dai lavoratori in sciopero lo scorso 12 dicembre. Occorre perciò costruire gli elementi di un nuovo progetto economico sociale. Oggi c'è una griglia utile, per molti aspetti indispensabile: il documento approvato a Madrid dal Partito Socialista Europeo". L'esito della riunione della Direzione dell'associazione "A sinistra"
La conferma dell'analisi svolta domenica 14 dalla Direzione dell'associazione "A sinistra" è giunta questa mattina dai recentissimi dati della Commissione Ue sull'Italia. Prendiamo spunto da questi dati per alcune riflessioni. La situazione economico sociale è da allarme rosso: nel 2008 sono diminuiti i consumi privati, gli investimenti e le esportazioni. Nel 2009 non ci saranno nuovi posti di lavoro e aumenterà il tasso di disoccupazione. I gruppi sociali più a rischio saranno quelli più bassi, a cominciare dai lavoratori precari. La Commissione propone varie ricette, di cui la più urgente è la detassazione dei redditi meno elevati. Le considerazioni della Commissione spazzano via le parole di chi minimizza, a cominciare dal Presidente del Consiglio, invitando - un po' irresponsabilmente - a consumare senza preoccuparsi del futuro. Certo, l'incremento dei consumi è necessario, ma esso sarebbe inutile, anzi impossibile in questa situazione, senza un incremento dei redditi. Al dramma in corso si aggiunge l'errore di chi non lo percepisce nella sua gravità e nella natura strutturale della crisi di un sistema. Le stime dei licenziamenti e della cassa integrazione rappresentano un Paese piegato, caratterizzato da un debito pubblico unico in Europa; un Paese che può essere messo in ginocchio dai costi del federalismo e da quelli derivanti dalla diminuzione delle entrate fiscali. La situazione italiana è caratterizzata da una fortissima miopia economico sociale del Governo e di Confindustria e da una relazione sbagliata fra costoro. La relazione è quella di dipendenza del primo dalla seconda. La miopia è quella di essere assenti, statici e diffidenti davanti alla rivoluzione industriale verde, che cambierà le forme e la qualità della produzione nei prossimi anni. Dunque il caso Italia è il peggiore fra quelli dei Paesi europei più industrializzati. A ciò si aggiunge il punto interrogativo sul futuro dell'industria automobilistica mondiale, legato sia al destino di General Motors e Chrysler sia alla capacità di innovazioni tecnologiche e ricadute industriali per un'alternativa al petrolio. Per farla breve, sta cambiando tutto. Si sta chiudendo, in modo rovinoso, la fase aperta alla fine degli anni settanta da Margaret Thatcher e da Ronald Reagan, quella del neoliberismo selvaggio, della deregulation, dell'espulsione dello Stato dai processi economici e produttivi.
In uno scenario di questo genere l'errore più grave che potrebbero fare la sinistra e le forze democratiche è pensare che basti un maquillage al sistema economico, che sia sufficiente un liberismo ben temperato, che in ultima analisi occorra rimettere in moto la vecchia macchina, fondata sul micidiale mix di finanza senza produzione e produzione per la produzione, cioè fine a se stessa e misurabile solo dal punto quantitativo. Quella macchina è morta, come ha già intuito una parte della destra, a cominciare da Tremonti che pure non riesce (o non può) a mettere pienamente in pratica tutte le sue ricette incardinate sull'attacco al "mercatismo", sul ritorno, più o meno mascherato, al protezionismo e sulla definizione della società come "dio, patria e famiglia" (sic!). O la sinistra e le forze democratiche danno una risposta nuova, all'altezza della crisi di sistema che si sta svolgendo sotto i nostri occhi, oppure il nostro Paese è destinato ad una lunga fase di egemonia delle destre, come peraltro è sempre avvenuto nel 900 davanti a grandi tensioni di carattere economico sociale. La risposta nuova, in una fase di radicalizzazione sociale, non può che essere radicale. Occorre un progetto di cambiamento che sia alternativo agli altri progetti in campo. Un progetto economico sociale, ma anche politico istituzionale, in grado di contrastare la deriva "postdemocratica", come la chiamano alcuni, in cui, come sostiene Zagrebelsky, in mancanza dell'attuazione del principio di uguaglianza, la democrazia tende a trasformarsi in oligarchia. Chi più di altri ha capito ad oggi la gravità della situazione in Italia è la Cgil che, unica, ha utilizzato un linguaggio di verità e ne ha tratto le giuste conseguenze operative con lo sciopero generale contro un pacchetto di provvedimenti governativi essenzialmente irrilevante. Lo sciopero generale, per sua natura, è contro il governo, cioè contro le sue politiche. Lo sciopero, pur proclamato in assenza di Cisl e Uil, ha avuto un successo superiore alle aspettative. Questa è la migliore conferma della drammaticità della situazione che è percepita da un numero sempre più grande di lavoratori e di famiglie. Ma ora occorre dare continuità politica e sociale all'azione sindacale coraggiosa del 12 dicembre. Occorre cioè che si costruisca una forte sponda politica che raccolga il messaggio delle lavoratrici e dei lavoratori in sciopero. Il Pd, davanti allo sciopero generale, è parso titubante e contraddittorio, perdendo un'occasione. Ma è proprio sul Pd, la più grande forza democratica all'opposizione nel Paese, che ricade la responsabilità di far sua la domanda di cambiamento dei lavoratori in sciopero. Occorre perciò costruire gli elementi di un nuovo progetto economico sociale. Oggi c'è una griglia utile, per molti aspetti indispensabile: il documento approvato a Madrid dal Partito Socialista Europeo. Nel documento si declinano i principi fondamentali di una nuova politica economico sociale: l'eguaglianza, il lavoro in generale e quello delle donne in particolare, l'attenzione al movimento sindacale, la rivoluzione verde, il ruolo degli immigrati, l'Europa.
Il Pd paga oggi la mancanza di scelte nette: sull'intervento nei confronti della crisi, sull'adesione al Socialismo Europeo, sulla laicità; a ciò si aggiungono le gravi difficoltà insorte su questioni di ordine morale, le scelte sulle alleanze che sembrano escludere la ricostruzione di un rapporto con le sinistre di governo, una più generale "liquidità", dovuta alle polemiche, ai personalismi, alla mancanza di una direzione univoca e assieme pluralista e partecipata e dei ritardi nella messa in campo del pieno coinvolgimento degli iscritti. Oggi la situazione del Pd interessa tutti: iscritti e dirigenti del Pd, ovviamente e in primo luogo; forze politiche e sociali di sinistra, elettrici ed elettori. Tutti coloro che hanno a cuore la rinascita del nostro Paese, che intendono contrastare la deriva oligarchica e populista della democrazia, che intendono difendere i principi costituzionali della Carta nata dalla Resistenza e dalla lotta di liberazione nazionale.
Intanto dobbiamo concretamente costruire il profilo politico sociale dell'associazione: per questo a fine gennaio si svolgerà a Milano una grande iniziativa nazionale sui temi del lavoro e della crisi. Non solo: dobbiamo contribuire ad aprire, per quanto è possibile e con urgenza, il dibattito all'interno del Pd, su posizioni politiche che guardino all'unità della sinistra plurale e consolidino il rapporto con le forze democratiche, che così consentano la concreta costruzione del Pd stesso, dal rapporto col sindacato all'adesione al Socialismo Europeo; dar vita ad un dialogo con le forze della sinistra italiana, da Sinistra Democratica ai Verdi alla galassia socialista a Rifondazione, comprendendo le gravi difficoltà di ciascuna di queste forze ma non sottovalutando gli elementi di comune cultura politica, dall'attenzione alle condizioni dei lavoratori e ai temi del lavoro all'adesione al Socialismo Europeo. Il recente incontro di un gruppo di compagni di cultura socialista a Volpedo, per esempio, costituisce un evento con cui entrare in relazione. La sottoscrizione da parte dell'Associazione "A sinistra" del documento di Madrid del Pse potrebbe essere un punto di qualità nell'iniziativa politica dell'associazione sia verso il Pd, che ci auguriamo rompa gli indugi aderendo al Pse, sia verso quelle forze che si riconoscono in un progetto socialista europeo. Infine dobbiamo costruire come Associazione una voce credibile per tutte quelle compagne e compagni critici e scoraggiati dai comportamenti delle forze di estrema sinistra e delusi dal Pd, la grande maggioranza dei quali ha votato per il Pd in occasione delle politiche. Noi vogliamo prendere in mano la bandiera dell'unità della sinistra riformista.
Non serve nascondersi la realtà: in Italia la sinistra attraversa un vuoto gravissimo di idee e di credibilità. Con modestia e percezione del limite stiamo cercando di svolgere in questa situazione una funzione positiva. Nei mesi scorsi abbiamo posto le premesse di questo lavoro: oggi è giunto il momento dell'iniziativa politica.
*associazione "A sinistra", della Direzione del Pd
**associazione "A sinistra"
Nessun commento:
Posta un commento