mercoledì 23 settembre 2009

Edgardo Bellini: Vendola-Bersani, prospettive condivise

Da Aprile

Vendola-Bersani: prospettive condivise dell'economia
Edgardo Bellini, 22 settembre 2009, 13:29

Politica La prima assemblea nazionale di Sinistra e Libertà alla Città della Scienza di Napoli. Si discute di crisi e di democrazia post-liberista, degli errori della sinistra e dei nuovi modelli di sviluppo e nel dibattito traspare una sostanziale sovrapposizione di prospettive tra gli interlocutori. E tuttavia manca al confronto una questione essenziale: come trasformare l'idea di un modello alternativo di società in ingrediente culturale diffuso, se l'informazione e la manutenzione dell'immaginario collettivo sono governati in prevalenza da chi spinge verso la lievitazione dei consumi e la privatizzazione del sociale, e se il dissenso è sempre più confinato e scoraggiato



«L'anti-Berlusconi non ha un nome e cognome: o è un popolo che si rialza in piedi, oppure non è». Minimale e asciutto, alla platea napoletana della prima assemblea nazionale di Sinistra e Libertà Nichi Vendola non concede né la scorciatoia dell'ottimismo fiduciario né l'utopia lenitiva dei simboli: le sue conclusioni hanno piuttosto il vigore di una chiamata secca e necessaria al risveglio della responsabilità di tutti. Neppure se lo ricorda che oggi è San Gennaro, e che una parte della città s'è indaffarata altrove a baciare ampolle e paramenti, e ad aspettare segnali di sacro dal cielo. Siamo a Bagnoli, sulle macerie di uno dei maggiori insuccessi delle politiche industriali nazionali, dentro uno spazio cittadino che da tempo attende il miracolo di una ricostruzione; dove in un piccolo angolo dell'infinita area industriale è nata la Città della Scienza, oasi di diffusione del sapere che ospita anche un incubatore d'impresa.

Il dibattito di punta del raduno, che è durato cinque giorni, affronta il tema della crisi, spunto infuocato per una riflessione di maggior ampiezza sul ruolo del mercato nelle democrazie occidentali. Con Nichi Vendola, un po' defilato dal ruolo di "padrone di casa", ci sono Pierluigi Bersani, candidato alla segreteria del Pd, l'europarlamentare verde Daniel Cohn-Bendit, e Giulio Marcon della rete Sbilanciamoci, un "consorzio" di associazioni civiche che studia le politiche dei governi nazionali e promuove un modello di sviluppo solidale e sostenibile. La sala Newton ha l'austerità di un'aula magna, ma appena fuori si respira l'aria vivace da Festa dell'Unità, con le cucine gestite dai volontari che preparano salsicce e gulasch e la musica degli A67 che si esibiscono sul piazzale. C'è molta gente, si ascoltano inflessioni toscane, siciliane, emiliane; forse ci si aspettava una folla ancora maggiore, e tuttavia i giovani non mancano. «Non c'è stata una grande pubblicità agli eventi, - racconta Alberto, giovane ingegnere casertano - io ho letto di questa serata oggi stesso dal sito di S&L e mi sono messo in macchina».

Apre la discussione Bersani, che la platea ascolta con massima attenzione per cogliere i punti di prossimità e quelli di distanza coi programmi della sinistra: se, come sembra probabile, diventerà il prossimo segretario del Pd, è necessario capire quanto ampia potrà essere la cerniera tra la sinistra e i "democratici". L'ex ministro incoraggia le aspettative: anche se questa crisi non segna certo la fine del capitalismo e della finanza, dice, fisserà almeno l'idea che l'economia non è un motore che va da sé. In una società «liberale» la democrazia regola il mercato; il suo opposto è allora il «liberismo», in cui il mercato si governa da sé e detta le regole sulla sanità, sull'istruzione, sui servizi fondamentali. Non manca la critica forte al governo attuale che, denuncia Bersani, non ha ancora fatto una vera manovra anticrisi, rinunciando al dibattito in Parlamento e limitandosi a spostare soldi: gli ammortizzatori sociali sono realizzati a spese degli investimenti per il Sud.

La replica di Vendola è più severa: il grave errore della sinistra è stato quello di farsi abbagliare dal paradigma liberista accettandone anche gli aspetti peggiori; come la precarietà del lavoro, un veleno che inquina intrinsecamente i rapporti sociali e degenera l'antropologia. «Abbiamo bevuto la cicuta delle privatizzazioni» - è icastico Vendola - nell'illusione che il privato fosse spontaneamente efficace, e adesso ci ritroviamo con un cattivo privato e un cattivo pubblico. «Abbiamo eletto il privato a cattedra etica della società; ma il verbo "competere" o si sposa col verbo "cooperare" oppure è nemico dell'umanità». Il richiamo ripetuto è al profitto sociale, bussola primaria di una sinistra che nell'epoca della globalizzazione si è fatta frastornare da riferimenti snaturanti. E a dimostrazione che il ragionamento fiorito ha una solida proiezione sul reale, Vendola riporta con orgoglio alcuni risultati del suo governo regionale: la Puglia è diventata la prima regione d'Italia per produzione di energia eolica e solare; l'acquedotto pugliese - il più grande d'Europa coi suoi 20.000 km di condotte - è in ottima salute senza alcuna privatizzazione. E poi il caso della Fiat di Lecce e dei suoi 870 lavoratori, riconvertita dopo un negoziato pubblico-privato in impianto di tecnologie innovative anche con la forza di un investimento pubblico, che da un lato ha evitato la chiusura della fabbrica, dall'altro doterà la regione di un impianto ad alto valore d'innovazione.

Sul modello di sviluppo ritorna Cohn-Bendit, aspramente critico anche verso le sinistre europee. «Il compromesso storico tra destra e sinistra è stato il produttivismo», sintetizza con spiazzante efficacia, «e non è soltanto un problema di redistribuzione della ricchezza: ma proprio di produzione». Ad esempio, ricorda l'europarlamentare, sull'industria dell'automobile la politica non dice che in Europa abbiamo il 35% di sovrapproduzione di auto, e che quindi non è possibile salvare tutta l'impresa automobilistica: la situazione ricorda quella di vent'anni fa, quando si voleva salvare tutta la siderurgia. Cita poi un caso esemplare, per demolire definitivamente l'illusione che il mercato si regola da sé. «Dieci anni fa - racconta Cohn-Bendit - i verdi europei chiesero una norma per limitare le emissioni delle automobili a 120gr/km di anidride carbonica. Era una richiesta ragionevole e forse perseguibile; ma l'industria sostenne che una regola del genere era inutile, perché la tecnologia avrebbe portato in breve tempo a questo risultato. Non è andata così; ed oggi i verdi si battono con grande difficoltà per ottenere una norma che fissi il limite a 140gr/km».

Meno politico è più scientifico l'intervento di Marcon rivela, col supporto di analisi e dati, la natura reale di certa informazione "simbolica". La rete Sbilanciamoci ha da poco pubblicato un documento di analisi e critica alle politiche economiche del governo Berlusconi (che è possibile scaricare ) da cui Marcon ricava continui spunti di riflessione. Gli indicatori economici, ad esempio, sono considerati generalmente il termometro della salute di una società; ma bisogna ricordare cosa contengono quegli indicatori: se aumenta la spesa militare, crescono; se aumenta il consumo di psicofarmaci, pure crescono. Bisogna stare attenti allora a dare un significato immediato alle cose. «Questo governo tende a minimizzare gli effetti della crisi, che nel 2010 avrà ancora effetti spiacevoli sull'economia reale del Paese, in termini di perdita dei posti di lavoro e di chiusura delle imprese. Sarebbe responsabilità di un governo prendere iniziative strutturali, non spostare soldi. Per la Social Card, un intervento caritatevole e inutile, sono stati sottratti soldi alle politiche d'integrazione e al sostegno all'autosufficienza». Il mondo dell'associazionismo patisce i tagli feroci di risorse: questo si traduce immediatamente in un abbassamento dei servizi sociali, ad esempio quelli curati dalle associazioni per conto degli enti locali. Oggi in Italia, ammonisce Marcon, si spende più per il sostegno alla scuola privata che per le politiche sociali.

Insomma, sul tema dell'economia traspare una sostanziale sovrapposizione di prospettive tra gli interlocutori, anche perché il moderatore, il giornalista Carlo Puca non stimola un vero contrasto: magari la platea si aspetterebbe un confronto più diretto sulle questioni divergenti. Forse questa è la sede inappropriata; e tuttavia manca al dibattito una questione essenziale: come trasformare l'idea di un modello alternativo di società in ingrediente culturale diffuso, se l'informazione e la manutenzione dell'immaginario collettivo sono governati in prevalenza da chi spinge in direzione opposta, verso la lievitazione dei consumi e la privatizzazione del sociale, e se il dissenso è sempre più confinato e scoraggiato. Negli ultimi quindici anni la sinistra, soprattutto quella di governo, ha ripetutamente trascurato questo problema; oggi il Paese ne sconta gli effetti con un dibattito pubblico asfittico, frammentario, o sfigurato nella miseria di un irrazionalismo dissociato dal reale.

Vendola reclama il sacrosanto modello di una politica fatta di azione diffusa, non di personalismo gerarchico: basta con la rappresentanza da salotto televisivo, compimento dell'idea reazionaria di una politica-spettacolo che il cittadino subisce come spettatore. Essere d'accordo è un'istanza immediata; ma raccontarlo ai cittadini sembra un'incognita ben più consistente per questa sinistra che ha scommesso ancora una volta sull'irrevocabile urgenza di una rinascita.

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