venerdì 30 ottobre 2009

Giuseppe Berta: Mi-TO, prove di megalopoli

da La Stampa

30/10/2009

Mi-To, prove di megalopoli





GIUSEPPE BERTA

Il momento in cui Mi-To, l’ipotesi di integrazione fra Torino e Milano che da anni è tema di confronto, passerà finalmente alla prova dei fatti è ormai prossimo. A metà di dicembre il collegamento ferroviario veloce fra le due città sarà in funzione e davvero, nel volgere di un’ora, ci si potrà spostare dai portici di via Roma alla galleria di piazza Duomo.

Inutile aggiungere che le attese riposte negli effetti virtuosi dell’alta velocità sono molto elevate. In vista della sua realizzazione sono stati sostenuti costi ingenti e sopportati disagi gravi.

Chi abbia la possibilità di gettare uno sguardo dall’alto sul nuovo tracciato ferroviario che costeggia l’autostrada vedrà sotto di sé un’immensa colata di cemento, come un solco che divide la pianura. Per ogni chilometro di binario c’è un cavalcavia, a testimonianza della proliferazione di microinteressi e attività collaterali che la costruzione di una grande opera è destinata a suscitare in Italia. Quanto ai disagi, ne hanno patiti ormai di infiniti gli utenti delle ferrovie come coloro che da tempo immemorabile sono costretti a convivere con progetti come il passante ferroviario di Torino (ne sanno qualcosa, per esempio, quelli che sono costretti all’avventura autentica costituita dall’attraversamento di piazza Statuto da una parte all’altra…).

Eppure, lo stravolgimento di ogni preventivo di costo e persino i ritardi innumerevoli dei treni, le loro cancellazioni, le piccole e meno piccole vessazioni quotidiane cui sono stati sottoposti i viaggiatori, saranno dimenticati presto, se l’alta velocità dimostrerà di adempiere alle sue promesse. Sul piano dei trasporti, ciò non significa soltanto rapidità e frequenza dei collegamenti della linea veloce, ma anche un miglioramento complessivo dell’offerta ferroviaria per i convogli in corsa sulla linea storica, quella che serve i pendolari fra le stazioni dislocate lungo l’asse Torino-Milano. Guai infatti se dovesse prevalere l’idea che il colossale investimento dell’alta velocità sia stato affrontato soltanto per dare agio all’élite degli utenti dei treni veloci, senza conseguenze positive sulla condizione, spesso penosa, di chi si deve servire del cosiddetto trasporto regionale.

Il rinnovamento dell’offerta ferroviaria è la chiave di volta di una politica della mobilità che dovrebbe imprimere una nuova spinta all’integrazione dei grandi poli del Nord-Ovest. Se le conseguenze dell’alta velocità saranno quelle che ci aspettiamo, cambierà persino il nostro modo di sentirsi cittadini. Nel senso che diverremo partecipi di un ventaglio assai più ricco di opportunità per il fatto di poter usufruire allo stesso tempo di ciò che di meglio Torino e Milano hanno da offrire. Migliore capacità di spostamento significa migliori possibilità di lavoro. Ma significa altresì poter combinare i vantaggi che offre il lavoro in un luogo e la residenza in un altro. Significa considerarsi cittadini di una megalopoli dai confini fluidi che, aumentando gli scambi e i contatti fra le persone, moltiplica le loro occasioni di vita, di impiego, di comunicazione, di informazione e formazione. Se ciò avverrà, se la distanza che separa Torino e Milano si ridurrà nei dati concreti e soprattutto nell’esperienza delle persone, avremo messo in moto un volano di sviluppo in grado di moltiplicare le risorse a nostra disposizione.

Ma nel porre a fuoco i vantaggi virtuali indotti dai treni veloci, non si possono trascurare i sospetti, le diffidenze e le resistenze che Mi-To continua a generare. Sarebbe sbagliato passare sotto silenzio le opinioni che si ascoltano sovente presso il pubblico già oggi in perenne transito tra le due città. Un pubblico che non di rado guarda con occhio critico alle intese fra Torino e Milano, denunciandone le asimmetrie e le contraddizioni.

L’integrazione del Nord-Ovest andrà avanti soltanto se Milano mostrerà di credere nella prospettiva di una megalopoli che non consiste semplicemente nell’ampliamento dei confini ambrosiani. La Milano di oggi è una grande città che conserva intatta la sua forza economica, ma relativamente povera di visione e di respiro progettuale, con una consapevolezza appannata del proprio ruolo nel rilancio della società settentrionale. Se Torino ha il difetto di interrogarsi fin troppo su se stessa e sui caratteri del suo mutamento, il capoluogo lombardo soffre semmai di quello opposto. Col rischio di affidarsi, nella costruzione delle alleanze fra città, al semplice rapporto di forze, che va a suo favore. Ma la megalopoli del Nord-Ovest non si crea così, quando occorre pensare a nuove frontiere amministrative per un’area vasta e complessa. Si crea piuttosto su una scommessa condivisa per realizzare una realtà inedita e più ricca per tutti.

Nessun commento: