mercoledì 10 dicembre 2008

vittorio melandri: c'era una volta la magistratura porto delle nebbie

È cosa scandalosa che offende la ragione, ma proprio un minimo di ragione, che si confondo tutto ciò che ovunque può assumere carattere patologico, con quanto è fisiologico.



E provo a distinguere quello che dovrebbe essere di per sé distinguibilissimo, formulando alcune domande.



La magistratura è o no chiamata ad esercitare un controllo di legalità? (anzi, dalla Costituzione obbligata a farlo)?



Se operando un controllo di legalità nell’ambito del mondo politico e delle istituzioni, porta alla luce reati, questo fatto (fisiologicamente) è destinato a destabilizzare o no il mondo politico e le istituzioni?



Se una politica e le istituzioni dove si commettono reati ne vengono destabilizzate, lo sono dai reati ivi commessi, o dalla magistratura che indagando li mette a nudo?



Se come accade in Italia, la soglia della corruzione si rivela oltre ogni limite, a cosa dobbiamo porre rimedio, ad una magistratura che avrebbe troppo potere, o alla politica corrotta che ha infettato anche le istituzioni?



Guardando allo stato in cui versa la magistratura in Italia, cosa risulta prioritario, un suo rafforzamento in termini di fax, fotocopiatrici, computer, carta, addetti amministrativi, magistrati in ruolo, uffici riverniciati e non fatiscenti, archivi informatizzati e non cartacei, condivisione delle notizie di reato e collaborazione effettiva fra magistrati….. oppure è prioritaria una “riforma condivisa” come da ultimo auspicata dalla terza carica dello Stato e dall’uomo che ha sdoganato i “Ragazzi di Salò” quando era lui terza carica dello Stato?



È una vergogna più che dolorosa, lancinante, che quel della sinistra rimasto in campo arrivi a far cadere l’ultima foglia di fico, e mostri quanto sia ormai “corrotta” intellettualmente, oltre che corrosa da una corruzione morale, politica e materiale, diffusa in ogni sua articolazione ……. e insegua i grandi corruttori di sempre gridando al lupo al lupo, non dietro alla “magistratura porto delle nebbie” ma a quella che cerca appunto di essere fedele alla Costituzione e ai compiti che la Costituzione le affida.



Carlo Federico Grosso sul tema chiamato in modo vergognosamente speculativo “guerra fra procure”, ha scritto:



A tacer d’altro, i procuratori di Catanzaro, essendo parte lesa degli asseriti reati compiuti a loro danno, avrebbero dovuto astenersi da ogni attività giudiziaria e investire della questione la Procura competente (Napoli o Roma).



Da parte mia aggiungo che è solo in ragione di buon senso che mi vien di ripetere che un cittadino in quanto tale deve essere uguale a tutti gli altri dinnanzi alla legge, ma il ruolo che riveste, può dettare che le “procedure” per ottemperare al rispetto di tale principio di eguaglianza possano essere previste in modo affatto “particolare”.



Nel caso di un cittadino che è magistrato, è banale sottolineare che il suo giudice naturale non può essere “lui stesso”, come potrebbe essere il caso se, commettendo egli un reato dove esercita il suo dovere di magistrato, fosse appunto chiamato ad “indagare su sé medesimo” o “a giudicare su sé medesimo”; esemplare da questo punto di vista la dimostrazione del grande Gian Maria Volonté che dimostra (nei panni non già di un magistrato ma comunque di un ufficiale inquirente) come “il dottore” possa tranquillamente seminare indizi a suo carico senza che il suo ufficio lo riconosca colpevole quale è, ma riuscendo solo ad identificarlo appunto come quel “cittadino al di sopra di ogni sospetto” immortalato dal titolo del film di Petri.



Ma la cosa diventa prevenibile in assoluto una volta che il reato sia per giunta commesso da un magistrato in ordine al suo ruolo, e quindi il reato sia certamente commesso appunto nello stesso luogo in cui è magistrato.



Se un ordine di perquisizione fosse “reato”, sarebbe comunque, a mio profano giudizio, reato in quanto emesso, nel caso in specie, a Salerno, non in quanto eseguito, nel caso a Catanzaro.



E altra cosa ancora poi mi pare, il reato che potrebbe commettere l’esecutore dell’ordine, penso al poliziotto che eseguendo una perquisizione, invece di aprire cassetti si mettesse nell’occasione ad aprire con violenza la vagina di una sospettata.



Come dice Grosso poi, nel caso in specie, se i magistrati di Catanzaro si sono sentiti parte lesa nella circostanza, dovevano sporgere denuncia alla magistratura competente, e non certamente emettere loro provvedimenti, perché, e qui ritorno alla mia scoperta leggendo Travaglio, è assurdo pensare che le procedure in vigore sino a dieci anni or sono potessero prevedere “competenze incrociate” di una procura sull’altra, minando così alla base tutta la logica di buon senso di cui qui si cerca di parlare.



Mi riferisco poi ad una affermazione di Luca Ricolfi che lo stesso riprende proprio da Travaglio, affermazione che mi trova molto in sintonia:



“….- le amministrazioni locali, la magistratura, l’università - non falliscono semplicemente perché ci sono in giro troppi disonesti, bensì perché sono «programmate per non funzionare», come ha giustamente rilevato Marco Travaglio nell’introduzione al libro di Tinti”.



E chi le ha programmate per non funzionare se non quella politica che si propone di farle funzionare ancora meno, con l’annunciata riforma bipartisan che sicuramente mira a mettere il guinzaglio ancora più corto, a quella magistratura che vuole essere fedele alla Costituzione?


E per concludere ancora Carlo Federico Grosso…..



“Leggiamo le più recenti dichiarazioni rilasciate da esponenti politici di primo piano dell’una e dell’altra sponda. Il ministro Alfano ha affermato giovedì scorso che, di fronte allo sfacelo, occorre porre urgentemente mano alle riforme costituzionali e ha chiesto all’uopo il contributo dell’opposizione. Massimo D’Alema in persona, il giorno dopo, ha dichiarato che, in effetti, è giunto il momento di occuparsi con serietà del problema dell’organizzazione costituzionale della giustizia italiana. Ha chiuso il cerchio ieri, in un’intervista alla Stampa, Niccolò Ghedini, appena sbarcato a New York per il grande ponte: gli americani non riescono a capire per quale ragione i giudici, da noi, hanno tanto potere al di fuori di ogni verifica democratica; ora tocca pertanto, necessariamente, alla giustizia essere raggiunta da riforme forti; ben venga, se ci sarà, il contributo dell’opposizione.

Ce n’è abbastanza per essere preoccupati.



………..



C’è il timore che, di fronte a inchieste giudiziarie che coinvolgono esponenti di ogni partito, si decida di regolare i conti una volta per tutte, risolvendo in questo modo i problemi giudiziari presenti e futuri.

È ciò che, francamente, non dovrebbe accadere. Se lo Stato ha stabilito che non si deve rubare, o non si deve prevaricare, nessuno deve essere legittimato a rubare o prevaricare, si tratti di un cittadino comune o di un esponente politico. In entrambi i casi la magistratura deve essere libera di intervenire, senza lacci, impedimenti, autorizzazioni. Questo, si badi, è, semplicemente, rispetto per la legalità, non è questione di potere.”



C’È MOLTO MOLTO PIÙ CHE ESSERE PREOCCUPATI….. C’È DA TREMARE PER LA DIREZIONE CHE STANNO PRENDENDO LE NOSTRE SORTI DI CITTADINI LIBERI.



Ciao vittorio

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