lunedì 29 dicembre 2008

Angelo d'Orsi: il cupio dissolvi della sinistra

da micromega

"Cattivi maestri" di Angelo d'Orsi
26.12.08 - Il cupio dissolvi della sinistra uguale alla destra

Quando, non di frequente (ma solo per timore di importunarlo e di rubargli tempo), negli ultimi suoi anni, mi recavo in visita dal mio maestro Norberto Bobbio, e si conversava di tutto, specialmente di politica, sempre, a un certo punto, scuoteva la testa e mormorava sconsolato: “Non c’è niente da fare. L’Italia è un Paese di destra, di destra, di destra…”. Si fermava e poi riprendeva, dando corso e al suo pessimismo cosmico-storico, aggravato da una lucida considerazione sui tempi presenti; e, infine, sempre, concludeva, affranto: “Non c’è speranza, non c’è speranza…”. E si accasciava sulla vecchia poltrona di cuoio, quasi a voler far capire anche col corpo la propria perdita di fiducia negli italiani, e nelle loro capacità di capire e di agire di conseguenza.
Erano incontri sempre più deprimenti con il trascorrere del tempo: la cupezza della vecchiaia – con la scomparsa ad uno ad uno di parenti e amici (e da ultimo l’amatissima moglie) – si incrociava con lo sconforto che egli provava in un Paese nel quale ormai si sentiva estraneo, e spesso, cittadino non gradito. Per fortuna sono vecchio, aggiungeva talora. “Ma per voi, per i vostri figli? Come farete, in un Paese così?”.
Già, come faremo, in un Paese così? come stiamo facendo, in questo Paese? Come possiamo fare finta di niente, davanti a una situazione che sembra essere quella, classica, della “servitù volontaria”? Stiamo andando verso una vera e propria dittatura di un uomo solo, e ne appariamo quasi contenti; una maggioranza probabilmente schiacciante di nostri concittadini (72%, ipse dixit; e anche se non fosse vero, appare verosimile, per quanto agghiacciante), sembra nella pratica quotidiana, un misto di indifferenza alla cosa pubblica (il “che me frega?”, eternamente italiota) e di insofferenza per la politica (“non mi occupo di politica”: lo dicono persino studenti di Scienze Politiche!), fa sì che di politica e di amministrazione e di potere si occupino soltanto “loro”.
A cominciare da LUI, lui, il nuovo salvatore della Patria, il nuovo edificatore delle magnifiche sorti e progressive di un Paese che, forse, davvero, non può che meritarsi i Berlusconi, dopo i Mussolini e i Craxi. C’è sempre un Gelli di turno, peraltro, nell’ombra che manovra, coordina, dirige. Finora ci hanno tenuto a bada con quel formidabile mix di calciatori e veline, che si è rivelato l’arma più potente per tenere il Paese in pugno: siamo stati paghi di ammirare gli uni, di desiderare le altre. Milioni di connazionali vivono una perfetta doppia realtà: il sogno di quel che non sono e che non hanno, la proiezione verso quel che non possono essere né possono avere, da un canto; e, dall’altro, il brontolio su tutta la vita vera, un brontolio discorde e vano, un dir male di tutti, a casaccio, per dare una giustificazione a esistenze scontente. Qualunquismo. Al quale il populismo calcio-mediatico ha fornito una risposta efficace. E la morale è questa: la politica è complicata, è noiosa, è, soprattutto, sporca. Ce ne occuperemo noi, cari italiani, carissime italiane. Voi pensate a consumare. E a produrre. E ancora a consumare. La ricetta è talmente consolidata che l’Unto ha pensato addirittura di proporla come rimedio a una delle crisi economico-finanziarie più gravi della storia del capitalismo. Rivelando la propria miseria morale, prima che mentale. E forse, su questo, sta inciampando. E il suo 72% (auspicio, o previsione?) diverrà presto un bel ricordo.
Ma non possiamo solo centrare su di lui, il discorso critico. Va detto che tutti noi, noi, cittadini del Bel Paese, ci stiamo assuefacendo a un ceto politico di persone mediocrissime, nel migliore dei casi, sul piano della capacità tattica (sul piano strategico siamo a zero, o poco più), e disinvolti nel maneggiare denaro pubblico o nel far transitare denaro, sia pubblico, sia privato, nelle casse dei loro partiti, quando non nelle proprie. Un ceto politico aduso, nella sua larga maggioranza, alle perverse logiche dello scambio, privo di qualsiasi idealità, che non ha onta della propria spaventosa ignoranza della storia, della filosofia, del diritto, dell’economia. Un ceto politico largamente intercambiabile dalla destra alla “sinistra”, o a quel frammentato, e dilaniato, mondo che ne rimane. Il solo interrogativo che rimane, e Bobbio lo porrebbe, ma che cosa li distingue?
Cosa differenzia oggi la destra dalla sinistra? Aveva scritto una volta Giorgio Galli che quando la situazione politica è confusa, è difficile distinguere destra da sinistra. Oggi non è confusa. Oggi è irrimediabile. Oggi capire cos’è destra e cos’è sinistra metterebbe in difficoltà Bobbio che all’analisi della distinzione concettuale tra le due parti dell’azione politica ha dedicato una buona parte della sua riflessione. Tornano alle labbra i versi cantati dal compianto Giorgio Gaber: “Ma cos’è la destra, ma cos’è la sinistra?”…
Come si spiega che oggi vengano considerati di sinistra, un Di Pietro o un Marco Travaglio, dopo che Montanelli fu addirittura “adottato” a sinistra? Come si spiega che la difesa della legalità sia bollata con il marchio che vorrebbe essere infamante di “giustizialismo”, e considerata una manifestazione dell’eterno comunismo? Come si spiega che Walter Veltroni dica che lui, comunista, a dire il vero, non lo è mai stato? E che il suo modello è kennediano…!? E che Gramsci non gli appartiene? (Deo gratias!). Come si spiega che nessuno dei “postcomunisti”, transitati nell’informe PD, mai facciano un riferimento alla storia e alla tradizione del PCI, come se se ne vergognassero? (Il più grande Partito Comunista dell’Occidente, debbo ricordare; il vero protagonista assoluto della Resistenza; l’artefice primo della costruzione e della difesa della democrazia italiana). Come si spiega che la contesa Veltroni/D’Alema riveli una comune pochezza di visioni politiche che li rende sostanzialmente intercambiabili, al di là delle bislacche formule escogitate per differenziarsi? Come si spiega che “compagni” che hanno lavorato gomito a gomito per anni dentro un partito dichiaratemene comunista (il PRC) si scoprano avversari, anzi nemici, e passino il tempo (ormai otto mesi circa), a ingiuriarsi pesantemente, a tessere trame delegittimanti gli uni verso gli altri? Come si spiega che un autorevole dalemiano suggerisca a un avversario politico il modo migliore per fregare i “dipietristi” nella famigerata Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai? Come si spiega che un esponente governativo sia pappa e ciccia non solo con un imprenditore chiacchierato al punto da essere (finalmente) messo agli arresti, ma con i suoi “colleghi” di Centrosinistra? Tutti dandosi un gran daffare per favorire “l’amico”, in cambio di tangenti, impedendo la libera concorrenza, turbando le aste d’appalto, disegnando scenari predatori. Come si spiega, che una serie di amministratori locali di area ex-DS e Margherita (creatura ectoplasmatica fondata sulla falsificazione delle iscrizioni), si siano lasciati coinvolgere in poco limpide (a dir poco) vicende di affarismo, che spesso vanno ben al di là del semplice illecito?
Ebbene, ammettiamolo, ha ragione la polemica della destra, quando afferma che la “diversità” della sinistra è finita. Rimane una differenza quantitativa, ma non più qualitativa. In percentuale in fatto di malaffare la destra è solidamente al comando. Però la sinistra insegue, e talora dà l’impressione di voler raggiungere la concorrente. I suoi esponenti, in larga parte, si sono adattati e omologati al sistema della corruzione. Mani Pulite è stata una rivoluzione sconfitta. Ma è sul terreno della lotta per la legalità che la sinistra può risorgere dalle sue ceneri? Su quello della correttezza amministrativa? E i grandi valori? L’uguaglianza? La pace? La fraternité?
Non posso confrontarmi con Bobbio, su questi interrogativi, drammatici per chi come il sottoscritto assiste sgomento al disfacimento della sinistra, in una sorta di generale cupio dissolvi che non sembra davvero lasciare spazio alla speranza. Per ora, li lascio, insoluti, ai lettori. A loro chiedo lumi. Umilmente. In fondo, è Natale. Siano buoni. Mi forniscano spunti d’analisi, proposte, critiche. Cercherò di elaborarle. E ritornerò sul tema. Come la sinistra può rinascere? E cosa oggi può distinguerla, fermamente, dalla destra?

Nessun commento: