sabato 6 dicembre 2008

massimo fini sul corriere della sera

Uscito su "Il gazzettino" il 05/12/2008
05/12/2008 Massimo Fini

Blandamente criticato da Stampa e Corriere della Sera per una misura
in fondo marginale come l'aumento dell'Iva a Sky (che non è come dice
Veltroni, una Tv per tifosi squattrinati - quelli vanno allo stadio,
in curva - ma per gente benestante) Silvio Berlusconi ha affermato che
i direttori di questi due giornali dovrebbero cambiare mestiere. Il
presidente del Consiglio ha detto testualmente: "In tanti dovrebbero
cambiare mestiere, direttori di giornali e politici, ho visto che la
Stampa ha titolato "Berlusconi contro Sky", ho visto le vignette del
Corriere della Sera , ma che vergogna... dovrebbero avere tutti più
rispetto per se stessi e fare un altro mestiere".
Ha ragione: se non per la Stampa senz'altro per il Corriere della
Sera . Ma in senso diametralmente opposto a quello che gli dà il
premier. La responsabilità del Corriere della Sera , un giornale dalle
grandi tradizioni liberali e che si presenta tutt'oggi come liberale,
è di aver non solo avallato ma sostenuto in questi decenni, attraverso
i suoi principali editorialisti, Ernesto Galli della Loggia e Angelo
Panebianco (nelle cronache è stato invece più equilibrato) le
posizioni e le azioni illiberali del Cavaliere. Il duopolio Rai-
Fininvest (poi Mediaset) è il contrario di un assetto liberal-
liberista perché, come insegnano al primo anno di Economia, e come
scrivevano i padri di questo sistema, Adam Smith e David Ricardo,
ammazza la concorrenza che è l'essenza stessa del liberal-liberismo e
la cui mancanza è particolarmente grave nel settore dei media
televisivi che sono il ganglio vitale di ogni moderna
liberaldemocrazia. Un colossale conflitto di interessi che si espande
da l comparto televisivo a quello editoriale, immobiliare,
finanziario, assicurativo e arriva fino al calcio, e di cui ci si
accorge solo quando tocca anche i propri interessi (che è il caso di
Sky). Le leggi "ad personas", per salvare gli amici dalle inchieste
giudiziarie, e "ad personam", per salvare se stesso, il "lodo Alfano",
ledono un altro principio fondante di una liberaldemocrazia:
l'uguaglianza di tutti i cittadini da vanti alla legge. Ma più gravi
ancora sono state, a mio avviso, le continue e devastanti aggressioni
alla Magistratura italiana, la sua delegittimazione. In terra di
Spagna, davanti a tutta la stampa internazionale, allibita, Berlusconi
dichiarò che "Mani pulite", cioè inchieste e sentenze della
magistratura del suo Paese, di cui pur era premier, erano state una
"guerra civile". Non c'è stata volta in cui Berlusconi o i suoi amici
politici sono stati raggiunti da provvedimenti giudiziari che i Pm e i
giudici non siano stati accusati di "uso politico della giustizia", un
reato gravissimo peraltro mai dimostrato, fino ad affermazioni
generiche ma non meno gravi: "i giudici sono antropologicamente dei
pazzi", "la magistratura è il cancro della democrazia".

E così adesso anche Paolo Mieli si becca della "toga rossa". E ben gli
sta. E anche all'inaudito volgare e violento attacco di Berlusconi, il
Corriere ha reagito con un corsivetto tremebondo e una cronaca in cui
la metteva sull'umorale.

Questo atteggiamento supino del Corriere , il più importante
quotidiano italiano, non ha fatto il bene del Paese nè dello stesso
Presidente del Consiglio. Lasciatagli passare, passo dopo passo, ogni
cosa, il Cavaliere, che antropologicamente non conosce il senso del
limite, si sente ormai autorizzato a tutto. Recentemente ha avuto la
protervia di accusare le Reti televisive nazionali che pur controlla
per i 3/4 di "denigrarlo", di "insultarlo", di essere
"disfattiste" (bruttissima parola di fascistica memoria), di parlar
troppo della crisi economica e quasi quasi di esserne la causa.

Presidente del Consiglio, padrone assoluto del Parlamento, padrone del
centrodestra, se si eccettuano la Lega e l'Udc di Casini che ha avuto
il coraggio morale di smarcarsi, padrone del sistema televisivo, ricco
più di Creso, Silvio Berlusconi è ormai il padrone pressochè assoluto
del Paese. E nessuno può più fermarlo. Una situazione che con la
liberaldemocrazia non ha nulla a che vedere. E il Corriere della Sera
ne è per la sua parte, che è una notevole parte, corresponsabile.

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