mercoledì 24 dicembre 2008

Il parlamento europeo e la direttiva sull'orario di lavoro

Sinistra Socialista
lunedì 22 dicembre 2008, 22.00.57

Il parlamento europeo, con il voto del 17 dicembre, ha bloccato la direttiva sull'orario di lavoro.
lunedì 22 dicembre 2008, 22.00.57 | noreply@blogger.com (Sinistra Socialista)
da www.sinistraeuropea.it

22/12/2008 - E' stata così cancellata la possibilità di prorogare fino alle 65 ore settimanali l'orario di lavoro, confermando le 48, ed è stata bocciata l'estensione dell'opting-out, cioé il prolungamento dell'orario di lavoro anche con accordi individuali.

Inoltre, quei lavoratori per cui è prevista la reperibilità e il “tempo di guardia”, come il personale sanitario, i vigili del fuoco, ecc continueranno, grazie a questo risultato, ad aver calcolati come tempo di lavoro effettivo anche i periodi di guardia inattiva.
Noi consideriamo eccessive le 48 ore settimanali, e nel programma di Sinistra europea si propone il tetto massimo delle 40 ore, in considerazione di un'esigenza che riguarda la vita dei lavoratori e delle lavoratrici, e anche della necessità di redistribuire il lavoro, nel pieno di una crisi economica e finanziaria che già cancella milioni di posti.
Tuttavia, è importante sottolineare il valore politico di questa vittoria delle lotte e della democrazia.
Innanzitutto perché il giorno prima, il 16 a Strasburgo, si è svolta una manifestazione indetta dalla CES, la Confederazione Europea dei Sindacati, che ha visto sfilare migliaia di lavoratori e lavoratrici provenienti da molti paesi europei. Tra l'altro, va sottolineato l'impegno dei rappresentanti sindacali italiani, in particolare della Cgil, che si sono spesi per l'indizione della manifestazione e per interloquire con i parlamentari europei.
Ed è importante, soprattutto di questi tempi, che una lotta non facile ottenga immediatamente un risultato.
Inoltre, va sottolineato che il confronto tra i diversi gruppi, in particolare l'impegno del GUE (del quale fa parte Sinistra europea) nel rapporto con i Socialisti, ha consentito di costruire una larga convergenza che ha modificato in profondità il testo proposto dalla Commissione Europea e dal Consiglio.
Anche questo aspetto merita di essere sottolineato, considerato che da tempo, nella maggior parte dei paesi europei, i governi si mostrano impermeabili alle richieste e alle lotte dei lavoratori e dei movimenti.
Si potrebbe dire che, quando i deputati sono liberi da vincoli di governo o di coalizione, sono più liberi e disponibili ad un vero confronto di merito, e dunque, nonostante i poteri limitati del parlamento europeo, quest'ultimo può essere più accessibile ed efficace delle assemblee nazionali.
Per ultimo, vale la pena di sottolineare che i processi di individualizzazione del rapporto di lavoro sono ben lontani dall'essere battuti ma che, a livello europeo, sono stati in parte mitigati e frenati.
Il diritto dei lavoratori ad auto organizzarsi e il ruolo dei sindacati rimangono al centro dello scontro con il padronato e i governi, che vorrebbero approfittare della crisi economica.
Anche la direttiva sull'orario di lavoro, nel testo sottoposto al parlamento europeo, consentiva di portare un profondo attacco alle organizzazioni sindacali e ai contratti collettivi nazionali di lavoro. Questo tentativo è stato in questo caso bloccato.
Ma è importante, non solo non abbassare la guardia, ma approfittare di un risultato positivo per chiarire i termini dello scontro in atto e, progressivamente, lavorare per una piattaforma che possa unificare i lavoratori e le lavoratrici europei, che vivono ormai una realtà frammentata nel mercato del lavoro e una condizione di precarietà.
Il lavoro deve tornare ad essere una questione politica, e questo rappresenta la sfida più importante per la sinistra in Europa.

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